A Sherif El Sebaie mancano evidentemente gli strumenti culturali, cognitivi e morali per cogliere e sfruttare la più preziosa tra le lezioni che ha ricevuto di recente: quella sull’opportunità di astenersi dai giudizi sul lavoro altrui

quando non ha altre armi intellettuali per combattere opinioni diverse dalle sue. E’ la prima regola di un atteggiamento serio dal punto di vista intellettuale e professionale.

Non ce la fa. Continuerà in eterno ad emettere post (ormai saranno una decina, sul suo blog) in cui cerca rissa con me e/o con chiunque parli di Egitto. E tuttavia, francamente, il livello dei suoi argomenti è tale da non stimolare nessun desiderio di risposta: di fronte alle cretinate, si tace.

I limiti del personaggio mi sono noti da anni. Va a mio totale, profondo demerito il fatto di avere continuato ad averci a che fare per qualche periodo, nonostante le mie consapevolezze. Temo di essere facilmente vittima di una sciocca deformazione professionale che mi fa pensare che i giovani, in quanto tali, con gli anni possano solo migliorare. E’ un’idea balzana, ovviamente. Ai professori serve per lavorare meglio ma poi, nella vita, ci rende propensi a errori di valutazione.

A distanza di anni, vedo che il blog di Sebaie è invecchiato male: le posizioni politiche, tra il blocco di Gaza, Gheddafi e Mubarak, mi paiono insostenibili; il fastidio di vedere un egiziano che non considera i suoi connazionali “pronti per la democrazia” è profondo. Più in generale, la povertà delle argomentazioni e lo stile, diligente ma plumbeo, con cui queste sono espresse mi trasmettono un’idea di generale mediocrità. I commenti, infine, riportano direttamente ai blog neocon dell’epoca in cui andava di moda The Clash of Civilizations. Tutto molto perdibile, insomma, ed è mia intenzione perdermelo volentieri.

(Continua sotto, ché in home ha già preso troppo spazio)

A Sherif inteso come persona, invece, provo stancamente a consigliare due cose, prima di mandarlo definitivamente al diavolo: 1. Si metta a studiare qualcosa di concreto, raggiunga obiettivi tangibili e metta della sostanza in quel curriculum da wannabe, ormai sinceramente imbarazzante. E la pianti di farsi chiamare “dottore”, non si fa. 2. Vada a fare il militare come richiesto dalla legge egiziana, se proprio vuole vendersi come “egiziano nazionalista”. Sarebbe il minimo, tanto più per uno che passa la vita appollaiato su un blog a sparare giudizi su ciò che fanno gli altri. Appellarsi a un concetto di “nazionalismo” inteso come mera affiliazione al National Democratic Party di Mubarak è un’idea, come dire, fuori tempo massimo.

Ma poi, insomma, faccia un po’ quel che gli pare. Io non sono mai riuscita nemmeno a incazzarmi del tutto, con lui, tanto mi è sempre parso sfocato, tutto sommato, e inconsistente. Vada al diavolo, appunto.