Un attimo di quiete totale, ché ho mesi di bufera alle spalle e, davanti, chissà cosa.
E male non mi ha fatto, tirare il fiato in questo periodo di sparizione del blog. Abbastanza disintossicante, è stato, ed ha coinciso col fatto che non ho internet in casa (né telefono, e sono qua speranzosa ad aspettare che Fastweb si sbrighi) ed era da parecchio che non lo vivevo, un periodo praticamente pre-internettiano.
C’è mancato poco che mi riducessi addirittura a comprare il giornale.
E’ uno stato di calma apparente, come si suol dire.
Sono lontana, lontanissima dall’avere una routine. Continuo a navigare tra gli scatoloni e continuo a non avere la cucina: la cosa allarmante è che non mi manca nemmeno più (la cucina, dico) e quando arriverò ad averla mi sembrerà strano, non saprò che farmene.
Al momento la percepisco come luogo in cui riporre le pile di piatti che stazionano sul pavimento, essenzialmente: ho smesso di vederne altre utilità pratiche, e credo di avere disimparato a cucinare pure l’uovo sodo.
La sensazione è quella di vivere a Dahab, ed è per questo che ho perso la fretta di mettermi a posto più di tanto: sono abituata.
I cuscinoni a terra, il bollitore per fare il tè, il portatile senza linea ma buono comunque per scribacchiare, la musica e qualche libro da leggere senza interferenze internettiane.
E alimentarmi di schifezze in giro, che a Dahab sarebbero gli onnipresenti pancakes e a Genova sono le focacce a pranzo e a cena, di cosa vuoi che mi alimenti.
No, poi ogni tanto mi sbuccio una carota: il frigo ce l’ho.
Una dimensione ‘bastanza ascetica, insomma, che in effetti non mi è mai dispiaciuta.
Ed è talmente presente, la sensazione di stare a Dahab, che quando poggio, chessò, la scatola di biscotti a terra vicino al bollitore, mi viene spontaneo pensare che poi la dovrò togliere da lì perché “uff, questo attira gli scarrafoni”. E poi mi torna in mente con dello stupore, il fatto che invece qua non ce n’è, di scarrafoni, e che la mia casetta linda e pinta e tutta nuova può permettersela benissimo, una scatola di biscotti poggiata a terra accanto al bollitore.
E mi sento come una alle prese con una comodità inedita e inaspettata, sono contenta.
Se non sto attenta ci vado avanti dieci anni, così. Con Dahab dentro casa.
Insomma, sto giusto un attimo riprendendo fiato.
Un periodo impegnativo, è stato.
Ma credo di avere un alto livello di abitudine anche ai periodi impegnativi, ormai: ne aspetto un altro, vediamo se arriva.
Uno stato di calma apparente, e prende fiato pure il blog.
Giusto un attimo.
bello ritrovarti, Lia.
dahab dentro casa un pò ce l’ho anch’io, ed è come distendere lo sguardo e la mente (e poi le cucine complicano terribilmente la vita!).
Ma che ci trovi in fastweb ? Te lo chiedo perche’ mi e’ arrivata la lettera che mi annunciava che ora anche la mia abitazione potrebbe essere collegata e vedendo i prezzi , io tutto questo interesse non lo trovo.
Oh che bella calma qua a Dahab.
Ho sempre sognato una casa arredata all’ “orientale” fin da quando ero piccolo. E siccome ero piccolo immaginavo di metterci anche la sabbia del deserto su cui rizzare una tenda beduina. E tappeti dappertutto. E mi è sempre piaciuto sedere in terra. In effetti abbiamo veramente bisogno di pochissime cose rispetto a quello di cui ci riempiamo le case.
Un saluto
Perché sbucci le carote? Ovvero, dove ce l’hanno la buccia le carote? :~)
Che poi ti calano le vitamine e ricominci la spirale…..
Ciao carissima.
old
E se le sorelle, note spacciatrici di uova sode, si dimenticano come vanno cotte, la faccenda diventa preoccupante assai…
io alla mia offrirei il pranzo, se non fosse che le mie finanze sono inesistenti…