Ne ho ricevuto uno oggi, di commento, che lì per lì mi ha fatto tiepidamente incavolare ma poi, ripensandoci, mi ha lasciato un po’ di tristezza addosso. E’ questo:
Cara Lia, non dimentichiamoci che l’Eggito e’ uno dei posti preferiti per le “renditions” dove torturano, su procura poveri diavoli, rapiti a destra e a manca dai sai chi… Basterebbe che uno di questi, sotto tortura (tipo il waterboarding – se va bene – o elettrodi sulle palle, o che gli stuprano la figlia di fronte – dicesse: la “mandante” perche’magari ha letto un tuo post, e non sa a che cazzo appigliarsi, MA DEVE denunciare qualcuno, non si puo’ continuare all’infinito a farsi strappare le unghie o farsi annegare o avere un elettrodo in culo o pensare che la propria famiglia potrebbe fare la stessa fine… Si, si, e’ “Lia” quella che mi ha reclutato, vedi come cambierebbe la tua opinione sugli egiziani, tutti buoni e bravi.
Ora: non è che il ragionamento sia brillantissimo, quindi non mi pare il caso di mettermi a seguirlo. E’ l’ultima frase, quella che mi ha intristito, ché certe volte la gente mi pare così sideralmente lontana da tutto ciò che io considero normale da farmi venire voglia di andare su Marte o giù di lì e non tornare più, ché c’è un equivoco ed io non ci voglio stare, in questo mondo qui.
La mia opinione sugli egiziani. Io credo di essermi espressa pochissime volte sulla politica del governo egiziano, e la cosa più generosa che devo avere detto sull’argomento è che il paese ha tanti di quei problemi da rendere poco plausibile qualsiasi speranza di cambiamento. Di tortura e cose simili, comunque, qui se ne è parlato più volte.
Altra cosa è parlare degli egiziani intesi come popolo, ovviamente. E lì – chi lo ha mai nascosto? – la mia percezione del paese è fortemente mediata dall’affetto che mi ispira. Anche se mi sembra più corretto rovesciare il discorso e osservare che il paese mi ispira affetto per il semplice fatto che mi ha sempre dato motivo di vederne un’infinità di aspetti positivi.
So quanto può essere difficile, spietato, duro, zeppo di situazioni ai limiti dell’incubo. E so quanto può essere dolce, disarmante, buffo, ospitale e pieno – strapieno – di gente profondamente perbene. A me, poi, ha dato talmente tanto che ho da essergli grata per un bel pezzo. Quindi, sì: è un posto pieno di bellissime cose, per quanto mi riguarda. E, no: non penso affatto che “tutti gli egiziani siano buoni e bravi”. Nessuna persona sensata può pensarlo di nessun popolo al mondo. Augurarmi qualche incidente atroce per vedermi passare la gioia di andare lì mi pare un pensiero così stupidamente cattivo da farmi venire, appunto, la voglia di cambiare pianeta.
Passano gli anni e, in tema di mondo arabo, la prevalenza del pensiero caricaturale non perde una briciola della sua stolida forza. Tutti bravi o tutti cattivi, contrapposizioni ormai stantie, discorsi che si ripetono ormai da un decennio. Sono passati quasi 10 anni dall’11 settembre, ci avete fatto caso?
Quando andai a vivere in Egitto, la guerra in Iraq era appena cominciata. La caricaturizzazione del mondo arabo era ben sedimentata presso la nostra opinione pubblica, invece, e mi parve che raccontare la quotidianità, le piccole cose di ogni giorno che vedevo accadere attorno a me, fosse un modo per contrastare gli stereotipi che soffocavano la nostra percezione del mondo arabo. Continuo a pensare che cercare nelle culture diverse l’umanità che ci accomuna sia il modo migliore per avvicinarsi a loro e permettere che ci arricchiscano.
Poi, certo, era ed è una battaglia persa. Soprattutto in un paese come l’Italia – televisivo, avvelenato da media improponibili, culturalmente in caduta libera e zeppo di malessere da sfogare sui più deboli, sottrarsi alla logica delle caricature è tempo buttato.
Tutto, del mondo arabo, da noi si fa caricatura. I nostri mullah (quello che voleva fare l’emiro di Milano, l’altro che distribuisce onoreficenze dell’Ordine dello Sciacallo, l’altro ancora che vede i jinn nei lavelli); il cinismo politico di chi blasfema di islam per proiettarci sogni stantii di romantici antagonismi politici, fottendosene bellamente di quanto certo islam radicale stia rincoglionendo – e quindi disarmando ulteriormente – interi pezzi di mondo bisognosi di tutto tranne che di nuova melma in cui affogare; il cinismo politico uguale e contrario di chi, sullo stesso islam radicale, ci ricama gli alibi per annientare la vita e il futuro di interi popoli che, come ogni popolo al mondo, sono fatti di padri, madri, sposi, ragazzi, bambini e, comunque, di gente il cui fine ultimo è conquistarsi della serenità.
Una caricatura, tutto. L’unico mondo che riusciamo a immaginare, evidentemente.
Io mi sono rotta le scatole, di ‘ste cose. Di pucciare i drammi veri nella brodaglia delle opposte caricature.
Mi continua a interessare il mondo arabo nella sua dimensione fisica, tangibile, di strade e piazze e gente. Il resto è inutile, è una velenosa perdita di tempo. Non sarà la mia generazione a migliorare il mondo. Sospetto addirittura che non ci sia miglioramento possibile se non dopo la nostra estinzione. Nostra, e di tutta la nostra aria fritta.
Dalla prima volta che ho messo piede in Egitto, oltre 15 anni fa, io l’ho visto solo peggiorare, quel paese. Ripenso all’ultimo post che scrissi la sera prima di lasciarlo. A quando lo ritrovai l’anno dopo, con molte più preghiere in strada e molta più spazzatura tutto attorno. Alle siringhe abbandonate a terra davanti alla casa del collega, l’anno dopo ancora. Immagino i dispiaceri che mi aspettano stavolta e che Barbara mi ha anticipato, qualche commento fa.
Non ho bisogno di guai eclatanti come quelli che mi ha augurato il mio lettore Lanzo, per sapere come vanno male le cose in un paese che amo. Posso dispiacermi anche senza.
E’ chiaro che c’è chi ne è contento. Non so perché, e nemmeno mi interessa capirlo.
A questo punto penso di poter fare per l’Italia il ragionamento uguale. L’Italia è forse il paese che amo e conosco più di tutti al mondo e questo non basta per rendermi un’esperta in materia. È anche il paese in cui ho scelto di non crescere i miei figli, una decisione che metto in dubbio e riconfermo tutte le volte che posso.
L’Italia è il paese dei respingimenti, l’Italia è il posto dove governo e media, tranne poche lodevoli eccezioni, tacciono in tutti i toni della scala melodica e pure di quella rmonica di quello che succede nei campi di concentramento della Libia.”
L’Italia è il paese che è uscito dal complesso del mancato colonialismo usando in Africa i gas nervini, proibiti dalla convenzione di Ginevra che pare abbiamo firmato, ma ce lo scordiamo continuamente, contro cmbattenti sprovvisti di qualsiasi tipo di arma moderna.
In Italia abita gente che per il sol fatto che scrivo quello che scrivo sul mio blog, e in genere sono cose di affetto materno per il mio paese, si sente in dovere di insultarmi o minacciarmi anonimamente.
Ma quanto sono buoni e bravi gli italiani, va a finire che un etiope sotto tortura in Libia faccia il mio nome per motivare il suo desiderio di stabilirsi in quello che per me è il paese più amato al mondo e quelli di CP magari vengono a trovarmi e spiegarmi il loro modo di vedere la vita.
Perché si sa, gli italiani sono bravi e buoni, ma guai a toccargli i pregiudizi che hanno. Come al resto del mondo, peraltro.
Lia, scusami se certe volte parto per la tangente da te, ma ho appunto a volte pure io l’impressione che Marte sia un posto più comprensibile. Però se decidi di bannarmi o capisco.
Dovrei essere ubriaca, per bannare te.
Io penso ancora che non sia tempo perso cercare di spiegare a chi mi sta intorno che gli arabi non sono il “babau” che ci raccontano essere. Certo non sono 15 anni che mi sgolo; magari ti saprò dire in futuro. Non che gli interlocutori mi diano grosse soddisfazioni, ma già vedere il dubbio nei loro occhi mi fa sperare che non sia tutto tempo perso.
Infine, se conoscete “quel” paese dove sono tutti bravi e buoni gradirei avere l’indirizzo. Grazie per la collaborazione
Ogni tanto penso a quei milioni di arabi emigrati fuori dei propri Paesi. Penso ai loro primi anni nei Paesi “d’accoglienza”, quando probabilmente quest’accoglienza in un modo o nell’altro c’era davvero, ed il periodico ritorno a casa era il recupero di un universo di affetti ancora ordinato e benevolo. Penso a quanto abbiano visto abbruttire le loro patrie di destinazione, insensibili ed ingrate, e così le loro patrie d’origine, travolte da una modernità che ha dato gli effetti più disparati, e raramente positivi. Penso a come guardino ai loro figli ed a come, eventualmente, leggano Mahfuz.
Penso a loro, ed a noi, e mi ripeto che ogni generazione deve cercare il senso della propria missione, la direzione del proprio massaggio. E ad uno ad uno, sforzarsi di fare del proprio meglio, con questa bussola nel cuore, e con la guida di Colui che delle generazioni è l’Inizio e la Fine.
Semmai ci vedessimo in Egitto, un giorno, andiamo al Muqattam. La prospettiva aiuta a ridimensionare, ed a tirare il fiato.
Io prima di leggere il tuo blog del mondo arabo sapevo solo quello che si dice a giro; da quando ti leggo ho cambiato la mia percezione.
Quando finalmente andrò a vedere con i miei occhi sono sicura che sarò libera di conoscerlo senza pregiudizi.
E se non mi sbaglio c’è per lo meno qualche decina di persone a cui hai dato questa opportunità.
Mica poco.
Pensa, cara Lia, che a me succede esattamente il contrario: ogni volta che torno in Italia avverto un brivido, stento a riconoscere il paese e la sua gente, li trovo di volta in volta sempre più abbrutiti e imbruttiti. (Impoverimento culturale in Egitto? Può darsi, ma a me preoccupa di più quest’Italia ormai lobotomizzata dalla tv, dal calcio e dal superenalotto).
Barbara ha scritto:
Lia, in breve : un drammatico impoverimento generale, sia economico che in termini di tessuto sociale. Di conseguenza gente piu’ incattivita (strano vero?), ignoranza e maleducazione a livelli allarmanti. Un tripudio di niqab che manco in Arabia e un generale arretramento. Ma soprattutto ahime’ tanta rassegnazione (nessuno crede in un cambiamento con le prossime elezioni) . Ecco, mi sembra che ’sto Paese non stia andando avanti, no.
Ecco, io vorrei offrire un punto di vista diverso. Anch’io mi chiamo Barbara e anch’io vivo in Egitto da diversi anni. Sono d’accordo con la mia omonima su alcuni punti, ma non sarei così perentoria su tutta la linea. Rispondo a Barbara ma soprattutto al delirante Lanzo: citando il titolo di un post di Lia, “La città ha qualche problema”, è innegabile. Ma a ben vedere è il mondo che ha qualche problema e la crisi economica non risparmia nessuno, è più che ovvio che anche qui le conseguenze si avvertano in termini di caro vita e di disagio sociale. Ma bisognerebbe esser ciechi per non vedere una verità lampante: il Cairo è una megalopoli di più di 16 milioni di abitanti e la povertà dilaga. Ciononostante non è, come invece potrebbe, come invece sono tante altre metropoli e megalopoli più o meno povere del mondo, un posto in cui si rischiano rapine, scippi, stupri e omicidi a ogni piè sospinto. Pensate, che so, a Città del Messico, a tante città del Sud America, dell’Asia o persino della “civile” Europa o degli Stati Uniti. Se qui posso andare in giro tranquilla a qualunque ora del giorno o della notte, a me viene da pensare che ciò sia dovuto al fatto che la gente è, fondamentalmente, gente perbene. Il perché me lo sono chiesta più volte. Sarà per il senso religioso che qui è ancora vivo e vegeto? Sarà paura delle patrie galere? Sarà altro? Ma poco importa, il dato di fatto è che qui, con buona pace di Lanzo, c’è molta più brava gente che nella civile Italia. Perché esiste una coscienza civile, concetto da noi ormai più che accantonato. Non ci si cura più di tanto di mantenere la città pulita, ma in compenso c’è sempre qualcuno pronto a intervenire per sedare una rissa (risse in cui in genere non si arriva neppure alle mani, ci si limita solo a urlare), bloccare un malintenzionato o inseguire un ladruncolo che ha sfilato il portafogli a qualcuno, soccorrere chiunque abbia un problema, aiutare chi ha bisogno d’aiuto. Per strada, tra perfetti sconosciuti. Roba che da noi non succede neppure nell’ambito di uno stesso condominio, figuriamoci in una grande città. Nelle capitali europee si può esser struprate, derubate, importunate, scippate senza che nessuno muova un dito. Si buttano i rifiuti nei cestini, in compenso. Ma a me piace molto di più l’idea di coscienza civile che c’è da queste parti.
Perciò io, cara Barbara, non parlerei di “impoverimento a livello di tessuto sociale”, né di gente incattivita. Un certo malcontento, quello sì, rispetto a qualche anno fa. Ma è più che normale, se consideriamo che il prezzo del pane o del riso è raddoppiato e la gente fa fatica ad andare avanti così. E ancora: io il tripudio di niqab non lo vedo, ma forse è perché non trovo nulla di così fastidioso in un niqab.
Per Lanzo: in Italia c’è gente che, non avendo di meglio da fare, va in giro a picchiare gli stranieri e non solo. Ricordo un agghiacciante caso di cronaca di un paio di anni fa: un ragazzo (italiano) aggredito e picchiato a morte da quattro ragazzetti di estrema destra, solo perché si era rifiutato di offrire una sigaretta. Dovremmo forse augurarti di decidere di non offrire una sigaretta alle persone sbagliate, così “vedi come cambierebbe la tua opinione sugli ITALIANI, tutti buoni e bravi”?
No, non te lo auguro.
Preferisco invece augurare a Lia e SMP di godersi la nostra città-mamma, il Cairo, Umm el-Dunia, di godersi il mango che in questo periodo è delizioso, i succhi di frutta fresca, gli involtini di foglie di vite, i piccoli caffè popolati giorno e notte, le cordiali chiacchierate col vicino di tavolo o di posto in metropolitana, col commerciante o col tassista, il Nilo, i monumenti, le strade affollate, le moschee e le chiese, le passeggiate a qualunque ora del giorno e della notte, la birra Stella e tutto il resto. La città ha qualche problema, è innegabile, ma non bisogna neppure ostinarsi a vedere il bicchiere mezzo vuoto. Ché i problemi ci sono dovunque e, come ama ripetere Lia, “la gente è normale”.
Un abbraccio, Lia. Torna qui con gli occhi di qualche anno fa. Sono certa che riuscirai ancora a vedere molto di quel che vedevi allora. E a raccontarcelo, spero.
barbara, che parole sante!
è che secondo me questa gente ha una morale (si vede che ai bambini la insegnano) ed è più difficile che si uniformino a tutto questo schifo globale, e chi non si uniforma dà fastidio.
se poi aggiungi che invece di buttare via la roba, la aggiustano, capiscimi a me che per l’economia sono un bubbone da estirpare…
tra l’altro se non erro al cairo la raccolta differenziata l’hanno inventata nella notte dei tempi, altro che noi….
parere mio personale, eh.
che tristezza, davvero!
Confondere un popolo con le atrocità commesse dai potenti e prendersela con te. Superficialità e cattiveria, non ci vedo nient’altro.
Ne scrivo con cognizione di causa: mio marito ha subito rendition e tortura in marocco, anche per conto del nostro “bel paese”. Non è certo una colpa dei marocchini (http://kassimlibero.splinder.com/post/22321032)
e nemmeno dei nostri concittadini italiani assai freddi e poco informati sul nostro dramma.
buon viaggio!
Following my own analysis, billions of persons on our planet get the credit loans at good banks. Hence, there is a good possibility to receive a consolidation loan in any country.
bel messaggio Barbara!
http://www.jpost.com/ChristianInIsrael/Blogs/Article.aspx?id=181905
indovinate chi è “L’imam sionista”
e chi se non il nostro Terrore dei Supplì?
Cara Lia, ti seguo sempre nonostante non ci sentiamo da tempo. Avrei tanta voglia di farmi una lunga chiacchierata con te, non sai quante cose vorrei raccontarti, quante sensazioni vorrei esporti, quando torni chiamami che davvero vorrei sentirti. Goditi lo splendido Egitto e lascia stare gli invidiosi idioti. Un abbraccio!
@ mrm e Giuliana: Grazie, sono felice di sapere che qualcuno condivide. Io poi non intendevo dire che sono tutti buoni e bravi, dal momento che sarebbe una sorta di razzismo anche quello (lungi da me il mito del buon selvaggio!). E’ solo che voglio davvero bene a questa città, e quando qualcuno la insulta io non posso fare a meno di inalberarmi.
@ Lia: Cara Lia, devi assolutamente trovare il modo di conciliare la tua splendida storia d’amore con il blog. Ci manchi!
@ Barbara: infatti, tutti buoni e bravi poi non esiste da nessuna parte…ma quello che tu hai descritto è proprio quello che secondo me manca da noi…io vivo in una città di medie dimensioni, ma c’è tanta indifferenza…il mio compagno (egiziano del Cairo, appunto), si meraviglia e si dispiace per questo…nessuno bussa alla porta del vicino per sentire come va, se ha bisogno di qualcosa…probabilmente là non riuscirei a vivere per altri motivi, ma anche qui non sono molto contenta…
Andai in Egitto millemila anni fa. Restai inorridita dall’ “inciviltà” e giurai mai più in un Paese musulmano.
Poi la nostra stampa diede la stura al “dalli al musulmano”, e cominciai a rivedere gli stereotipi che mi ero creata da sola. A leggerli così, nero su bianco, mi sembravano sempre più cretini. Forse sono solo cresciuta.
Ci sono tornata eccome. Ora mi sento a mio agio. E sogno di andare in Iran… :-)
Manco il tempo di tornare che sono corsa in Spagna dalla figliuola. So’ una trottola. Baci.