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Va in onda un servizio di colore sull’ “atmosfera a Gaza”, sulla CNN.
L’ilare giornalistone biondo si fa riprendere all’angolo di una strada di Gaza City e annuncia: “Ehi, adesso vedete che c’è la luce elettrica ma siamo fortunati, molto spesso non c’è!”

Poi entra in un piccolo supermercato, l’ilare giornalista, ed è un negozietto identico a quelli egiziani: riconosco le stesse merci sugli scaffali, le stesse marche. Gli stessi cestini di datteri, un po’ spelacchiati proprio come qua.
Intervista il negoziante e questo gli spiega che, sì, certo che le cose vanno male: la gente è disperata, sono sotto attacco, non ci sono soldi, le merce fa fatica ad arrivare e va a male per la mancanza di energia elettrica, queste cose qua.

La domanda successiva mi fa quasi soffocare dalla vergogna. L’ilare giornalistone biondo, col suo bravo sorrisetto tronfio, gli fa, al negoziante: “Lei sa che questa situazione è iniziata per via del sequestro di due soldati israeliani. A lei non piacerebbe che questi israeliani venissero rilasciati? Vuole dichiararci se lo desidera? Vuole fare un appello per la loro liberazione?”
(“Bambini, vi stiamo picchiando forte perché siete stati cattivi. E’ vero che non lo fate più? Volete dichiarare che siete pentiti e giurate di non farlo più?“)

Il negoziante lo guarda. Si fa ripetere la domanda, vuole essere certo di avere capito bene.
Poi guarda tranquillo nella telecamera.
E col suo pacifico faccione tondo, coi suoi baffoni, con la sua faccia da bravo cristo che, nella vita, non ha fatto altro che mandare avanti il suo supermercato e nient’altro vorrebbe fare, risponde, sereno:

“Certo che mi piacerebbe che venissero rilasciati. Ma mi piacerebbe anche che venissero rilasciati tutti i prigioneri palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane. Mi piacerebbe che si potesse vivere in pace, ma anche secondo giustizia.”

E tant’è.
La quieta affermazione della verità.
Quella che sembra tanto difficile da cogliere, altrove.

Nota a margine: gli ultimi 6 cooperanti italiani a Gaza sono stati costretti dal nostro governo ad andarsene, loro malgrado.
Riporto dal comunicato del CRIC:

Essere costretti/e ad abbandonare Gaza, anche se solo temporaneamente, è una sconfitta non solo per la nostra organizzazione ma per la politica italiana tutta che con il nuovo governo non è ancora riuscita a dare quel segnale forte di discontinuità rispetto al governo precedente come tanti e tante si sarebbero attesi/e. E’ una sconfitta anche per il movimento pacifista che di fronte al massacro fisico oltre che politico e mass-mediatico del popolo palestinese non ha la forza di rivendicare il ripristino del diritto internazionale e il ruolo della politica.