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Massimo Bontempelli, filosofo di Pisa, ha scritto una lettera sul Libano al Manifesto. Quando è arrivata a me, tre giorni fa, credo che non fosse ancora stata pubblicata. Comunque sia, la propongo anche qua.

Ogni giorno, in quest’estate di distruzione del Libano, la lettura mattutina dei giornali mi e’ stata amara e dolorosa, per le disinformazioni, le rimozioni, i sofismi, i commenti mascalzoneschi, o, nel migliore dei casi, le attenuazioni e le prudenze, con cui e’ stato trattato l’abnorme, la rappresaglia su un popolo intero, e l’annientamento delle sue infrastrutture civili, da parte di Israele. Ha dell’incredibile che si parli in maniera martellante della sicurezza e del diritto ad esistere di Israele, che esiste su un territorio doppio di quello assegnatogli a suo tempo dall’ONU, che occupa territori che le risoluzioni dell’ONU lo avrebbero obbligato a lasciare da tempo, e che gode del sostegno politico e militare della superpotenza mondiale, e molto meno del diritto ad esistere delle sue vittime.

Anche «Il Manifesto» è stato per me deludente, salvo qualche eccezione, come ad esempio gli interventi sempre informatissimi, chiarissimi e razionali di Manlio Dinucci. Ci sono state infatti non poche cadute di razionalita’, che hanno toccato il fondo nell’atteggiamento assunto riguardo alla forza di interposizione ONU in Libano, su cui vorrei dirvi alcune cose rispetti alle quali i fatti dei prossimi mesi costituiranno una verifica.

Non sono un pacifista integrale, ed una forza militare di interposizione non mi scandalizza di per se stessa.
Mi scandalizza, semmai, che tanti che si dichiarano pacifisti piu’ di me, approvino questa forza di interposizione, senza voler vedere l’evidenza, cioe’ che essa ci portera’ dritto dritto a conflitti armati a vantaggio di Israele. Perche’ una simile interposizione avrebbe un senso di pace se fosse super partes, e lo sarebbe se, e soltanto se, si interponesse da subito simultaneamente tra Libano e Israele, tra Libano e Siria, tra Israele e territori occupati, e se bloccasse l’afflusso di armi simultaneamente da Iran e Siria agli Hezbollah e dai paesi occidentali ad Israele. E’ chiaro che questa e’ fantascienza, purtroppo. Ma cio’ vuol dire che il senso concreto della
missione e’ l’appalto della sicurezza di Israele, sul suo fronte nord, e dei relativi oneri finanziari, a paesi stranieri, senza che Israele sia a sua volta tenuto a garantire la sicurezza e i diritti dei Palestinesi (lo scempio di Gaza in questi giorni lo insegna).

Basta poi ragionare un po’ per capire come le pressioni di Bush sugli europei per dar corso alla missione, da un lato evidenziano che nulla sara’ chiesto ad Israele, dall’altro non si spiegano, per vari dettagli, se non con l’intenzione americana di ottenere non soltanto e non tanto che gli Hezbollah non sparino su Israele, quanto soprattutto che siano cancellati come forza militare, e l’urgenza con cui viene perseguito questo obiettivo adombra un futuro attacco all’Iran, a cui esso e’ funzionale. E’ inquietante, a questo proposito, che il condottiero della spedizione israeliana in Libano
sia stato lo stesso Dan Halutz responsabile dello studio israelo-americano degli scenari possibili di un bombardamento sull’Iran.

Chissa’ cosa direte di questa «missione di pace» quando ci sara’ scontro armato tra soldati italiani e miliziani sciiti, o assenza di reazione a nuovi atti di barbarie distruttiva israeliana.
Intanto accreditate una buona immagine di D’Alema (di cui tutti sembrano aver dimenticato il ruolo di primo eversore della costituzione, articoli 11 e 78, nel 1999), che, lo riconosco, sa costruirla e venderla molto bene, tanto che, quando non saranno occultabili sue mosse a favore di Bush e di Israele (per lui realismo obbligato), si pensera’ ad un colpo al cerchio e uno alla botte ricordandolo a braccetto di un deputato Hezbollah.

Massimo Bontempelli, Pisa.