Succede che c’è questa mappa che rappresenta la perdita di territorio da parte dei Palestinesi e a beneficio di Israele negli anni. E succede che, ultimamente, si è diffuso una specie di luogo comune secondo cui questa mappa non andrebbe utilizzata in quanto “bugiarda”. L’altro giorno mi è capitato sotto agli occhi un titolo del Post e la definivano così: la “mappa bugiarda”.
Ho così scoperto, grazie a Google, che all’origine del linciaggio della povera mappa ci sarebbe un articolo di Giovanni Fontana pubblicato dal Post, appunto. E’ un articolo che analizza le quattro immagini con l’intento di dimostrarne la presunta fallacia e, secondo l’autore, questo impegno sarebbe dovuto a un suo desiderio di ristabilire la verità, anche per il bene dei palestinesi. Di quei bambini palestinesi, anzi, a cui avrebbe voluto aprire gli occhi fin da quando lavorava in Palestina e già allora guardava ‘sta cartina appesa al muro e, pur scuotendo la testa, non parlava. Rimedia adesso e ci spiega la Storia, perché lui la sa.
Solo che, uhm, non è andata così.
Io non so quanto ne sappia Giovanni Fontana di storia, ma questa polemica non nasce nella sua capoccetta ma sulla rivista The Atlantic, nel 2010, e coinvolge alcuni pezzi grossi del dibattito sull’argomento: Jeffrey Goldberg, giornalista neocon molto aggressivo e molto filoisraeliano, che è quello che la scatena. Andrew Sullivan, un tempo a sua volta neocon e sionista ma le cui idee si sono evolute, negli anni, verso una posizione molto più critica verso Israele. E Juan Cole, che è colui da cui Sullivan aveva preso la mappa ed è uno storico USA, direttore del Middle Eastern and North African Studies alla University of Michigan.
Siamo nel 2010: Sullivan prende la mappa da Cole e la pubblica su The Atlantist, come illustrazione di un discorso centrato sulla politica israeliana del momento. Goldberg, che scrive sullo stesso giornale, parte lancia in resta e fa, diciamo, il Giovanni Fontana della situazione: in questo scontro concreto si limita ad analizzare le prime due immagini: nell’analisi della prima immagine si dilunga più di Fontana, che è invece sbrigativo. Nella seconda immagine, Fontana ricalca in pieno l’argomentazione di Goldberg.
Goldberg si ferma qui e, ovviamente, Sullivan reagisce e contrattacca difendendo la mappa, ma più dal punto di vista politico che da quello storico. Normale, visto che non è uno storico ma un opinionista politico. La polemica poi divampa in rete, come è ovvio, e suppongo che sia lì che Giovanni Fontana l’ha recuperata. Probabilmente, vista la sbrigatività sul piano storico della risposta di Sullivan, avrà pensato di potere fare proprie le argomentazioni di Goldberg, certo ampliandole anche con della farina del suo sacco, e di fare ciò che manco Sullivan aveva osato fare: proporsi come storico del Medio Oriente.
Solo che alla fine è arrivato Juan Cole, che storico lo è sul serio e che è anche colui che per primo aveva diffuso la mappa, e ha messo a posto le cose tirando un po’ di sacrosanti sganassoni a Goldberg e chiudendo quindi il discorso sul piano storico e dei fatti. Su quello della propaganda, ovviamente, ormai si erano scatenati i piani bassi della rete e, si sa, certe catene sul web sono difficili da fermare. In Italia, appunto, la cassa di risonanza dell’incidente è stato il Post nella persona di Fontana.
La cosa più bizzarra, nella ricostruzione che fa Fontana del suo rapporto con la mappa, è che fa risalire le sue prime perplessità addirittura all’epoca della prima guerra di Gaza (al 2006, quindi) che è, a quanto dice, l’epoca in cui stette a Betlemme. Senonché, da quello che ho potuto vedere nei siti che più agguerritamente si scagliano contro la mappa, non esiste in rete un’immagine della mappa anteriore alla fine del 2009. Non riescono a farne risalire la comparsa a prima di allora nemmeno quelli dell’occhiutissimo sito zionism-israel.com, che pure ipotizza che sia stata materialmente disegnata negli anni precedenti. Come diavolo ha fatto, Fontana, a vederla tranquillamente appesa alla parete di un centro per volontari a Betlemme nel 2006 è un mistero che, suppongo, vorrà spiegarci. O che vorrà spiegare a questi poveretti che si scervellano.
Ma passiamo a leggere la risposta di Juan Cole, come riproposta in questi giorni sul sito di History News Network e tradotta, ancora una volta, dalla sottoscritta che la dona a chi la vuole per fare un po’ di debunking del presunto debunker.
…Come parte del mio articolo originale, avevo riportato una mappa della storia moderna della Palestina che ha la virtù di mostrare graficamente cosa è successo ai palestinesi, sul piano politico e territoriale, nel secolo scorso.
Andrew Sullivan riprese poi la mappa dal mio sito, cosa che suscitò un grosso clamore tra gli opinionisti anti-palestinesi, come Jeffrey Goldberg del The Atlantic, ma senza fare molta chiarezza. (PS: la mappa è disponibile in copia cartacea su Sabeel )La cartina è utile e accurata. Comincia mostrando la Palestina mandataria come era a metà degli anni ’20. I britannici conquistarono i territori ottomani che sarebbero diventati il Mandato durante la Prima Guerra Mondiale (il sultano ottomano si era schierato con l’Austria e la Germania, principalmente per timore della Russia).
Per via della nascita della Lega delle Nazioni, però, e dell’influenza delle idee di autodeterminazione del presidente Woodrow Wilson, né la Gran Bretagna né la Francia potevano decentemente convertire i loro nuovi territori, anteriormente ottomani, in pure e semplici colonie. La Lega delle Nazioni li definì “Mandati”. La Gran Bretagna ottenne la Palestina, la Francia ottenne la Siria (che trasformò in Siria e Libano) e infine l’Iraq andò alla Gran Bretagna.
L’accordo della Lega delle Nazioni definiva un Mandato di Classe A (ovvero un territorio anteriormente ottomano) come segue:“Articolo 22: le aree anteriormente controllate dall’impero ottomano che hanno raggiunto uno stadio di sviluppo per cui la loro esistenza come Nazioni indipendenti può essere riconosciuta anche se provvisoriamente soggetta all’assistenza amministrativa di una Potenza Mandataria [ovvero occidentale] fino a quando non saranno in grado di governarsi da soli. Le preferenze di queste aree devono essere considerate di primaria importanza nella scelta dei mandatari.”
Quindi, lo scopo del Mandato britannico sulla Palestina e l’Iraq e del mandato francese sulla Siria consisteva nel rendere “assistenza amministrativa” a questi popoli in preparazione a che diventassero Stati indipendenti, obiettivo considerato non lontano. L’accordo venne scritto prima che i Mandati venissero assegnati, ma la Palestina era un Mandato di Classe A e quindi l’accordo le si applica. I territori che formarono il Mandato britannisco dell’Iraq erano gli stessi che avrebbero poi costituito l’Iraq indipendente, e altrettanto ci si sarebbe dovuto aspettare a proposito della Palestina. (Persino Mandati di classe B come il Togo sono diventati Stati-nazione, mentre i poveri palestinesi sono semplici prigionieri senza Stato chiusi in cantoni coloniali).
La prima mappa, quindi, ci mostra quello che la Lega delle Nazioni prevedeva che sarebbe diventato lo Stato di Palestina. L’economista [Goldberg] ha pubblicato una strana affermazione secondo cui il deserto del Negez sarebbe stato “vuoto” e non avrebbe quindi dovuto essere mostrato nella prima mappa. Ma non era affatto vuoto, come non lo è adesso: ci vivono i beduini palestinesi, e sia loro che il deserto erano riconosciuti dalla Lega delle Nazioni e considerati parte integrante del Mandato palestinese.
Al Mandato palestinese venne anche dato il compito di permettere che si stabilisse una “madrepatria” per gli ebrei (con motivo della Dichiarazione Balfour del 1917), ma nessuno all’interno della Lega delle Nazioni lo immaginò, all’epoca, come un vero e proprio Stato in conflitto con l’altro. A metà degli anni ’20 si prevedevano non più di poche decine di migliaia di ebrei residenti in Palestina. (Sono mostrati in bianco nella prima mappa, contraddicendo coloro che, per motivi misteriosi, dicono che la mappa mostri in modo alterno sovranità e popolazione). Ancora all’epoca della carta Bianca Britannica del 1939, l’idea della Gran Bretagna era che il Mandato si tramutasse in uno Stato indipendente palestinese del giro di dieci anni.Nel 1851, c’erano 327000 palestinesi (sì, la parola “palestinese” era corrente, all’epoca) e altri non-ebrei, e solo 13000 ebrei. Nel 1925, dopo decenni di immigrazione ebraica organizzata, nel Mandato britannico di Palestina c’erano poco più che 100000 ebrei e circa 765000 palestinesi non ebrei. Per la storia demografica dell’area, si vedano gli accurati calcoli di Justin McCarthy; non è vero che, come a volte si dice, non conosciamo gli andamenti di popolazione nell’area. Si veda anche il suo articolo scientifico, ripubblicato in questo sito. La popolazione palestinese crebbe a causa di una rapida crescita demografica, mentre l’immigrazione incise in modo minore. L’affermazione comune secondo cui, a un certo punto del diciannovesimo secolo, Gerusalemme fu in maggioranza ebraica, è priva di significato. Gerusalemme era una piccola città, nel 1851, e molti anziani ebrei pii o indigenti provenienti dall’Europa Orientale o da altri luoghi ci si rifugiavano perché le organizzazioni caritatevoli li supportavano. Nel 1851, gi ebrei erano appena il 4% circa della popolazione del territorio che sarebbe diventato, 70 anni più tardi, Mandato britannico di Palestina. E c’erano pochi aderenti all’ebraismo, appena qualche migliaio, dal momento che la maggior parte degli ebrei palestinesi adottarono il cristianesimo o l’Islam, dal primo millennio d. C. fino al ventesimo secolo. Durante il Mandato britannico, l’area di Gerusalemme fu largamente palestinese.
L’ascesa del nazismo negli anni ’30 provocò un’immigrazione ebraica di massa in Palestina; di conseguenza, nel 1940 c’erano più di 400000 ebrei tra oltre un milione di palestinesi.La seconda mappa mostra il progetto di partizione della Palestina delle Nazioni Unite del 1947, che concedeva agli ebrei (che allora possedevano circa il 6% della terra palestinese) uno stato territorialmente consistente a fronte di una Palestina ridotta di molto. Per quanto gli apologeti del sionismo affermino che i sionisti accettarono il piano di partizione e che gli arabi lo rifiutarono, questo non è del tutto vero. Il leader sionista David Ben Gurion annotò nel suo diario, quando Israele divenne Stato, che all’epoca della fondazione degli USA nessun documento ne delimitava l’estensione territoriale, volendo dire che altrettanto poteva darsi per Israele. Sappiamo che Ben Gurion fu un espansionista israeliano animato dalla piena intenzione di annettere più terra a Israele, e già nel 1956 cercò di annettersi il Sinai e gli sarebbe piaciuto il sud del Libano. L’accettazione sionista del piano di partizione delle Nazioni Unite, quindi, non significa molto, oltre all’iniziale allegria per l’essersi ritrovati con un punto di partenza molto migliore di quello che le terre in loro possesso gli davano diritto di aspettarsi.
La terza mappa mostra lo status quo dopo la guerra civile israelo-palestinese del 1947-1948. Non è vero che l’intera Lega Araba attaccò la comunità ebraica in Palestina o, più tardi, Israele, in sostegno ai palestinesi. Come Avi Shlaim ha mostrato, la Giordania aveva fatto un accordo con la leadership sionista per avere la Cisgiordania, e le sue truppe non disputarono a Israele i territori donatigli dalle Nazioni Unite. L’Egitto prese Gaza e quindi cercò di prendere il deserto del Negev, con poche migliaia di soldati malamente addestrati ed equipaggiati, ma venne sconfitto dal nascente esercito israeliano. Pochi altri Stati arabi mandarono un qualche significativo numero di truppe. Il numero totale delle truppe della parte araba sul campo di battaglia era più o meno equivalente a quello di parte israeliana, ma i sionisti avevano più spirito di corpo ed erano meglio armati.
[Il nascente esercito israeliano perseguì deliberatamente una strategia di pulizia etnica dai palestinesi non combattenti dei territori presi da Israele, espellendone circa 720000 nel 1947-48 e impossibilitandone poi il ritorno, spogliandoli delle loro case e fattorie e lasciandoli nell’indigenza.]L’ultima mappa mostra la situazione di oggi, che sorge dall’occupazione israeliana di Gaza e della Gisgiordania del 1967 e quindi dalla decisione di Israele di colonizzare intensivamente la Cisgiordania (una pratica illegale secondo le leggi sulle popolazioni occupate).
Non c’è assolutamente nulla di inesatto in queste mappe, storicamente parlando. Goldberg ha sostenuto che il “peccato originale” dei palestinesi fosse l’avere rifiutato il piano di partizione del 1947. Ma, dopo che la storia ha mostrato come Ben Gurion e gli altri espansionisti hanno continuato a impossessarsi di terra da allora, non è chiaro se i palestinesi avrebbero potuto evitare di essere occupati neanche rinunciando volontariamente a una così grande parte del loro paese nel 1947. Il primo peccato originale fu l’impegno contraddittorio e incosciente dei britannici nell’appoggiare l’immigrazione ebraica nel loro Mandato in Palestina, con la promessa irrealistica e perfida che i palestinesi non avrebbero mai avuto di che ribellarsi. E’ lo stesso tipo di peccato originale della Francia che spinse milioni di coloni nell’Algeria francese, o che portò al tentativo francese di creare un Libano essenzialmente cristiano, dove i cristiani sarebbero stati privilegiati dalla politica francese. Il secondo peccato originale fu il rifiuto degli Stati Uniti di permettere l’immigrazione ebraica negli anni ’30 e nei primi anni ’40, obbligando così gli ebrei a dirigersi verso la Palestina per sfuggire al mostruoso sterminio nazista.
Questa mappa ha provocato tanta ira e polemiche non perché sia sbagliata ma perché mostra con chiarezza cosa è stato fatto ai palestinesi, che erano stati riconosciuti dalla Lega delle Nazioni come prossimi ad avere il proprio Stato. Gli sono stati tolti lo Stato e il territorio e sono stati lasciati senza un paese, senza una cittadinanza e quindi senza senza i diritti umani e civili di base. La mappa rende semplice vedere questo processo. Quindi è stata stigmatizzata e resa tabù. Ma se anche si potesse portare a termine l’emarginazione di un’immagine, rimarrebbe la misera condizione dei palestinesi privi di Stato, e i bambini di Gaza continuerebbero ad essere sottoalimentati a causa della deliberata politica israeliana di assedio ai civili. La mappa si limita a evidenziare una possente realtà . Anche bannandola, questa realtà non scompare.
Goldberg, secondo Spencer Ackerman, dice che non intende più replicare a Andrew Sullivan, cosa di cui Ackerman è grato giacché, come dice, Goldberg è uno scribacchino della propaganda che adora scatenare guerre su pretesti inconsistenti. Anche Matthew Yglesias si è fatto qualche risata a spese di Goldberg. [Per il resto, come altre grandi istituzioni USA, la nostra stampa è corrotta su questo argomento.]
La gente come Goldberg non ci spiega mai cosa si aspetta che accada in Palestina a breve e medio termine. Non sembrano comprendere che lo status quo è insostenibile. Sono come struzzi militanti, con la testa nella sabbia mentre, con gli artigli posteriori, scalciano verso chiunque veda con chiarezza il problema, dipingendoci come fanatici. Come se questa vecchia calunnia avesse un qualsivoglia peso per chiunque conosca con un minimo di serietà l’effettiva visione politica del primo ministro israeliano Binyamin Netanyahu o del suo ministro degli esteri Avigdor Lieberman, il cui fanatismo è difficile da superare. Di fatto, alcuni degli attuali (2010) problemi di Israele con il Brasile sono emersi dopo la visita di Lieberman della scorsa estate; io ero a Rio, all’epoca, e ricordo il disgusto con cui il multirazziale e multiculturale Brasile giudicava Lieberman, che alcuni definivano apertamente razzista.
PS: qui uno strascico di polemica.
Commento solo su un dettaglio nel tuo altrimenti ottimo post:
> La cosa più bizzarra, nella ricostruzione che fa Fontana del suo rapporto con la mappa, è che fa risalire le sue prime perplessità addirittura all’epoca della prima guerra di Gaza (al 2006, quindi)
Qualche giorno fa avevo cercato per curiosita’ il blog personale di Giovanni Fontana e da li’ si sa che e’ stato a Betlemme nel 2009. Con Prima Guerra di Gaza si riferisce infatti all’Operazione Piombo Fuso. (E’ lecito IMHO chiamarla “prima guerra”, perche’ e’ la prima delle tre operazioni molto simili di Israele contro Gaza: 2008-09, 2012, e ora 2014.)
E comunque, perche’ sarebbe cosi’ implausibile che in Palestina, dove l’interesse per la cosa e’ maggiore che altrove, questa mappa diventi virale molto prima che nell’Occidente? :)
(Anch’io vivo da quelle parti di questi tempi, e quella mappa e’ letteralmente dappertutto. La vendono pure ai turisti!)
Ma infatti quello è stato un errore di Lia, secondo me. Parlare del fatto che Fontana non fosse in Palestina, o che abbia copiato, non serve a niente. Il punto è che, nel merito, lui ha torto marcio e la mappa ragione.
(Io però non ho mai detto che Fontana non sia stato in Palestina. Ci vanno in milioni, mica è una cosa dell’altro mondo.)
A scanso d’equivoci comunque vorrei dire che secondo me, al prim’ordine, ha ragione Fontana sulla mappa, ma che la raccolta fatta qui da Lia di argomenti a difesa della mappa e’ a sua volta interessantissima.
Poi non conosco ne’ Fontana ne’ Lia e mi guardo bene dall’entrare nelle loro dispute. Adiós!
Ciao, Fisico a Gerusalemme. Io ho cercato nel blog di Fontana, prima di esprimere questa perplessità, e il suo diario dalla Palestina è del 2008. Poi il concetto di prima guerra lo associo al 2006, ma comunque anche il 2008 è un po’ precoce, come data. Naturalmente può darsi benissimo che Fontana sia in buona fede su questo particolare, ma mi sembra semplicemente strano che una mappa possa essere diventata virale in Palestina ed essere finita sul web solo due anni dopo. In genere i palestinesi si danno da fare, su queste cose.
Lia, se usassi il tuo criterio malfidente direi che hai scritto questa porcheria infondata per quella volta che ti ho tanato e successivamente sputtanato a difendere le mutilazioni genitali femminili (“secondo alcuni, il clitoride diventa ancora più sensibile”).
Ma io non lo credo, credo semplicemente che tu sia – banalmente, per quello che ti ho letto – una persona cattiva, e che frequenti troppe persone capaci di fare quello di cui mi accusi. Ma se tu sei abituata a essere bugiarda, non misurare me con il tuo metro. Non tutti sono come te.
Se avessi copiato qualcosa da qualcuno, l’avrei detto. Quel post prende spunto da una risposta a una domanda di un commentatore sul mio blog (puoi riconoscere molti dei contenuti)
http://www.distantisaluti.com/i-meno-meno-meno-peggio/
E decido di scriverlo dopo una discussione su Friendfeed, social network che frequenti e su cui ci siamo scornati diverse volte, in cui mi ero reso conto di quante persone fossero ignare della falsità di quelle mappe:
http://friendfeed.com/seideegiapulp/500fd2a1/purtroppo-sempre-attuale-latuff-2009-sul
Avessi letto il post di Sullivan (o gli altri), l’avrei citato, come ho sempre fatto quando accade. Chiunque conosca il rigore con cui scrivo, non avrebbe alcun dubbio.
Ed è naturalmente vero che quelle quattro mappe fossero attaccate, nel centro in cui lavoravo, già dal 2008 (la prima guerra a Gaza è di fine 2008, non del 2006: se cerchi di accreditarti come storica, non dovresti fare questo sfondone storico pazzesco http://en.wikipedia.org/wiki/Gaza_War), come ovviamente ridicolo insinuare che io non abbia lavorato in Palestina: ci sono centinaia di post, foto, racconti, testimonianze. Questo, per esempio, è quello che scrissi il giorno che scoppiò la prima guerra a Gaza: http://www.distantisaluti.com/domenica-28-dicembre/
Te lo posto per farti vedere, per esempio, che io ero contrario a quella guerra, come sono contrario a questa. Ma che ci sono persone che non adottano il tuo modo binario di vedere le cose – se dico questa cosa a chi fa gioco? – ma pensano che le proprie battaglie sono buone battaglie solo se si combattono con onestà.
Sull’oggetto del post, ho scritto quello che penso qui, non c’è veramente molto da aggiungere:
http://www.distantisaluti.com/alcune-precisazioni-sulla-mappa-bugiarda-su-israele-e-palestina/
Fontana, la tua risposta è di un livello bassissimo persino per i tuoi standard, ma ti risponderò.
1) Tu ti sogni le cose o le manipoli, sono in dubbio tra le due ipotesi. E’ evidente che non ho mai difeso le mutilazioni femminili, come forse si può evincere dal fatto che io sia una donna. Credo tu ti riferisca a una discussione sul friendfeed di qualche anno fa in cui cercai di spiegare la differenza tra infibulazione e circoncisione femminile, poi rivelatasi troppo complessa per il mezzo e finita in battibecco come è d’uso. Solo che io neanche ricordo che tu ci fossi, in quella discussione. Francamente ricordo Vertigoz e qualcun altro. Poi magari c’eri, non lo discuto. Ma non mi sei rimasto impresso.
2) Per qualunque motivo tu abbia deciso di scrivere quel post, rimane il fatto che su quella mappa c’è stata una discussione notissima che – visto che dici di scrivere con rigore – mi pare strano che ti sia sfuggita, giacché c’è su google non appeni cerchi un’analisi della stessa. Ma non è importante. E’ importante, invece, che continui a dire che la mappa “è falsa” sposando il criterio di Goldberg e chiudendo volontariamente gli occhi di fronte alla figuraccia che gli ha fatto fare Cole. Per uno che dice che “gli interessa solo la verità”, questo atteggiamento è bizzarro.
3) Io non cerco affatto di accreditarmi come storica, tanto è vero che ho tradotto un articolo di uno che fa lo storico per davvero. Mi sembra che tu, invece, ti accrediti come tale, visto che riproponi analisi masticate e sconfessate come fossero tue. Rimane il fatto che la prima guerra di Gaza è l’operazione “pioggia d’estate” del 2006. http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2014/07/08/da-pioggia-estate-a-piombo-fuso-operazioni-israele_d8555781-f605-490a-9b2b-69ad5df07b6b.html. Forse, quindi, dovresti essere più preciso quando scrivi. Oppure mettere direttamente le date, così fai prima. Non ho comunque mai insinuato che tu non sia stato in Palestina. Ci vanno in migliaia, non vedo perché non dovessi andarci tu.
3) Quello che mi stupisce è che tu, prima di fine 2009, che è quando la mappa si è diffusa, già l’avessi vista attaccata a un muro e ti fossi fatto tutto ‘sto ragionamento. Quando invece su quella mappa si è scatenata una caccia all’origine (e in ambienti israeliani) che, che io sappia, non è riuscita a risalire all’epoca di cui tu parli, 2006 o 2008 che fosse. Se fosse stata disponibile attaccata alle pareti delle ong già all’epoca di cui tu parli, credo che questa cosa sarebbe stata usata per crocifiggere uno storico del calibro di Cole e tutta l’istituzione accademica per cui lavora. Ma pure di questo, francamente, non mi importa: se anche hai voluto prenderti una licenza poetica e peccare di vanità, il peccato è veniale.
Il punto della questione non è la tua persona, ma il fatto che tu venda per verità la “posizione Goldberg” sulla mappa, ampiamente confutata. Se ti senti ancora capace di dire che invece hai ragione è che la mappa è falsa, ti consiglio di prendere appuntamento col Dipartimento di Studi Mediorientali dell’Università del Michigan e di discuterne con Cole. Che, ne sono certa, sarà felice di confrontarsi con un collega.
(cmq mo’ Fontana ci passa la notte, secondo me, a cercare tracce della mappa lontano nel tempo. Quando sarebbe tanto più interessante vederlo ribattere a Cole.)
Sull’origine della mappa, in una discussione su Reddit qualcuno ha trovato quella mappa in date antecedenti il 2009. In questa discussione su un forum francese, la mappa compare già a dicembre 2007 (e controllando su archive.org la mappa appare già a giugno 2007).
Io lo sapevo, che ci passavano la notte. :D
Ma quindi, di numero, quante volte appare in rete la mappa prima della famosa polemica? I risultati completi della ricerca che avete fatto quali sono? Lo chiedo davvero, mi interessa.
Gesù che figuraccia che hai fatto Lia.
Che pena fanno le persone come te…
La mappa non è il territorio - TopNotizie
[…] per fortuna è arrivato un bel pezzo di Lia di Haramlik (che noi-blogger-di-vecchia-data conosciamo bene anche se non la conosciamo di persona) a […]
Quella mappa l’ho stampata in formato A3 diversi anni fa e fa bella mostra nel mio ufficio dove ricevo il pubblico… :)
Credo che sia giusto pubblicarla.
Il commento di fontana è ancora illeggibile -.-
in che senso? Io lo vedo anche da sloggata.
Comunque sul sito di PASSIA (http://www.passia.org) ci sono mappe che hanno la stessa funzione e che hanno il pregio di essere, oltre che piu’ dettagliate, anche certificate da esperti. (Juan Cole sara’ anche uno storico, ma quelle mappe non le aveva fatte lui. Le aveva prese a fine 2009 da quel sito di Leeds che chissa’ da dove l’aveva presa e quando.)
Per esempio:
http://www.passia.org/palestine_facts/MAPS/Landownership.html
Varie altre mappe qui:
http://www.passia.org/palestine_facts/MAPS/
Be’, adesso. Che Cole abbia preso lì quella mappa lo dicono gli invasati filosionisti che ho linkato, chiaramente impegnati nella character assassination.
Tolti costoro, credo che nessuno possa seriamente pensare che il direttore di uno dei più importanti centri di studio del Medio Oriente a livello internazionale si metta a pescare cartine a caso nei meandri del web. E a spenderci sopra la propria credibilità, come Cole ha chiaramente fatto nell’intervento che ho tradotto e senza che nessuno, tolti gli invasati di cui sopra, lo abbia seriamente contestato nel merito.
Poi, certo, esistono altri studi e mappe, come quelle che segnali. Più ne sappiamo e meglio è. Quella diffusa da Cole, però, ha il pregio di essere estremamente grafica e immediatamente comprensibile dal vasto pubblico.
(Segnalo, comunque, che WordPress manda automaticamente in moderazione i commenti con più di due link. Questo è il motivo per cui tardano a apparire.)
P.S. Bello, il tuo blog.
Grazie mille!
E’ una mappa che dimostra chi è realmente stato, ed è, un popolo imperialista, arrogante e prepotente. Corrisponde esattamente a ciò che era la Palestina un attimo prima che se ne andassero gli inglesi, fino ad oggi. Praticamente il popolo Palestinese somiglia sempre più agli indiani che vivono nelle riserve americane. Un giorno andremo nelle riserve indiane d’ America per vedere “come sono fatti” gli ex padroni dell’America. Così ci recheremo in Israele a vedere come sono fatti gli ex padroni della Palestina. E’ una barzelletta leggere “due popoli in due stati”, visto che assistiamo al genocidio di massa da parte d’Israele, che usa armi come il cannoneggiamento navale (una cosa spaventosa), il bombardamento aereo, il cannoneggiamento con carri armati e missili d’ogni tipo, contro gente armata con qualche mitragliatore ex russo (roba stravecchia e mezza rotta e sicuramente pericolosa per chi la usa) e razzi più primitivi di quelli russi della II guerra mondiale!
Leggo da oramai diversi anni piú che volentieri sia il blog di Fontana che quello di Lia. Vedo poi che a questa discussione si è aggiunto anche il fisico a Gerusalemme, che conosco da ancora più anni, da ben prima che fosse a Gerusalemme, appunto.
Di solito non commento per vari motivi, provo stavolta a offrire my 2 cents. Secondo me a modo vostro avete ragione entrambi.
Nel senso che entrambi vi siete scagliati contro una semplificazione mediatica, che in quanto tale è sempre e comunque sbagliata in qualche modo.
Giovanni si è trovato di fronte a una mappa che in quanto tale dovrebbe riportare confini stabiliti seguendo quantomeno lo stesso criterio. Quella mappa non lo fa, c’è poco da dire. Perché non è uno strumento di studio della storia, ma una semplificazione fatta a scopi propagandistici. Efficace, perché mette davanti agli occhi immediatamente la sparizione di uno stato, ma se si parla di confini effettivi, la situazione palestinese rende ben difficile stabilire quali siano i veri confini, dal 48 in poi. Qualsiasi mappa può quindi essere considerata falsa, questa a maggior ragione.
Allo stesso tempo definire questa mappa come “bugiarda” senza leggere la spiegazione fornita da Giovanni è un’altrettanto brutta semplificazione che ora si sta attuando nell’altro senso: l’articolo di Giovanni viene l’innato senza essere letto da persone che semplicemente vogliono negare che la Palestina abbia perso territorio. La gente su internet non legge i link che posta, sappiatelo. No, non è falso il fatto che nell’ultimo secolo lo stato di Palestina ha perso due terzi del territorio, non è falso che Israele ha levato la terra sotto ai piedi a un popolo, negandone ipocritamente l’esistenza (c’è ancora chi crede alla balla del popolo senza terra e della terra senza popolo).
Quindi alla fin fine la mappa è bugiarda? Sì da un punto di vista storiografico, no da un punto di vista storico.
In ogni caso entrambi i vostri interventi sono stati più che interessanti, entrambi dal mio punto di vista “veri”.
Ciao, Carlo.
Molto semplicemente, è una mappa divulgativa, non specialistica. Se uno deve fare una tesi di laurea, non va bene giacché a uno specialista si richiede un procedimento metodologico con un filo conduttore la cui validità scientifica, però, non è detto che coincida con la situazione sul campo. Esempio: se faccio un insieme di mappe seguendo il criterio dei territori “ufficialmente” di Israele, sto usando una metodologia corretta ma, ahimé, basta andare a passeggio in Palestina per vedere che gli israeliani stanno, abbondantemente, anche fuori da quei territori. Nella mia inattaccabilità scientifica, quindi, ho dato un’immagine completamente falsa della situazione reale.
Se uno deve invece spiegare in modo grafico la situazione dei palestinesi va benissimo, giacchè fotografa in modo semplicemente realistico i quattro momenti chiave della situazione territoriale palestinese.
Quello che NON è, la mappa in questione, è frode, bugia, malafede e tutte le cose dette da Fontana e divulgate poi sul web.
Nel merito di quello che dice Fontana, poi:
1) Definisce la mappa 1 come “l’immagine dei luoghi dove non ci sono ebrei”, che è un po’ diverso dal definirla ” quello che la Lega delle Nazioni prevedeva che sarebbe diventato lo Stato di Palestina” o Mandato palestinese. Parlando di villaggi palestinesi spersi in un nulla disabitato compie, lui sì, una frode, togliendo ogni significato politico alla Palestina mandataria e, per giunta, ignorando tutta la situazione del Negev che, ovviamente, era disabitato solo nella sua testa.
2) Il progetto di partizione. Su cui non ci sarebbe nulla da aggiungere, a livello di analisi di una mappa, ma ovviamente non può mancare il mantra del rifiuto palestinese, senza spiegazioni e senza contestualizzazione, come se fosse stato il capriccio venuto dal nulla di un bambino cattivo che si è meritato la successiva punizione.
3) “La mappa sembra suggerire…” “Se però Israele avesse perso la guerra…” No, scusate, ma questo sarebbe rigore? Si analizzano così, la mappe? L’immagine 3 mostra lo status quo dopo il ’48 e fino al ’67, punto. Dov’è che “sembra suggerire”, e a che pro se poi l’evoluzione della colonizzazione è raffigurata nella mappa successiva? Fontana usa termini a caso come per screditare un’immagine, semplicemente.
4) Ma che fa, Fontana, gioca? “Se queste fossero le richieste dei palestinesi”?? E che c’entra ormai Oslo? La mappa mostra la situazione attuale dello spazio riservato ai palestinesi, mi pare che lo capisca pure un bambino.
La mappa racconta la spoliazione di un popolo e lo fa in modo storicamente inecceppibile. Gli argomenti usati da Fontana, invece, sono tendenziosi, a volte platealmente falis (vedi Negev) e densi di termini negativi, messi lì per svalutare, screditare, distrubuire virtù da una parte e toglierla dall’altra. Che è poi il metodo solito di Fontana di procedere.
Io non ne seguo il blog: lo vedo spesso nei social network, però, dove discute manifestando spesso e volentieri una plateale, testarda malafede.
Quella che si vede poi nella risposta che mi ha dato più sopra: io sono cattiva e, soprattutto, sono una che difende l’infibulazione.
Ma ti pare?
A confutare Cole – e quindi a difendersi sul piano dei fatti – non ci si mette.
E questo è Fontana.
Intanto, coloro che cercano di di fare conoscere la situazione della Palestina a livelo divulgativo si sono ritrovati, grazie a lui e al Post, con uno strumento definito “bugiardo” e “falso”, talmente calunniato da essere ormai quasi inutilizzabile. E intanto radono al suolo quello sputo di terra che è Gaza.
Ciao, rieccomi.
Come dicevo, leggo sempre ma raramente ho il tempo per commentare.
Ti ringrazio per la spiegazione, e anche per il post che hai scritto successivamente. In effetti con queste aggiunte la tua posizione è più chiara, ed è anche più chiaro l’errore di Fontana. Ora parlo platealmente di errore, dove prima parlavo di incomprensioni. E’ che a ripensarci Giovanni ha messo in atto contro di te tutte quelle pregiudiziali che lui denuncia contro se stesso. Com’era quella frase riguardo all’osservare l’abisso?
In effetti ora mi spiace avervi messo sullo stesso piano nel mio commento precedente.
Ovviamente questo non toglie che continuerò a leggere sia te che Fontana, anche quando non sono d’accordo con uno di voi: non sono d’accordo al 100% nemmeno con mia moglie, e l’ho sposata lo stesso e volentieri.
Non intervengo più nei commenti a questo post perché si è affacciata gente villana che, per qualche motivo, non mi va di bannare. Volevo comunque dirti che ti ho letto e ti ringrazio. :)
grande lia.
ora dopo tutte queste cazzate pretestuose e propagandistiche torna appunto a difendere le mutilazioni genitali femminili,magari ti riesce meglio.
Mirabolante Fontana. Sì, quello della “mappa bugiarda”
[…] Giovanni Fontana è uno abituato a sentirsi accusare di malafede e ha quindi elaborato tutta una sua prassi di reazione, quando gli succede, che spiega dettagliatamente in questo post. […]
Ok. Sono arrivati altre bestiole filoisraeliane a offendere, e io mi scoccio a dare spago a gente che non sa accettare una gentilezza col dovuto garbo.
Qundi, grazie a tale Stella, il titolo del mio post ritorna come era, che è come in effetti più mi piace, e le bestiole stanno fuori dal mio blog.
Siete subumani che non meritano manco una cortesia.