Se proprio si volessero cercare, col senno di poi, segnali in grado di far prevedere con qualche anticipo che l’Egitto avrebbe finito col fare una rivoluzione, nientedimeno, forse bisognerebbe cercarli, tra le altre cose, nel rifiuto, nell’avversione profonda che Gamal, figlio di Mubarak, ha sempre suscitato nella stragrande maggioranza degli egiziani.

Ricordo un viaggio in treno con un collega egiziano dell’università: “L’Egitto non è la Siria, da noi una repubblica ereditaria non ci sarà mai. Gli egiziani non permetteranno che Gamal prenda il potere.” “E come farete?” “Scherzi? Il popolo si solleverebbe!” Una sorrideva, all’epoca, e invece guarda qua.

Gamal era odiato, letteralmente. Lo sentivi, percepivi un robusto disprezzo generale. Era considerato, ovviamente, un corrotto e un corruttore, e non solo in senso economico. Nella comunità gay cairota dicevano che c’era stato lui dietro l’ondata di repressione del 2001, quando improvvisamente si scatenarono retate e arresti contro gli omosessuali. Dicevano che era stata una vendetta di Gamal, scatenata dal traboccare delle voci sulla sua omosessualità e sui suoi festini con ragazzetti giovanissimi. “Ne parlavano tutti apertamente, di quello che lui combinava. Ha voluto spargere il terrore per chiudere la bocca alla gente.”  Di sicuro, lo si considerava capace di tutto.

Guardavo il minaccioso discorso del figlio di Gheddafi (la denuncia del “complotto”, AlJazeera che è cattiva, lo spauracchio del caos e dei danni per l’economia del paese: le solite cose già viste in Egitto) e le reazioni che ha suscitato in rete. E dire che Saif sarebbe il migliore, tra i figli del dittatore libico. Pensa se ci avessero mandato Hannibal, a parlare alla nazione.

Non sono solo dei vecchi dittatori a venire spazzati via dalle sollevazioni del mondo arabo. C’è tutto un ricambio di rampolli cresciuti a privilegi e corruzione che si preparava, da anni, a dare loro il cambio. Spazzare via loro deve essere come respirare ossigeno fresco, per la gioventù araba.

(via Khaled Mattawa)