E’ stato un trionfo, ieri.
Per Pupina: che ha tenuto, tra un apparecchio e l’altro, una valanga di ferro in bocca per ben 9 anni.
Il 50% della sua vita.
Ed è stata bravissima, paziente, responsabile e quasi santa, nel sopportarlo, ma non ne poteva veramente più, e la capisco.
Ha abbracciato il dentista, ieri, quando lui ha fatto ‘clik clik clik’ e le ha tolto tutto.
E, raggiante, è lì che sorride a tutto schermo ininterrottamente da 24 ore.
Ed è finalmente libera di mangiare quello che vuole, di non graffiarsi, di non rompere i dannati brackets, di non adattare il suo tempo agli appuntamenti settimanali, bisettimanali, allo stringi di qua e allarga di là…..libera da uno stress infinito, evasa da Alcatraz, sorridente a tutto spiano e non, come si temeva, adattando il sorriso alla decisione di Madre Natura, ma con il senso della missione compiuta, del trionfo della volontà sul fato, e con un ovale del viso perfetto, oltre che con i denti belli.
Vittoria!
E per me: che ho ottenuto, esattamente, quello che volevo. Depositarla nel mondo a 18 anni con i denti belli e sani. Non è una cazzata, è un investimento per la vita. Io, il mio compito l’ho svolto. Ora tocca a lei, mantenerseli così, ma non avrei sopportato di vederla diventare grande con quest’ipoteca sulle spalle, con questo problema per la vita.
Perchè non era un problema piccolo, e non era una cosa solo estetica.
Il dentista dice che è stato il caso più difficile di tutta la sua carriera.
L’alternativa a tutti questi anni di apparecchio sarebbe stata operarsi e aprire il palato a suon di bisturi, e l’idea mi fa ancora orrore.
Invece ha funzionato.
Toccando ferro, che ha ancora le ossa tenerelle e qualcosa potrebbe ancora muoversi, ma un ferrettino di contenimento, nascostissimo e invisibile, ce l’ha ancora e lo terrà per molti, molti anni.
E poi starà all’erta, che le sono costati davvero troppa fatica, non lascerà che tanto lavoro vada sprecato. Sono ottimista.
Il conto di nove anni di dentista è astronomico, ovviamente.
Credo che avremmo potuto comprarle una casa, con gli stessi soldi.
Ma se la faceva fritta, la casa, dovendosi portare a spasso una bocca disastrata, con i denti che non si chiudono, la faccia che si allunga, la masticazione a ramengo e le centinaia di problemi fisici e non che ne sarebbero derivati.
La preferisco bella, sana e senza casa, se proprio devo scegliere.
Poi non avrei potuto costringere Torero a spendere ‘sti milioni in altro modo.
Anzi, lui avrebbe preferito non spenderli nemmeno in dentista, a dire il vero.
Che le liti sui denti di Pupina sono state tragicomiche, a pensarci adesso: “Ma guardati allo specchio, dico io… ma non lo vedi che i denti li ha presi DA TE????? Sono denti TUOI e li paghi TU!!!! Caccia i quattrini perchè ti sparo, te lo giuro, prendo una pistola e ti sparo, se la lasci con i denti che TU le hai dato!!!”
Temo che non sia un discorso inattaccabile, già; eppure, per me, filava e continua a filare: il danno è tuo, e lo paghi tu. Tutto.
Anche perchè non c’era alternativa, io non avrei mai potuto pagarlo, ‘sto dentista.
Ho imparato che, a volte, per vincere le liti bisogna sembrare del tutto irrazionali: mettendola su piani più sensati, Torero sgusciava via come un’anguilla. Di fronte alle mie urla sul danno genetico causato da lui, invece, rimaneva talmente spiazzato da non riuscire a trovare argomenti: la faccia di lui boccheggiante, che cerca una risposta ed io intanto, indico ululante la sua bocca aperta (“Lo vedi???? Hai visto che denti hai???”) me la ricordo persino con una certa tenerezza, devo dire.
Andava a finire che sorrideva con la mano davanti alla bocca, poverino.
Al dentista è stato dedicato un intero capitolo del trattato che regola la nostra separazione.
Un capitolo intero.
Al dentista ho dedicato una quantità di ore passate con la mia bionda freudiana (a sviscerare il senso della vita, della maternità, della paternità, della bellezza femminile, dell’efficienza fisica, dell’invecchiare bene, del proiettarsi sul futuro e del non so cos’altro) che gli fischieranno le orecchie a turbo, povero dentista.
L’appuntamento col dentista ha segnato i ritmi di nove anni della mia esistenza, con la nebbia e con la pioggia in quel di Binasco, in mezzo alle solite risaie, di sera tardi, per anni. Una stanchezza esagerata, ormai mi pare un parente, quello là.
Su ‘sto benedetto dentista ho investito una quantità di energie, tra liti con Torero, angosce da conto mensile, timore di un fallimento dopo tanta fatica, dispiacere per la Pupetta con l’apparecchio sempiterno, ore in macchina e così via che, se le volessi quantificare in termini economici, me lo meriterei pure io, qualche milione.
Basta, è finita.
Quasi, a dire il vero; ma, al 99%, è finita.
Non ci posso credere.
E’ una liberazione che mi lascia quasi sgomenta, mi sembra di essere uscita da Sing Sing.
E, da sotto tutto quel ferro, sono usciti ‘sti dentoni perfetti, belli, forti, grandi, impeccabili e scintillanti.
Che ha avuto pure un culo galattico, la Pupetta: ché, se è vero che la forma disgraziata l’aveva presa dal padre, devo dire che la qualità l’ha presa dalla mamma (un attimo, finisco di pavoneggiarmi tra un secondo), visto che riuscire a non cariarne nemmeno uno, dopo nove anni di macchinetta, non è da tutti.
Un attimo fa è passata di qui, ha detto qualcosa ed è scoppiata a ridere; ma che soddisfazione, non se ne può avere idea!
Vedere quello che vedo, e pensare che sì, mannaggia, è pure merito mio e me lo prendo, è proprio una soddisfazione immensa, è come contemplare un’opera d’arte fatta da te, è un piacere divino.
Perchè uno vede una ragazza che sorride, e non ci trova nulla di strano, sembra un fatto naturale, scontato.
La quantità di lavoro che ci può essere dietro un semplice sorriso, invece, non la conosce nessuno; e chi lo direbbe mai, del resto?
Sono molto soddisfatta, ecco.