Da oggi si ricomincia davvero, a scuola, ed ho messo la sveglia alle 6. Rimarrà lì tutto l’anno, visto che un orario allucinante come quello che mi è toccato stavolta non me lo ricordavo dai tempi della gavetta hard, quando correvo a insegnare tra Milano, Pavia e Magenta e, certo, mi svegliavo sempre alle sei. Be’, pure adesso. Se l’avessi chiesta apposta, una simile raffica di prime ore, sicuro che non l’avrei imbroccata. Non sono contenta, no.
Perché poi le cose tendono a convergere, e questo mio orario così insolitamente spiacevole – credo di non averne mai avuto uno peggiore, e insegno da un millennio – mi capita giusto nell’anno della Gelmini e, per me, si va a sommare a un clima in cui pare che sia in atto una specie di punizione generalizzata per chi fa il mio mestiere. Come se avessimo fatto qualcosa di illecito, a scegliere di fare proprio le prof e non altro, e adesso ci pensano “loro” a farcela pagare. Non solo il governo. Il paese, proprio, ché nessun ministro rischia l’impopolarità, è noto, se prende a pedate gli insegnanti. Anzi. Tende ad essere un paese di ex alunni, questo, quando si parla di noi, ed è come se nell’adulto medio si agitasse per sempre un ex scolaro che vuole fare pagare qualcosa alla maestra che un giorno gli mise un due. Massì, fateci del male. A noi e alla scuola. Tanto, qui nessuno protesta manco più.
Nemmeno noi protestiamo, del resto. Il professore-zerbino è di gran voga da tempo e credo che poche categorie sappiano autofustigarsi come la nostra. Ed è un inizio di anno malinconico, quindi. Con buona pace dei miei entusiasmi di quest’estate e di tutto il relativo aggiornamento cervantino di Agosto. In questo clima, gli entusiasmi sembrano fuori posto e persino ineleganti. Soffriamo, suvvia, ché questo è ciò che ci richiedono.
Una poi si consola osservando la buona salute della blogopalla in certi frangenti, invece (cambiamo discorso, dai, ché alla scuola preferisco non pensarci, oggi). Perché siamo a quota 151 blog che hanno linkato la vicenda di Barbara e del suo bimbo alla Carrefour di Assago, e ho visto grazie a Manfrys che la cosa è approdata su Google News. Intanto, a me è arrivata un’email automatica dal servizio clienti della Carrefour che diceva che la responsabile sarebbe stata fuori ufficio fino al 29 settembre. Secondo me le converrebbe rientrare o, almeno, mettere un sostituto a occuparsi del caso. Vedremo: so’ curiosa di sapere cosa succederà.
E poi, poco da aggiungere. C’è il Martinez che va proclamando che il Campo Antimperialista mi ha denunciato per avere pubblicato gli insulti che mi dirigevano tra di loro. Lui, a dire il vero, dice che io in realtà sarei entrata nel sistema informatico del Campo, ma lo dice senza fare nomi perché non vuole grane legali e sa che gliene darei, se avesse il coraggio di passare dalle insinuazioni alla chiarezza. Io, invece, aspetto di ricevere il mio bravo avviso di garanzia (si dice così, no?) e mi preparo, ‘bastanza incuriosita, alla mia ennesima mirabolante escursione nel nonsense. E continuo ad aspettare che si degnino di dirmi cosa intendono fare del loro comunicato gonfio di balle sul mio conto, ma si vede che sono troppo occupati a rivolgersi allo Stato Imperialista, per rispondere. Ed è che hanno un temperamento eroico, che vuoi da me. So’ fatti così.
Intanto, su questo fronte, c’è Khadi che scrive cose che non mi lasciano indifferente. Che dire. Che la vena di tristezza che c’è nel suo post la capisco talmente bene che mi si è appiccicata addosso non appena l’ho letta. Che poi abbia imparato a esorcizzarla ridendoci, per me è una conquista. Ma, prima di arrivare a riderci (facendo anche arrabbiare qualcuno, lo so, ma tant’è) il mio lutto di ideali me lo sono elaborato, e ancora lo faccio. Poco fa scrivevo a qualcuno, a questo proposito:
Nella letteratura che insegno io c’è una cosa che si chiama Esperpento.
Consiste nello scoprire che la realtà coincide con il suo volto grottesco. Uno guarda le cose attraverso uno specchio deformante e ciò che vede riflesso non è un’immagine falsata: è tutto ciò che c’è da vedere, semplicemente.
Detto questo, suppongo che ridere di fronte alle sconfitte (quelle profonde, dico, non le cazzate personali) sia l’unica cosa sana da fare.
O, almeno, è l’unica cosa che so fare io. L’islam, l’orrore per l’aggressione al mondo arabo, la Palestina, l’appoggio a una parte del mondo priva di voce, tutto ciò che mi appassionava e ritenevo – e ritengo – sacrosanto, ecco cosa copre, quando lo trovi incarnato in una militanza di nicchia e proprio per questo controllabile, manipolabile: Esperpento. E una racconta, che altro deve fare? E ti affacci sempre di più per vederlo bene, per vederlo da vicino e raccontarlo meglio, e ti invischi e racconti ancora. E’ un vizio, ed è quello che faccio io. Non so fare diversamente.
Poi, Khadi, lasciamo perdere anche solo l’idea che io possa o voglia interferire nelle tue opinioni sulle persone: nessuno ci sarebbe riuscito con me ed è naturale che nessuno ci riesca con te. L’esperienza è personale, non la si trasmette. Il mondo sarebbe un concentrato di saggezza, se non fosse così.
Più importante mi parrebbe – e sai che ci giro attorno da tempo – chiarirci sui nodi che vanno al di là delle inoppugnabili ma generiche questioni di giustizia che elencavo qui sopra. Tu accenni a “un islam politico che possa esistere da qualche parte”. E il nodo della questione, alla fine, è quello. Cosa si intende per islam politico, e se siamo sicuri che lo vogliamo.
Il mio Muro di Berlino è stato quello, tre anni fa. Capire che forse no, forse mi ero sbagliata nella mia apertura di credito a questa cosa. Perché viaggia molto vicino a ciò che per brevità si chiama fascismo, l’islam politico, e non riesce a fare altro. Non perché ci sia qualcosa di fascista nell’islam, ma perché è una deriva inevitabile nei sistemi a forte tasso di ideologia e a basso tasso di comprensione della realtà, che è fatta di sfaccettature in cui deve – ma proprio deve – esserci posto per tutti. E alla fine, e ormai ne sono certa, ci si ritrova con molto poco islam, nell’islam politico.
Diventa un brand, la parola “islam”, e rimane vuota.
Io vorrei parlare di questo, se dobbiamo essere seri. Vorrei anche che qualcuno mi spiegasse se ho torto, e perché.
Una si mette a giocare quando le rispondono: “Zoccola!” o “Kafira!“. Se si parlasse seriamente, non desidererei altro che ascoltare.
Di fatto l’islam politico attuale è fallimentare sotto tutti i punti di vista, è vero, soprattutto perchè non ha nulla da condividere con l’islam. E’ vero. Ma è anche normale che sia così perchè non ha nessuna possibilità di maturare, di interrogarsi, di crescere. Con la scusa che l’islam politico è una cosa spaventevole viene represso sul nascere qualsiasi vagito di coscienza politica, di consapevolezza intellettuale che con esso abbia a che fare, nel plateale intento di troncare la voce ai musulmani in quanto tali, visto che non avere una rappresentanza politica internazionale significa di fatto non esistere per nessuno, o meglio esistere ovunque ma soltanto come clandestini e cioè come terroristi.
Non interessa neanche a me sponsorizzare il califfato dei talebani o quello della magistratura nigeriana. Tuttavia ritengo che non si possano calpestare i diritti umani, soffocare le culture, stroncare i movimenti politici, uccidere, torturare e stuprare la gente solo perchè l’idea dell’islam politico ci fa orrore e non vogliamo nemmeno sentirlo nominare.
A me pare che sia Miguel che il Campo finora abbiano tentato di lavorare contro questo tipo di pregiudizio e mi sembra già una gran cosa.
M’interessano l’impegno e il lavoro effettivamente svolto, per quanto a volte magari non riuscito, ma credo sia normale, ci mancherebbe.
Poi, sì, Miguel che scrive il post contro di te, proprio mentre mezza blogosfera si stava mobilitando contro Allam e tutto si sgonfia e un buco nell’acqua al posto della vittoria della blogosfera seria contro il giornalismo cialtrone. Vero.
E’ una cosa che non ho capito nemmeno io.
Però ‘mo che dobbiamo fare?
Io penso che avrà le sue ragioni e anche il diritto di tenersele per sè.
So solo che il movimento intellettuale che si era iniziato a creare nella blogosfera, anche grazie al vostro lavoro congiunto, non meritava una simile fine. Peccato!
Sarà per un’altra volta.
Scusa il ritardo della risposta, Khadi.
Molto in sintesi, dico che:
1. Non c’è bisogno di andare fino in Nigeria o dai talebani, per parlare di islam politico. E’ islam politico Hamas, lo sono i Fratelli Musulmani e lo è, nel suo piccolo, l’Ucoii. Sono fermamente convinta del loro diritto a fare politica, evidentemente, ma questo non mi impedisce di vedere che la società che loro auspicano finisca semplicemente con l’essere un luogo di “moralizzazione” forzata, cupa e molto ipocrita, e poco altro.
Non credo più che possano rappresentare una risposta ad alcunché.
Se, per difendere certe sacrosante istanze di giustizia e di democrazia, ci si appiattisce sulle loro posizioni, si fa solo danno perché, tra le altre cose, si priva di qualsiasi voce quel che resta del mondo arabo capace di spirito critico.
2. Miguel e il Campo sono considerati gente da tenere alla larga da un mucchio di persone che si battono per le stesse, identiche cose. Quelli di Free Gaza non lo hanno voluto, il Campo, nella loro iniziativa. Non li ho mai visti presi in considerazione dal giro di Torri né da nessuno tra le persone serie che si occupano di mondo arabo. Sono stata, al contrario, rimproverata da gente che stimo e che me lo diceva da anni, che stavo dando credito a gentaglia. Ho sbagliato e loro avevano ragione.
Cosa fanno di tanto meritevole, posso chiedere? Si sono riempiti la bocca e fatto un mucchio di pubblicità sulla storia di Ponte Felcino, procurando avvocati agli imputati e facendo dichiarazioni. Dopodiché non hanno pagato la parcella agli avvocati e buonanotte.
Col risultato che gli arrestati sono sempre in carcere, mollati dagli avvocati di fiducia e senza manco l’assistenza di quello d’ufficio. Il Campo e compagnia, però, hanno fatto aggratis la figura di quelli che si battevano per loro.
E questo è quanto, questa è la loro attività.
Su Sumud, si sono fatti le pippe per mesi e mesi, più concentrati a cavillare sulla segretezza in cui tenere i membri del direttivo che su ciò che avrebbero concretamente fatto.
Dovevano andare in mille posti e invece stanno là al pc, a delirare e a rovesciare odio sul mondo. Ma che politica vuoi fare, con gente del genere? Per essere utile a chi, a cosa?
3. Non ho capito quello che dici a proposito di Miguel, Khadi: “avrà le sue ragioni e anche il diritto di tenersele per sè”???
Cioè: uno sparge il sospetto che io sia ammanicata con Allam, ne copre gli informatori e se ne fa complice in assoluta malafede, fa del suo meglio per spargermi fango addosso da molto prima che io cominciassi a restituirgli il favore e “avrà le sue ragioni e anche il diritto di tenersele per sè”?
Uno fa quello che fece lui all’epoca della storia di Allam e ha ragioni e diritti? Ma stiamo scherzando?
Lui lo fece per interesse personale (ché politicamente fu una stronzata stratosferica e lo sai benissimo) e lo fece perché è ricattabile e ricattato. E ci sta pure a suo agio, in questa situazione: si vede che è abituato.
Peccato che le sue miserrime ragioni abbiano fatto un mare di guai, guarda un po’.
Decidere di fare politica con gente simile, comunque, sta al senso etico e alla scala di priorità morali e di efficacia di ciascuno, ovviamente.