
“Sai, non è il mangiare e neanche il bere, se il tempo è appena clemente. E’ il fumare. E’ quando tu cammini per strada, in queste giornate in cui per strada non c’è un cane, e arrivi a un incrocio e – sniff-sniff – al terzo piano di un palazzo di una strada parallela a quella che tu stai percorrendo c’è – il diavolo se lo porti – uno stradannatissimo cristiano che sta fumando, lo senti come fosse lì! Ah, come stai male…”
Gli studenti con l’occhio a mezz’asta per un mese intero e le pastarelle fatte dalla mamma sotto il banco, pronte per l’iftar.
E te ne ficcano una praticamente in bocca, praticamente con la forza, anche se non è ancora il tramonto, ché tanto tu sei cristiana e quindi mangiatela, ‘sta pastarella, e dimmi quanto è buona, ché abbiamo tutti voglia di complimenti.
Io e la colleghina che negoziamo sull’acqua da bere e sulle sigarette da fumare in pubblico, e lei che mi dice che sono più realista del re e che comunque siamo in viaggio, sul nostro sempiterno treno, e che in viaggio abbiamo comunque ragione a fumare e a bere ma io non sto a mio agio e la colleghina non sa se ridere o se guardarmi avvilita.
“Voi amate Gesù! Gesù vi ama!” e intanto ci versa la birra quasi a forza, il cameriere cristiano del ristorante cristiano, in pieno giorno e in Ramadan, e – coccolate dal sorriso dei camerieri tutti – ci prendiamo la santa sbronza crociata della nostra vita, io e la colleghina, in un ristorante che in quei giorni, e proprio in quei giorni, tutto vuole servirci tranne che l’acqua.
Lo spazio di confine, sempre, tra un indistinto “noi” che va cercando se stesso in terra d’Egitto, e un “loro” tanto più mediatore di noi, più paziente e flessibile – o forse ipocrita, come dicono tanti, ma della stessa ipocrisia gentile della città in cui sono nata io, e magari conoscessero l’arte di fare stare bene il prossimo come la conosce l’Egitto, quelli che lo tacciano di paese ipocrita.
Uno spazio di confine sempre più ridotto, e le cose che vanno male.
Malissimo.
Le siringhe usate sul marciapiede sotto casa del collega, quest’estate.
Queste velate integrali sempre più numerose, in Egitto, a scimmiottare le saudite senza l’aria condizionata delle saudite, senza l’abitudine di starsene in casa protette da smog e polvere, come le saudite, senza le stoffe costose delle saudite, ché in Egitto nessuno (e nessuna) ha una lira e le palandrane per signora sono di nylon e il cotone egiziano forse finisce a Jeddah, chennesò.
Pacchi di stoffa sintetica che passano la giornata in mezzo allo smog di milioni di macchine, e sotto c’è una donna che pensa di fare una cosa buona coprendosi pure gli occhi e vivendo nella penombra, mentre il suo paese e il suo mondo precipitano.
E tutto più violento.
In Egitto, e la fatica che faccio ad associare il termine “Egitto” con il termine “violento”.
E tutto più contrapposto, e ricordo gli studenti cristiani che non bevevano sotto il naso dei compagni musulmani, in Ramadan, e l’anno dopo lo facevano, e ti pareva che lo ostentassero persino.
Le piccole patrie, e quanto le odio. Quanto sanno essere mortifere, loro e chi le adotta.
E poi la capacità infinita di vendersi per un briciolo di valuta forte di ‘sti cavolo di egiziani, e certe volte riuscivano a scandalizzare persino me, con i loro turisti in spiaggia abbracciati a una birra e il cameriere che li serviva digiuno e assetato da ore.
O a Bahareyya. A un passo dal deserto. Tavolini in mezzo alla strada e gruppetti di turisti a mangiare e a bere alcoolici in mezzo a un paese intero di digiunanti. Come se un turista non potesse aspettare un paio di ore, prima di darsi alla birra. Come se non potesse mangiare al chiuso. Come se proprio non potesse evitare di soddisfare subito, e pubblicamente, ogni sua fame e sete. Come se avessimo un bonus speciale per essere animali sempre e in ogni circostanza, noi occidentali.
L’alito dei miei studenti digiunanti.
Mi torna in mente adesso, a poche ore dall’iftar.
Una volta qualcuno mi scrisse sul blog che in Marocco trovavi i resti di cibo nei bagni dei bar, lasciati lì dai musulmani che mangiavano di nascosto.
Bah.
Ignoro cosa facciano in Marocco, ma so per certo che non è una cosa su cui si possa barare, il digiuno. Ti chiedevano del Romanticismo, ti chiedevano di Dante, ti chiedevano del passato remoto e intanto, amori miei, ti stendevano con un alito da stomaco vuoto rispetto al quale non c’è finzione che tenga.
L’alito del Ramadan, e sorrido mentre lo ricordo.
Immagino che sia l’ultimo anno in cui ci penserò, questo. Una non può guardare indietro all’infinito.
Eppure non sai quanto mi dispiaccia, prendere ‘ste forbici e tagliare, una volta per tutte.
Quanto mi dispiace ascoltare la brunetta di ieri che è italiana e si è convertita e sentire una piccola fitta di invidia e pensare, allo stesso tempo: “Lascia perdere, ché ti sei salvata la vita a non fare ‘sta stronzata!”, e tuttavia c’è del dispiacere: quello per le mille vite che non ci è dato di vivere, suppongo.
Quanto mi dispiace sapere che potrei tornarci mille volte, in un posto che per me è stato importante, ma non sarebbe mai più la stessa cosa. Una storia interrotta prima che fosse conclusa, quella tra me e Masr, e non puoi farci niente: ti dispiace e basta.
E quanto mi dispiace sapere che, per quanto ancora mi ostini a resistere, io dovrò finire con l’archiviarlo, questo mio islam con cui ho flirtato per oltre un decennio, lasciandomi affascinare e proteggendomi al tempo stesso, dandomi sempre per tre quarti meno uno spicchio, abbattendo le barricate quando era lontano e alzandole quando era vicino per poi, alla fine, guardare ‘ste barricate stanche di andare sopra e sotto e scoprirle logore e inutilizzabili.
E quanto mi dispiace non avere trovato, in Italia, nulla che non fosse l’assoluta caricatura, a volte un po’ bieca, di quello spirito di Masr che mi ha sedotto per oltre un decennio e con cui giocavo o facevo sul serio, chi lo sa, e che mi faceva crescere e che mi proponeva un mondo intero che mi piaceva così tanto che ci mettevo dentro un ditino alla volta, come si beve la cioccolata che scotta, piano.
E quanto mi dispiace dovermene trovare altri, di mondi e di passioni, ora che sono così lontana da tutto, e ‘sta Fenice sarebbe anche un po’ stanca, diciamocelo, e avrebbe voglia di fermarsi un attimo.
Mentre il mondo vecchio finisce di bruciare, e mentre pensa a quale mondo nuovo inventarsi.
Ramadan karim, ché mi è piaciuto sempre e sento la mancanza dei megafoni delle moschee, alzati al massimo per un mese intero, e ronfavo pacifica come una santa, quando lo sentivo alle quattro e mezzo del mattino, e continuo a pensare che non c’è nulla di più riposante, di più vicino allo scorrere naturale della vita di ‘sta chiamata alla preghiera che ad altri fa venire voglia di impugnare una ciabatta e scagliarla contro il minareto, e io la sentivo come sottofondo del mio sonno, invece, e mi diceva che il mondo scorreva sereno, che alla terra batteva il cuore come al solito e che potevo dormire felice, ché il mondo andava avanti a prescindere da me ma io avevo il privilegio e la fortuna di accompagnarlo, almeno per un po’.
Ramadan karim, ché credo che questo sia l’ultimo anno che lo sento davvero, l’augurio, ed è che non ci si può guardare indietro all’infinito, appunto.
L’anno prossimo, quando tornerò a dirlo, sarà per gentilezza.

“…e continuo a pensare che non c’è nulla di più riposante, di più vicino allo scorrere naturale della vita di ‘sta chiamata alla preghiera…” hai sentito cose importanti, Ramadan Karim Lia
Forse a volte il rispetto per un’ altra cultura è fatto anche di gesti che esprimono comprensione per chi ha altre regole.
E’ fatto di flessibilità e pazienza e forse, a volte, anche di qualcosa che in tanti chiamano ipocrisia, ma è ipocrisia ma a fin di bene.
(Di solito i turisti non ne sono molto dotati, di rispetto per le altre culture… i viaggiatori, quelli si)
Io credo che le esperienze non scorrano via ma si sedimentino: quello che è parte di noi chi mai ce lo potrà togliere?
Non tagli, ma arrivederci (anche sapendo che tutto e tutti cambiano, e che non è mai la stessa cosa).
Le “piccole patrie” io le chiamo “bandiere”, e con quello che hai scritto mi hai fatto venire in mente una canzone:
Non ho paura di un’altra cultura
La pelle, la lingua di un’altra creatura
Mi sembra banale dover ricordare
Che l’intercultura sia un fatto normale.
Non siamo mai stati al centro di tutto
E l’etnocentrismo mi ha rotto di brutto
Avanza un’idea che produce rifiuto
Ma all’altra cultura io lancio un tributo.
E voglio sputare su questa chiusura
Mi piacciono i balli di un’altra cultura
La tavola, il clima, la letteratura
Vedere ogni terra senza bandiera.
E voglio mischiarmi con l’altra cultura
Che l’altro mi presti la propria natura
E’ solo un problema di impostazione
Tentando di muovere una nuova obiezione.
(Casa del Vento – Senza bandiera)
Ramadan karim a tutti i musulmani del mondo, e guarda avanti! :*
si legge, che sei diversa.
o meglio, sei sempre tu, ma hai una nuova faccia, più distesa e serena.
ovviamente leggerti è sempre un gran piacere.
sciao bbella!
m
Mi permetto di darti un “consiglio”, se così lo si può chiamare. Non sforzarti nè di trattenere nè di lasciare andare l’ Islam. “non c’ è costrizione nella religione” significa anche questo. Ascolta però quella “fitta”, analizzala, cerca di capire da dove (o da chi…) proviene e perchè la senti ancora. A volte Dio guida la nostra anima e la nostra coscienza senza che necessariamente ce ne rendiamo conto. Lasciati andare alla Sua guida, Egli ti condurrà dove sarà giusto per te essere. Auguri per tutto, ciao, Aisha.
Si Puk, sono d’accordo con te che “le esperienze non scorrano via ma si sedimentino: quello che è parte di noi chi mai ce lo potrà togliere?
Non tagli, ma arrivederci (anche sapendo che tutto e tutti cambiano, e che non è mai la stessa cosa).” e significativa anche la canzone Puk.
Non sono d’accordo con chi parla di ipocrisia negli arabi… è insito nella loro cultura di essere gentili e disponibili con gli ospiti. Lo posso capire perchè è così anche nella cultura sarda che mi appartiene… l’ospite è sacro e deve stare bene anche a costo di un mio sacrificio…. vabbeh… qualche volta uno è costretto ad agire in maniera differente a causa di forza maggiore; ma di base è così che funziona.
Ramadam Karim anche da parte mia e pace.
Stamane pensavo che si fa un gran parlare di Valori Culturali, e pensavo quanto tutto questo mi lasci perplesso, sospettoso a tratti. Il problema è che in tutto questo sciorinare di identità ritrovate e da riscoprire, pochi si ricordano della tolleranza tra modi di vivere diversi. Fortuna che leggo i tuoi post e trovo qualcuno che ancora se ne ricorda!
ciao
Le tue cronache dal Cairo sono state a mio parere le pagine più belle che hai scritto nel tuo blog. Mi hanno fatto pensare, ridere e spesso commuovere con la loro densa umanità .
Mi mancheranno.
Peccato.
Che presa al cuore, Lia, questo post, stretta che mi manca quasi il fiato.
Quanto mi è mancato e quanto mi mancherà il suono di quell’ altoparlante. La pace che sapeva infondermi, a me, lontana migliaia di km dal suo significato.
Vorrei che ci fosse qualcosa da fare per non tagliare quel filo…vorrei poter fare in modo che tutto questo si potesse trasformare, invece che sparire…
Non c’è nessun modo, mi chiedo, perchè non sia solo gentilezza?? davvero?? :(
Comunque grazie. come sempre. per avermi dato un’ emozione così forte, in un pomeriggio di domenica autunnale grigio e pigro come solo a milano ce ne sono…
(non ti ho ancora espresso felicità per il tuo passaggio genovese. sono sicura che andrà molto MEGLIO)
un abbraccio
Gio
cara Lia, tutta questa nostalgia dell’egitto ti fa sicuramente perdere di vista l’altra meta’del mondo (quello occidentale, per capirci). Ma perche’ gli dai sempre addosso ? Ma perche’ i comportamenti degli occidentali ( o meglio dei non egiziani) sono sempre sbagliati, fuori luogo, maleducati ecc.. ? Eppure sei italiana, e, quindi, occidentale, ma che diavolo, siamo sempre noi le bestie ?? Ma perche’ dobbiamo crepare di fame e di sete e sentirci una chiavica se abbiamo voglia di fumarci una sigaretta durante il sacro, famoso e intoccabile mese del Ramadan ?? e santo Dio !!! Ma e’ mai possibile che debba leggere che addirittura i turisti vengano additati come imbecilli e provocatori solo perche’ stanno bevendo una birra (cosa normalissima anche in mezzo al deserto e anche durante il mese di ramadan), non sarebbe piu’ logico dire che chi non vuol vedere basta che giri la testa ? No, siamo noi i cretini. Ma dai !! mi sembra che stai esagerando e anche parecchio.
Ma li hai visti come guardano i cristiani (se proprio vogliamo mettere il dito nella piaga) ? Sembra che solo loro abbiano il diritto di dire che il corano e’ vero verbo mentre la bibbia e il vangelo sono solo idiozie e i cristiani tutti dementi !!!
Basta, per favore. Un po’ di rispetto per quello che era, e forse ancora e’, la tua cultura,il mondo dal quale provieni.
Ma poi, scusa, non sei proprio tu che racconti di essere andata a mangiare, bere e fumare in un ristorante cristiano nel bel mezzo del mese di ramadan ?? E allora ?? quella cosa era se non provocazione ? No visto che lo hai fatto tu magari era solo una goliardata !!! Ma fammi il piacere !!! Non sei obiettiva e hai spesso e volentieri due pesi e due misure. Ci vuole piu’ equilibrio e piu’ obiettivita’ nel dare giudizi o nel raccontare le cose e non e’ vero che solo e sempre loro hanno ragione e noi, poveri imbecilli, sempre torto.
Non gli fai un favore a volerli dipingere per quello che non sono e che, probabilmente, non saranno mai. Ma non e’ colpa di nessuno, siamo diversi, questo non significa che gli occidentali (leggi: cristiani, europei…) debbano sentirsi delle nullita’ solo perche’ tu esalti (molto spesso a torto) tutte le prodezze degli egiziani (leggi: arabi, musulmani …). Ma queli prodezze !! Eppure hai vissuto 10 anni in egitto e insomma non e’ tutto cosi roseo, bello, accattivante, favoloso ecc.. come vuoi far credere.
Potrei raccontarti centinaia di episodi stomachevoli combinati dai cosiddetti ‘perfettini” Te li risparmio per la prossima puntata.
Senza rancore
Cleo
E dai! Io avevo capito che appena passati i tre anni in Italia ti facevi rimandare in Egitto con gli stipendi opulenti degli Insegnanti Italiani All’Estero.(Quelli pagati dal Ministero)Resisti!
Sto’ digiunando..mancano ancora parecchie ore all’iftar..mi sento fragile, e forse e’ per questo che leggendoti mi sono messa a piangere…
Anch’io come sai vengo dall’Egitto..e la sensazione che provo e’ la stessa che descrivi tu..
Masr manca da morire anche a me..
La cosa che mi manca di piu’? e’ la bellissima senzazione che si ha..quando alle 5 di mattina, in balcone, da sola, nel buio, sentivo la chiamata provenire dapprima dalle moschee piu’ lontane..per poi avvicinarsi sempre piu’! Un coro di chiamate per i fedeli…che mi dava un senso di pace e benessere mai provati altrove…e’ la cosa piu’ bella del mondo!
Ramadan Karim Lia…Allah Akram
mi sono venute le lacrime agli occhi nel leggere questo post…per quello che vale detto da me…
Domani saliro’ su una nave che mi condurra’ a Tunisi, poi a Gabes, poi a Tripoli. Ho dato una mano al mio amico dell’agenzia di viaggi a preparare un piccolo vademecum per i crocieristi, dove abbiamo inserito anche un paragrafo in cui si ricorda che dal 22 scorso e’ iniziato il mese del Ramadan, e che quindi in questi luoghi sarebbe cortese durante le ore diurne cercare di evitare di bere, mangiare, fumare e abbandonarsi ad effusioni davanti a guide e funzionari. Se ci fa piacere che siano cortesi con noi, possiamo cercare anche noi di essere cortesi con loro.
Ecco, e’ anche un fatto di cortesia e buona educazione. E’ una scelta di comportamento: si puo’ decidere di essere piu’ villani o piu’ gentili. Io, se ci riesco, preferisco essere piu’ gentile della mia controparte, e non mi sento sminuito per questo, anzi, il contrario.
Davvero … riesci sempre a farmi stringere il cuore, come se non fosse già stretto abbastanza … e riesci a farmi rivivere le emozioni di quel suono che mi ha e che continua a legarmi a quella terra …
Non so se questo è un addio o un arrivederci.
E comunque le cose importanti cambiano di significato negli anni: alcune diventano meno importanti, altre no, ma comunque cambiano.
Per dire: sono sicura che tu vuoi bene a tuo padre, ma dubito che tu lo guardi con gli stessi occhi di quando eri bambina. E’ impossibile, a meno di non essere preda di qualche turba. :-))
Questo vuol dire che non lo ami più? O che non andrai più a trovarlo perché ora è diverso lui e sei diversa tu? Non credo proprio.
Saluta Al Masr e saluta anche la Lia che lì viveva. Quella pagina si è conclusa, siete cresciuti entrambi, cambiati entrambi.
Ma io non sarei così sicura che la nuova Lia e il nuovo Masr in futuro non si incontreranno di nuovo.
E che incontrarvi avrà un significato diverso questo è sicuro, ma che possa valere meno o essere meno profondo, quell’amore, ecco io non ci scommetterei.
Un bacio
Pedrita
Ciao Lia, come hai espresso bene un sentimento che tanti provano sentendo l’idhan, la chiamata alla preghiera. Per Cleo, non tutti i musulmani sono arabi (anzi gli arabi sono una minoranza nel mondo islamico)e non tutti gli occidentali sono cristiani, o non tutti i cristiani sono occidentali. Io penso che in Egitto si stia meglio, nonostante i difetti che chi ci ha vissuto conosce. La qualità della vita è più alta, nel senso di vita più naturale, meno dettata dagli stress della vita moderna, dove certi valori umani sono ancora presenti e ben percepibili e potrei proseguire a lungo. Riguardo gli occidentali che mangiano e bevono in mezzo alla gente durante il Ramadan, credo che siano dei qualunquisti superficiali che farebbero meglio a starsene a casa loro. Se conosci il paese in cui sei, (l’Egitto in questo caso) dovresti evitare certi comportamenti, che esprimono solo mancanza di rispetto e di poca conoscenza della realtà locale ( e anche poca voglia di essere e sentirsi in armonia con la gente che ti circonda ). Comunque mi sembra di intravedere nelle parole di Cleo una venatura “neo-con”, con il solito lamento sull’ Occidente che rinunciano alle loro tradizioni di fronte alla prepotenza dei musulmani ecc. ecc. Spero non sia così, perchè certi discorsi hanno veramente stufato, ci sono già le nostre Tv e Libero, il Giornale ed il Corriere della Sera e altri.
Ti guardi dentro e non sai più dov’è casa. Forse siamo dei beduini in viaggio, e ogni luogo è la nostra casa, ma mai nessuno lo è veramente.
E’ un po’ di anni che mi sento così, tanto da ricordare un appartamento vicino Tivoli in cui nelle sere d’estate, quando il vento girava da sud, si sentiva l’odore dello zolfo delle terme.
Poi è morto mio padre, mi sono sposato, ho avuto un figlio, mi sono innamorato, mi sono separato, sono tornato nella mia vecchia casa di quando ero bambino.
Ma casa mia non l’ho più ritrovata.
Oggi mi sento così.
So long Lia
Bentornata Lia, eravamo un po’ preoccupati per la sparizione del tuo blog, dove lo hai depositato per tutti questi giorni???? (ne ho persino fatto un post ;)
cara Lia l Islam va seguito amando Allah sopra ogni cosa e persona indipendentemente dal comportamento dei mysulmani e dallebtradizioni dei vari popoli. AmaAllah ed il p rofeta edattaccati alla corda di Allah.Fai quello che ti sembra giusto ma non abbandonare laVia della felicità a causa del comportamento altrui salam
Trovo triste questa separazione che mi sembra forzata.
Io convivo volentieri con l’Islam pur non essendo musulmano. E se mancasse, questa presenza la cercherei. Non mi lascerei condizionare dall’ambiente esterno. Certo, non avrai più i muezzin ad addolcirti la notte (o l’alba), ma sono sicuro che la città che hai scelto per vivere ora saprà regalarti un altro tipo di emozione.
Non è certo l’Egitto, ovvio, ma la comunità islamica genovese è molto estesa, rispetto ad altre città Italiane. E i caruggi sanno replicare alcune antiche atmosfere arabe.
Non lasciare scivolare via questa presenza, non devi fare nessuno sforzo. Resterà lei, con te.
Ciao lia…l alito del ramadan assomiglia all’hommos…ma ti sei già scrodata del tuo materasso egiziano???…non mi dire!!!
katia…ops..c’è un altra katia…allora facciamo che io divento katia (Bo)
baci baci
(ciao MO!)