(Scritto due giorni fa: ormai siamo a Goa, di nuovo collegate col mondo)

Ci ho la Marzia in stato di catalettica beatitudine, da quando siamo approdate ad Hampi, e non riusciamo più ad andare via.
Niente può smuoverla dalla trance in cui mi è precipitata nel momento in cui ha varcato la soglia della Nargila Guest House, non so più quanti giorni fa.

Non i topi in camera: preso atto nel cuore della notte della simpatica presenza di una famiglia di ratti tra le frasche del soffitto della sua capanna, ha molto graziosamente riconosciuto i loro diritti e si è trasferita a vivere sull’amaca che penzola lì davanti. Ora dorme all’aperto, seguita a ruota da me che, tuttavia, mi concedo il conforto di una zanzariera, anche perché così posso tenere accesa la pila per leggere senza finire divorata.. Lei no: più indiana degli indiani, sfida imperturbabile gli insetti dormendo con la sola protezione di uno scialle di seta e si risveglia la mattina come se avesse dormito nel letto di casa sua, impeccabile.
Lavata e stirata, si sveglia, e la contemplo con schietta ammirazione mentre emergo a fatica dalle pieghe della mia scapigliatura.

amaca

Non l’isolamento dal mondo, che peraltro ci è stato presentato gradualmente: siamo arrivate scoprendo che non c’era linea per il cellulare. Poi abbiamo appreso che non c’è elettricità per diverse ore al giorno e che a volte, come l’altra sera, non c’è del tutto e si va a candele, e siamo molto contente delle pile acquistate a Puducherry.
Infine, è arrivata la piena del fiume e siamo rimaste bloccate sulla sponda selvatica di Hampi, e fino a quando l’acqua non cala non si attraversa. Marzia ha sorriso pacifica, nell’apprenderlo.

Non la nostalgia per i suoi cari: aprendo Gmail, in uno dei momenti in cui l’unico pc connesso da questa parte del fiume funziona, ha emesso un gemito strozzato: “Argh, non voglio tornare…

E quindi stiamo qua, e io volevo andare a Goa domani ma lei dice che si va dopodomani, e quindi passiamo dal dondolo ai cuscini, dai cuscini al dondolo, nutrendoci dell’ottima pizza che il nostro cuoco 12enne riesce a preparare anche al buio e del celebre pollo con una zampa sola che usa qua da noi, e stasera la guest house è sotto l’attacco di un branco di scimmie dalla faccia nera che saltano da un tetto all’altro della capanna e io, mentre facevo la siesta, mi sono chiesta se fosse arrivato il terremoto, per caso, e invece erano appunto ‘sti grossi scimmioni – prima è arrivato un grossissimo maschio, poi delle femmine senza figli e, poco fa, una mamma col cucciolo attaccato che poi ha mollato su un ramo e lui è rimasto appeso, goffissimo, e i cani corrono da una capanna all’altra per intimorirle, i ragazzi indiani cercano di colpirle con le fionde, io e Marzia facciamo “Ooohhhh!” nel vederle saltare e la giornata scorre così, ed io intanto leggo “Holy Cow” come posso e la Marzia, di fronte a me, si passa lo smalto sulle unghie anche se c’è buio e poi mi mostra il pollice facendomi notare che è venuto benissimo ma io non lo vedo manco se inforco gli occhiali. La luce va e viene.

scimmianera

Marzia mi corregge: Rami, il giovane manager, le ha detto che il cuoco non ha 12 anni, ché gli indiani sembrano sempre più giovani ma che il suo capo non prende i ragazzini a lavorare, ché quelli devono andare a scuola, e quindi ipotizziamo che possa avere 14 anni, il cuoco, ma portati benissimo.
Rami cerca di tentarci con un’offerta di rum, coca, zucchero e limone, poi si rassegna a portarci una Kingfisher.
Non solo la birra, qui, è della Kingfisher. Lo è anche l’aereo con cui torneremo da Goa a Madras, ed è come se uno viaggiasse per l’Italia con gli aerei della Peroni.

L’animale più temuto da Rami, comunque, non sono le scimmie. Sono le rane, e lui le insegue quando le vede sulle sue stuoie e le scaccia, gentile. Mi ha spiegato che è perché fanno pipì sulle stuoie, le rane, io lo ho riferito a Marzia e, insieme, ci siamo domandate perplesse quali atroci danni potesse fare, una rana che fa la pipì.

Poi abbiamo dato la notizia bomba: noi, in Italia, le rane le mangiamo.
Raccapriccio tra i nostri interlocutori. E’ stato convocato il cuoco in tutta fretta per un consulto, e lui ha escluso di poterla mai cucinare, una rana, anche se noi gli assicuravamo che era come il pollo ma più in piccolo. “No, no, I couldn’t. Bad karma. Veeeery bad karma.

E poi, poco fa, è venuto a chiamarci Rami che, forse per migliorare il nostro rapporto con le suddette bestiole, ci ha avvisato che c’erano due rane che si stavano baciando e che se volevamo andarle a vedere, ché erano molto romantiche.
Si stanno baciando?”, ho chiesto io.
E lui: “Sì, ma non noi: le rane!
E io: “Sì, ovvio, le rane”, e siamo andate a vedere.

Fuori dalla guest house, lungo il sentiero sterrato, due rane – una più grande, l’altra minuta – giacevano abbracciate, in uno stato di innamoramento del tutto indifferente al voyerismo di noi umani presenti.
E io ho detto: “Speriamo che non passi un tuk tuk a distruggere questo amore”, e sono tornata dentro.

E’ passata una motoretta.