Un’analisi di Marco Allegra sui risultati di ciò che è successo a Gaza. (Dalla lista di Michelguglielmo Torri):
(I) Israele NON ha avuto obiettivi di tipo strategico nel conflitto (in altre parole: non sappiamo esattamente per che cosa ha combattuto), il che lascia sul campo solo ragioni contingenti o tattiche (per esempio: calcoli elettorali; obiettivi militari talmente minimi da essere irrilevanti, ecc.)
(II) di conseguenza, è estremamente difficile capire in che modo la “vittoria” (o la sconfitta) di una delle parti possa essere misurata, dato il carattere nebuloso delle premesse e degli obiettivi. Israele può richiamarsi ai risultati ottenuti tramite la propria forza militare (già scontati in partenza); i palestinesi al “criterio del peso piuma” citato ieri al seminario: se un peso piuma dopo dodici riprese con un massimo è ancora in piedi ha vinto. Tuttavia la “sopravvivenza” dei palestinesi – e, politicamente, di Hamas – era anch’essa un risultato scontato in partenza: chiunque abbia un minimo di sensibilità sa che i fenomeni politici non hanno una soluzione militare.
(III) questo tipo di ambiguità deriva da un’impasse che coinvolge entrambi i campi. La classe politica israeliana è screditata e frammentata. Mentre avrebbe potenzialmente – sola tra le parti coinvolte – carte da giocare per risolvere il conflitto, Israele ha “scelto di non scegliere” e di prolungare indefinitamente l’attuale status quo. La classe politica palestinese sperimenta una condizione frammentazione mai
vista, tanto che si può dubitare che, tra dieci anni, abbia ancora un senso parlare di “palestinesi” in quanto tali; i territori non riescono ad uscire da quella spirale di “de-sviluppo” culturale, economico, sociale e politico che ne caratterizza la storia da almeno quindici anni
a questa parte.
(IV) non vi è stata nessuna svolta in questa condizione di status quo – con l’eccezione degli eventi che hanno accompagnato la vittoria elettorale di Hamas – almeno dalla fine di Oslo in poi. Non muovendosi niente, tutto peggiora e si incancrenisce; tutti coloro che lavorano per assecondare questa spirale, inoltre, godono di un vantaggio oggettivo rispetto a coloro che vi si oppongono. Questa “non scelta”, – e il riferimento in particolare è ad Israele – dunque non è neutrale negli effetti, ammesso e non concesso che lo sia nelle intenzioni.
(V) per il modo in cui agiscono queste dinamiche di inerzia, dunque, è utopistico pensare che si aprano spazi di soluzione; viceversa è molto facile prevedere che il futuro ci riservi periodici scoppi di violenza più o meno insensata nel medio periodo – come la recente operazione militare condotta da Israele – e, nel lungo periodo, il dispiegamento sul terreno delle condizioni per un massacro in grande stile (a seconda
delle svolte in parte imprevedibili delle dinamiche interne e del sistema internazionale, un massacro di ebrei, arabi o di entrambi i popoli).
(VI) le condizioni per questo futuro sanguinoso regolamento di conti sono principalmente determinate dalla progressiva sparizione dei confini fra Israele e i Territori, messi in discussione dalle politche territoriali israeliane che si accompagnano alla colonizzazione. L’interazione tra questo elemento, il carattere etnico dello stato israeliano e le stime demografiche per il futuro (che vedono un relativo aumento della popolazione araba in Israele e in Palestina in generale) rappresenta un cocktail esplosivo continuamente alimentato con nuovi materiali infiammabili, che troverà prima o poi il suo innesco.
(VII) In termini di parallelismi storici, siamo più che mai vicini ad una situazione come quella della Palestina degli anni trenta/quaranta: livello di violenza montante, incertezza sui bilanci demografici e territoriali, difficile praticabilità delle ipotesi di partizione fra comunità ed entità statali e istituzionali. Questa situazione di estrema e crescente tensione potrebbe scoppiare se le il contesto del conflitto subisse una trasformazione radicale; in altre parole, il prossimo grande sconvolgimento internazionale potrebbe – come la seconda guerra mondiale e l’abbandono della Palestina da parte degli inglesi sessanta anni fa – dare il là ad una serie di eventi tali da farci rimpiangere il recente conflitto a Gaza.
Molto interessante la tua analisi, ma è forse incompleta, mi spiegheresti invece che cosa ci ha guadagnato Hamas nel lanciare i suoi razzi?
Grazie
Caro Marco,
Hamas non ci ha guadagnato nulla?… più gli israeliani si impegnano in genocidi, e più i palestinesi non hanno altra scelta che affidarsi ai soli che, almeno in apparenza, cercano di difenderli.
Gli israeliani non ci hanno guadagnato in immagine sia agli occhi del mondo … nessun governo mentre gridava che israele aveva il diritto a difendersi credeva veramente a quello che gridava, e sia agli occhi di quei giusti (per fortuna in aumento) che vivono in israele. C’è da dire che il governo israeliano non ci tiene poi tanto alla buona immagine,anche perchè oramai, per chi la vuole vedere, è ben sputtanata da parecchio tempo. Da quando chi critica gli orrori di Israele viene tacciato di antisemitismo, solitamente mi tengo informata grazie a fonti israeliane illuminate. Per esempio… se ti fosse possibile vedere un film documento di Avi Mograbi intitolato “Per Uno Solo Dei Miei Occhi”, capiresti le motivazioni che portano i palestinesi a votare chi gli appare più propenso ad agire, rispetto ad un Abu Mazen che risulta praticamente ininfluente. Coglieresti anche le ragioni dell’aggressività degli israeliani.
I palestinesi non ci hanno guadagnato…certo ci sono stati molti morti… ma per chi non ha più niente da perdere, la morte può risultare una liberazione. Noi con le nostre pance piene, le cure e gli affetti vicini non potremo mai capire fino in fondo. Io, pur avendo una vita praticamente “normale”, quando mi identifico nella condizione dei palestinesi, sviluppo una rabbia che mi spaventa.
Aspetto di vedere il prossimo film che è anticipato in questa intervista:
http://it.peacereporter.net/articolo/13839/Storie+da+un%27occupazione
Non possiamo liquidare tutte le stragi perpetrate in nome della “sicurezza” di israele con “cosa ci ha guadagnato Hamas nel lanciare i suoi razzi?” Rispondi tu: cosa faresti se fossi rinchiuso in una terra lunga 40 km e larga 5 e sei costantemente sotto controllo; sei diviso dalla tua famiglia e amici dilà dal muro, non hai abbastanza alimenti per te e i tuoi figli, non li puoi curare perchè non hai medicine, se stai molto male non ti aprono il varco per poter raggiungere un ospedale. Calpestano la tua dignità di essere umano, irrompono costantemente nei tuoi spazi con arroganza e violenza. Dimmi cosa faresti tu?
E’ anche un po offensivo nei confronti di Lia, che tanto lavoro ha fatto, dimostrare di non aver letto ciò che ha scritto in precedenza…eppure lei ha messo tutto così in ordinee in evidenza!!! Eddai fai uno sforzo Marco…ciao non volermene…non ho nemmeno i razzi…. quasi dimenticavo… a me sono molto antipatici quelli che dicono di essere i preferiti da Dio… sono profondamente convinta che Dio ami tutti in egual misura.
Ho dimenticato di sottolineare che non mi pare l’analisi di Lia, ma di Marco Allegra; anche se credo che Lia la condivida.
Lia l’immagine è un capolavoro. Quelle due piccole dita in atteggiamento di vittoria sono la risposta a Marco… è una triste vittoria che però credo che colpisca molto l’occhio del mondo.