Non ricordo con precisione quanti anni avesse ma so che era alle elementari. E tornò da scuola in lacrime, un giorno, e mi spiegò: “Mamma, ho bisticciato con la Barbara P. e lei mi ha detto che sono una puttana!!”
Ed io la guardai pensierosa, questa mia figlia 7enne o 8enne, non ricordo, col suo naso a patata e l’aria biondina, ed ero sinceramente stupita – questo lo ricordo benissimo – per il fatto che il sangue del mio sangue potesse applicarsi su una cosa simile fino a dispiacersi. E quindi pensai che fosse il caso di spiegarle ciò che ogni futura donna dovrebbe sapere, prima di affrontare il vasto e periglioso mondo:
“Amore, ma guarda che le puttane non esistono! E’ una cosa tipo Babbo Natale, solo che invece di giustificare l’apparizione dei regali di Natale serve ad offendere le femmine, e solo loro. Però in sé, ‘sta parola, non ha nessun significato logico. E’ come dire ‘Puffo!”, ma con cattiveria. Chissà chi l’ha inventata.”
A me, “Puttana!“, lo hanno detto per la prima volta quando avevo 11 anni, dieci minuti dopo che avevo dato il mio primo bacio. Perché aveva 16 anni, il destinatario del primo bacio in questione, e se ne vantò con gli amici. Da lì partì un tamtam per tutta la città irpina dove era avvenuto il fattaccio, fino ad arrivare alle orecchie di mia nonna, e scusate se è poco. La nonna mi interrogò a fondo sulla mia moralità, ricordo, fino ad arrivare a un momento nel quale mi chiariii le idee per il resto della mia vita, e mi autorizzai pure all’allegria:
“Con quella gonna ti si vedono le vergogne!“, disse lei. E a me venne fuori un sorrisone ed esclamai: “Nonna, ma non sono le vergogne… sono le grazie!”
Nonna Adriana era una donna di spirito e scoppiò a ridere, non seppe trattenersi. Ed io capii, mentre le dicevo ‘sta frase con un sorriso che mi veniva dal cuore, che la chiave di tutto era lì. Non una chiave qualsiasi. La chiave di TUTTO. Dell’esistenza, e dello stare di buon umore.
Sono passati tanti anni, da allora, e tantissima vita. Sono successe tante cose e sono ancora qui,a 46 anni, divertita all’idea di stare al mondo e con mezzo pianeta ancora a cui volere bene, e non finisce mai. E tutte quelle cose buone che ci sono nell’esistenza, e il sole e le cose buone da mangiare e il buon vino e le cose belle da vedere, il mare bello e lo stare bene, e quando ti batte il cuore per un uomo – ed è da mille anni che sono grata al cielo perché esistono, gli uomini, e sono così strani e mi sono così visceralmente simpatici – e pure fare la bimba finché dura, e speriamo che duri ancora un pizzichino, e comunque svegliarsi la mattina e sentirsi libera di scegliersi la giornata e volere solo stare bene senza fare male a nessuno, ché secondo me è il segreto del vivere felici, quello. La contentezza senza cattiveria. E’ tutto lì.
Ci sono donne che se lo sentono dire da quando nascono, quel “Puttana!” E non c’entra niente col sesso, ché magari non hai ancora mai visto un uomo, la prima volta che senti ‘sta parola, oppure c’è solo quello che ami e ci sarà solo quello oppure non c’è nessuno e comunque non importa. Arriva, ‘sta parola, e arriva ad alcune donne più che ad altre, perché è così e basta e non c’è niente su cui applicarsi, nessun senso logico da cercarci dentro.
E’ una semplice confessione di rancore da parte di chi – uomo o donna che sia, non importa – te lo dice: “Sei una puttana, ecco!”
E a te – per rispetto verso chi te lo dice o verso il genere umano in generale – verrebbe da chiedere: “E perché?” Poi capisci che non c’è niente da chiedere. Non c’entri un cavolo, tu.
Niente, proprio.
silviu'
te l’avevo già detto che sei geniale? No?
sei geniale :-)
Francesca
Che bello. Mi hai regalato un sorriso e una ‘nticchia di saggezza in più. Grazie :-)
katia
mitica!
carpina
Grazie.
Per aver spiegato con parole semplici e col tuo inconfondibile stile, quello che è sempre stato per me un mistero del verbo.
Quella parola l’ho incontrata la prima volta da pre-adolescente, e mi veniva buttata davanti, a mò di minaccia: se ti comporti così (esci e passeggi liberamente con le amiche), allora vieni nominata per colà (puttana, appunto).
Solo per l’uscire e passeggiare.
Come dici tu, non c’entrava proprio niente il sesso. In quel caso poi, era la nomea, che contava.
Sei grande!
federica
sì poi puttana ha anche un altro significato. diventate adulte puttana è quello che ti dicono quando non gliela dai e loro la vorrebbero. detto senza peli sulla lingua, come si può evincere.
lalaura
la signora Maria non rivolse la parola a mia nonna per un po’ quando, dicendomi “ti si vedono le mutande”, le risposi, decenne, “vuol dire che le ho”. La mia nonna le disse “me niputi avi raggiuni, a prossima vota si facissi i fatti so'”, per cui la signora Maria se ne ebbe a male.
Sul fatto che poi son puttane quelle che non te la vogliono dare, concordo.
Broccoli
“Puttana” è un caso curioso di mutamento linguistico.
Un tempo, infatti, dire a una donna “sei promiscua e ti mantieni vendendo la topa”, ovvero, in tre parole “sei una puttana”, era un’ingiuria pesante. Ora, se per caso io, donna del 2008, lavorassi in un colsenter per 50 centesimi l’ora, 14 ore al giorno, con contratti da un giorno alla volta (cosa che tra l’altro prosciugherebbe il desiderio sessuale mio e di chi mi sta vicino), a uno che mi dicesse “sei una puttana!” direi: “Magari! almeno avrei il coraggio di dirlo a mia madre, che cosa faccio per vivere!”.
Dare a una persona della colsentrista, che per altro si adatta benissimo pure al maschile, sarebbe un’ingiuria ben peggiore, ma questa piccola storiella ci insegna che il mutamento linguistico è molto più lento di quello sociologico (un po’ come quando a qualcuno scappa detto, a sei anni suonati dall’entrata in vigore dell’euro, “sono senza una lira”).
Ma ora vediamo piuttosto che cosa vuol dire “puttana” nel 2008. Siamo sicure/i che voglia dire ancora “venditrice di topa”?
Un tempo, se l’accusa di fare quel mestiere veniva rivolta da una donna a un’altra, aveva questa connotazione: “sono invidiosa perché quello che fai te, senza preoccupartene troppo e ricavandone alcuni vantaggi, io lo faccio gratis, cacando un figlio ogni nove mesi, e in più sgobbando come una bestia per fare un altro lavoro che mi permetta di mantenere la famiglia, compreso quel porco di mio marito sempre ubriaco, e per di più non sta neanche scritto che tu andrai all’inferno, perché anzi Gesù Cristo quelle come te le trattava meglio di noialtre che crepiamo di fatica”.
Detto da un uomo invece poteva voler dire: “offendi la pubblica morale (che ho inventato io), nuoci ai miei fioretti di castità e, mentre io andrò all’inferno, tu la passerai liscia perche Gesù Cristo, quel figlio di una vergine, vi ha prese tutte in simpatia, a partire da quella coi capelli fino ai piedi”.
Oggi invece, lo stesso insulto vuol dire qualcos’altro.
Detto da una donna significa “IO non trombo da mesi e la responsabile sei TU che assorbi l’interesse di troppi maschi, senza lasciarne neppure uno a me” (da bambine la cosa è sublimata, ma già abbastanza chiara).
Detto da un uomo, significa, come già è stato fatto notare “IO non trombo da mesi e la responsabile sei TU che non me la dai” (e pure qui, la faccenda vale pure da bambini, pure se i pargoli non ne sono del tutto consapevoli).
E allora forseforse sta’ a vedere che “puttana” è più che altro una che infligge castità.
Lilith
Secondo me, oggi la parola *puttana* non si usa più per riferirsi come una volta, a una venditrice di sesso a pagamento o a una donna di “facili costumi”, ma piuttosto per offendere gratuitamente; non si sa che dire, cosa controbattere ed è facile allora sbraitare *puttana* o *troia* o qualsivoglia altro pittoresco sinonimo. In questo modo non si dura neanche troppa fatica per scoprire probabili difetti o lacune, né tantomeno a spremersi le meningi per controbattere con intelligenza e acume : solo *puttana* e il gioco è fatto, l’offesa è partita, pronta a ferire…ma l’intelligenza e il buonsenso, sono validi scudi! ;-)
Lilith