Ci sono i pullman dove si dorme, chiamati Sleepers e fatti di cuccette con le lenzuola a righe. L’effetto è un po’ da cella carceraria, ma sta di fatto che ti stendi e dormi. E poi ci sono i pullman chiamati semi-sleepers, dove abbassi il sedile e dormi, appunto, solo in parte.
Noi abbiamo preso un semi-sleeper da Puducherry a Madurai, abbiamo tirato giù i sedili e, per le successive nove ore, abbiamo dormito sonni agitati intervallati da confusi risvegli e ancora più confusi spettacoli intravisti dal finestrino, mentre il pullman correva – sì, correva proprio – lungo strade per lo più sterrate e villaggi con le capanne e cittadine con dei chioschetti aperti dove facevano il tè, e io ho aperto gli occhi dopo che eravamo rimasti per un po’ bloccati e ho visto che stavamo superando un incidente notevole, con un pullman uguale al nostro che aveva fatto un frontale contro un camion e aveva tutto il vetro davanti a pezzi, e invece la Marzia ha aperto un occhio dopo chilometri e chilometri di strada sterrata, appunto, e si è ritrovata a contemplare un casello. “Chissà che manutenzione pagano, con i soldi del pedaggio, su una pista in terra battuta”, ha pensato, ed è che Marzia è genovese e vede il lato pratico delle cose laddove io avrei probabilmente trovato molto romantica la vita del casellante solitario nella giungla.

maduraitempio

Poi siamo arrivate e Madurai ed erano le 5 del mattino. Prendiamo un tuk tuk per l’albergo che avevamo prenotato, tale Sri Devi Hotel che la Rough Guide così descrive: “Le convenienti doppie senza a/c, immacolate e vicinissime al tempio fanno sì che questo posto sia sempre pieno di stranieri. Per un piccolo lusso romantico prendete una camera ‘deluxe’ in terrazza […]” e ci scodellano davanti a una palazzina fatiscente nella quale ci inoltriamo scavalcando i corpi del personale addormentato a terra che, per l’occasione, si sveglia e ci mostra la nostra stanza che si rivela un antro quasi privo di finestre, con un letto scartellato con le lenzuola macchiate di marrone e un bagno con le piastrelle marroni, o forse era sterrato pure lui, dotato di un gabinetto alla turca su cui era stranamente posizionata anche la doccia e da cui era facile immaginare processioni di scarrafoni in uscita.
E Marzia mi fa: “Be’, non abbiamo scelta, dobbiamo dormirci”, e siccome sono le cinque del mattino e abbiamo appena fatto nove ore di autobus io, sebben perplessa, non ho cuore di contraddirla. Del resto, insomma: sarei pur sempre temprata da mille anni di Egitto, dico io. Mi farò mica turbare da una topaia indiana.
E quindi torniamo giù da ‘sto portiere in canottiera per dargli i passaporti, nonché la cifra spropositata che pretende, e lui ci fa: “La stanza dura 24 ore, quindi domani dovete lasciarla alle 5 del mattino”. “Alle 5????” “Sì, alle 5”. E ci ha pure una faccia da vigile urbano incazzoso, il portiere della topaia, e a questo punto propongo: “Marzia, ma se lo mandassimo un po’ affanculo?” ché, va bene tutto, ma la stronzaggine di farti alzare alle 4 e mezza del mattino mi pare eccessiva, e così ce ne andiamo sdegnate e ci trasciniamo le nostre valigie nella notte fino al tempio indù che è bellissimo e, siccome ormai albeggia quasi, c’è persino qualche chioschetto aperto e prendiamo del succo di mango e facciamo colazione sedute su un gradino guardandoci il passeggio dei fedeli mattinieri che vanno a pregare e, alla fine, troviamo un altro albergo – il Supreme Hotel – che in confronto al primo sembra una reggia e costa pure la metà – come tutti quelli in cui staremo in seguito – ed esploriamo le gioie del servizio in camera, del bagno vero e delle lenzuola bianche e sono ormai le sette quando sveniamo addormentate sulle suddette lenzuola.

Io ho sognato che Pablo Neruda decideva di patrocinarmi nella causa contro Magdi Allam, anche se mi trovava un po’ ingrassata dall’ultima volta che mi aveva visto.