L’Haramlik è in fase di autocensura, visto che non può parlare di scuola ma non pensa ad altro, quindi finisce che non scrive. Peccato, però, ché sto sprecando un anno a cui avrei dato volentieri una forma scritta, ovvero una forma e basta. Vivere una cosa fotogenica come la scuola senza potere raccontarla è quanto di più frustrante conosca. E già ha poco senso, ‘sto mestiere mio, specie in certe annate. Imbavagliarlo pure è da morte per asfissia.
E quindi finisce che la fotografo, la scuola. Non gli alunni – per carità!! Proprio la scuola, dico: l’edificio grigio, le scritte sui muri, i buchi nelle pareti, le sedie spaiate, i cestini della carta straccia a fine lezione. E colleziono queste fotografie di particolari che, a rivederle, mi sembrano un campionario di angoscia, e mi chiedo cosa fotograferebbero le colleghe, al posto mio, e quanto le mie foto possano essere diverse da quelle che farebbe Lorenza, per dire, e lo sarebbero eccome, so’ sicura.
Facciamo un gruppo su Flickr, dai: scuole non riconoscibili postate da prof fantasmi, per capire cosa vediamo e di cosa parliamo, quando ci sembra di stare parlando dello stesso argomento. E se è vero che dopotutto basta guardarla, una classe, per capire se chi ci sta dentro va bene o male, cosa impara.
Poi so’ tornata studentessa, mi sono decisa a iscrivermi al benedetto master. A quello che costa meno, per la precisione, che è un criterio come un altro e, anzi, forse è il migliore dei criteri possibili. E quindi quest’anno studio, e mi cigolano i neuroni solo a pensarci, ché erano a un passo dal grande sonno e invece sono lì che li disturbo ma si deve, sono punticini per, prima o poi, andare via. Inshallah. E poi faccio pure il Ditals a fine anno, faccio un sacco di cose. Cerco di essere sensata, ché l’alternativa sarebbe chiudere il gas e scappare via, ancora. O sedermi a terra e piangere, e non alzarmi più. Perché ho una voglia di andarmene che mi manca l’aria, e se non incanalo in qualche modo tutto questo friggere finisce che mi faccio del serio male. E’ un dato di fatto: non sono capace di vivere serenamente l’infelicità. E di essere felice, oggi e nella mancanza di senso in cui vivo e lavoro, non se ne parla.
Io lo so che a te le cose brutte ti fanno stare male proprio fisicamente, io ti conosco cacchio. […]
E poi sí che sei egoista, […] Ci sei tu, ci sono i tuoi problemi, poi veniamo il resto. É cosí. Per me é chiaro, me lo hai dimostrato varie volte. Non te le enumero perché non mi interessa nemmeno farlo, perché alla fine ti voglio bene cosí come sei anche se mi fai arrabbiare o stare male a volte.
Sì, deve essere egoismo. O forse è difficoltà a parlare, è un oceano di emozioni disordinate che non padroneggio e in cui ho paura a tuffarmi. Sto diventando così, con gli anni. Di fronte alle cose grandi, taccio e mi chiudo. Non è che lo voglia. E’ che non so fare altrimenti.
Il 30 ottobre del 2003 era la vigilia del compleanno di una persona che amavo moltissimo, e sapevo che il mio rapporto con questa persona si stava spezzando, soffocato da silenzi che io per prima non avevo saputo rompere. E sognai che era in moto e girava nel cortile, ed io lo volevo chiamare ma non mi usciva la voce e si sentiva solo il rumore del motore, e lui con le gambe troppo lunghe, di spalle, che non mi sentiva ed è che io lo pensavo, il mio grido, ma non riuscivo a emetterlo. Una settimana dopo, il mio rapporto con quella persona finì per sempre. La mia responsabilità, in quella rottura, è stata il non avere saputo parlare quando ancora si poteva.
Mi sono inselvatichita, con gli anni, e vivere da sola mi ha moltiplicato all’infinito la tendenza a fare nido dentro me stessa che, comunque, ho sempre avuto. Sono egoista come lo sono gli animali selvatici, ma non è che non senta gli altri. E’ che li sento pure troppo. Più di quanto non riesca a controllare.
Sono egoista ma sono anche stanca, sai, e bisognosissima di cose belle, di buone notizie. E allora dammi una mano, dammene. Di buone notizie, dico. Arriva un momento in cui dobbiamo assolutamente stare bene, per dovere verso gli altri. Tocca a tutti, guarda. Non può toccare solo a me. Non è il turno mio.
Sono egoista o, forse, sono solo molto più debole di come mi disegnano, di come mi disegno. Di come mi disegni tu.
Sostanzialmente sono in debito di coccole, e deve essere per questo che riesco a farne così poche.
L’idea non è male, quella delle foto. Pensiamoci. Ciao.
Prof! Studiamo insieme per il DITALS! Io ho già fatto quello facile, il pre-DITALS, e volevo fare l’esamone per non lasciare le cose a metà. Il master è quello a Venezia? Con Balboni? :) Ometto d’oro! Alla fine va sempre bene riempirsi il tempo, per tirarsi su le ciocce.
Sarà anche vero che lo schifo fuori di noi può farci stare male e quindi peggiora la situazione pure dentro di noi. Però conta cento volte più la situazione dentro alla nostra crapa che quella fuori di noi. Sicché, una volta che una si dice: “tirati su le ciocce”, tutto quello che succede fuori è archifregnaccia e protofarguglia!
Be’, qualcuno sta provvedendo:
http://www.flickr.com/photos/32645544@N04/
Broccoli, no, niente Venezia, costa troppo. Una roba romana a distanza. Per il Ditals, mi sto facendo certificare le 150 ore dall’Egitto, poi mi butto. Facciamo insieme?? :))) Dai, ché ormai devi essere assai più brava di me.
P.S: tu hai ragione e sei un tesoro, ma io non ne posso proprio più. Se non espatrio mi impicco, guarda….
Gessù! E chi ha detto che non devi espatriare?
Più brava di te? Mah, io come italiano LS ho presente solo un pubblico di orsetti sibirjaki e come L2 solo mastri liutai giapponesi… Roba che poi quando vai a fare l’esame e come requisito principale si suppone almeno che tu viva su questa terra parti già con una tara!
Per essere bravi si deve essere pure entusiasti, almeno un po’. Con gli anni si peggiora.
Le cose brutte, come le chiami tu, ci arrivano da ogni parte: basta una buona racchetta, anche usata, da tennis e, una volta idealizzata, usarla con la mente! Dritto, rovescio… senza cedere :-)
Oggi ho seguito una sorta di protolezione di un master sull’italiano L2, come uditrice (per incompatibilità con un altro corso). A parte me, mezza intrusa, la maggior parte degli iscritti, presentandosi, ha mostrato forti propensioni all’espatrio…Cosa abbastanza sintomatica.
Qualcuno ha perfino apertamente dichiarato che, volendo insegnare ed essendo state chiuse le ssis, questo master è sembrata l’unica via per accedere in qualche modo all’insegnamento, dato che per molti questo lavoro è diventato un sogno pressochè irrealizzabile.
Io, dato che ho un incarico a scuola (presumibilmente per tutto l’anno) in teoria dovrei stare serena e contenta, ma ogni giorno non faccio altro che pensare alle possibili vie di fuga…come ti capisco!
Comunque, pure io progetto di fare il Ditals in primavera, magari ci si incontrerà all’esame!
L’idea delle foto è bella. Ci pensavo giorni fa, a che ambienti lo Stato riserva all’istruzione…talvolta proprio deprimenti, altro che invogliare i ragazzi a studiare o te a insegnare.
Cavoli Liuccia.. forza! Aguanta un poquito mas!
Tempismo » Haramlik
[…] giorni fa proponevo ai colleghi online di fotografare le loro scuole, nel bene e nel male, e segnalavo questo Flickr […]