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Ho detto a Marzia: “No, ma ti pare giusto che una mite prof di mezza età sia sottoposta a questi stress pazzeschi mentre ha pure un attacco di porfiria acuta in corso??

E lei (facendo contemporaneamente un gazpacho, una tortilla spagnola e altre leccornie): “Bah, io dico che reggi.

E io: “No, ma come la racconto, questa, sul blog?? Ma ti rendi conto delle cose che mi succedono?? Me ne esco con quest’ultima novità subito dopo che, in nemmeno due anni di Italia: 1) mi è stata diagnosticata una malattia rarissima che mi obbliga a mangiare maccheroni e dolciumi, 2) ho raccontato per un mese di fila il mio scandalo sessuale con il Garante, Magdi Allam e i simil-musulmani e 3) mi sono fatta ripudiare da un Mullah con relativa risonanza nazionale?? Ma la mia è una barzelletta, non è una vita…

E lei: “Sì, forse è meglio se eviti di raccontare altro. Qua finisce che ti prendono per mitomane.

Perché è ufficiale: da quando sono tornata in Italia, io non ho più una vita. Ho le avventure di Paperino, e Paperino sono io.
Sospetto che le cose mi accadano al solo scopo di intrattenermi con delle stranezze.

Succede, quindi, che l’altra mattina mi sono alzata decisa a trattarmi con delicatezza, causa mal di pancia in corso, e ho aperto Gmail.
E, tutta impastata di sonno, mi sono ritrovata a contemplare un’email che si potrebbe parafrasare così:

La S.V. rispondera’ entro 48 ore la propria disponibilita’ ad una supplenza di TOT ore per la classe di concorso XYZ fino al termine dell’anno scolastico.

Firmato: il preside del Liceo in Africa Dietro Cui Sbavo da Anni.

In pratica: mi ritrovo ad essere prima in graduatoria per il lavoro in Africa a cui faccio la posta da sempre. Ero terza. Ora i due che mi precedevano sono (indovina?) passati di ruolo in Italia, ed io sono passata al primo posto.
E mi hanno chiamato.
E prevede il mega-stipendione, il lavoro.
Che non è un dettaglio da poco.
No.

Solo che c’è un piccolo problema di incompatibilità.
Questo: “I docenti di ruolo che accettano una supplenza, decadono dall’impiego di ruolo.

Mi sto chiedendo, da giorni, se rinunciare al ruolo e partire.
Ho chiamato il ministero a Roma e la dirigente che mi ha risposto si è messa a urlare chiedendomi se ero pazza, per caso: “Ma come le viene in mente anche solo di pensare di rinunciare al ruolo??? Ma aspetti il suo concorso tra tre anni, non sia assurda!! Non si fanno queste cose, e di questi tempi!! Guardi che stanno immettendo in ruolo decine di migliaia di persone, lei finisce col non rientrare più!! Ma roba da matti!!

E il collega d’Egitto: “Senti, Defe’, ti devo dare una notizia: arriva un momento in cui l’adolescenza finisce, si cresce, si diventa grandi e le scelte si fanno ponderate. Quando hai intenzione di fartelo accadere, questo fenomeno?

Non arriva mai, il mio concorso per partire con tutti i crismi.
Sono due anni, che mi dicono che è tra tre anni.
E tuttavia potrei partire domani: senza i crismi di cui sopra, ma con lo stesso stipendio e a fare la stessa cosa.
Poi dice che una ha mal di pancia.
Per forza, ce l’ha.

Ho chiamato tutti i sindacati del mondo.
C’è un punto controverso che riguarda l’aspettativa: alcuni dicono che la posso chiedere, altri dicono che non posso.
Lunedì farò l’unica cosa che mi rimane da fare: chiedere al mio capo.
E, come altri prima di me, prepararmi a dire: “Obbedisco.”

Perché la graduatoria in base a cui sono stata chiamata ha validità triennale ma scade tra un anno.
Questo vuol dire che, se accettassi facendomi licenziare dal ruolo, l’anno prossimo – con le nuove graduatorie che si faranno – potrebbe arrivare in Africa uno con più punti e rispedirmi a casa.
Dove io non avrei più lavoro.
Troppo poco, un anno, per rischiare una simile catastrofe.
Fossero i tre anni completi, sarebbe diverso.
Ma un solo anno è una follia.
E d’accordo che qui facciamo fatica a crescere, come osserva giustamente il divertito collega, ma il troppo è troppo.
Non posso farlo.
A meno che non scopra un articolo di legge per poterlo fare col permesso dello Stato, appunto.
Lo saprò definitivamente lunedì, ma sono pessimista.

Ho i pensieri che mi vanno a mille, tra un piano di battaglia e l’altro.
Penso che l’anno prossimo posso fare questo e quell’altro, che intanto lunedì farò la cosa X e la cosa Z, faccio un sacco di conti e di sogni ad occhi aperti sui dobloni che potrei guadagnare e non guadagno e vorrei tanto, tanto sapere quanto tempo mi rimane da vivere.

Perché se mi venisse un accidenti, tra tre anni (e con quello che fumo, poi…) io come me la racconto, che ho rinunciato ad andare in Africa ora, subito, in nome di un ipotetico futuro?
Qua si pretende di fare scelte senza avere gli elementi essenziali per decidere.
Non si può essere progettuali quando ti manca il dato fondamentale sul tempo che hai.

Sono cose che stressano assai, queste.
Una si ritrova a ridisegnarsi la vita tutte le estati.
Io so per esperienza che le uniche decisioni sbagliate prese nella mia vita sono state quelle ragionevoli.
E tuttavia è importante, potere contare sul mio lavoro.
E’ la mia libertà, dopotutto.
Anche la mia galera, però.

Una dovrebbe poterne vivere almeno cinque, di vite.
Stranamente, il mal di pancia mi è passato lo stesso.