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Io mia figlia l’ho avuta a 21 anni e quando me la consegnarono, all’uscita dall’ospedale, pensai fondamentalmente che era assolutamente incredibile che il mondo degli adulti mi affidasse una neonata.

Comprammo un manuale, io e il suo papà che, di anni, stava per compierne 19.
Con manuale e neonata tornammo in albergo, ché eravamo a Siviglia causa parto ma vivevamo alle Canarie, all’epoca.
Sul manuale c’era scritto che bisognava farle il bagnetto prima della nanna.
Guardammo la vasca da bagno e ci parve esageratamente grande per una pupetta di 5 giorni.
Il bidet era della misura perfetta, invece, e quindi lo riempimmo di schiuma. Andò tutto benissimo fino a quando non la tirammo fuori dall’acqua e ci accorgemmo che aveva schiuma ovunque e che andava sciacquata. Ci prese il panico. Pensammo di sciacquarla sotto il rubinetto del lavandino, quindi, e regolammo l’acqua mentre lei cominciava ad agitarsi e a piagnucolare e poi non la si riusciva a sciacquare, appoggiandola nel lavandino, e così finimmo che il papà la prese per i piedi, io per la testa e in questo modo la passammo più volte sotto il getto dell’acqua, tipo spiedino, e finalmente le togliemmo la schiuma. Lei aveva strillato tanto da diventare paonazza, intanto, e poi le venne il singhiozzo.
Io e il padre cercammo sul manuale alla voce “singhiozzo”.
E poi si addormentò nella sua culletta comprata quel giorno (il Moisés, lo chiamano in Spagna: la cestina da Mosè, appunto) e noi due tirammo un sospiro di sollievo e pensammo che, compiuto il nostro dovere, ci meritavamo qualcosa da bere nel bar dell’albergo e magari pure un film.
E quindi uscimmo, spensierati: lui 19 anni, io 21, al nostro primo giorno di convivenza con una bebè.
Davano Casablanca, non me lo scorderò mai.
Perché fu imboccare le scale per tornare in camera e accorgerci che avevamo fattto qualcosa di sbagliato: le urla della neonata si sentivano da molti piani sotto al nostro. Scoprimmo così che i neonati non dormono mai del tutto e che non si può uscire, quindi, dopo averli messi a dormire. Ecco perché esistevano le babysitter, come dire.

Io avevo sempre avuto gatti, nella mia vita. Per questo non mi ero preoccupata molto, all’idea di diventare madre. Coi gatti ero storicamente brava, quindi pensai che non c’era motivo per cui non me la dovessi cavare con un bebè.

Prendemmo l’aereo per tornare a casa quando lei aveva 6 giorni.
Le hostess appesero il moisés a un gancio nel soffitto dell’aereo, con lei dentro.
Ed io, per la prima volta nella mia vita, ebbi paura di volare. Ma tanta, proprio.
Non mi era mai successo.
La paura – il terrore, anzi – mi è rimasta per i 19 anni successivi.
Fino a quando lei è andata a vivere da sola.
Al volo successivo, che fu quello che mi portò in Egitto, la paura era svanita.
Ormai se la poteva cavare anche senza di me, la Pupetta. Non era più il caso di terrorizzarmi così tanto, all’idea di potere morire.

“Che strano, strano, strano…”
Entravo nella mia casa da ventenne casinista con un bebè. Mio. Tutto mio. Affidato a me.
Ed era LEGALE.
Al mondo pareva normale.
A me no.
Mi sembrava pazzo, il mondo: ma non lo sapevano, che io ero piccola e casinara?
Me lo aspettavo da un momento all’altro, l’arrivo di qualche adulto che mi comunicasse che avevano scherzato (“Ah, ah, ma ci avevi creduto?”) e che, ovviamente, un bebè è cosa per gente seria, cosa c’entravo io.
Mio padre.
Mio padre che me la lasciava tenere e non batteva ciglio, gli pareva tutto ovvio.
Io entrai in casa mia con lei in braccio sentendomi come quando si esce dalla Rinascente con qualcosa di non pagato nascosto addosso.
Con la paura che suoni un allarme.
E la soddisfazione, poi, perché non è suonato niente.
Ce l’ho fatta, è mia.
L’avevo trafugata.
Sgraffignata dal limbo, boh.

Poi un giorno – forse il giorno dopo – mi svegliai e piansi tutte le mie lacrime.
Forse per depressione post-parto, forse perché mi cambiava la vita e finalmente me ne cominciavo a rendere conto.
Cambiavano, i miei 20 anni.
Perché, no, non era un gatto.
Era una bambina e dipendeva da me.
Mi asciugai le lacrime, un bel po’ dopo, e raddrizzai le spalle.
E non mi sono mai più girata indietro, da allora: diventai madre quel giorno.

Pupi ha 24 anni, adesso, ed io 45.
Stasera chattavamo con le nostre consuete dinamiche, che prima ci becchiamo un po’ a vicenda e poi iniziamo l’analisi di coppia:

Lia scrive:
ma sai una cosa
stavo pensando

Alejo scrive:
che paura

Lia scrive:
io e te, invece di comunicare con le parole, come fanno le persone normali, ci saltiamo le parole e passiamo direttamente alla telepatia
il che è fonte di un sacco di stress
perchè quando io lo faccio con te tu protesti e dici che non hai mai DETTO quello che hai pensato
ed è anche vero
e viceversa
ciò è tremendo
io con gli altri ho rapporti più riposanti perchè sono sempre limitati alle parole
…non so se mi sono capita

Alejo scrive:
ma guarda, in realtá io credo che questo lo creda solo tu, ció spiegherebbe molte discussioni, peché sono sicura che tu credi che io l’abbia pensato quando io sono sicura di aver detto esattamente quello che volevo farti sapere

Lia scrive:
ma pure io adesso
e tu ti salti quello che ho detto per andare direttamente alle intenzioni

Alejo scrive:
ma perché ti conosco!!!

Lia scrive:
ma pure io ti conosco a te!!!
è la stessa cosa!

Alejo scrive:
ma io ti conosco da tutta la mia vita, tu non puoi dire altrettanto.

Lia scrive:
io ti conosco da prima che tu nascessi
anzi, ti ho fatto io, ad essere precisi

Alejo scrive:

tu prima hai vissuto altre cose che creano interferenze, io invece ti ho vissuta dal primo giorno

Lia scrive:
si, ma tu non conosci ogni passo della mia esistenza, io conosco tutti i tuoi

Alejo scrive:
azzo, mi hai fregato

Lia scrive:
tranne quando mi nascondi le cose, sgrunt….

Alejo scrive:
e quando te le nascondo credo che poche figlie siano cosí cristalline

Lia scrive:
ci pensavo giusto oggi, a tutte le balle che mi hai raccontato…..
ero alla fermata del bus e ci pensavo

Alejo scrive:
e che balle ti ho raccontato?

Lia scrive:
nascondevi i brutti voti

Alejo scrive:
capirai mamma

Lia scrive:
prendevi sempre 8 in condotta e non ho mai capito perchè

Alejo scrive:
nemmeno io l’ho mai capito francamente

Lia scrive:

io convinta che tu fossi una santa….

Alejo scrive:
no, davvero, l’8 in condotta non l’ho mai capito nemmeno io

Alejo scrive:
pensa che io invece ho sempre pensato di avere un rapporto apertissimo con te, un dialogo apertissimo

Lia scrive:
ma pure io
quello sì
ma hai sempre trovato il modo di fare tutto quello che volevi tu

Alejo scrive:

saggiamente

Lia scrive:
cioè, io e te abbiamo sempre parlato tantissimo
quindi di fondo ci conosciamo ultra-bene
in questo senso, il rapporto è davvero apertissimo e profondo
ma d’altra parte, tu hai sempre saputo come fare di me ciò che volevi

Alejo scrive:
come ogni figlio che si rispetti d’altro canto

Lia scrive:
si

Alejo scrive:
o no mammotta?

Lia scrive:
si, vero
e ogni genitore prima o poi se ne accorge

Alejo scrive:
tuo padre potrebbe dirci un paio di cosette a questo proposito

Lia scrive:
ehehehehe

Alejo scrive:
ti voglio bene mami

Lia scrive:
a chi lo dici, pupi…

Io posso anche fingere di pensarci in termini razionali, a mia figlia: di pensarla a partire dalla sua personalità, dalle sue qualità o difetti, dalla sua identità di giovane ad… (gulp) adulta.
La verità, però, è che la prima informazione che raggiunge il mio cervello, quando penso a lei, è il suo odore, la consistenza della pelle e di ogni centimetro di lei, lo spessore dei suoi capelli e il naso a patata, e quella faccia di bimba che dorme che, nella mia mente, è rimasta sempre uguale: dal primo giorno ad oggi.
Non c’è niente di razionale, in questo: è istinto animale allo stato puro.
Lei è il cucciolo e io sono la madre.
Io l’ho capita così dall’inizio – da quando la sgraffignai da sotto il naso del mondo che mi vide portarla via e non mi disse niente, incredibile – e non sono capace di cambiare prospettiva.
L’ho imparata così.

Poi lo so, che è grande.
Certo, che lo so.
Prima o poi farò anche il passo successivo, che consiste nel capirlo.
Dovrà avere un po’ di pazienza, lei.
Io prima o poi le capisco, le cose.
Prima o poi capirò anche questa.
Quasi completamente, la capirò.