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Hanno ucciso Rantisi e, per fortuna, domani non devo andare in università.
Mi risparmierò lo spettacolo della rabbia impotente dei miei studenti. Ormai lo conosco a memoria.
Sapete come è?
E’ che li devi fare parlare – ti accorgi che delle orecchie occidentali, proprio lì e in quel momento, sono esattamente ciò che serve ai ragazzi e che, in qualche modo, li tranquillizza pure: “No, il mondo non è fatto di soli nemici: guardate queste orecchie, per esempio” – e che, quando e se dici qualcosa, gli devi mentire.
Qualunque cosa detta allo scopo di farli stare meglio è una necessaria menzogna. Solo che più passa il tempo e meno ho voglia di farlo.
Domani non dovrò andare, non dovrò vedere e non dovrò fare la faccia da buona e raccontare palle.
Mentirei se dicessi che mi dispiace.

Che il popolo palestinese non sia completamente composto da alienati, per esempio, è un miracolo autentico: non che stiano bene, certo. Non ho voglia di cercarlo, ma ricordo un rapporto di Amnesty sull’incidenza dei disturbi psichiatrici tra i bambini palestinesi, ed era da farsi venire i capelli bianchi. Lo lessi quando Rabin era ancora vivo. Figuriamoci come sarà adesso, la situazione.
Del resto, che la strategia più efficace di Israele (è che sono geniali, va ammesso) consista nel fare impazzire i palestinesi per poi guadagnarsi la licenza di ucciderli, mi pare un dato di fatto.
Qualcuno vuole i particolari? Ma no, dai, non servono: chi le vuole sapere, queste cose, le sa. Chi non le vuole sapere, continuerà a non saperle anche se ti sgoli a spiegarglielo per mille anni.
Roba che fai la fine dei palestinesi e impazzisci pure tu, altrochè.

Ieri sera ero a casa con degli amici e abbiamo riso come matti per tutta la sera, a parlare di egiziani.
Il tema era: “Mala leche, cero.”
In italiano sarebbe: “Cattiveria zero”, ma in spagnolo si capisce meglio cosa volevamo dire. La ‘mala leche’ è qualcosa di più intimo, di più profondamente caratteristico di una personalità della semplice cattiveria. E’ anche più aggressiva, la ‘mala leche’.
Comunque sia, ciò che è chiaro è che gli egiziani non ce l’hanno; noi cercavamo, quindi, di immaginarci questo popolo in guerra e di vederlo vincitore, e non c’era verso. Davanti ai nostri occhi sfilavano immagini di armate di bonaccioni muniti di fucili scalcinati e, con tutto l’amore del mondo, il risultato è che eravamo piegati in due dal ridere.
“Questi, una guerra, non la vinceranno mai! Gli manca l’ABC della cattiveria, non ce la possono fare!” E giù sfilze di aneddoti: “Il ragazzo che ha sfasciato le macchine qui sotto, per esempio: ma ti ricordi gli schiaffoni che ha preso? E lui giù a ripetere che gli dispiaceva tanto, e più prendeva schiaffoni e più gli dispiaceva, ma dai! Io, se sfascio una macchina, mi dispiacerà pure, ma se mi tocchi ti spalmo contro un muro. Quello lì beccava schiaffoni e se li sarebbe dati pure da solo, per collaborare.”
Ma erano infiniti, gli aneddoti.
Non si diceva che gli egiziani fossero ‘buoni’, attenzione: non è questo. E’ solo che gli manca, in genere, quella stronzaggine aggressiva in cui noi eccelliamo e che, per vincere le guerre, aiuta.
Gli iracheni, per esempio, devono avere ‘mala leche’ fin sopra le orecchie: da quanti anni è, che sono in guerra? Uh, chi li conta più.
Ti viene, a un certo punto. Per quanto uno sia arabo, alla fine si incazza, e gli iracheni devono essere furibondi, ormai, e non dall’altro giorno.
Poi mica sono palestinesi, loro. Avevano Stato, esercito e strutture. Gli si sarà strutturata pure la cattiveria, dunque. Ché avere cattiveria strutturata è molto meglio che averla in forma di caos, e funziona di più.

Eppure, a me pare che fare incazzare la gente (farla incazzare davvero, dico) qui sia difficilissimo.
Soprattutto, è difficilissimo mantenerla in stato di incazzatura costante. Trasformarli in stronzi, quindi. E’ un’impresa titanica. Non lo sono. Non capiscono che devono diventarlo. Non gli passa per la mente.
‘Sto cavolo di popolo ragazzino (anche per età, e non ho voglia di cercare statistiche) proprio non vorrebbe essere stronzo. (Mica puoi fare l’Iraq tutti i giorni: ci vuole tempo, una serie di guerre, dieci anni di embargo. Bisogna organizzarsi.)

E allora come si fa, a sterminarli?
Bisogna farli impazzire, non c’è altra scelta.
Bisogna fare in modo che corrispondano, tutti, all’immagine di loro che viene forgiata fuori di qui.
E ce la si può fare, sì: la risposta caotica, irrazionale, l’esplosione di rabbia compressa, l’autolesionismo, il delirio col Corano in mano, il pasticcio galattico e l’assoluta incapacità di comunicare: che ci vuole, a scatenargli tutto questo?
Ho sbagliato, prima, a dire che gli israeliani sono geniali: in fondo non è affatto necessario essere un genio, per ottenere tutto ciò dagli arabi. Basta essere solo molto, molto stronzi: avere “mala leche” a tonnellate, riserve infinite.

Perchè, come forse si è già capito, noi si tende a pensare che li si voglia sterminare, gli arabi. No?
Strappargli la religione, l’identità, il petrolio, il velo dalla testa delle ragazzine, la dignità, la salute mentale.
(E, nel paese qui accanto, la terra, le case, gli ulivi del bisnonno o del padre rifugiato. In Palestina ma, prima o poi, pure oltre. Si accettano scommesse sul Sinai.)
Farne degli zombie, dai, e poi, per ognuno di loro che impazzisce, ucciderne cento o mille. Tanto, con loro si va sui grandi numeri, ché nessuno si impressiona.

Esagero?
Non lo so: qui lo pensa chiunque io conosca. Ad alcuni l’idea piace persino.
E, francamente, sono lietissima di non dover andare a raccontare balle, domani.