burn

Gira tra i corridoi, da mesi, uno che fa gli scherzi: bussa alla porta delle aule, poi spegne lesto le luci dall’interruttore che è fuori e si defila. Sparisce, nel tempo che tu ci metti a raggiungere la porta dalla cattedra, e non si capisce chi sia.

O, meglio, i ragazzi un’idea la avrebbero: “E’ un prof, prof. Una volta lo abbiamo beccato, io e De’ Peppis: è il prof Barletta, potremmo giurarlo. E glielo abbiamo anche detto, che lo avevamo visto, ma lui nega. Eppure ci è parso proprio che fosse lui.

Barletta è un tipo strano, del resto, e comunque è un periodo che non sta molto bene, la gente di scuola. Non che si sia mai spiccato per sanità mentale, da noi, ma ho l’impressione che ultimamente peggioriamo.

I ragazzi, dal canto loro, tirano a campare come meglio sanno e poco fa, tornando da scuola, ho visto al porto la mia alunna Gomez reduce dal primo bagno dell’anno, con costume e canottina e capelli umidicci e spalle rosse di sole e lei ha fatto finta di non vedermi, visto che a scuola risultava malata e aveva pure bucato la mia verifica, ed io manco l’avrei notata se non fosse stato per il tizietto che la accompagnava e che ha abbandonato la spazzatura della loro gita sopra una panchina giusto mentre passavo io, in tempo perché potessi pensare: “Ma tu guarda che zotici teppisti abbandonatori di rumenta, ‘sti due ragazzi“, e quindi accorgermi che di alunni miei si trattava.

Sono della classe in cui, quando ho chiesto di definirmi cosa fosse un gazpacho, mi hanno risposto che era un gatto che si dava allo spaccio.

Gli alunni naziskin stanno tutti bene, grazie. Si parlava di legge del divorzio, l’altro giorno, e parecchi tra loro se ne sono dichiarati nemici in quanto contraria alla religione e alle radici cristiane dell’Europa. Allora io ho fatto notare che anche il sesso prematrimoniale era contrario ai principi cristiani, ed uno di loro ci ha spiegato che, infatti, aveva deciso di smettere di praticarlo e che con la sua ragazza erano impegnati ormai da mesi nell’astinenza. Si è sollevato un animato dibattito tra i suoi compagni, a questo punto, ed io per un po’ ne ho perso il bandolo perché ultimamente i ragazzi sono incapaci di discutere di alcunché se non urlano come forsennati mentre lo fanno, e la cosa al principio mi sgomentava, anche perché non sembrano affatto arrabbiati, tra uno strepito e l’altro, ma poi un collega mi ha spiegato che è il modo di discutere che si impara alla TV e che siccome da tale Maria De Filippi si discute così, succede che adesso nelle classi urlano tutti non appena apri mezzo dibattito su qualcosa che non sia strettamente previsto dal programma.

Sono rimasta un attimo smarrita a cercare di capire cosa dicessero i vari compagni dell’astinente mentre urlavano tutti assieme, quindi, ed ho colto qualcosa del tipo: “Sì, ma se poi la tua ragazza vuole la minchia e tu non gliela dai allora lei fa bene a mandarti affanculo perché anche lei ha diritto alla sua soddisfazione…” Ho interrotto il dibattito e cambiato argomento, a questo punto, non senza un certo senso di colpa dinanzi al dispiacere dei miei alunni, repressi nel bel mezzo del loro interrogarsi sui grandi temi della vita, dell’amore e di tutto quanto. Ed è che non lo fanno apposta, a esprimersi così. Manco se ne accorgono, a dire il vero. E’ che loro davvero parlano così, e se glielo fai notare si tappano la bocca con la mano ed esalano un “Uh, scusi, prof…” che ci rimani pure un po’ male, e ti sembra che spronarli all’uso di registri linguistici più adeguati sia ormai una sorta di tua esibizione di vantaggio socioculturale, più che un intervento didattico a loro favore. Sì, è la Sindrome dello Svuotare il Mare col Cucchiaino, quella che si prova in certi momenti. Si chiama così.

Però ballano quasi tutti molto bene, i ragazzi. Compresi i maschi, e siccome le abilità sono come il maiale e non si butta via niente, qui c’è chi ne approfitta per ripassare il lessico in lingua straniera tramite modelli umani, e quindi prendi un ragazzo e gli fai eseguire a ritmo di salsa gli ordini dei compagni, ed è tutto un “Mueve la cabeza, mueve la manita, muovi questo e quell’altro“, e poi fanno eleganti piroette quando devono muovere la colita, come salsa comanda, e finisce che la prof rimane col ritornello in testa per tutto il pomeriggio e canticchia “Mueve la colita” pure lei, nella cucina di casa sua, e prova a sua volta la piroetta ma il dannato De’ Peppis la fa molto meglio, e la prof si sente tutta frustrata e le viene un po’ di malinconia.

Intanto prende forma un nuovo fenomeno sociale, ovvero la comparsa degli Emulatori di Brunetta: è una sindrome che si sta diffondendo tra gli elementi più labili del pubblico impiego e la scuola, ahimé, non fa eccezione. A questo blog è capitato che un collega le chiedesse un certificato medico, l’altro giorno. Un collega. Giuro.

Lui: “Senti, ci sono da scrivere queste lettere per le famiglie.”

Io: “No, senti, io sto già facendo il verbale, le lettere le scriva un altro.

Lui: “No, le devi scrivere tu perché le lettere alle famiglie sono un estratto del verbale.

Io: “Eh??? Ma quando mai?? Ma che dici?? Ma stai scherzando??

Lui: “No, dico sul serio! E se non le vuoi scrivere devi portare un certificato medico! Da allegare al verbale!

E quindi anche io voglio chiedere a lui dei certificati medici, adesso (“Come mai Tizio ha due voti anziché tre, eh? Dov’è la giustifica del tuo medico??“) e poi i colleghi cominceranno a chiederli a noi due e sarà tutto un certificarci a vicenda che stiamo male, a scuola, ma tanto si vede a occhio nudo, non c’è alcun bisogno di dimostrarlo per iscritto.

E comunque tra un po’ finisce, grazie al cielo, e stiamo qui a farci il conto alla rovescia peggio degli alunni, tutti quanti, ed io vorrei andare a scuola col costume e poi uscire e andare in spiaggia, appena fa più caldo, ché sennò cosa ci sta a fare a Genova, una, se non va al mare quando esce da scuola, e poi boh, vorrei cambiare mestiere e fare torte, cose così, perché si fa fatica a immaginare il futuro, a scuola, e che società ne debba venire fuori e come, e dove prenderemo i soldi per lavorare e come faremo, tutti quanti, e quante bugie ci racconteremo ancora e fino a quando, ed è stancantissimo non vedere futuro quando si lavora nella scuola, è un controsenso sfiancante.

Se faccio un bilancio di quest’ultimo anno scolastico, mi accorgo che l’obiettivo più alto che sono riuscita a darmi, didatticamente parlando, è stato quello di cercare di mantenere il buonumore. E non posso manco dire di esserci riuscita, tutto sommato. So’ stanca.