I casi della vita: ieri ho pubblicato il link al vecchio sito in cui Miguel Martinez si fingeva tale Francesca Russo per prendersela col suo ex amico Palazzi. Poi vado a vedere, ché era da un po’ che non passavo da quelle parti, e lo ritrovo a usare gli stessi metodi di sempre:
Ed è sempre così: lui non ha mai niente contro Tizio o Caio, ovviamente, ma poi non perde occasione per infangarli nascondendo sempre, molto virilmente, la mano con cui tira le pietre. O celandosi dietro falso nome, o fingendo di stare perseguendo qualche causa nobile che poi, a un più attento esame, si rivela puntualmente uno dei vari tentativi di business andati a male, suo o del suo clan.
Ora: io non so chi sia questo Franco Londei e non ho comunque una grandissima opinione delle ONG, in generale. Prendo atto che esiste un sito che muove forti critiche all’ONG guidata dal Londei in questione e altro non saprei. Manco me ne frega moltissimo, a dire il vero.
Però so chi è Miguel Martinez, in compenso, e lo spettacolo di viscidume che sta andando in onda da lui mi è così familiare, per esserci incappata a mia volta e per averlo, anzi, inaugurato come modus operandi del Martinez nella blogosfera, che due parole mi sentivo di spenderle. Anche perché può persino darsi – mica dico di no – che fare chiarezza sulla tale ONG sia una buona causa. Ma le buone cause, strumentalizzate da gente simile, tendono a fare brutte fini.
E comunque, e a prescindere: tanta ipocrisia dà il voltastomaco, davvero.
Carlo, stando alla sentenza del garante che Lia ha pubblicato all’epoca, ovviamente no, non l’aveva.
ma ciò non toglie che avrebbe potuto – fors’anche superficialmente – pensare di averlo.
a mio parere, tutto sta in che modalità gli fu inoltrata o venne in possesso della ormai famosa mail/goloso scoop di probabile difficile resistenza e cosa fece per accertarne la liceità di provenienza.
ma questo io non lo so e questa resta per me la sua responsabilità. mi appare però minore – molto meno grave – di quella dell’artefice principale.
Hirondo , Allam avrebbe potuto difendersi dicendo che chi gli aveva fornito l’ email aveva aggiunto che Lia era d’ accordo .
Lo ha fatto ?
Mi pare di no e del resto i se la cosa fosse andata cosi’ Allam non avrebbe dovuto esitare un istante a rivelare il nome della fonte che lo aveva messo in una simile spiacevole situazione .
Non credi ?
mah! qui l’unica messa in una spiacevole situazione mi sa tanto che è stata Lia.
e Allam, la sua fonte effettiva – il delatore – no, non la può dire.
non a noi in ogni caso, a un giudice non saprei.
in più, nel caso, è probabile che l’abbia considerata come un qualcosa di interesse generale o simile, collegata ai contenuti pubblici del blog che aveva già ripreso e che dava valore ai suoi argomenti in contrasto.
ripeto, non è lui il vero colpevole anche se – come mi è parso di capire, Lia sa che io non ho letto l’articolo incriminato – ne ha approfittato per identificare pubblicamente gli attori in causa.
e su questo ha sentenziato il garante.
e sul resto.. beh, mi pare che qualcuno – tipo AAI – insulti e cerchi di discreditare Lia come persona un po’ troppo per essere intoccabile.
Allam lo sapeva: non avevo fatto altro che ripetere che lo volevo fuori dalla vicenda e, a dicembre, gli avevo rispedito al mittente le non richieste attenzioni che mi aveva prodigato in un articolo.
Erano settimane che venivo pressata per sganciare il certificato di matrimonio, che era ciò che il Corriere realmente desiderava, e non lo avevo mollato.
L’email fu un ripiego, per lui, visto che io non collaboravo.
uff
non festeggiate nemmeno l’abbandono del giornalismo da parte di Allam :D
Ma quando ha pubblicato la lettera, stava esercitando il diritto di cronaca del giornalista o stava facendo politica con i mezzucci?
eh…
comunque questi bisogna prenderli a sonore pernacchie e basta, tanto sono impresentabili, discuterci significa dare loro una dignità che non hanno e meritano
Palazzi: Sei nato musulmano?
Mah… io ti ho conosciuto a metà degli anni ’70, eri una specie di bambino prodigio, leggevi Hegel in tedesco e diverse altre lingue (avevi una capacità sbalorditiva con le lingue) e ti dicevi la reincarnazione di Giuliano l’apostata. Nel giro di qualche anno, durante il percorso liceale (via Sicilia, giusto per farti capire che non sto inventando) ti ho visto (io con i miei occhietti, non raccontato da terzi) frequentare gli arancioni (affermavi anche di portare uno scapolare, ricordi?), poi i nazi-maoisti, poi il pci, poi i radicali, poi… poi ho perso il conto, ti ho perso di vista e ho sempre pensato di aver perso poco.
Quando qualche anno fa ti ho rivisto in tv, vestito e intervistato come musulmano, mi è andato per traverso il boccone: non hai mai avuto un grande sense of humor ma -finalmente- sei riuscito a strapparmi una gustosa risata.
Tutto ciò premesso per affermare che -oggi come allora- non ti considero degno come amico né come nemico, e per rilevare che la prima edizione del Corano “tradotta” da Piccardo è quella versione antisemita che gli è stata contestata e che (lui?) s’è affrettato a ripubblicare in una più smussata seconda edizione.
Quindi sono qui a domandarti se sei tu, Massimo Palazzi, l’autore di quella prima traduzione del Corano.
^__^ diritto di cronaca, Mazzetta. ché l’altro contraente è un personaggio pubblico e il certificato di matrimonio, Lia, sarebbe stato uno scoop.
esattamente come i racconti del tuo blog sono pubblici, un megafono in piazza, non un bisbiglio nel boudoir.
un megafono a cui qualcuno presta un orecchio distratto, qualcuno interpreta a modo suo, qualcuno riporta per le sue tesi e magari qualcuno ritiene “il verbo”.. da seguire o contrastare, proprio come per ogni giornale o simili.
[e quanti blogghisti desiderano esserlo? quanti venderebbero l’anima per essere “seguiti”?]
la mail invece sarebbe proprio un bisbiglio confidenziale ma, trattandosi di “quel” personaggio pubblico, non v’è dubbio che fosse anche una chicca golosa. o una carota, dipende dal punto di vista.
e tu solo un pedone, sacrificabile per accerchiare il re, in un gioco più grande di te.
quale re? quello che “chi” ha inoltrato la mail ad Allam voleva accerchiare, naturalmente.
Uno scoop è qualcosa che ti permette di dare una notizia vera, Hirondo, non di darne una manipolata.
Allam (e non solo lui) voleva a tutti i costi vendere questa storia come una storia di poligamia.
Ora: la poligamia è una notizia se è AUTENTICA, ovvero se il matrimonio poligamico ha rilevanza giuridica. Altrimenti, a casa mia, si chiama semplicemente andare a letto con una che non è tua moglie, e la cosa non è materia da prima pagina del Corriere.
Tutto questo è sempre stato chiarissimo, io l’ho detto e l’ho scritto mille volte e Allam lo sapeva perfettamente. Quindi, lui ha:
1) Dato una falsa notizia in assoluta malafede.
2) Si è procurato della mia corrispondenza personale che, opportunamente tagliuzzata, ha usato per puntellare la sua falsa notizia.
3) Ha fatto tutto ciò SAPENDO che non volevo avere niente a che fare con lui e che i suoi metodi mi facevano orrore.
4) Si è beccato un po’ di denunce, una prima condanna dal Garante e un’auspicabile prossima condanna da un Tribunale.
Non lo definirei un esempio di buon giornalismo, ecco.
Aggiungici che quello che ha fatto mi è tanto più sgradevole in quanto, mentre leggevo il suo articolo finto-scandalizzato sulla “poligamia” di Piccardo, sapevo benissimo che Allam stesso era stato, da sposato, assieme a una MIA cara amica che ho ascoltato e consolato per settimane, a causa sua, e di cui avrei potuto mille volte raccontare la vicenda. Figurati quanto mi ha infastidito questa ipocrisia da buco della serratura, quindi, e quanto la malafede di questo signore mi lasci tuttora basita.
Politica con i mezzucci, quindi. Il diritto di cronaca richiede che la cronaca ci sia, per potere essere esercitato.
E, sul mio blog, di poligamia non si è mai parlato. Si è parlato del fatto che uno che si costruisce una fortuna politica propugnando l’etica islamica, deve rispettare la stessa etica anche quando non gli fa comodo, e quindi deve divorziare islamicamente secondo quell’etica. Che è un discorso diverso, troppo interno all’islam perché un Magdi Cristiano Allam lo possa capire.
eppure, Lia, al di là di una poligamia, giuridica o di fatto che sia, corredata o meno di “divorzio allegro” altrettanto non giuridico – anzi, ripudio – lo scoop, per chi fosse interessato, c’era.
e la sua evidenza sta proprio nel tuo ultimo capoverso.
il resto non c’entra ora. non mescolare il prodotto di un lavoro con le chiacchiere di chicchessia sulla vita privata di chi lo esegue, non sta lì la sua coerenza e soprattutto non ha da dimostrarla a te o ai tuoi lettori.
la coerenza sta piuttosto in un blog pubblico che sappia di essere una vetrina e che una vetrina non può scegliere ma vien scelta e interpretata per le più varie ragioni, che gradisca o meno.
e senza volerne giudicare il moto – che per altro posso comprendere – vorrei tu rivedessi quella tua affermazione sopra perché va a tuo esclusivo danno e potrebbe porti nell’impossibilità di rivendicare quello che lamenti di aver subito.
La professoressa Albertoni scrive che “in un’ottica religiosa, l’importante è che il Santo Corano sia stato tradotto, mentre gli aspetti materiali della questione” le “appaiono decisamente secondari… almeno per la salute dell’anima”.
Veramente, almeno entro un’ottica religiosa islamica, il Sacro Corano è intraducibile, e pretendere di tradurlo è quanto meno blasfemo. Se ne possono semmai tradurre i significati in lingue diverse dall’arabo, il che equivale a scrivere un commentario coranico in quelle lingue. Di traduzioni dei significati in italiano da tempo ne esistono diverse, alcune pregevoli (Bausani, Guzzetti), altre datate e con troppe pecche (Moreno, Bonelli), altre ancora opera di “traduttor de’ traduttori” da altre lingue europee (Terenzoni, Mandel).
Il progetto kuwaitiano, mai realizzatosi a causa dell’indebita appropriazione dei fondi, mirava a qualcosa di diverso, cioè a realizzare un’edizione contenente il Sacro Corano (cioè il testo arabo) la traduzione a fronte dei significati, uno studio introduttivo di ciascuna Surah e glosse marginali basate sui commentatori autorevoli. Si trattava, in altre parole, di realizzare in italiano un’edizione equivalente a quelle di Yusuf Ali per l’inglese e di Si Hamza Boubaker per il francese.
Tutto ciò non si è mai realizzato, in quanto l’ex marito della professoressa De Feo dapprima ha incamerato per uso personale i fondi devoluti al progetto dalla Banca al-Taqwa, derubando così tanto i traduttori che i donatori, quindi ha rivenduto una seconda volta le parti del lavoro in suo possesso per la “traduzione” Newton Compton, che infatti è un collage di frammenti disparati. Ovviamente, visto che la truffa originaria è stata scoperta prima che la traduzione dei significati del testo fosse completata, non è stato approntato alcun apparato di glosse o di studi introduttivi, ed a ciò si è sopperito con la prefazione del neofascista militante professor Franco Cardini (guarda caso anche lui legato al carrozone degli antimperialisti…) e da note estemporanee scritte dallo stesso Piccardo sulla base della delirante ideologia verde-rosso-bruna, e per giunta in un italiano pedestre. E’ questa la ragione per cui Magdi Allam (oggi Magdi Cristiano) giustamente parlava di “terrificanti commenti anticristiani, antiebraici, antioccidentali e lesivi della piena dignità della donna e, più in generale, dei diritti fondamentali della persona”.
Oggi mi lascia non poco basito l’atteggiamento scarsamente autocritico della professoressa De Feo, che fino a poco tempo fa frequentava a pieno titolo una simile banda di imbroglioni usi a vivere d’espedienti, ed è addirittura stata fra le pochissime persone che – pur avendolo conosciuto di persona – attribuiva “un’etica” a un personaggio che si definisce “musulmano” e che poi usa il Corano come truffa per sbarcare il lunario. Debbo dire che ho conosciuto anche musulmani disonesti, ma non credo che nemmeno il peggiore di loro usi il Corano come strumento di truffe. E’ poi si meraviglia del fatto che un soggetto del genere abbia scarsa cura delle norme matrimoniali islamiche?
Per questo, cara professoressa De Feo, il suo “tutti voi” non lo accetto proprio, ma glielo rimando indietro di cuore. Piccardo & soci ho avuto la sventura di conoscerli molti anni orsono, ma grazie ad Allah ho quasi subito compreso in che genere di persone mi fossi imbattuto, e da allora me ne tengo a più che debita distanza. Lei invece fino a qualche mese orsono un soggetto come Piccardo ancora lo mitizzava come “leader musulmano”…
Se poi vuole conoscere la soluzione del Giallo di Haramlik, non ho alcuna difficoltà a riferirLe quanto sull’inoltro delle email private mi ha confermato una parlamentare musulmana italiana amica di Magdi Allam. La decisione di rendere pubblico il vs. carteggio familiare allo scopo di provocare la reazione di Allam l’ha presa una tristemente nota ex-parlamentare europea, pseudo-islamica ed alcolizzata. Ma quella signora ovviamente sapeva che Magdi non si fidava di lei, che si sarebbe insospettito e avrebbe fiutato la possibile truffa. L’invio doveva perciò avvenire tramite persona di cui invece Allam si fidava, e questo persona era Omar Mario Camiletti, mediatore culturale della Moschea di Roma, avversario dell’Ucoii. Dacia fa credere di stare “spariogliando i giochi dell’Ucoii”, chiede a Omar, ed Omar manda ad Allam senza citare la fonte. Ecco dov’era il mistero…
“E il fatto che, di tutto ciò, tutti loro ne abbiano fatto un mestiere, e che questo mestiere si chiami Islam e dintorni.”
Parli per il suo ex-marito e per i compari che assieme a lui campano d’espedienti, truffando soprattutto i musulmani e riducendo la reputazione dell’Islam in condizioni davvero misere.
Per quel che mi riguarda, a differenza dei soggetti che Lei assiduamente frequentava, campo e ho sempre campato del mio lavoro di traduttore, insegnante, saggista e conferenziere, non di “Islam o dintorni”. E le opportunità di lavoro non mi sono mai mancate.
E oltretutto, grazie a Piccardo, Lei si è tirata appresso un soggetto come Martinez, che usa nomi femminili e non solo. Le cose che si inventa sul mio conto dimostra che deve romanzare a partire dai pochi particolari che conosce della mia vita, particolari che si fermano ai sedici anni, cioè all’età in cui è dovuto fuggire da Roma partendo missionario per Nuova Acropoli. Il bello è che mentre proprio in quell’anno ho frequentavo gli arancioni, non potevo frequentare i nazi-maoisti, perché erano un gruppetto sorto nel ’68, e nel ’77 non esistevano più. Li aveva però frequentati… presso il liceo Giulio Cesare, proprio Martinez, che ha qualche anno più di me. Scambi di maschere a parte.
Se quindi Piccardo e relativa banda se li è finalmente tolti di torno, ne renda grazie ad Allah e si goda l’Egitto in pace!
Alfu salamat.
Martinez è un problema per chiunque ci abbia a che fare…all’inizio è cordiale, mentre acquisisce informazioni su tutto, poi diventa, a suo modo, deontologico, per proteggere i suoi interessi e quelli di coloro con cui è in combutta.
La valent, per esempio…ma la sua inefficienza lo porta a tradirsi, molto presto.
Poveraccio…
Visto come il Terrore dei Supplì sorvola elegantemente sulle sue proprie nefandezze?
Visto come, al contrario, si accanisce nella diffamazione dei suoi avversari?
Come volevasi dimostrare, più si agita e più puzza
:D
Maulà?
PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR!
Guardi, Palazzi, e senza polemica: è difficile capire come sono le persone se prima non le si conosce. Lei dovrebbe saperlo, visto che conosce tutte le persone che ha elencato da molto prima di me.
In realtà, lei si lamenta del fatto che la sua opera di “divulgazione”, diciamo così, delle malefatte di costoro, non è abbastanza efficace da prevenire la gente dall’averci a che fare. Ne convengo: non l’ho mai considerata una persona credibile e, quando mi è capitato di scoprire che su alcune cose diceva il vero, ne sono restata basita.
Ma questo è perché è tutto il vostro teatrino, ad essere poco credibile: voi (lei, Allam, i giornali di destra etc) avete sempre dipinto questa gente come pseudoterroristi, mai come dei semplici cialtroni.
Perché a dipingerli come pseudoterroristi, sperate di passare per nemici del terrorismo, o altisonanti fregnacce del genere.
A dire che sono dei semplici cialtroni, invece, rischiate di mettere in piazza un letamaio da cui non esce bene nessuno.
In definitiva, quindi, fingete. Tutti quanti. E vi lanciate dietro solo e soltanto le accuse che vi permettono di fare bella figura, di darvi un alone di serietà politica.
Quanto a me: ho preso delle cantonate su certe persone, l’ho abbondantemente dichiarato e me ne sono assunta, nei fatti, tutta la responsabilità.
Ma, per quanto riguarda Piccardo, l’ultima cosa che mi sarebbe venuto in mente di fare, dopo averlo conosciuto, era attribuirgli dell’etica, ovviamente. Gli attribuivo degli splendidi occhi verdi, piuttosto, ed è che non sempre è necessario stimarla, una persona, per esserne innamorate. Esistono secoli di letteratura che raccontano come sia perfettamente possibile amare e disprezzare nello stesso tempo. Legga il De Profundis di Oscar Wilde, ché a volte è sano fare capolino fuori dalla cappa islamica.
Quanto all’etica: credo che nessuno al mondo gli abbia dato pedate più dolorose delle mie per indurlo a rispettarla, e ci sono persino riuscita.
Lei non ci ha nemmeno provato: invece di fare la persona seria e raccontare veramente la vicenda del Corano che narra qua, ha sempre preferito ammantare il vostro spaghetti-islam di un alone politico che, anziché dare dignità a lei, finiva col darne a loro.
Perché non lo ha denunciato in tribunale, il mancato pagamento del suo lavoro? Probabilmente perché conveniva a tutti trasformare una storia di Fessi e Cialtroni in una storia di Eroi e Antieroi.
E quindi riuscite a strumentalizzare tutto, dalle truffe alle inimicizie personali. Tutto sepolto da chili di maquillage spiritual-politico, messo lì ad abbellire dei buffoni.
Quanto al “giallo” Haramlik, che tanto giallo non è: tocca alla magistratura scrivere l’ultimo capitolo, non a lei o a me. Io mi limiterò a raccontarlo, quando sarà il momento.
Ma non faccia violenza alla logica raccontandomi di un Allam che non si fida della Valent ma si fida dell’amico di lei, Camiletti. Cosa vuol dire “fidarsi di Camiletti”? Lui non aveva la mia email, che io sappia, visto che io di sicuro non gliel’ho mai data né ho detto a nessuno di dargliela.
Si chiama “violazione della corrispondenza”, quello che lei mi racconta, e la fiducia verso Tizio o Caio c’entra assai poco. Allam farebbe bene a dirlo, se la mia email gli è stata data da una persona che non avrebbe dovuto averla.
Perché farsi complice di gente che meriterebbe di spiegarsi in tribunale?
Molto saggia. Ben cacciata Lia!!!
Veramente, almeno entro un’ottica religiosa islamica, il Sacro Corano è intraducibile, e pretendere di tradurlo è quanto meno blasfemo. Se ne possono semmai tradurre i significati in lingue diverse dall’arabo, il che equivale a scrivere un commentario coranico in quelle lingue. Di traduzioni dei significati in italiano da tempo ne esistono diverse, alcune pregevoli (Bausani, Guzzetti), altre datate e con troppe pecche (Moreno, Bonelli), altre ancora opera di “traduttor de’ traduttori” da altre lingue europee (Terenzoni, Mandel).
ciusca. Ma in un’ottica anticlericale questo è solo un bene. Pensa alla Bibbia, che dall’ebraico è stata tradotta in 1000 lingue e che ancora adesso con ‘sta mitologia del menga cristiani ed ebrei rompono i coglioni…
:-D
cloro
continuo a ritenere che chiunque abbia avuto la (s)fortuna di essere testimone diretto delle cose che non vanno all’interno dell’islam italiano abbia il DOVERE MORALE di denunicarle pubblicamente, perchè questo è un servizio reso all’islam vero, che con certi personaggi e certi intrallazzi, certi modi disonesti di concepire le cose, non centra niente, anzi ne è proprio l’opposto.
Faccio un esempio: tantissimi musulmani italiani, o persone che si sono avvicinate all’islam, hanno considerato il Corano tradotto da Piccardo come un vero e proprio pilastro della fede, hanno seguito note e postille alla lettera, perchè di lui si fidavano, perchè pareva persona di cultura, presentabile, di un certo spessore umano e spirituale, molto più degno di rappresentare e testimoniare l’islam italiano del solito imam-macellaio marocchino semianalfabeta. Ci si identificavano in Piccardo, era un modello.
Se qualcuno avesse raccontato in giro la verità, e cioè che campava di espedienti, andava in giro usando i suoi begli occhi verdi per abbindolare donne che poi non voleva risarcire (che ridere, poi, tutta la retorica sulla castità e il pudore femminile da uno così..), che non sapeva nemmeno l’arabo, beh insomma, forse magari la sua carriera non sarebbe stata così sfolgorante.
Non si tratta di fare le guerre personali, di distruggere la reputazione delle persone per il piacere di farlo, ma di DIFENDERE la reputazione dell’islam, per il bene di chi ci crede o di chi vorrebbe crederci ancora, testimoniando le SCOMODE VERITA’che si nascondono dietro la opposta retorica del tutti terroristi/tutti contro di noi.
Io nell’islam ci credevo, e molto, ero una di quelle che ai tempi ha letto il Corano di Piccardo come fonte di ispirazione, e di SPIACEVOLI SORPRESE ne ho avute tante anch’io, tanto che ho iniziato a chiedermi come mai queste siano così diffuse nell’islam italiano che paiano quasi connaturate, CONGENITE, mentre nell’ebraismo, buddismo, cristianesimo protestante, i ciarlatani, gli esibizionisti, i disonesti, gli squilibrati sono delle eccezioni, non la regola, e soprattutto sono dei marginali, non i RAPPRESENTANTI UFFICIALI delle religioni in questione.
Eh.
Esatto.
E’ da quando è iniziata tutta questa storia che sto dicendo questo.
Mi sono sentita dire: “Hai ragione” un’infinità di volte, salvo poi rivedere le stesse dinamiche, sempre, tra piccole vigliaccherie, opportunismi, tatticismi spiritual-politici.
Un mare di cazzate, alla fin fine.
Non sarò mai più capace di considerare condivisibile ciò che per me è stato e a volte continua ad essere “sentire” l’islam. Credo che vada protetto dagli altri, circondato da mine antiuomo. :)
Non ci penso quasi più, l’oggi mi basta e mi avanza.
Rimane della nostalgia, un senso di casa, un mezzo segreto su cui non voglio mai più riflettere, ché rifletterci non serve a niente.
E poi rimane il fatto che sono cocciuta, ma questa è un’altra storia.
una cosa però non capisco del tutto: perchè non riesci più a considerare condivisibile l’islam?
solo perchè è stra-abusato da una banda di buffoni amplificati a dismisura dalla stampa?
forse anche tu senza volere ti eri invaghita dei personaggi e dell’atmosfera, più che della pratica di vita in sè, e perciò una volta decaduti quelli, tutto ha perso senso?
sei sicura che solo in medio oriente l’islam acquisti spessore e verità? allora, dove sta la sua universalità?
secondo me, il rischio è quello di rassegnarsi a una contemplazione della spiritualià degli altri, vissuta nei luoghi degli altri e con le modalità degli altri, senza lo sforzo vero di tradurre questa “cosa” che tanto ci affascina in una pratica di vita che possa servire anche a noi, qui e ora (perchè siamo NOI che ne abbiamo bisogno per ritrovare noi stessi, più di LORO).
che ce ne facciamo di un islam “dal volto umano”, se lo si può solo assorbire per osmosi andando in Egitto?
Non lo so, Salaam.
Non sono sicura di niente.
Non mi ero invaghita di personaggi (ho conosciuto ‘sta gente dopo 10 anni che giravo attorno all’islam) ma forse di atmosfere sì. Della mancanza di immagini, per l’esattezza. E di una logica naturalità che mi era familiare da molto prima.
Non lo considero condivisibile perché mi si è rotto tra le mani ogni volta che ci ho provato, e perché comunque non mi fido praticamente di nessuno che parli di islam. Li guardo e cerco la loro follia, la perversione, l’autoinganno o l’inganno degli altri. Forse è troppo evanescente, tutto ciò, per essere mescolato con le cose degli uomini.
C’è una parte di me che si è accesa con l’islam e non si potrebbe mai più accendere con niente altro. Ma è talmente evanescente, appunto, che a volte non la sento manco più. E, quando me ne accorgo, mi sento un po’ morta.
Piuttosto che giocarci, metterla a disposizione di altri e rischiare di ammazzarla del tutto, preferisco tenerla lì, ben chiusa e protetta.
Meglio di così non lo so proprio spiegare. Mi rendo conto che non è granché.
forse il guaio è ascoltare quelli che parlano di islam, mentre per “sentire” l’islam bisogna ascoltare, ascoltarsi, e basta. Quelli che parlano, raramente ascoltano, e anzi spessissimo parlano e straparlano di islam perchè stanno scappando dall’ascolare sè stessi.
certo è più facile ascoltare sè stessi in un deserto egiziano, o in mezzo a gente semplice che ancora segue il ritmo naturale della vita, che non in posti come la periferia di milano.
però, per il bene di quei poveri sfortunati che ci abitano, sarebbe bello trovare una “via” che rassereni il cuore anche qui.
Guardi Lia che il problema della credibilità è tutto suo. La banda dei cialtroni in cui ha avuto la sventura d’imbattersi di fatto riesce a pescare accoliti da usare e sfruttare soltanto fra soggetti che sono inclini all’estremismo politico, e non è certo da oggi che coloro che vogliono documentarsi sulle loro malefatte possono farlo.
Ovviamente, una distinzione va fatta, ma Lei a tutt’oggi non sembra ancora in grado di farla. Mentre la Valent e il suo codazzo di Sherif, kilombisti, vasi di pandora e dementi vari in libera uscita sono certamente dei cialtroni ma lungi dall’essere pericolosi, purtroppo Piccardo non è SOLTANTO un cialtrone, ma è stato per oltre un decennio segretario di un’associazione (l’U.C.O.I.I.) che è l’interfaccia italiana dell’organizzazione internazionale dei Fratelli Musulmani, e che svolge propaganda di fiancheggiamento ideologico a favore dell’organizzazione terroristica Hamas (ramo palestinese dei Fratelli Musulmani). Alcuni dei fondatori dell’Ucoii sono dirigenti di Hamas di alto rango (come Muhammad al-Barq e Ali Abu Shweimah), mentre altri (come Mahmoud Asfa), hanno in passato lavorato per Human Appeal International, l’organizzazione sciolta dal governo britannico in quanto raccoglieva fondi per Hamas in Europa. Sarà perché oltre ad essere un cialtrone è anche un’irresponsabile, ma il suo ex si è pubblicamente associato a soggetti di questo genere, e anche ad altri (come Omar Tariq) espulsi dall’Italia per motivi legati alla sicurezza nazionale. Quindi, se non ho mai né pensato né in alcuna sede sostenuto che Roberto Piccardo sia un “terrorista”, penso di avere abbondantemente dimostrato (come riconosciuto dalla stessa Magistratura) che l’organizzazione di cui è stato segretario svolge opera sistematica e continuativa di propaganda ideologica a favore del terrorismo, ha invitato in Italia il massimo ideologo del terrorismo suicida (Yusuf al-Qaradawi) e conformemente al pensiero di al-Qaradawi ritiene che il terrorismo suicida contro popolazioni civili sia non solo legittimo, ma che coloro che compiono azioni di questo genere sono “martiri molto cari ad Allah”. Proprio così – testuale – c’è scritto in un proclama dei Fratelli Musulmani egiziani tradotto in italiano e diffuso in Italia da Roberto Piccardo.
Ora quell’organizzazione – stante le sue prese di posizioni filo-terroriste mai sconfessate – pretendeva di rappresentare i musulmani nei confronti delle Istituzioni, pretendeva di erigere moschee col contributo degli enti locali, nonché di aprire scuole per i bambini musulmani. Personalmente ritengo che ciò sia infinitamente più serio e più grave delle beghe che Piccardo stesso può avere avuto per derubare me e alcuni altri di qualche migliaio di euro. Per questo – assieme ad altre organizzazioni islamiche e d’immigrati – ci siamo mobilitati affinché l’Ucoii venisse isolata, se non messa al bando almeno soggetta a costante monitoraggio da parte degli organi della sicurezza e riconosciuta come soggetto non idonee ad intrattenere rapporti con l’amministrazione centrale e periferica dello Stato.
Ne abbiamo parlato con tutte le forze politiche. Io stesso ne ho parlato con l’allora ministro dell’Interno Napolitano, con la responsabile dei dei rapporti interreligiosi dell’allora Pds Giulia Rodano, con Stefano Rodotà e Piero Scoppola, poi col sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del governo Dini on. Micheli, quindi con Daniele Capezzone (attuale portavoce di Berlusconi), con Fini e col sen. Pini della Lega Nord. Purtroppo, non certo per colpa nostra, la sinistra ha sempre fatto orecchie da mercante. L’unico a comprendere la situazione sembrava essere Fouad Allam, ma la Margherita non l’ha più ricandidato. Continuavamo invano a chiedere ai politici: “Davvero volete un’Italia le cui moschee siano gestite dai fiancheggiatori di Hamas, volete che alla seconda e terza generazione di musulmani italiani si insegni che gli attentatori suicidi sono “martiri molto cari ad Allah”? Alla fine, grazie ad Allah, almeno il centro-destra ci ha dato ascolto, e persino esponenti della sinistra come Amato e Grillini sono arrivati a dire – bontà loro – che “bisogna fare molta attenzione a trattare con l’Ucoii, perché si tratta di un’organizzazione estremista.
Lungi dal quel che lei afferma, direi proprio che l’impegno in cui abbiamo profuso tanto impegno è stato coronato da successo: l’Ucoii è stata espulsa dalla Consulta Islamica, ed il Viminale è recisamente contrario a consentire la costruzione di moschee o scuole gestite dall’Ucoii.
Ne siamo soddisfatti perché non miravamo a soddisfazioni materiali, ma a tutelare la dignità dell’Islam da coloro che pretendono che esso possa in qualsivoglia modo legittimare il terrorismo, e addirittura ricompensare con il “paradiso” quei criminali che muoiono compiendo attentati.
Prendo atto del fatto che per Lei essere “nemici del terrorismo”, costituisce una “altisonante fregnaccia”. Mi permetta di dissentire nel modo più radicale. Io penso che il terrorismo, così come la mafia, lo sfruttamento dei minori, la violenza gratuita, le discriminazioni razziali, ecc., debbano essere condannati da ogni persona dabbene, a prescindere dalle sue idee politiche e dai suoi convincimenti filosofici e/o religiosi.
A maggior ragione, visto che viviamo in un’epoca in cui da un lato esistono dei terroristi che compiono eccidi abominevoli (e pretendono di compierli “in nome dell’Islam”), e dall’altro esistono fiancheggiatori del terrorismo che (come il suo ex) ritengono che quei terroristi siano “molto cari ad Allah”, sia doveroso che almeno un gruppo qualificato di musulmani parli per ribadire come il terrorismo sia contrario all’Islam, e come secondo l’Islam chi uccide un’innocente è come se avesse ucciso l’umanità intera.
Se quindi avessi affermato che Roberto Piccardo è un “semplice cialtrone”, non avrei detto tutta la verità; è un cialtrone che – proprio perché preferisce vivere d’espedienti invece che lavorare – è finito per imbarcarsi in un’organizzazione che svolge propaganda a favore del terrorismo, e che per farlo abusa del nome dell’Islam. E questo mi sembra molto più grave dell’essere un “semplice cialtrone”
Quanto al diverso atteggiamento che Magdi Cristiano ha allora avuto nei confronti della Valent e di Camiletti, dipendeva dal fatto che la Valent era stata per lungo tempo una sostenitrice dell’Ucoii, mentre Camiletti, come dirigente della Sezione Italiana della Lega Mondiale Musulmana, era a favore dello scioglimento per legge dell’Ucoii, e quindi considerato da Magdi (ingenuamente) come un alleato nella sua campagna di denuncia dei rapporti fra Ucoii e organizzazioni terroristiche.
Personalemente, dal giorno in cui ho letto l’articolo ho subito pensato che Magdi aveva fatto un grosso scivolone, e che esso rischiava di compromettere anche quel che di valido aveva fatto in passato. Lui la vedeva diversamente. Riteneva di aver scelto di divulgare una email privata scritta da un personaggio pubblico in quanto relativa ad un problema grave, rispetto al quale fosse comunque lecito esercitare il diritto di cronaca. E il problema effettivamente c’è, ed è effettivamente grave. Non nel caso specifico della professoressa De Feo, ma in quella di molte altre donne straniere, che magari ignorano sia la lingua italiana che la legislazione italiana, e che spesso vengono frodate, dando loro ad intendere di contrarre un matrimonio valido in Italia, mentre chi glielo propone in Italia è già sposato. Uno dei leader palestinesi da me citato sopra rappresenta poi un caso davvero emblematico: ha acquisito la cittadinanza italiana contraendo matrimonio con una convertita italiana, e poi è tornato nel suo paese, ha sposato una palestinese, l’ha portata in Italia e con lei ha avuto sette figli, che oggi convivono con lui, con sua moglie e con quella che per la legislazione italiana è la sua concubina convivente. I paradossi dell’Italia sono anche questi: dei minori italiani costretti a convivere con il padre e con la moglie del padre, mentre la loro madre è una convivente more uxorio. Il padre – dal canto suo – ha precedenti penali mica da nulla: una condanna definitiva per lesioni colpose gravi su minore. Ma evidentemente a Milano gli assistenti sociali dormono.
Palazzi dice : “con sua moglie e con quella che per la legislazione italiana è la sua concubina convivente. ”
Pensavo che il termine concubina fosse religioso e non giuridico :-)
@ Carlo: eppure è un termine che – circa quarant’anni fa, prima della riforma del diritto di famiglia nel verso di una pari dignità civile dei generi maschile e femminile – entrava nel codice penale e con altri, tipo “autorità maritale”.
[ http://www.lexced.it/Codice_penale.aspx?libro=2&titolo=18 ]
cosa volete che siano queste sottigliezze per uno con l’autorità morale dello Sceicco Massimo Palazzi
le concubine sono un dettaglio, l’unica fonte dell’Islam di Massimo Palazzi è Massimo Palazzi
le folle musulmane si rivolgono a lui come faro di moralità e insegnamenti, mentre i più devoti e meritevoli sono da lui amorevolmente accolti nel Sacro Ordine dello Sciacallo (mica fichi), pronti a gettare i loro cuori oltre l’ostacolo ad un cenno del Maulana
faccia tosta e fantasia non gli mancano, sembra applicarsi, ma non riesce ad andare oltre a risultati sinceramente imbarazzanti
per fortuna
Ma Palazzi, senta: c’è tanta gente che spara cazzate pericolose ed al limite del codice penale in Italia, non solo l’UCOII, ma I MINISTRI!
Grazie a Dio qui da noi c’è ancora la libertà di coabitare e/o fare sesso e/o figli con quante persone si vogliono, a maggior ragione se le parti sono consenzienti.
Martinez debunker - Agora’ di cloro
[…] in rete. Scrive post appassionati e intelligenti contro l’imperialismo, ma a volte ha delle cadute di stile, che non sono, come potreste pensare, cadute nella volgarità (questo quasi mai) ma diciamo che […]
Hirondo nel caso presentato dal Palazzi neppure esisteva il reato di concubinato .
Perche’ ?
L’ articolo 559 del c.p diceva
« La moglie adultera è punita con la reclusione fino a un anno. Con la stessa pena è punito il correo dell’adultera. La pena è della reclusione fino a due anni nel caso di relazione adulterina. Il delitto è punibile a querela del MARITO. »
Se la donna non era sposata ovviamente nessuno poteva presentare denuncia !
Palazzi: lasciamo perdere la teoria e si spieghi un po’ meglio nel concreto.
1. Ancora non capisco la distinzione che lei attribuisce ad Allam tra Camiletti e la Valent. Tanto più che una settimana prima dell’articolo che mi riguardava, lo stesso Allam aveva fatto da cassa di risonanza della crociata della Valent contro il poligamo palestinese a cui accenna sopra:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Editoriali/2007/01_Gennaio/05/poligami.shtml
E comunque: in cosa consisteva, di fatto, questa ‘fiducia’, se l’unica che avrebbe avuto titolo ad autorizzarlo a pubblicare quella roba ero io, e lui sapeva che non lo avrei mai fatto? In cosa un Camiletti poteva tutelarlo più della Valent?
2: Lei dice: “dal giorno in cui ho letto l’articolo ho subito pensato che Magdi aveva fatto un grosso scivolone, e che esso rischiava di compromettere anche quel che di valido aveva fatto in passato”. Certo, era evidente. Ma era evidente A ME e a chiunque si rendesse conto della malafede dell’articolo. Come mai era evidente anche a lei? Forse perché anche lei ne ha visto subito la malafede? Può portare fino in fondo il suo pensiero?
Dall’articolo di Allam la poliziotta ha colpito
ma non era nemica di Allam per difendere i mussulmani?
http://anagnirossa.splinder.com/post/19256944/ATTENTI+ALLA+SBIRRA
Come è stato detto anche dal signor Palazzi,Miguel Martinez e la Valent sono nemici di Magdi Allam. Lo dimostra il fatto che su kelebek anche oggi è comparso un articolo contro di lui.
http://kelebek.splinder.com/post/19266651/Una+fatwa+cattolica+contro+Mag
Invece la tua citazione si riferisce ad un connubio tra Allam e la Valent. Si sono accordati anche per denunciare un musulmano per bigamia. Sono io che non capisco o la faccenda è piu’ ingarbugliata di come sembra?
ehm Carlo, non sono un giurista ma penso che qualcosa di simile continui ad esistere su denuncia dell’altra parte in causa, moglie o marito che sia.
nel senso che nessuno dei due può imporre all’altro la coabitazione con un terzo, estraneo al connubio.
se invece i due sono d’accordo il codice si ferma alle loro scelte ospitanti, certo l’ospite non potrà vantare “diritti accessori”.
[tipo, che so, assegni famigliari o detrazione d’imposta o altre peculiarità del genere]
un occhio di riguardo agli eventuali figli
[certo non responsabili della situazione]
però c’è, dato che – dalla riforma – si possono riconoscere anche in costanza di matrimonio con un’altra persona.
[per l’uomo, per la donna è un po’ più contorto ma è “normale” perchè abbiamo secoli di stato-chiesa sulle spalle in cui la donna passava – veniva passata – da tutore a tutore, con ogni diritto subordinato a questi]
il matrimonio poi, non è altro che un contratto [certo, di ispirazione cristiana, siamo in italia, stato-chiesa in gran parte fin quel paio di secoli fa]
di cui la legge disciplina diritti e doveri, dei due fra loro e di entrambi nei confronti della prole, soprattutto.
nonché, da decenni – e nonostante o grazie al concordato, come ti pare – non c’è confusione fra contratti [prima c’era la possibilità di “matrimonio morganatico”, ora quello religioso è subordinato alle leggi dello stato nei suoi effetti civili]
la differenza sta – a quanto mi par di capire – che mentre per il cattolico praticante la “benedizione della copula” è eterna
[lo stato ammette il divorzio, uno alla volta naturalmente]
mentre il praticante islamico avrebbe diritto a più “benedizioni della copula” successive, previo ripudio o meno che sia e, dichiaratamente, da parte della parte maschile.
e vedo arduo un concordato dello stato con l’islam in quest’ultimo senso ché, oltre ad avere un odore discriminatorio, sarebbe per noi un balzo indietro di secoli, al tempo dello “ius primae noctis”, per dire.
e senza considerare che nel cammino faticoso di emancipazione della mentalità civile italiana, la poligamia – avesse da essere legale – sarebbe per forza di cose paritaria.
^__* prova a immaginarti che “casino” ci sarebbe! e chi ci andrebbe di mezzo per primo? i figli naturalmente.
e lo stato ne sarebbe distrutto perché la famiglia così come è strutturata – e anche se “a fasi alterne” – è la sua prima cellula di controllo sociale.
[dello stato, eh! non della chiesa, non più]
Maria scrive:
“Grazie a Dio qui da noi c’è ancora la libertà di coabitare e/o fare sesso e/o figli con quante persone si vogliono, a maggior ragione se le parti sono consenzienti.”
Quando fra le parti coabitanti vi sono cittadini italiani minorenni, spetta al Tribunale dei Minori, per lo più su segnalazione di terzi e ascoltati i servizi sociali, stabilire se le scelte di convivenza dell’uno o dell’altro genitore risultino o meno pregiudizievoli per la loro salute fisica o psichica.
I servizi sociali e gli inseganti delle scuole frequentate dai figli del pregiudicato palestinese dovrebbero fare il loro dovere, segnalando all’autorità giudiziaria che sette minori sono fatti vivere dal padre assieme alla loro madre e a sua moglie.
Poi, visto che se ne da il caso, e visto che è noto come la convivente del pregiudicato conosca bene poco la lingua italiana, sarebbe anche il caso di accertare se sa o meno che secondo le leggi italiane il padre dei suoi sette figli non è affatto suo marito, oppure se sia stata raggirata facendole credere il contrario, tanto più che il padre dei suoi figli, essendo suo cugino di secondo grado, l’ha addirittura registrata all’anagrafe come “parente convivente”.
Lia scrive
“1. Ancora non capisco la distinzione che lei attribuisce ad Allam tra Camiletti e la Valent. Tanto più che una settimana prima dell’articolo che mi riguardava, lo stesso Allam aveva fatto da cassa di risonanza della crociata della Valent contro il poligamo palestinese a cui accenna sopra:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Editoriali/2007/01_Gennaio/05/poligami.shtml”
Al pari di chiunque abbia avuto modo di conoscerla un minimo, la Valent ben difficilmente ispira fiducia, perché è risaputo che campa inventando e riciclando balle e millanterie varie. Per dirne una soltanto, è arrivata al punto di inviare all’allora ministro dell’interno Pisanu una lettera aperta su carta intestata che riportava un numero di Partita Iva inesistente. Un documento privato inoltrato dalla Valent, né Allam, né tanti altri lo sarebbero mai usato, perché avrebbe potuto benissimo trattarsi di un falso (vedasi il caso delle minacce al giornalista Aldo Torchiaro firmati a nome dell’inesistente Amina Barre).
Basta poi leggere il blog in cui il presidente dell’Ucoii viene mandato a quel paese dalla Valent per sapere che ad un certo punto fra l’Ucoii e la Valent è intervenuta una rottura. Del resto, chi può restare lungo amico della Valent?
La campagna di Allam contro l’Ucoii e contro la poligamia praticata da alcuni dirigenti Ucoii era già in atto da tempo. Quando la Valent ne parla con Libero, aggiungendo ai particolari noti su Mohamed Baha’ el-Din Ghrewati quelli relativi a Ali Abu Shwaima, Allam si ingegna di volgere la cosa a suo vantaggio, ma lo fa non utilizzando comunicazioni private della Valent, ma un articolo su Libero e un brano del blog, cioè fonti già rese pubbliche.
Lia scrive:
“E comunque: in cosa consisteva, di fatto, questa ‘fiducia’, se l’unica che avrebbe avuto titolo ad autorizzarlo a pubblicare quella roba ero io, e lui sapeva che non lo avrei mai fatto? In cosa un Camiletti poteva tutelarlo più della Valent?”
Quanto a Camiletti e alla sua organizzazione, Allam li considerava come schierati al suo fianco nelle denunce contro l’Ucoii. E’ ad esempio alla cortesia di Camiletti che Allam doveva la denuncia che ha portato all’espulsione dall’Italia dell’ex imam filo-terrorista della Grande Moschea di Roma, e alla promozione dello stesso Allam da cronista di Repubblica a vice-direttore ad personam del Corriere. Allam non ha dubitato che quanto Camiletti gli aveva faxato fosse falso, e si è affrettato ad utilizzarlo, pensando erroneamente di poter aggirare eventuali denunce grazie alla “pubblicità del personaggio Piccardo” e al “diritto di cronaca su tema di attualità”.
“2: Lei dice: “dal giorno in cui ho letto l’articolo ho subito pensato che Magdi aveva fatto un grosso scivolone, e che esso rischiava di compromettere anche quel che di valido aveva fatto in passato”. Certo, era evidente. Ma era evidente A ME e a chiunque si rendesse conto della malafede dell’articolo. Come mai era evidente anche a lei? Forse perché anche lei ne ha visto subito la malafede? Può portare fino in fondo il suo pensiero?”
Per quel che sapevo della vicenda, Piccardo aveva contratto un matrimonio religioso con una laureata italiana adulta che svolgeva la professione d’insegnante e che aveva una conoscenza diretta del mondo islamico. Mi sembrava quindi palese che la a me ignota nuova sposa di Piccardo, al pari di qualunque altra donna nelle medesime condizioni, era persona che con estrema probabilità sapeva che il matrimonio sciaraitico è privo di effetti civili secondo le leggi italiane, e che quindi non poteva essere stata raggirata (com’è invece accaduto e continua ad accadere ad molte immigrate) circa la validità legale del matrimonio stesso in Italia. Da questo punto di vista dunque, ritenevo che Piccardo non avesse commesso alcunché di illegale, e che quindi non vi era alcuna ragione per alzare tutto quel polverone. Allam era partito, nei confronti di Piccardo e dell’Ucoii, con accuse relative a fatti gravi, protratti nel tempo e ben documentati, ed era finito per fare del semplice, irrilevante pettegolezzo da cronaca rosa, oltretutto danneggiando anche chi – come Lei – nella disputa fra Allam e l’Ucoii non c’entrava nulla.
Per questo pensavo si fosse trattato di uno scivolone, e ora posso aggiungere, del primo di una serie di scivoloni.
Palazzi, ma lei è davvero musulmano o una beghina fondamentalista cattolica?
Non so, ma mi lascia perplesso tutto questo gossip cattivello nei confronti dei confratelli (ma è poi permesso nell’Islam? Dubito…).
Vede, nella mia mentalità occidentale, aperta, e bla, bla, bla, penso che il concetto di “famiglia” non sia solo un uomo ed una donna uniti dal sacro vincolo del matrimonio, che poi figliano, ma lo possono anche essere una coppia omosessuale; una coppia non sposata con o senza figli; il marito, l’amante ed i figli di loro tutti, magari conviventi ed in buoni rapporti; la famiglia poligamica; ecc. ecc.
Dove c’è amore ed armonia penso si possa fare famiglia.
Se le dieci persone interessate in quel tipo di rapporto che lei cita stanno bene così, perchè no? Penso che se qualcuno di loro non si trovasse bene nella situazione attuale se ne andrebbe, o no?
A me fanno molto più orrore le nostre sacre famiglie monogamiche con le ignare mogli infettate dai coniugi che vanno a prendersi le distrazioni non protette in pausa pranzo sulla Provinciale (come pare il 60% dei maschi italici faccia…).
Famiglie poligamiche felici ce ne sono, e non solo in Arabia Saudita, ma anche in Europa e forse in Italia. Lasciamole stare, per favore!
Perchè non provare ad aprire la nostra mentalità ed accettare che ci siano vie diverse per star bene insieme tra le persone?
Negarlo mi sembra sinceramente da frustrati.
Innanzitutto – viste le considerazioni di Maria – vorrei precisare che non considero affatto il personaggio citato in precedenza come mio “confratello”, nello stesso modo in cui non penso che un cattolico italiano consideri come suo “confratello” Totò Riina, Olindo Bassi, Renato Vallanzasca o Mario Tuti. Lo considero come uno dei referenti in Italia di una fra le organizzazioni criminali più luride ed efferate che esistano al mondo, di una banda di tagliagola che manda i suoi capi ed i loro figli a fare la bella vita in Occidente, ed addestra i figli ignoranti di povera gente fanatizzata a morire facendo attentati contro civili inermi. Da questo punto di vista, i militanti di al-Qa’ida mi fanno meno orrore di quelli di Hamas; almeno quelli di al-Qa’ida compiono attentati in prima persona e rischiano la LORO vita; quelli di Hamas vivono ben stipendiati nel lusso, abitano nei centri storici, girano in Volvo o in Mercedes, fanno frequentare ai loro figli scuole esclusive, e rischiano negli attentati suicidi le vite ALTRUI.
So benissimo che quel personaggio, al pari degli altri dirigenti di Hamas presenti in Italia, non compie o pianifica attentati in casa nostra, ma svolge propaganda e raccoglie fondi a favore di coloro che gli attentati li
compiono in Medio Oriente. Assieme ai responsabili di altre associazioni islamiche e di immigrati, non chiediamo che vengano arrestati come terroristi, ma chiediamo senz’altro alle Istituzioni di proteggere i nostri luoghi di culto e le nuove generazioni di immigrati dalla loro propaganda filo-terrorista. Li consideriamo dunque come soggetti socialmente pericolosi e riteniamo debbano essere monitorati dalle autorità preposte alla pubblica sicurezza, altro che come “confratelli”! Per fortuna il ministro dell’Interno Maroni è molto più sensibile alle nostre denunce di quanto in passato lo siano stati i suoi predecessori Pisanu e Amato, mentre An si è ufficialmente pronunciata contro l’eventualità che l’Ucoii – in quanto organizzazione estremista, nemica dell’integrazione e ella pace – possa fungere da controparte delle Istituzioni nella Consulta o gestire luoghi di culto in Italia.
http://www.youtube.com/watch?v=TcNUnPllPXo
Quanto poi al presunto “gossip”, in realtà esso non esiste, giacché ho trattato di un caso di cui la stampa si è già occupata, e relativo ad un problema sociale che di fatto esiste: quello di alcuni musulmani che contraggono nuovi matrimoni con donne musulmane immigrate, mentre secondo la legge italiana sono già civilmente sposati con altra donna, e spesso proprio con una donna italiana che col matrimonio ha consentito loro di acquisire la cittadinanza. Vi sono fondate ragioni di supporre che molte di quelle immigrate vengano frodate e raggirate, in quanto del tutto ignare del fatto che il matrimonio da loro contratto non ha valore legale nel paese in cui vanno a risiedere.
Per quanto poi attiene al diritto islamico (non di pertinenza dello Stato), la possibilità di contrarre un secondo matrimonio per l’uomo esiste nel solo caso in cui egli sia in grado di assicurare PARI TRATTAMENTO ad entrambe le mogli. In caso di preesistente matrimonio civile in vigore in un paese il cui ordinamento non ammetta la poligamia civile, l’Islam proibisce all’uomo di contrarre un secondo matrimonio islamico, in quanto in tale caso la moglie riconosciuta per tale dalla legislazione civile verrebbe ovviamente a godere di una serie di prerogative che alla seconda moglie sarebbero invece negate. Il musulmano sposato civilmente non può quindi contrarre nuovo matrimonio islamico fino a quando il preesistente matrimonio civile è in vigore, e quindi chi vuole praticare la poligamia islamica in Italia è giocoforza tenuto ad essere legalmente CELIBE, e a sposarsi islamicamente senza gli effetti civili.
Quanto alla legislazione italiana, essa riconosce e tutela la famiglia (non necessariamente fondata su un “sacro vincolo”, visto che dal punto di vista legale è il matrimonio civile a costituire la famiglia, ed i matrimoni cattolici o di altri culti in tanto sono riconosciuti dalla legge in quanto
hanno valore civile). Altre forme di convivenza fra soggetti MAGGIORENNI e consenzienti, pur non avendo legalmente diritto a forme specifiche di tutela, sono ovviamente lecite, purché non ledano diritti altrui.
Quanto invece al fatto che alcuni MINORI vengano fatti vivere da loro genitori in situazioni atipiche e potenzialmente pregiudizievoli per il loro equilibrio psicofisiologico, il giudizio in merito spetta al Tribunale dei Minori, sentite le relazioni dei servizi sociali.
Da quel che scrive, direi che Maria è affetta da una certa dose di “orientalismo”, ossia che tende a immaginare l’Islam ed i suoi precetti in modo molto difforme dalla realtà. L’Islam non prevede affatto la “famiglia poligamica”, ossia la convivenza familiare di un uomo con più mogli e con i figli avuti dalle differenti mogli. Prevede che – in presenza di determinate condizioni – l’uomo possa essere poligamo, cioè avere più famiglie, presso le quali soggiorna a turno. La condizione minima e che ciascuna moglie (coi relativi figli) abbia almeno una casa con ingresso, cucina e servizi indipendenti. Se le mogli sono due, il marito dorme una notte in casa dell’una e una notte in casa dell’altra, oppure una settimana in casa dell’una e una settimana in casa dell’altra, ecc. Se non è in grado di mantenere due case e due famiglie, per l’Islam ciò significa che non è in grado di praticare la poligamia, non che può far convivere più mogli e i relativi figli nella stessa casa.
L’atteggiamento orientalistico diviene poi surreale quando si giunge a fantasticare su “famiglie felici” in Arabia Saudita, cioè in un paese barbarico-feudale che riconosce alle donne diritti inferiori a quelli che la
legislazione occidentale riconosce agli animali domestici. In quel paese, per chi lo ignorasse, i matrimoni vengono combinati dalle famiglie quando gli sposi sono ancora bambini o adolescenti, ed all’atto stesso del matrimonio il marito diviene carceriere della moglie. Può chiuderla in casa vita natural durante, oppure autorizzare la sua uscita (in sua compagnia o sotto scorta) nei soli casi da lui decisi. Potrà poi percuoterla a suo
piacimento, ed un giudice potrà intervenire soltanto nei casi di lesioni corporee gravi e permanenti, nel qual caso potrà condannare il marito… a pagare un indennizzo alla famiglia della moglie.
Il giorno in cui le donne nate e cresciute in Arabia Saudita saranno in grado anche soltanto di concepire l’idea di felicità familiare è ancora ben lontano, com’è ancora lontanissimo il giorno in cui l’Arabia Saudita si aprirà alla nozione di diritti umani elementari. Purtroppo – potenza dei petrodollari – ben poco si fa per denunciare una situazione del genere, come pure ben poco si fa per svelare il ruolo della casa reale saudita nel finanziamento delle organizzazioni terroristiche internazionali. Ad ogni nuovo caso che si scopre, il principe saudita interessato si limita a dire “Ho fatto una donazione privata a quella che mi si presentava come associazione caritatevole; non potevo minimamente supporre che fosse implicata in atti di terrorismo”. E ai leader dell’Occidente una spiegazione del genere fra comodo prenderla per buona.
Per il resto, cara Maria, nessun problema ad “accettare che ci siano vie diverse per star bene insieme tra le persone”, purché in qualsiasi forma di convivenza non si perda di vista il principio per cui l’interesse al
benessere dei MINORI debba sempre e comunque avere la precedenza.
A Palazzi, ma hai mai vissuto tu in KSA? Le hai mai conosciute veramente le saudite?
Ma mi faccia il piacere!!!
Lia, per pietà, liberaci dalle prediche dello sceicco bianco. Aiuuutooooo!
Maria, se tu hai vissuto nel KSA e hai conosciuto delle vere saudite e sai per esperienza diretta che non sono infelici come si sente dire dovunque, per favore raccontacelo!
Mi sembra un argomento molto più stimolante delle dispute sull’islam italiano e i suoi rappresentanti.
Davvero si può essere felici in un regime di completa segregazione sessuale, dove una donna per poter decidere ciò che la riguarda ha sempre bisogno dell’approvazione del suo “guardiano” (padre o fratello prima, marito poi), e perciò rimane sempre una minorenne, dal punto di vista dei diritti? E dove la religione non è una scelta spirituale ma è imposta dalla polizia religiosa, tutto è censurato, come si può essere felici?
O forse là i parametri di felicità sono altri?
Certa gente evidentemente pensa proprio che “i parametri di felicità” siano altri. Il multiculturalismo estremista porta anche a deliri di questo genere, a sostenere che – in fin dei conti (E SEMPRE QUANDO SI TRATTA DELLE ALTRE) – certe donne sono pienamente felici di vivere costrette in schiavitù come in Arabia Saudita, magari proprio come lo erano le spose indù che liberamente si gettavano con gioia sulla pira dove bruciava il cadavere del marito imposto loro a dieci anni…
Beate le saudite schiave a vita, beate le donne indù bruciate sul rogo; sfortunate invece le povere donne occidentali, sposate a abbietti mariti che si prendono distrazioni sulle provinciali.
Ma perché Maria non prova un pochino a fare il cambio? Sarebbe da ridere se non fosse una tragedia!
Sul ruolo dei Sauditi e su come sia necessario che i musulmani moderati lo denuncino vale la pena leggere questo articolo:
Un musulmano danese si ribella al medievalismo saudita
di Maurizio De Santis
http://www.giustiziagiusta.info
martedì 09 dicembre 2008
Naser Khader è un cittadino danese di origine siriana ed è particolarmente noto, di questi tempi, nel gossip politico europeo in quanto fondatore del partito danese dei musulmani democratici. Membro del Parlamento danese, è uno dei leader del composito crogiuolo dell’alleanza liberale.
Già insignito di numerosi premi per il suo impegno democratico, Khader aveva palesato un coraggio sconosciuto ai suoi colleghi danesi quando, nel 2006, assunse una decisa posizione a favore del quotidiano danese JyllandsPosten (il giornale al centro della vicenda delle controverse vignette). Più di recente, nel 2007, è stato insignito in Francia del Premio internazionale del Comitato Laicità e Repubblica.
Il perché di tanto successo è direttamente legato al fatto che Naser Khader abbia finalmente proposto ai musulmani europei una “terza via”, alternativa a quelle che non siano l’abbracciare il radicalismo medievalista o l’abbandono della fede musulmana.
Khader sostiene che essersi “fissati” nella lotta a Bin Laden, ai terroristi, agli estremisti islamici, sia un modo errato di affrontare un problema che, visto in quei termini, non rappresenta che la punta di un iceberg.
La vera battaglia è sui valori condivisi ed è difficile che possa essere vinta senza l’ausilio degli stessi musulmani moderati.
Per quanto riguarda il terrorismo islamico è certo che le armi e la forza dell’occidente siano necessarie ma, nella lotta all’integralismo islamico più in generale, i musulmani moderati “devono” impegnarsi.
E qui è bene che l’Occidente prenda coscienza seriamente della gravità della situazione.
Quando un musulmano moderato pubblica un libro, la galassia islamista ha già editato dieci libri. Questi signori possiedono case editrici, denaro quasi illimitato (pullulano i misteriosi “benefattori” in incognito, sovente sauditi), godono di un coordinamento a livello planetario.
Di converso, spesso i musulmani moderati possono tutt’al più trovare una comune piattaforma di intesa nella lotta all’islamismo, salvo poi dividersi (spesso in modo insanabile) sulle politiche ideologiche dei rispettivi partiti di destra o di sinistra.
Khader è fermamente convinto che il problema principale della sua religione sia strettamente correlato al concetto di razzismo. E nel termine “razzismo” il politico danese ricomprende un significato sicuramente più vasto da quello comunemente sotteso nell’etimologia propria della parola.
Quello che Khader denuncia è un razzismo tipico dei nostri tempi, slegato dal colore della pelle, dall’appartenenza etnica. Siamo in presenza di un razzismo religioso a tutti gli effetti: gli islamisti si considerano come persone migliori delle altre. Il resto dell’umanità destinata agli orrori dell’inferno, quando non su questa stessa terra.
Non solo.
Khader teme assai più l’Arabia Saudita che non l’Iran.
Ed il perché lo spiega in modo assolutamente cristallino.
Per farlo, produce un esempio che, a ragion veduta per come stanno andando le cose anche nell’economia europea, è significativo. Denuncia il fatto che un servizio giornalistico sui collegamenti fra l’islam wahabita (tra i più oltranzisti e retrogradi) ed i finanziamenti ad esso correlati, pronto per essere divulgato dalla catena di informazione PBS, è stato censurato. A farlo bloccare, manco a dirlo, è stato un membro saudita del consiglio d’amministrazione.
Secondo Naser Khader, l’Occidente non ha ben afferrato (volutamente o meno, petrodollari permettendo) dove risiede il vero pericolo nella lotta per la pace e per la civiltà planetaria.
Perché, certo, la teocrazia iraniana rappresenta un indiscutibile pericolo (non solo per Israele), ma l’islam sciita può aspirare, per massa critica (11% dei fedeli musulmani nel mondo) che per capitali disponibili, ad una mera supremazia regionale.
Diverso è, invece, il peso politico-economico dell’Arabia Saudita. Perché la gerarchia saudita è impegnata da decenni a sviluppare la diffusione dell’islam più conservatore in modo sotterraneo.
E’ questo, e non altri, il paese che rappresenta la più grande minaccia alla pace nel mondo.
Ora, i vertici religiosi sunniti (egiziani e sauditi), hanno da tempo individuato la potenza insita nella libertà d’espressione e, di converso, l’immenso pericolo che corre il proprio medievalismo religioso di essere criticato e messo in discussione dalle stesse masse islamiche, non solo europee.
La gestione della crisi delle vignette, basata essenzialmente su una scientifica fomentazione delle masse popolari, ne è esempio indicativo.
E gli stessi vertici hanno anche individuato lo strumento con il quale porre il bavaglio al mondo civilizzato e laico: l’ONU.
Per ottenere questo risultato hanno apparecchiato un tavola imbandita di ogni bene (finanziario).
Ed ecco imporsi progressivamente, a suon di aiuti economici verso paesi del terzo mondo, una linea pericolosissima che la Conferenza degli Stati Islamici persegue. Trasformare l’islamofobia in un crimine e, contestualmente, avvalersi proprio dell’ONU quale organismo deputato alla protezione dell’islam più radicale conosciuto.
Durban II è una tappa chiave in questo senso.
Khader, allora, avanza una proposta che possa raccogliere il consenso dell’intero islam moderato europeo: fare della Danimarca un polo della lotta per la libertà d’espressione, ciò che poi il paese è “de facto” a seguito dell’episodio delle caricature.
Come?
Ci riuscirà? Forse.
Ma deve restare vivo. Ed il resto della civiltà svegliarsi.
Palazzi, mi faccia capire: ammesso che ciò che lei ci racconta sia vero, Allam lo sapeva o no che Camiletti era un signore che non ho mai visto, con cui ho avuto qualche telefonata cordiale perché era amico della Valent e che non ha mai ricevuto da me quella email, né io sapevo che lui la possedesse?
Lo sapeva? Suppongo di sì, visto che si è ben guardato dal chiedere a me alcunché. Era consapevole, quindi, di stare impossessandosi di una email in modo illegale e di stare montando un caso giornalistico basato, per quanto mi riguardava, su delle assurdità?
Mi dica se lo sapeva.
Nel concreto, al di là delle teorie sulla necessità di denunciare la poligamia, cosa che poteva benissimo fare senza tirarmi pretestuosamente in ballo.
Gentile Lia,
Quel che racconto si basa su quanto riferitomi da una persona che considero estremamente affidabile, una parlamentare e una musulmana da anni impegnata al servizio della Comunità e in difesa delle immigrate. Per il resto, ignoro se Allam sapesse o meno che Camiletti era persona che lei conosceva soltanto telefonicamente, o se sapesse che il fax a lui inviato conteneva il testo di una email acquisita illegalmente. Per quel che può valere una mia mera supposizione, sono propenso a pensare che non lo sapesse. Camiletti è il responsabile di una delle organizzazioni che fanno capo a un ente morale come la Moschea di Roma, ed è difficile immaginarlo come soggetto che va in giro ad acquisire illegalmente la corrispondenza altrui. Piuttosto, visto che della rottura fra Lei e Piccardo già si parlava in rete, sarebbe stato normale che Allam supponesse una ex, animata da risentimento nel confronti di chi l’aveva lasciata, si fosse rivolta – per sue recriminazioni – a quello che è l’unico Centro islamico d’Italia internazionalmente riconosciuto, e avesse fornito documenti contro Piccardo al responsabile di quell’organizzazione.
Non riesco a credere che un giornalista che scrive sul principale quotidiano italiano miri intenzionalmente a farsi accusare di violazione della privacy e a minare la sua deontologia professionale. Ma questa è ovviamente soltanto la mia opinione. Quel che Allam esattamente sapesse, ignorasse o supponesse lo ignoro.
Oltretutto, il garante della privacy Le ha dato ragione. Perché dunque stare ancora a recriminare su una vicenda che comunque le ha dato una maggiore visibilità? Non credo che Lei sia una persona che tenga a celare la sua vita privata al pubblico; altrimenti non la racconterebbe pubblicamente sul suo blog. Grazie a quella vicenda, ora il suo blog è molto più noto di quanto lo fosse in passato, e Lei ha addirittura aperto una sezione denominata “il giallo di Haramlik”. Se qualcuno vuole conoscere il suo punto di vista sull’accaduto, può benissimo leggere il blog. Tutto questo astio verso Magdi Cristiano a mesi di distanza mi sembra decisamente fuori luogo.
Shaykh, non corra troppo a difendere Magdi Cristiano.
Lei ha scritto:
“La decisione di rendere pubblico il vs. carteggio familiare allo scopo di provocare la reazione di Allam l’ha presa una tristemente nota ex-parlamentare europea, pseudo-islamica ed alcolizzata. Ma quella signora ovviamente sapeva che Magdi non si fidava di lei, che si sarebbe insospettito e avrebbe fiutato la possibile truffa. L’invio doveva perciò avvenire tramite persona di cui invece Allam si fidava, e questo persona era Omar Mario Camiletti, mediatore culturale della Moschea di Roma, avversario dell’Ucoii. Dacia fa credere di stare “spariogliando i giochi dell’Ucoii”, chiede a Omar, ed Omar manda ad Allam senza citare la fonte. Ecco dov’era il mistero…”
Possibile che Allam si sia lasciato prendere per il naso da Camiletti, che faceva da emissario di una di cui Allam non si fidava, e abbia poi deciso di non fare il suo nome davanti al Garante? Che ha fatto, ha coperto uno che lo aveva imbrogliato?
Mi pare molto più probabile che Allam lo abbia coperto perché sapeva che io non c’entravo niente con l’invio ed era complice consapevole dell’inoltro.
Del resto, la mia email è pubblica: se avesse voluto, avrebbe potuto contattarmi e chiedermi conferma sull’email. Se non lo ha fatto, il motivo c’è ed è evidente.
Quanto alla visibilità del mio blog: ne aveva anche prima, grazie, e comunque la visibilità che può dare un articolo come quello di Allam di sicuro non la desidero.
Quanto alle cose che scrivo: non è che avere un blog autorizzi la stampa a manipolare la vita dei blogger per farne falsi scoop, sa?
Lia, cosa vuole che le dica? Sin in questo che in casi analoghi, io tendo a pensare che – se qualcuno riceve una martellata nelle gengive – sia logico supporre che gliel’abbia data qualcun’altro, piuttosto che se la sia data da solo. Applico questo modo di ragionare anche al caso del povero Magdi Cristiano. Sappiamo chi è stata l’artefice della trasmissione, chi il suo complice, e chi ne abbia patito le conseguenze, cioè Lei (in quanto una sua email privata è stata divulgata) e Magdi Cristiano stesso (condannato dal garante per la sua indebita estensione del diritto di cronaca).
La Valent era stata mandata a quel paese in malo modo dall’Ucoii, covava risentimento verso di lei, verso Piccardo e verso Allam e ha così trovato il modo per screditare Allam e per far fare sia a Lei che al suo ex una figura ben misera. Perché non prendersela con Lei, invece che con Magdi Cristiano?
Un giornalista si è visto inoltrare da terzi un documento cui non aveva modo di accedere. In che modo lo si possa considerare “complice consapevole dell’inoltro” lo capisce soltanto Lei! Per me “complice consapevole di un inoltro” può essere soltanto chi INOLTRA direttamente o indirettamente, non chi RICEVE.
Quanto a tutta la vicenda, direi che per lo stesso Magdi Cristiano si sia soltanto trattato di un incidente di percorso, e che in ogni caso l’uso del termine “scoop” sia del tutto fuori luogo. Voleva denunciare in che modo l’Ucoii gestisce la “questione poligamia”, ed ha citato il suo caso come uno fra altri. Non credo che per lui quello specifico caso fosse importante più di tanto. Oltre a venire censurato, non ha ovviamente ritenuto opportuno svelare le sue fonti (e quale giornalista lo farebbe?), tanto più che erano le uniche che gli consentivano di accedere alle manovre della Moschea di Roma contro l’Ucoii.
Palazzi ma che dice ?
Allam ha pubblicato una missiva privata di un altro senza averne il permesso e lei lo definisce vittima ?
Ma scherziamo ?
Vede Carlo, Magdi ha fatto oggettivamente cosa giusta e opportuna, informando l’opinione pubblica di come certi dirigenti dell’Ucoii abusassero della poligamia ma, per via dell’intrigo che è stato ordito ai suoi danni dalla Valent, nel far ciò ha accidentalmente commesso una violazione di legge ai danni della blogger. Che poi la vittima legale ne abbia derivato un danno effettivo o viceversa il profitto di pubblicità gratuita è altra questione.
Vabbe’, basta. Lei, Palazzi, ha una mentalità che io capisco poco ed ho imparato da tempo che comunicare non ha senso, quando non si condividono logica, valori e visione delle cose.
1. “Accidentalmente” un corno: se Allam avesse voluto fare le cose nel rispetto della legge mi avrebbe interpellato prima di pubblicare la mia corrispondenza. Direi che è un concetto semplice.
2. Io non vendo lupini, non mi serve alcuna pubblicità e credo di averlo abbondantemente dimostrato in quei giorni rifiutando ogni singolo invito, richiesta di intervista etc, da Santoro a Costanzo passando per tutta la stampa nazionale, e dedicandomi solo a sgonfiare il polverone.
E questo è un dato di fatto.
Ma, se anche di mestiere facessi la venditrice (di lupini o di islam come molti di voi, la sostanza non cambia) e ritenessi utile farmi pubblicità, sarei comunque capace di distinguere tra questa e la diffamazione.
Ed io, il Corriere, l’ho denunciato per diffamazione, tra gli altri reati.
Detto questo, direi che basta così.
ma perchè lo chiamate sceicco?
si chiamoa Massimo Palazzi, sui suoi documenti non c’è sceicco e nemmeno Maulana
Massimo Palazzi è semplicemente un magliaro che vive spargendo disinformazione e accompagnandosi a gente con fedine penali per niente pulite, come nel caso dei complici di Vittorio Emanuele suoi somplici nella costituzione dell’AMI, per non parlare del curriculum dello stesso Terrore dei Supplì
Concedergli qualcosa di più di una pernacchia è come insultarsi da soli
Per gente del genere solo ostracismo e insulti, nessun rispetto, quelli come Massimo Palazzi sono solo mestatori alla ricerca di un padrone che gli dia da mangiare, sempre meglio che lavorare, ma vanno tenuti lontano dalla gente onesta e in buona fede.
Palazzi?
PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR!
ben detto, non sono altro che venditori di islam, e perdipiù, un islam a basso costo e di scarsissima qualità, anzi direi vendono un islam contraffatto, che dopo due volte che lo metti puzza, proprio come le magliette cinesi del mercato. e stessa cosa vale per il “cristianesimo” venduto da magdi “cristiano” allam, che più contraffatto di così non si può. ma la guardia di finanza non può fare qualcosa? non possono istituire il marchio “religione DOP”?
piove sul bagnato per il Terrore dei Supplì
giusto oggi il Corriere rivela dov’è finito il socio che faceva il vicepresidente dell’AMI
dove?
per la gioia di Lia e dei suoi colleghi, è finito a far danni e truffe proprio attorno alla Pubblica Istruzione, visto che suo fratello è quello che ha conquistato il marchio (e solo quello) della Democrazia Cristiana)
p.s. la foto con la divisa d’ammiraglio che cita l’articolo, è stata pubblicata a corredo di un artiolo apologetico di Buffa, allepoca gran amico del Tettore dei Supplì
p.s. avete notato come lo sceicco de noantri schiva l’argomento, come nemmeno Tomba schivava i paletti?
Quei rettori che assediano i fratelli Pizza
Giuseppe è all’Istruzione, Massimo incontra i capi delle università del Sud
Giuseppe Pizza è sottosegretario all’Istruzione, università e ricerca. È stato nominato segretario della Democrazia cristiana nel 2006 (LaPresse)
Giuseppe Pizza è sottosegretario all’Istruzione, università e ricerca. È stato nominato segretario della Democrazia cristiana nel 2006 (LaPresse)
Dopo quelle del Prete Gianni, del figlio segreto di Marilyn Monroe e della immortalità di Elvis Presley, è sbocciata infine una nuova leggenda: i pizzini di Pizza in pizzeria. Pizzini che un po’ di rettori meridionali consegnano a un misterioso fratello del sottosegretario alla Pubblica Istruzione, che sollecito risponde: «Tranquilli: ne parlo a Pino!». E chi sarebbe questo misterioso potente congiunto del potente viceministro? Una vecchia conoscenza delle cronache.
Conoscere «qualcuno» a Roma, si sa, è determinante. E Mariastella Gelmini, paracadutata al ministero di viale Trastevere per investitura monarchica di Silvio Berlusconi, appare a molti frequentatori delle anticamere capitoline più o meno come una marziana con le antenne e la pelle verde squamata. Ma ecco che, provvidenziali come certi angioletti, hanno cominciato ad apparire ai responsabili di diverse università del Mezzogiorno alcuni misteriosi emissari. Che dopo essersi premurosamente informati sulle difficoltà nei rapporti col dicastero mai tanto avaro di finanziamenti («Che tempi, professore! Che tempi!»), spiegano che in realtà la Gelmini «si occupa soprattutto di grembiulini» ma per fortuna al ministero, grondante di responsabilità come un albero di cachi a novembre, c’è Sua Eccellenza il Sottosegretario on. Giuseppe Pizza. Informata della faccenda, a dirla tutta, la ministra fa sapere in giro di essere piuttosto seccata e sottolinea che a Pizza, come risulta anche dalla scheda personale sul sito del governo, non ha dato neppure una delega. Del resto, perché glielo hanno messo al fianco? Perché il Cavaliere doveva ricompensare il nostro della sofferta decisione di rinunciare a presentare la «sua» Dc alle elezioni dello scorso aprile. Certo, il microscopico partitino, che «Pino» si è ritrovato in tasca grazie a una sentenza della controversa magistratura dopo anni di battaglie giudiziarie sulle spoglie della Balena Bianca, non avrebbe sicuramente rosicchiato granché al Pdl. Più che una balena, è oggi una Sardina Bianca. Ma c’era il rischio che il voto potesse essere rinviato. E Berlusconi era stufo di aspettare la vittoria annunciata. Fatto sta che «Pino», per dirla in aziendalese, fa parte dell’organico. Va a presenziare all’ambasciata di Parigi al premio «Giuseppe Colombo». Interviene al convegno «Eurospazio: strategie per il futuro ».
Rappresenta il governo al simposio su «L’Italia al Polo Nord — Una nuova prospettiva di ricerca in Artico». Invia messaggi di scuse per l’assenza alla «S. Messa in suffragio del compianto amico prof. Diomede Ivone, di cui serbiamo preziose testimonianze dei suoi studi sul cattolicesimo politico e sindacale». Cose così… «E da noi non ci viene nessuno?». «Se volete, Pizza». Tra quanti lo sottovalutano però, come dicevamo, non c’è il fratello. Che non perde occasione per spiegare a tutti che «è Pino quello che decide ». E dove dà appuntamento ai suoi interlocutori? Nel cuore della Roma politica, accanto alla vecchia sede socialista di via del Corso. Alla pizzeria «La Capricciosa» di largo dei Lombardi. Dove giovedì scorso, all’ora di pranzo, dominava una tavola imbandita attorno alla quale erano seduti il presidente e il rettore dell’Università «Kore» di Enna, Cataldo Salerno, e Salvo Andò (l’ex ministro della Difesa ai tempi di Craxi), e il rettore dell’Università di Messina Francesco Tomasello, appena sospeso dall’incarico per decisione del giudice delle indagini preliminari che indaga su un concorso per medicina del Lavoro al Policlinico vinto da Umberto Bonanno, ex presidente forzista del Consiglio comunale messinese, arrestato nel procedimento «Gioco d’azzardo » riguardante presunte tangenti sulla realizzazione di un complesso edilizio. Tema della chiacchierata: la nascita del Politecnico del Mediterraneo, qualche precario da stabilizzare, fondi da sbloccare… Lui, il fratello di Pino, raccoglieva i foglietti di carta con gli appunti e rassicurava tutti: «Adesso chiamo Pino». E chi è il protagonista di questa storia irresistibile di pizzini per Pizza in pizzeria alla «Capricciosa»? Lasciamo rispondere a un dispaccio dell’Ansa del 10 maggio 2006.
Dove si parlava di «Massimo Pizza, nome in codice Polifemo» arrestato dal Pm Henry John Woodcock nell’ambito dell’inchiesta su una serie di truffe a imprenditori. In dieci ore di interrogatori, raccontava l’agenzia, l’uomo ne aveva raccontate di tutti i colori. Che Ilaria Alpi era stata «vittima della sua superficialità al 100 per cento» ed era stata ammazzata dai somali perché «aveva scoperto il passaggio strategico di materiale importantissimo, piccolo ed occultabile», cioè uranio partito forse dalla Basilicata. Che «il Dc9 Itavia l’hanno abbattuto gli italiani» in una sera di guerra fra aerei libici, americani e italiani. Che sulla scomparsa di Emanuela Orlandi «non c’è mai stata nessuna attività di indagine seria». E poi ore e ore di «rivelazioni » sulla massoneria, i servizi segreti, i signori della guerra somali… La parte più succosa, però, è la chiusura della notizia d’agenzia: «Nei due interrogatori, Pizza si definisce rappresentante del governo somalo, “agente provocatore”, consulente storico, consulente, bibliografo, “scambiatore di notizie”, analista, venditore di informazioni e anche “truffatore ma non musulmano”, quando ricorda che è stato vicepresidente dell’Associazione musulmana italiana». Oddio: anche un risvolto islamico? Misteri. Basti dire che al «nostro» questa personalità all’Arsenio Lupin dai mille volti piace tanto che sui giornali è apparsa soltanto una fotografia, pubblicata da Panorama, con la didascalia che diceva: «Massimo Pizza nelle vesti di ammiraglio, una delle sue identità». E il bello è che non è neppure detto che l’uomo in quella foto, elegantemente vestito con una divisa della marina militare, fosse proprio lui.