Tutto da leggere il post di Mazzetta dal titolo “La sinistra deficiente gioca con Allah“. Qui ne riporto giusto qualche stralcio (i grassetti sono miei):
L’evoluzione del Partito Democratico ha dato il colpo di grazia e ingigantito gli equivoci. Da un lato molti italiani credono genuinamente che si tratti di una formazione di sinistra, dall’altro c’è una dirigenza che ha già detto a chiare lettere di non aver dato vita a un partito di sinistra, tanto che all’interno del PD non c’è consenso nemmeno per l’iscrizione al gruppo europeo del PSE.
Però l’hanno detto piano e milioni di italiani sono ancora convinti di votare una formazione di (centro) sinistra idealmente contrapposta all’ammucchiata di destra, con la quale invece trova fin troppi punti in comune, riducendo la lotta politica ad un mero confronto tra due gruppi comunicanti che sembrano interessati solo al potere per il potere.Sembrerebbe la condizione ideale per il coagularsi di una formazione di sinistra come ce ne sono tante in Europa e forse anche migliore, se non fosse che anche qui la qualità della classe dirigente è imbarazzante, l’ottusità impera e il vuoto ideale toglie il respiro.
La conferma arriva dalle reazioni dei resti (avanzi?) della sinistra parlamentare alle manifestazioni contro il massacro di Gaza. Invece di prendere la parola per mettere un punto di fatto e di diritto al quale fissare le responsabilità dell’aggressore, si è preferito declamare veri e propri spropositi campati sul nulla.
In concreto:
Così solo sul sito de Il Manifesto ho trovato un articolo di Angelo Mastrandrea che parte da due dichiarazioni di Ferrero e Bernocchi, per chiedere quale senso possa avere il puntare alla convergenza con formazioni politiche “islamiche”, come sembrano ipotizzare i due leader.
Dice Paolo Ferrero che la gente scesa in piazza per la Palestina rappresenta: “una “massa critica” dalla quale ripartire per l’unità della sinistra, erede del movimento di Genova e di quello pacifista”.
Dice Piero Bernocchi che: ” l’ “alleanza” con un mondo che forse per la prima volta prende la parola in maniera così imponente in Italia sia di “grosse prospettive”.Il problemino è che si stanno tutti e due riferendo alla parte di manifestanti che ha preso parte alle manifestazioni in un’ottica assolutamente allineata con l’agenda dell’Islam politico.
Sorvolando per pietà sul collegamento con chi ha sfilato a Genova nel 2001, alcune considerazioni si impongono di fronte ad assurdità del genere.
Prima di tutto sconcerta il fatto che Ferrero e Bernocchi non si rendano conto che le organizzazioni più propriamente “islamiche” sono in grado mobilitarsi e rimpolpare discretamente una manifestazione, ma che la loro rilevanza e rappresentatività finisce lì, in Italia come oltre i confini. Nemmeno la circostanza per la quale l’Islam politico in Italia sia per lo più incarnato da italiani convertiti, per lo più pittoreschi, sembra aver posto alcun dubbio.
Di quale “massa” parlino non è dato di saperlo, se è vero come è vero che l’immigrazione musulmana è minoritaria all’interno dell’immigrazione italiana e che nemmeno Magdi Allam è riuscito a dichiarare più di un 5% di frequentanti le moschee al suo interno. Il fatto che un massacro come quello di Gaza possa mobilitare molti musulmani (e anche no) non dimostra per niente che questi siano legati all’Islam politico nel nostro paese.Al di là di questi leggeri svarioni nella fase di valutazione, il peggio è chiaramente nell’idea di proporre un’alleanza, fosse pure tattica, con gruppi di bigotti che la senatrice Binetti sembra un moderno Voltaire al confronto.
Sembra quasi che l’idea di una politica laica, materialista e progressista sia stata del tutto sepolta in un luogo segreto e che nessuno sia in grado di restituirla al dibattito pubblico.
Molte altre considerazioni di buon senso sfumano necessariamente sullo sfondo quando il leader del maggior partito italiano di sinistra arriva a conclusioni tanto assurde. C’è da immaginare che se non ci fosse già la fila, Ferrero sarebbe da tempo impegnato a corteggiare la ben più imponente “massa critica” rappresentata dal cattolicesimo italiano, chino sulla gara a chi compiace di più Ratzinger e la Conferenza Episcopale Italiana.Imbarazzante a dir poco, un deficit di qualità e di conoscenza evidente che nutre tatticismi ridicoli, ben oltre l’autolesionismo.
Bene.
Sembra di vedere questi che arrivano, con anni di ritardo, su questioni già vissute, sofferte, metabolizzate e digerite. Con anni di ritardo, anni. Alla faccia dell’essere classe dirigente.
La voglio vedere, questa sinistra imbecille quando si troverà alle prese con i problemini etici che certe frequentazioni comportano. Perché, c’è poco da fare, bisogna decidersi: o ci si confronta in un’ottica interculturale, con le comunità migranti, ed è un’ottica che non può prescindere dall’identificazione di paletti etici non oltrepassabili nel rapporto con le culture altrui, oppure ci si siede su un comodo e acritico relativismo e si rinuncia a qualunque progetto di integrazione delle giovani generazioni. E, su questo, le idee devono essere chiarissime ed esplicite.
E perché nel caso specifico italiano – ma qui lo abbiamo già detto un milione di volte – l’islam politico, quando si toglie il maquillage della propaganda, altro non è che buzzurr-islam col quale l’individuazione dei paletti etici di cui sopra non è, semplicemente, possibile.
Su questo, ripropongo riflessioni già fatte in un vecchio post, ché tanto non ho nulla di nuovo da aggiungere a quanto detto allora.
Il buzzurr-islam
3 gennaio 2007 – 12:14
(Questo post prende spunto dalle significative vicende matrimoniali dell’imam di Segrate, e dalla altrettanto significativa pratica della poligamia fatta a base di ragazzine importate minorenni dalle campagne arabe.)
Questa cosa qua, chiariamolo, non è che sia granché “islam”, inteso nel senso di civiltà.
Non ricordo simili situazioni tra i miei colleghi, amici o conoscenti egiziani e nemmeno tra i protagonisti di quel mondo arabo rurale che mi pare essere il modello ispiratore dell’islam teorizzato da questa dirigenza. Il mio portinaio Bastawi non le faceva, ’ste cose, né le vedevo accadere nell’Alto Egitto profondo, roccaforte e luogo di nascita dei Fratelli Musulmani, dove ho vissuto e dove ho insegnato per un rilevante pezzetto della mia vita.
Questa cosa qui, se proprio devo trovare un’analogia nella mia esperienza mediorientale, mi ricorda al massimo il turismo sessuale dei sauditi in Egitto: i fissati con le ragazzine erano loro, normalmente, e lo squilibrio economico che c’è tra Egitto e Arabia Saudita faceva sì che ci fossero famiglie locali disposte a consegnargliele, le loro figlie, normalmente con l’escamotage di farle passare per “donne delle pulizie”. Fuori dalle sacche di miseria a cui appartenevano queste famiglie, comunque, diciamo che la cosa non era ben vista.
Qui si parla di ragazzine venute in Italia a fare le seconde mogli, non le colf. Non sta a me dire cosa sia meglio: dal punto di vista della dignità del tutto e dell’impegno affettivo contratto, sarà senz’altro meglio così. Dal punto di vista della tutela legale ed economica, invece, forse un contratto da colf sarebbe preferibile. Non lo so.
So che queste cose qui non rientrano in un quadro di multiculturalità – tantomeno di interculturalità, visto lo scoglio etico contro cui ci si infrange – perché, appunto, non si rifanno a un modello culturale importato dai paesi d’origine di chi le pratica. Anzi: quei paesi, normalmente, hanno sviluppato già da tempo solidissimi anticorpi – legali e/o sociali – contro questi modi di fare famiglia.
Queste cose sono il prodotto – e ci dispiace essere ripetitive ma la faccenda è importante – di un islam semplificato da esportazione che, nella sua versione italiana, risente dei limiti e dei vizi datigli dal fatto di essere prodotto e proposto da una classe dirigente che dicono che si rifaccia ai Fratelli Musulmani ma che a me, te lo dico col cuore in mano, ricorda più che altro i Mubarak e compagnia, quando non direttamente Alberto Sordi.
Il mio giovanissimo nuovo amico musulmano me lo ulula, di fronte al mio ennesimo stupore da ingenuona: “Ma lo vuoi capire o no, che questi si fanno l’islam come gli fa comodo?”
“Hanno l’islam soggettivo”, dice ridendo, e mi sa che ride per non piangere.
Quest’ibrido islamico, questa specie di islam-Frankenstein che si va forgiando sotto il benintenzionato naso di un bel po’ di utili idioti come la sottoscritta (ahimè, e poi dice che una è presa dal mal di pancia: ma per forza…) sarebbe anche teorizzato, bada bene:
[…] la differenza culturale, etica, religiosa, politica dell’islam plurale è percepita come fattore di “devianza dalla fede autentica”. La distruzione di queste comunità reali, e la delegittimazione delle culture concrete che esse esprimono, in nome dell’”autentico Islam” diventa, così, il loro principale obiettivo.
Le culture originarie vengono in tal modo negate in nome di un’identità fondata su un’ideologia politica e religiosa unificante […]
L’islamismo agisce, dunque, nell’esperienza migratoria, come fattore di deculturazione; come marcatore di una neoetnicità che presuppone che tutti i musulmani condividano la stessa cultura, indipendentemente dalla loro cultura concreta. Una concezione dell’islam, questa, possibile solo nell’esperienza dell’immigrazione […]
Non è detto che sia un male in sé, questo fenomeno che pure è di quelli delicati.
Diciamo che è fondamentale capire chi diamine sono, coloro che propongono il loro “vero islam” deculturizzante e sostitutivo di quelli vissuti nei paesi d’origine.
E diciamoci pure che sarebbe fondamentale chiarirselo, a sinistra, ’sto fenomeno, ché sennò il balletto dei malintesi non finisce più: qua ci ritroviamo, per dire, con benintenzionate giunte di sinistra che avallano geometrie familiari che sono esibizioni di puro e semplice potere da parte di parvenu islamo-europei,e lo fanno convinte di stare esercitando multiculturale tolleranza verso esotiche consuetudini d’oltremare.
Pensa te.
Il problema è che il discorso che sorge attorno alla teorizzazione di questo italo-islam finisce puntualmente – e clamorosamente – fuori strada.
Perché qui si è schiacciati tra una destra che urla: “Sono terroristi! C’è Al Qaeda!” e l’obbligo di sensatezza di gridare, di rimando: “Non è vero! E’ una sciocchezza!”
Ne risulta un gioco delle parti in cui ognuno si ritaglia un proprio ruolo che è, tutto sommato, comodo per tutti e che fa sì che non sorga mai la necessità di chiedersi chi cavolo siano, in realtà, ’sti tizi.
Perché si legittimano a vicenda, loro da una parte e i Magdi Allam e le Santanchè dall’altra.
Mi pare logico: non diventi vicedirettore del Corriere della Sera se scrivi che ’sta gente è una desolazione di incoerenza o un manipolo di improvvisatori, di mestieranti dell’islam e di piccoli intrallazzatori.
Diventi vicedirettore e miliardario se scrivi che sono dei pericolosissimi sovversivi dai quali TU difendi l’Italia. Se straparli di fatwe e simili e, intanto, ti guardi bene dal tirargli fuori i panni sporchi veri che, proprio perché veri, li spoglierebbero della loro aura di eroi del Male che permette a te di passare per eroe del Bene.
Viceversa, ’sti due trucidoni a cui l’islam garantisce gonnelle e mantenimento economico si ritrovano letteralmente miracolati da cotanto accanimento mediatico della destra: te li ritrovi trasfigurati in mitici Che Guevara con la kefia e acclamati dalla sinistra antimperialista tutta.
Me compresa, sì.
Poi, quando hanno finito di giocare a Che Guevara in pubblico, si tolgono la kefia ed eccoli là: chi importa ragazzette, chi mena le mogli, chi abbandona economicamente i figli, chi fa il giocoliere fiscale, chi teorizza l’inferiorità strutturale degli stessi kuffar da cui si fa sostenere in pubblico e chi, tanto per sintetizzare, fa tutte queste cose contemporaneamente acclamato dalla sinistra antimperialista tutta.
Me compresa, già.
Non è una situazione facile da risolvere e non la si risolve, credo, confidando nella capacità di comprensione della cosiddetta opinione pubblica che legge i giornali.
Questa, nei cinque minuti al mese di riflessione che dedica alla questione, si aspetta già tutto il peggio se è orientata in un certo modo ed è già acriticamente disposta a sostenere qualunque bizzarria se ha un orientamento diverso.
Le è stata proposta da qualche anno una certa dicotomia, e quella si segue.
Temo che vada risolta su tempi più lunghi, ’sta tragedia: facendo gradualmente capire ai famosi kuffar benintenzionati che l’islam italiano merita qualcosa di meglio di questi baratri di ipocrisia, e che i musulmani da sostenere a sinistra sono quelli che lavorano, e lavoreranno, in questo senso.
Facendolo capire ai media capofila dei suddetti kuffar, che al momento sono pigramente sdraiati sulla loro tranquillizzante visione delle cose, e cercando di dare voce a quella parte del mondo musulmano che ci sta male, nella situazione attuale.
Bello questo sfogo..
Potenza della TV, ovvero: la guerra è finita (in apparenza), e le TV possono guardare altrove, e il popolo torna a dormire come se nulla fosse accaduto.
Conclusione:Gaza è occupata e Gaza sarà una città Israeliana se il mondo non si muove.
@”mio portinaio Bastawi non le faceva, ’ste cose, né le vedevo accadere nell’Alto Egitto profondo, roccaforte e luogo di nascita dei Fratelli Musulmani, dove ho vissuto e dove ho insegnato per un rilevante pezzetto della mia vita.”
Scusami Lia ma devo farti notarun’imprecisione piutosto rilevante: Il luogo di nascita dei Fratelli Musulmani è Ismailiyya nel Nord Egitto, ed il movimento è sempre stato più forte proprio nel Nord Egitto. Nel Sai’d, nel Sud Egitto sono nate invece le “Jama’at Islamiyya” costola radicale fuoriuscita dai Fratelli Musulmani, accusandoli di moderatezza, di parlamentarismo, di accettazione dell’idea di democrazia. Devo anche farti notare che eccetto Piccardo, che tra l’altro ha abbandonato ogni incarico da tempo, la dirigenza Ucoii e soprattutto quella della Rabita Islamiyya (la più legata alla Fratellanza), sia composta esclusivamente da arabi residenti in Italia da numerosissimi anni e che non veda al momento alcun italiano ai vertici. Tutto questo solo per chiarezza e senza alcuna vis-polemica, sia chiaro. Sulla qualità dei dirigenti dell’islam italiano ci sarebbe tanto da discutere, ma credo che i tempo stiano cambiando, seppure lentamente, oggi assistiamo ad un nuovo protagonismo dei giovani di cosiddetta seconda generazione,e di un nuovo tipo di itaiani convertiti (non più solo ultra-barbuti più realisti del re e ultra-dogmatici, ma anche intellettuali, laureati in scienze umanistiche, pragmatici senza alcuna velleità arabeggiante, che lascia ben sperare pr il futuro.
Cari saluti.
Abu Yasin: ok per la Jama’at ma non capisco il resto della tua precisazione.
Il mio vecchio post che ho ripresentato si riferisce all’imam di Segrate, che è appunto un arabo residente in Italia da tantissimi anni.
Ed io non pongo un problema di nazionalità o di persone specifiche, bensì parlo di questo:
[…] la differenza culturale, etica, religiosa, politica dell’islam plurale è percepita come fattore di “devianza dalla fede autentica”. La distruzione di queste comunità reali, e la delegittimazione delle culture concrete che esse esprimono, in nome dell’”autentico Islam” diventa, così, il loro principale obiettivo.
Le culture originarie vengono in tal modo negate in nome di un’identità fondata su un’ideologia politica e religiosa unificante […]
L’islamismo agisce, dunque, nell’esperienza migratoria, come fattore di deculturazione; come marcatore di una neoetnicità che presuppone che tutti i musulmani condividano la stessa cultura, indipendentemente dalla loro cultura concreta. Una concezione dell’islam, questa, possibile solo nell’esperienza dell’immigrazione […]
E delle derive che ne risultano.
Pe’ na vera sinistra de’e riforme c’è bisogno de na guida che sappia dialoga’ co tutte le parti.Nu lider capace de rappottasse ar mondo musulmano e de fa vede’ e doti de democrazzia e dequilibrio co’ a necessaria sensibbilità verso ‘e donne.
http://oknotizie.alice.it/go.php?us=18e15ad198cd8464
er nuovo senatore pe’ er domani
mah, a me sinceramente questa storia dell’Imam di Segrate mi sembra un po’ troppo pompata. Penso che se dei bambini mostrano particolari disagi, a scuola se ne accorgano e che tutto sommato un modello di famiglia con 2 donne e 7 figli (se tutti sono d’accordo) e un solo uomo non sia sbagliato la cosa importante è che non sia animato da dialettiche di violenza (di qualunque tipo). E allora un discorso veramente laico sarebbe quello di tutelare le donne (musulmane ma anche no) dalla violenza domestica, cambiando le procedure e gli ammortizzatori che mancano totalmente quando (alla luce del fatto che gli uomini violenti vengono sottratti alla famiglia per pochissimo tempo e poi rilasciati cosicchè si reinseriscono con l’85% di possibilità di reiterare le violenze) le donne denunciano.
Bisogna interrogarsi su perche le donne per lo piu non denunciano, perchè in moltissimi casi la prosepttiva è abbandonare tutto x trasferirsi (anche con figli) in una casa protetta. Una scelta troppo radicale che spinge donne assoggettate a ‘sti delinquenti a non liberarsene.
Ecco, questo per dire che cominciare a risolvere i problemi delle persone implica una scelta di prospettiva. E quella cominciare sindacando in nome di significati filoclericali (et similia) lo stile di vita che un musulmano e le sue donne fanno (peraltro legalmente, perche sto qui è sposato con 1 donna sola, in Italia) mi sembra dalla mia prospettiva (anarchico-libertaria) quantomeno discutibile.
Sì, Cloro. Infatti, con questo stesso post io prendevo le distanze dalla Valent che invece lo aveva appena denunciato alla magistratura e alla stampa, il buon imam, e facevo un discorso di tipo CULTURALE e NON PERSONALE.
Dietro le quinte, nel contempo, cercavo di fare ragionare – inutilmente – la denunciatrice in questione dicendole esattamente quello che adesso dici tu: che da un punto di vista “italiano” non c’è nulla da denunciare, in questa storia. Il problema è un altro.
In sintesi: a livello individuale, ognuno faccia il suo benedetto comodo, purché tutti siano consenzienti.
A livello culturale, però, sfatiamo l’idea che questo sia “islam”. Non lo è. Quindi, rendiamo anche chiaro (e questo lo dico anche come educatrice coinvolta nel discorso interculturale) che considerare “islam” questo genere di pratiche è, da parte nostra, un ingenuo malinteso in cui qualche furbo tende a marciare.
Io non credo che sia difficile da capire: trovo che ogni adulto possa darsi liberamente a quello che vuole, dal BDSM al Poliamore allo scambio di coppia e a tutto ciò che lo renda felice. Sono affari suoi.
MA SE SI PARLA DI ISLAM, PER FAVORE, CERCHIAMO NOI PER PRIMI DI RISPETTARE L’ARGOMENTO QUEL TANTO CHE BASTA PER CAPIRE CHE NON E’ UN PRECETTO CORANICO, ANDARSI A COMPRARE RAGAZZINE NELLE CAMPAGNE ARABE.
Da un punto di vista islamico, le mogli devono avere pari diritti. Nel mondo arabo, dove la poligamia mi pare diffusa molto meno che nello sportivissimo islam italiano, le mogli di cui sopra sono tutelate dal loro ambiente, dalla loro famiglia e da un contesto generale.
Non ci vuole una lince per capire che – DA UN PUNTO DI VISTA ISLAMICO – una minorenne o neomaggiorenne analfabeta e indocumentata, importata chissà come e arruolata come affiancatrice della moglie legale NON GODE DEGLI STESSI DIRITTI DELLA MOGLIE UFFICIALE. Non a caso, nel mio post scrivo che mi parrebbe più accorto farsi fare un contratto da colf, da questi mariti islamici, piuttosto che un pezzo di carta da moschea.
Io, all’epoca in cui parlavo di queste cose, e prima che la Valent le mandasse in vacca, credo che riuscivo a farmi capire.
Per quale motivo adesso uno debba vedere solo l’aspetto sessuale e personale di un discorso che va al di là di entrambe le cose, mi è oscuro.
Non ci vuole una lince per capire che – DA UN PUNTO DI VISTA ISLAMICO – una minorenne o neomaggiorenne analfabeta e indocumentata, importata chissà come e arruolata come affiancatrice della moglie legale NON GODE DEGLI STESSI DIRITTI DELLA MOGLIE UFFICIALE.
Anche un’italiana puo’ trovarsi a rivestire il ruolo di una cittadina con diritti sottodimensionati. E’ ovvio che, come italiani, non possiamo sapere se è islamico ecc.. (ci saranno islamici che lo ritengono giusto e islamici che no) tenere una donna in condizione di sottodiritti, ma possiamo porre rimedio a chi manifesta “una certa insoddisfazione” a vivere in modo coartato. L’islam ha il problema di una fetta di popolazione ignorante che mantiene tradizioni in cui la donna è considerata inferiore. Anche degli italiani ce l’hanno ‘sto problema. Non importa quale sia la matrice culturale, l’importante è non fare equazioni ed elaborare procedimenti fattivi di reazione istituzionale verso disagi derivanti da dialettiche di violenza. Porsi un problema di critica culturale per risolvere queste questioni mi pare una strada lunga e tortuosa.
cloro
E’ una questione di scelte e di interessi personali, Cloro.
A me, dopo un avvicinamento all’islam ultradecennale e che nel tempo si era intensificato molto, interessava la possibilità di una coerenza tanto spirituale quanto politica all’interno dell’islam.
Molto di più di quanto non mi interessasse – e non mi interessi – la situazione della donna italiana, che di certo ha osservatori più attenti e coinvolti di me.
Mi rendo conto che questo rovesciamento di prospettive non sia scontato per chi non è interessato all’islam come religione, ma tant’è: per me, la condizione della donna secondo le organizzazioni islamiche italiane era il banco di prova della tenuta effettiva di un discorso – di islam politico, appunto – che si propone come alternativa etica al nostro mondo. Alternativa che poteva essere propaganda o sostanza. Io volevo che fosse sostanza.