Avviso: questo blog sta scadendo nel diarismo più bieco. E no, non mi scuso nemmeno. Ho un blog diaristico, sono cose che capitano.
Ho appena aperto il terzo scatolone colmo di piatti e mi è venuto da piangere.
Ma quanti cazzo di piatti ho?
E mi mancano ancora quelli che mi sono portata dall’Egitto, voglio morire.
Dovrò trovarmi una terza cantina in cui metterli o, in alternativa, farmi venire un raptus come quello dell’altro giorno, che mi sono messa a scaraventare bicchieri nella pattumiera della raccolta del vetro ed è stato molto liberatorio, ne avrò fatti fuori una cinquantina.
Cosa ci faccio con trecento piatti, abitando da sola in 30 metri quadri?
Come può un essere umano ridursi ad avere centinaia di piatti, come è possibile?
E’ orribile, io li butto.
Qualcuno vuole dei piatti?
In psicologia, l’angoscia che prende i genitori quando i figli vanno a vivere da soli si chiama “Sindrome del nido vuoto”.
Vuoto un par di palle.
I genitori che ne sono affetti dovrebbero fare quello che sto facendo io, trasferirsi in una casa più piccola. Poi vedi come ti passa al volo, la sindrome.
Perchè, mentre la mia soave bambina si è presa una vacanza dal suo solito itinerario Madrid-Pirenei e, al momento, se ne sta bellamente in viaggio per l’Egitto col suo fidanzato (sì, non me ne parlare, guarda che la vita è bizzarra!), la sottoscritta mamma sta facendo una cosa pazzesca, col trasloco delle cose di una vita, e sotto la pioggia ha trasferito nella cantina dell’ex marito (recalcitrante, benché padre della creatura) il box in cui la pernacchietta giocava da piccola, i sacchi coi peluche pieni di polvere e non lavati (ché mi manca solo di farci asciugare i peluche, nei miei 30 m2), i libri e tutti i feticci di un’infanzia figliesca o, almeno, quelli che non si sono persi per strada e non ho scaraventato nella monnezza all’epoca del primo round di questo delirio, quando lei se ne andò a Madrid con uno sbarazzino e leggerissimo zaino da giovinetta spensierata e io mi ritrovai con due quintali di casa da sbattere in cantina prima di fuggirmene, giustamente, in Egitto.
E mannaggia a me e a quando sono tornata.
Il padre della creatura, dicevo.
Gli telefono l’altro giorno: “Ti devo portare il tappeto beduino della Pupina, in casa mia non ci sta.”
E lui: “Cosa?? Nemmeno io ho spazio! La mia cantina è occupata dalle masserizie della brasiliana che ha sostituito la genovese che aveva sostituito la piacentina, un tappeto non ci starebbe mai! E poi, come sei, già mi hai piazzato in casa l’album di foto due anni fa, non ti pare di esagerare?”
E io: “Non c’è problema: io ti porto il tappeto e tu, se vuoi, lo butti. Poi però glielo dici tu, a Pupina, che l’hai buttato.”
E lui: “…”
Lo richiamo: “Allora passo da te tra mezz’ora con, uhm, due cosine. Come d’accordo.”
E mi presento col furgone, gli piazzo in mano il box della Pupi, come dicevo, e poi spalanco le portiere sugli scatoloni e, mentre lui vacilla alla vista di tanto orrore, ne prendo uno e gli faccio: “Lo riconosci?”
Sullo scatolone c’è scritto: “Libri: raccolta di La storia di Benjamin”.
Glieli comprava lui tutte le settimane, alla Pupi, erano in fascicoletti bianchi.
“Sì, lo riconosco.”
E si è preso la sua dose di scatoloni senza più lagnarsi.
Perché questo è un altro aspetto delle separazioni, mi sto rendendo conto. C’è un primo momento in cui è difficilissimo decidere chi si tiene cosa, ed entrambi vorrebbero tenersi tutto. E poi c’è il momento, assolutamente demenziale, in cui c’è da decidere chi butta cosa o, in alternativa, chi conserva.
E’ molto più difficile, sappiatelo.
Bisognerebbe fare una clausola apposita nel decreto di separazione, qualcosa tipo: “I coniugi si impegnano a recarsi insieme su una rupe, al compimento del 21esimo anno d’età della minore, e a scaraventare assieme e mano nella mano, giù dalla rupe in oggetto, il box azzurro con le paperelle in cui la minore ha trascorso il periodo da zero a tre anni. In mancanza di rupi, il coniuge con la casa più grande si impegna a custodire il suddetto box senza fare storie e senza fiatare.”
Ci sono cose che uno non può buttare da solo.
E tuttavia i feticci sbucano ovunque, non te ne liberi mai.
Un solo bicchiere da cucina è sopravvissuto alla mia strage dell’altro giorno, ed è quello con la Puffetta, il preferito di Pupi.
E’ qui, su un scaffale della mia cucina, e non c’entra un piffero con il resto e per giunta la Pupina starà tranquillamente bevendosi una piña colada al Cairo, mentre io faccio l’altare al bicchiere di Puffetta, ma che devo fare.
E persino i piatti, ché dovrei buttare quelli da combattimento, spaiati e rigati, ma quelli esistono perché, si sa, Pupina poteva farlo volare giù da un seggiolone, il piatto bello, e questo pensiero mi ha guidato per vent’anni e pure quando lei aveva 15 anni, o 18, io continuavo a pensare che i piatti potessero volare giù dai seggioloni e solo adesso mi ritrovo a dover prendere atto che, no, questi affari bianchi di coccio indistruttibile non hanno davvero più ragione di esistere e altro che da un seggiolone, dovrebbero volare.
Dalla finestra, piuttosto.
E però che cosa difficile, mamma mia.
Sindrome del nido pieno.
Nel soppalco c’è lo scatolone coi suoi disegni.
Da Giovanni ci sono scatole di libri infantili e una cosa misteriosa con su scritto: “Pupi da piccola” e sospetto che siano vestiti. Sono finiti da Giovanni perché non li ho visti, durante lo stop dall’ex marito.
E io lo so, perché esiste quella scatola.
Perché il mio inconscio da terrona del cavolo vagheggia da anni sul momento (lontanissimo, mi auguro) in cui quella là (sì, lei, la Pupi, ché più scrivo e più mi incazzo, non ci posso fare niente) metterà al mondo un altro guaio simile a lei e la nonna (sì, io, che c’è da ridere?) riciclerà giacchine e dio sa cos’altro.
Ché poi lo so, che l’inconscio va per i fatti suoi e che la realtà dice che nessuno al mondo metterebbe mai vecchie giacchine tarlate addosso a un incolpevole moccioso del 2015 ma l’inconscio risponde: “Ma come! Sono giacchine nuovissime, sarebbe un peccato buttarle!” e la realtà si incazza e glielo dice, all’inconscio: “Nuovissime un par di balle! Hanno 20 anni, quelle giacchine! Ma sei scema?”
Mamma mia.
Gli uomini, beati loro, tendono ad avere un rapporto col presente più preciso, quando si tratta di ‘ste cose.
E poi la psiche maschile tende al pragmatico, dinanzi a degli scatoloni.
Giovanni, per esempio, quando mi ha visto arrivare intenzionata a scaricargli un intero furgone in cantina, ha doverosamente emesso un lungo gemito (“Cazzo, Li’!”) e poi ha fatto l’aria manageriale e, grave, mi ha detto: “Tu lo sai, vero, come andrà a finire? Che un giorno io cambierò casa ma, prima, mi ritroverò a dovere dare fuoco a tutti questi scatoloni. Qui, in cortile. Mentre tu chissà dove sarai.”
“Ma no, ma cosa dici, non è vero. Fidati, me li riprenderò.”
Ci dovranno pur essere, dico io, delle cantine in Spagna.
Dovrà pur farsela, mia figlia, una patente.
I due elementi, la figlia con patente e la cantina ispanica, permetterebbero di avvicinare box, peluche, libri di streghe e giacchini tarlati al famoso moccioso del 2015.
E’ solo questione di tempo: prima o poi il mio diabolico piano funzionerà.
Poi potrò starmene in Eritrea, o dove sarà, senza preoccupazioni.
Quindi, Pupi, preparati.
Ho qualche scatola da darti.
E, uhm, non ti dispiace se ci aggiungo anche qualche mio vecchio libro, vero? Una decina di scatoloni, non di più.
Giusto per avere qualcosa da leggere quando verrò a trovare il moccioso, nel 2015.
Sarà meglio che mi distragga leggendo, verso quell’epoca: mi scapperebbe troppo da ridere, altrimenti, nel contemplarti mentre tu, ignara, getti le fondamenta di un altro altare fatto di vecchi bicchieri, di quella forchettina speciale, del bavaglino da tenere per sempre, e il box e il seggiolone e il ciuccio e il libro con le macchie di sugo e tutta quella stoffa da santificare e con la quale perseguitare vent’anni dopo (ma a te sembreranno venti giorni) un’altra incolpevole mocciosa che, a sua volta, da grande farà un altro altare ancora, eccetera.
Poi, un giorno, il pianeta esploderà assieme a tutte le sue cantine e lo spazio si riempirà di miliardi di vecchi ciucci amorevolmente conservati che andranno a piovere in testa ai marziani, suppongo.
Sarà ciò che rimane e, del resto, non mi viene in mente nulla di meglio da fare rimanere, se non la collezione mondiale dei vecchi ciucci.
Ti trovo in gran forma, Milano ti sta facendo bene. A fine novembre, “popino” e altri disastri cubani permettendo, torno per una settimana a Milano, voglio assolutamente vedere il tuo nuovo regno. Ti porterei una bottiglia di Ron, ma sembra di intuire che hai deciso di diventare astemia ;-)
I libri dei bambini si regalano alla biblioteca di quartiere, dopo averci scritto il nome, così se hai nostalgia li puoi sempre andare a riguardare. (Cioè mai). In effetti si può fare anche con quelli dei grandi, o al bookcrossing, ma la faccenda è meno indolore
I giocattoli io li ho regalati prima all’asilo nido e poi alla materna, oltre che a amiche varie. Da altrettante amiche provenivano, e via via ho capito con quale senso di liberazione venivano sbolognati.
Per i mobili occorre stare attenti, come insegna Proust nelle Fanciulle in Fiore.
eheheh, ho sogghignato per tutto il tempo della lettura. ho traslocato tre anni fa da casa dei miei e tuttora continuo a riempirli di roba che ‘m’avanza’ (ho una teoria sulla riproduzione dei libri all’insaputa del padrone, ma la sto ancora elaborando bene bene), loro incassano e sono contenti perché secondo i loro giri mentali se porto delle cose vuol dire che prima o poi andrò anche a riprendermele. sindrome da nido sparso un po’ qua un po’ là? :D questo mood ‘diarismo on’ è molto divertente, sappilo :P
commuovente :°
… non è che sei tornata in Italia perchè volevi saldare qualche conto con il tuo ex?
No, quale astemia! Porta, porta. ;)
Milano mi sta facendo venire dei muscoloni che mi riconoscerai dai bicipiti, ti assicuro.
Il mio regno basta un colpo d’occhio, a vederlo.
Però è grazioso e vado a scuola in bici in 10 minuti, non chiedevo altro alla vita.
Un bacione grande.
(Giulio: mannò, il mio ex ha una santa, per ex moglie. :) )
posso?
butta tutto
la pupina: sono cazzi suoi
oppure lascia i vestiti, che servono.
le mie figlie sanno che le cose vengono da altri, non dai negozi: “e queste scarpe chi me le ha regalate?”, dicono entrambe
vestiti e scarpe allocali.
poi pupina, sfatta dalle fatiche della materpaternità, non ti ringrazierà ma almeno si potrà fare una serata con ci vuole, invece di comprare stronzissimi vestiti atti a coprire il pupame 1.1.
e se si lamenta dalle un calcio in culo.
scusa per i consigli non richiesti
e poi non ne ho titolo visto che le mie str… amorine hanno 7&4 anni
dico loro: “quand’è che vi sposate?”
mi risponde la prima, portavoce delle due: “siamo ancora troppo piccole!”, le mani sui fianchi e lo sguardo incazzato, e l’altra annuisce incazzata pur’anco essa; volpe e gatto e io sono pinocchio ma vorrei essere mastro ciliegia, manco geppetto, così sono cazzi altrui.
invece per ora sono stracazzi miei e l’unica consolazione è pensare a quando saranno impastoiate con pupami vari.
che scaricherebbero a me, nei loro futuri piani….
infatti sto preparando un MIO piano, già parzialmente in vigore: nessuna residenza vera (questa in atto ora) e poi un domicilio itinerante.
il domicilio itinerante sta galleggiando nel porto di sciacca. intendo usarlo al momento giusto.
eheheheheheheh
vendetta
dolcissima nonnità malvagia
“e l’asilo?”
fatti tuoi
“e la piscina?”
fatti tuoi
“e danzapianocavalloatleticajudotango?”
chìttese…..
scusa la digressione
intanto io mi godrei idealmente una pupetta che, guarda caso, se ne va in egitto. e prima in spagna (ha a che fare con il tuo mestiere? chissà)
Rotafixa: lo dicevo, io, che il cervello maschile segue percorsi un po’ diversi, su questi temi. :)
Se passa Pupina e ti legge ti tira un anfibio, secondo me. Tieniti pronto a scansarti.
Sette e quattro anni? Solo?? Uh, non hai ancora visto niente. :D
Ne hai da pedalare prima che ti arrivino a 20 e statti accuorto, ché la sindrome del vecchio ciuccio coglie le persone più insospettabili. Un giorno verremo a dare un’occhiata nella tua stiva, non si sa mai.
Nel frattempo: ti servono mica dei piatti?
No, chiedevo…
P.S. La Pupi è spagnola. Beata lei. Vota in Spagna. Ho fatto una figlia che vota in Spagna, e ancora mi congratulo con me stessa per il mio lampo di genio. Ché sennò mi finiva a votare per Fassino, poveretta, e non avrei saputo farmene una ragione.
Tu quoque, Fzzzz??? Ma insomma, ragazzi: facile buttare via le cose dei figli piccoli, ché tanto si sa che poi te ne ritrovi mille altre e puoi snobbare quelle che hai.
Andatele a buttare quando i figli hanno 20 anni, se ne avete il fegato! Vi aspetto alla discarica con le mani sui fianchi, voglio proprio vedere! Ho una banda di cinici per lettori, ecco. :))
Comunque, seriamente: uno può buttare via le proprie cose, ma non quelle degli altri. Se qualcuno mi avesse buttato via i miei libri di quando ero piccola mi sarebbe venuto uno sturbo che non mi riprendevo più, santo cielo.
Io ho appena buttato via senza rimpianti una tonnellata di mobili, ché proprio non sapevo dove metterli, ma per farmi buttare il libro che ho letto ininterrottamente dai 5 agli 8 anni bisognerebbe passare sul mio cadavere.
Cheddevofa’.
Se, nell’attesa del 2015 e relativo moccioso, tu volessi alleggerirti di qualche cimelio… ci proponiamo come riciclatori supplenti quando allargheremo la famiglia. Che, a quanto pare, sarà un po’ prima del 2015. Un bacio.
desculpes/2
le uniche cose che la mia santamadre m’ha buttato sono:
1) un giubbotto di cuoio da motociclista di mio padre quand’era giovane, solo perchè ero passato su una merda di cane con il motorino dal parafango dietro rotto (ero slittato sotto un camion il giorno prima e mi si era sfrantumato sulla marmittona del camion, il cui conducente per poco non ha un infarto a vedere un adolescente incastrato nel suo semiasse) che quindi era schizzata sul giubbotto sopradetto per non parlar dei capelli dietro, ma bastava lavarlo e invece quell’infame me lo butta.
e mai in tutta la vita la perdonerò: la posso capire, ma non la perdono (sono passati circa trent’anni)
2) un paio di stivali che a lei non piacevano, comprati dopo tre mesi di scassatura di cazzo alla gente lungo via del corso in roma cercando di vendere corsi di inglese in franciàising o chennesò, e avevo sempre sotto i 18 agnios. anche per questo la condanno alla vecchiaia eterna, e in più tempo di metterle contro le nipoti (pena accessoria).
detto ciò, del resto buttato non ricordo.
amo credere che anche gli altri se ne fottano, da adulti, se je butti er seggiolino. da adolescenti no!, tocca sta attenti. ma le scarpine de quanno ero pupo, e chissele ricorda…
quindi butta tutto, tranne i vestitini: che torneranno utili prima che tu dica a
A già… ricordo. Santa Lia di Haramlik! In passato ne avevamo già discusso. Una Santa nota per la pazienza e tolleranza (dai noti screzi con certi neoconi di fall…i ed altri). Poi quando la misura era colma, altro che Katrina!
Ti voglio bene, con affetto e simpatia Giulio.
Ecco volevo ridere ma poi mi commuovi sempre e mi fai invidia e tenerezza e tutte queste cose qui.
No, i piatti non mi servono. (Ci stavi per provare a rifilarmeli eh?). :-)
Baci e spero di essere una mamma come te. Te l’ho già detto.
Allora mami, tu non dare assolutamente retta a questi cinici. IO Voglio la collezione di Benjamin e David Gnomo, e i vestitini e tutti i peluche.
Ecco!
Io ho cominciato col rompere l’automatismo perché Maddalena il ciuccio non l’ha mai avuto!
bentornata…
L.
mia madre quando sono via non usa nemmeno la mia tazzina da caffè o quella della colazione se le capitano in mano…le mamme sono mamme nord sud non c’è differenza=)
ahahaha
ehm….
non mi sembra che fosse un anfibio
(nel caso l’avrei rimandato indietro alla massima velocità)
core de mamma
“quant’è tosto l’amore mio”
baci a tutt’e due
non inchini: feste grandi&fuochi d’artificio
brave
Soave fanciulla, che avevo detto? :)
:-)***