L’ho già scritto, che Mubarak ha deciso di affondare nel disonore e nella vergogna. Non riesco a capirlo: ha 82 anni. Fosse morto un mese fa, la Storia gli avrebbe concesso delle attenuanti. Avesse dimostrato del rispetto per il suo popolo, in questi giorni, il mondo gliene avrebbe reso merito. Ha scelto diversamente e, alla luce di quanto è successo oggi, il suo discorso di ieri sera appare spaventosamente sinistro: “Appartengo alle forze armate.” “La gente è stata strumentalizzata da alcuni gruppi politici.” “Bisogna sconfiggere il caos.” “Voglio morire in Egitto.”

E, oggi, l’assalto a una popolazione stanca, stremata dopo giorni e giorni di lotta, che – come dice Julia qua sotto – era già pronta in gran parte a tornare a casa ad aspettare la transizione, le elezioni.

Le prove di chi siano questi loschissimi gruppi “pro-Mubarak” circolano ovunque: tesserini della polizia sottratti agli agitatori fermati, cammelli e cavalli con le selle bardate per i turisti e che vengono dalle piramidi, che appartengono a gente che è culo e camicia con la polizia e che è stata pagata per andare a seminare il caos. Le testimonianze sulla gente spinta contro i manifestanti dai propri datori di lavoro. Il Guardian che scrive:

Abbiamo ricevuto un’interessante email da un cittadino britannico che vive al Cairo: “Ho ricevuto un sms firmato “Egypt Lovers” che mi diceva di andare a piazza Tahrir a manifestare il mio appoggio al regime! Il messaggio mi è stato tradotto da un amico e si capisce che è stato spedito a tutti. Come sono riusciti a farlo, i supporter di Mubarak? Come hanno ottenuto i numeri di telefono di tutti? Forse perché gli “Egypt Lovers” sono, in realtà, il ministero degli Interni?”

Poi, a proposito di vigliacchi, volevo dire due parole su quello che considero, da anni, uno dei più vili frequentatori del web italiano: Sherif El Sebaie. La mia disistima nei confronti di questo signore mi ha spinto, per anni, a non nominarlo nemmeno, anche se avrei avuto un mucchio di cose da dire sul suo ruolo in alcune note vicende che, in passato, hanno coinvolto questo blog. A suo tempo mi limitai a dirgli, al telefono, che essere tanto vili e ricattabili, alla sua età, avrebbe fatto di lui un adulto orribile, con gli anni.

Gli anni sono passati e, a quanto pare, non mi sbagliavo. Da quando è scoppiata la rivoluzione nel SUO paese, ciò che Sherif ha avuto da dire è questo:

1. Che è preoccupato per il Museo Egizio e che è vago e prudente.

2. Che il Museo Egizio lo preoccupa assai, i suoi concittadini morti non pervenuti.

3. Che il Museo egizio.

4. Che qua si danneggiano il turismo e la borsa, è tempo di tornare a casa.

4. Che Repubblica diffama la televisione di Stato egiziano, ovvero la voce di Mubarak. Che, per inciso, in questi giorni è stata la barzelletta di tutti i mezzi di comunicazione seri del globo.

5. Che terrà una conferenzella e farà vedere dei film sull’Egitto.

In un momento come questo, un egiziano che, pur avendo la possibilità di fare circolare dell’informazione, volta le spalle in questo modo alla sua gente, in attesa di sapere da che parte girerà il vento, mi scatena un disgusto che non ho voglia di tenermi dentro.

A suo tempo, giravano strane voci tra qualcuno dell’Ucoii sui suoi rapporti con il consolato egiziano. Non ho mai saputo se crederci o no. Di sicuro, la sua prudenza attuale – proprio lui, che ha sempre scodinzolato davanti a qualsiasi microfono – mi fa pensare che il suo appoggio a Mubarak, più volte sbandierato sul suo blog (ricordo un post in cui scriveva che si sarebbe sentito onorato di avere per presidente il figlio di Mubarak: non so se è ancora online o se lo ha tolto), sia più profondo e interessato di quanto avrei creduto.

Questa è una pubblica dichiarazione di disprezzo, se non si è capito.