n93737281619_3020

Antefatto: qualche settimana fa, il giovane Gabriele Piccardo mi racconta, allegro e contento, che gli hanno proposto di presentarsi alle elezioni amministrative di Imperia, all’interno di una lista civica che si chiama “Imperia Va Avanti“.
Gli chiedo chi c’è dietro questa lista civica e lui mi spiega: “Guarda, sarebbe in teoria la lista di destra, ma la realtà è che è una lista civica, il candidato a sindaco è una bravissima persona e, volendo fare politica a livello amministrativo, le cose più concrete riesci a farle con loro. E io vorrei appunto fare cose concrete, e sai che, per esempio, da tempo sto lavorando con la comunità turca di Imperia che qui ha un mucchio di problemi e, insomma, una cosa è la politica nazionale e altro è darsi da fare sul territorio. Io vorrei fare qualcosa di utile qui, nella mia città, e con loro sarebbe possibile.

Io, lì per lì, ci avevo pure creduto all’idea di un contesto locale sano dove si potesse pensare di fare politica amministrativa slegandosi dalle consuete dinamiche nazionali. Gabriele mi diceva così ed io ci ho più o meno creduto, più per simpatia nei suoi confronti che per convinzione mia. Del resto, dico io, se questi qua avevano pensato di candidarlo – giovane, musulmano, figlio di un ex esponente dell’UCOII ma del tutto autonomo dal padre – dovevano pur sapere chi era, no?

No. A quanto pare, no. Perché, nei giorni scorsi, pare si siano scomodati nientedimeno che i capoccioni della Lega in persona, per cacciarlo da questa lista civica, mandando emissari da Roma a Imperia per minacciare crisi politiche e sfaceli se la candidatura di Gabriele non fosse stata ritirata.

“Ma è perché sei musulmano o è perché sei figlio di tuo padre?”, gli ho chiesto io. E lui: “Per entrambe le cose, direi, anche se non saprei dirti in quale ordine. Gli ho chiesto di spiegarmelo, ma non lo fanno.”

Perché, comunque sia, non vedo come potrebbero. Dovrebbero rimproverargli la sua fede religiosa, nonostante sia italiano al 100%? O dovrebbero spiegargli che nessuno col suo cognome può occuparsi di politica del territorio, a meno che non si vada a rinchiudere obbedientemente nel recinto paterno o, in alternativa, non si produca in chissà quale sguaiata e pubblica abiura familiare?

Io, poi, dall’alto dei miei 47 anni, posso anche dirgli che: “Hai visto? La verità è che con la destra non vale la pena di mischiarsi, nemmeno se è in una lista civica, nemmeno per un sindaco ‘bravissima persona’ o per chiedere quattro cose di buon senso a livello locale”. E suppongo che lui, a questo punto, ne converrebbe.

Però poi mi metto nei panni di chi ha la loro età e tutta l’incombenza di ‘sto schifo di paese sulle spalle, e mi chiedo cosa diamine dovrebbero fare, ‘sti ragazzi cosiddetti di “seconda generazione”, stretti tra le oppressioni distinte e speculari degli opposti schieramenti che gli adulti gli hanno costruito sulla testa e che non corrispondono a nulla di reale, che non rispondono a nessuno dei loro bisogni.

Penso a Gabriele, penso a Randa Ghazy che una volta mi scrisse una lettera bella e malinconica, penso ai miei alunni stranieri e italiani e mi chiedo cosa ne debba fare, un ragazzo, dei problemi che vede e del suo senso di giustizia e della sua voglia di fare se, ovunque la metti, non va bene e sei sempre e solo il personaggio di una rappresentazione, carne fresca da strumentalizzare e cannibalizzare.

Su Google News vedo decine di articoli esagitati su questa vicenda. Con i leghisti che danno i numeri, la lista civica “di bravissime persone” che fischietta indifferente, e lui che non pensava minimamente di scatenare ‘sto casino (figurati: pensava agli immigrati, ai giovani e all’ecologia, lui) e domanda: “Ma cosa ho fatto, esattamente, per non essere gradito nella lista? Si può sapere?

Cosa hai fatto? Che domande. Esisti. Sei tu. E devi stare nel posto che ti compete. Non chiedermi – non chiederti – quale sia. Quello che di volta in volta ti viene assegnato, suppongo.