Io l’ho capito, perché riesco a fare le cose: perché sono completamente priva della coscienza dei miei limiti.
Prendi il viaggio a Genova, per esempio: io sono arrivata con due valigie, due zaini, un computer portatile, una borsa con le cose di Fastweb, un’altra piena di prese e fili che non c’entravano più da nessuna parte e la borsa da passeggio. Una follia, su e giù per queste stazioni italiane prive di carrelli e piene di scale. Posso assicurarlo. E, ovviamente, quando sono stramazzata con il tutto nel primo vagone dell’intercity, il capotreno in persona è accorso a dirmi: “Per carità, rimanga qui tranquilla! E altrimenti come ci arriva, lei, alla carrozza 8?” E quindi ho viaggiato in prima classe per ordine del capotreno, preoccupato che mi venisse un infarto all’altezza della carrozza 3.
Mi sono ripresa verso Voghera, ecco.
Però adesso me lo rimiro, il mio tappeto di roba indispensabile da portare, e mi sento tutta fiera di me: l’obiettivo è raggiunto, ed è raggiunto proprio perché non ne avevo misurato l’evidente impossibilità. Secondo me è così, che funziona. Sono contraria alle analisi di fattibilità.
Cambiando discorso: gli indigeni paiono amichevoli, come direbbero esploratori più analitici di me. Ieri sera ho festeggiato il compleanno di uno sconosciuto: ero lì a premiarmi delle molte fatiche della giornata in uno sciccoso Vino e Cucina e mi sono ritrovata a conversare con il tavolo accanto, finendo poi per approdarci e per divertirmici, persino.
La cosa è bizzarra: né io sono particolarmente socievole con gli sconosciuti, né mi consta che i genovesi abbiano fama di essere chissà quanto espansivi.
La chiave di tutto sta, secondo me, nel fattore Milano. Perché mi sto rendendo conto che basta dire: “Sono fuggita da Milano, voglio stare qua!” per riscuotere una solidarietà totale e incondizionata e vedere la comprensione che, letteralmente, trabocca dagli occhi dei miei interlocutori.
Ti capiscono.
Ti approvano.
Ritengono che tu abbia ragione.
Non è come a Milano, dove ti fissano con sospetto e tu lo sai, che ti stanno studiando alla ricerca di tue tare caratteriali o patologie da disadattamento che spieghino il fenomeno della tua renitenza a stare là.
Qua no.
Qua, se non vuoi stare a Milano, sei normale.
Bello.
Cambiando ancora discorso: stamattina li ho visti. Con i miei occhi. Sono entrata in un bar per fare colazione, ed eccoli là: due tizi che intingevano la focaccia genovese nel cappuccino.
“Nah!”, mi sono detta. “Lo fanno davvero!”
Perché Marzia mi aveva avvisato, che all’ora di colazione avrei contemplato questo fenomeno, ma vederlo con i propri occhi è un’altra cosa.
Obbediente e pronta a tutto, nella mia determinazione a chiamare “Mamma!” questa città, mi sono armata anch’io del mio bravo pezzo di focaccia. Non sono arrivata ad intingerlo nel caffè, ma sento che presto lo farò.
Magari non davanti a mia figlia o ad altri parenti, ecco. Loro, non credo che capirebbero.
Poi sono andata a scuola e mi è stato detto: “Lei insegnerà letteratura in classi eccellenti”. Ed io, che l’anno scorso ero costretta a insegnare a scrivere fatture quando a stento mi costringo a leggere quelle che arrivano a me, ho represso a stento la voglia di esibirmi in un tip-tap di contentezza, là, su due piedi. In presidenza. Non ci speravo nemmeno, che potesse succedere: ero preparata ad avere un altro tipo di corso e mi ero portata dietro tutti i maledetti schemi delle fatture. Adesso li brucio, senti. E, sì, non me ne vergogno: una delle cose grandi del mio mestiere è che ti paghino per parlare di cose che ti piacciono. Tipo, ehm, di poesia. L’ho detto per anni ai miei studenti, quando loro mi dicevano che doveva essere orribile, fare i prof: “Ma state scherzando? Io oggi ho parlato di Lorca per una mattinata intera e vengo PAGATA per questo! Ma quando mai ti succede, con un altro mestiere?”
E scusa se è poco.
Uscita di scuola fischiettante, ho pensato: “Mo’ faccio due passi fino al mare. E’ là. Basta andare dritti”.
Era là, infatti: in dieci minuti mi sono ritrovata a Boccadasse.
Pensa te.
E poi mi sono persa lì in giro, sono andata sopra e sotto per milioni di scale, ho riconosciuto tutte le piante e gli arbusti dei milioni di scale che ti portano al mare a Napoli, ed era tutto identico. Solo un po’ più ordinato.
E poi – intanto avevo scoperto che qua, non contenti di farci il pesto, coi pinoli, ci fanno pure il gelato – mi sono ritrovata su una palafitta sopra il mare. In un baretto di quelli in legno fatti a palafitta, appunto. Come a Napoli.
E c’era il rumore delle onde, la brezza, le gocce di mare che ti arrivavano ed io lì, sulla sdraio a prendere il sole con un bicchiere di vino bianco gelato accanto a me, mi sono tolta le scarpe e ho pensato che, da lì, non mi sarei mossa più.
“Quindi adesso avrai meno nostalgia del Cairo?”, mi fa Dacia.
“Mah. Una può avere nostalgia del mondo intero, ma questo è un ottimo posto per tirare il fiato, immaginare partenze, pensare di andare ovunque e magari tornare pure”.
“In effetti. Tipo Cristoforo Colombo”.
“Appunto”.
Comunque: visto che Cristoforo Colombo ce l’aveva, una casa, sarà meglio che me ne procuri anch’io una, e al più presto.
Al momento sono a casa di Pier, scrivo dal Mac di Pier e do da mangiare al gatto di Pier, che è in Normandia. Pier, non il gatto.
Però, appunto, la ricerca di casa continua e, anzi, richiede un’accelerata a tavoletta, a questo punto.
Quindi: chi sa, parli.
Anche perché ci sarebbe un certo blogger da liberare, ammesso che lo si riesca a ritrovare sotto la montagna dei miei scatoloni.
Che bello, mi fai apprezzare la mia città… Benvenuta. Ma quindi insegnerai al Doria (D’Oria)? (Si poteva dire? o è un segreto?)
Io sono di Genova… con la casa non so se t posso aiutare. Mio fratello fa l’agente immobiliare, ma zona quinto, che è parecchio cara. Però se mi dici qualcosa in più su quel che ti serve, magari posso sentire in giro. Ti lurko da un po’, mi piace il tuo blog. In che scuola insegnerai?
Spero che tutto questo ti concili con l’Italia e ti costringa ad amarla anche se un po’ meno di me..
Sentirò dalla mia amica.
E’ molto che non la contatto,speriamo.
A Bologna il mare non c’è,ma non c’è nemmeno la nebbia e la gente s’intrufola nella tua vita come la gente di Napoli e Genova..uguale.
E sull’appennino pure.
Ciao
Non è il Doria, no. E non lo dico manco sotto tortura, che scuola è: pensa che incubo deve essere, avere gli studenti sul blog! :)))
Ciao, Federico: mi serve la zona dal centro a levante, più o meno fino a Sturla. Grazie. :)
Old, bacio.
ciao Lia,
penso che ti prenderò come modello. quindi si può anche pensare di fermarsi… e non andare sempre e sempre…
buon inizio d’anno scolastico
E io che mi chiedevo come stessi.
Sdraiata al sole con un bicchiere di vino bianco e senza le scarpe, ecco come stai. :-)
Bella questa infilata di situazioni positive: il viaggio in prima classe per ordine del capotreno, la scuola eccellente in cui insegnare poesia invece di fatture commerciali, vagolare per la città e ritrovarsi a gustare gelati, focacce e umanità nuovi.
Ammesso anche che tu non arrivi a chiamare Mamma quella città, almeno a Zia ci puoi arrivare, di questo passo. :-)
Io sono della riviera di ponente (zona Arenzano, Cogoleto, Varazze, Celle, ecc…) che e` carissima come affitti, piu` di Milano. Per quanto riguarda Genova la parte a levante, dove stai cercando tu e` una delle piu` care. Sicuramente sara` piu` scomoda, ma se non trovi altro orientati verso Sampierdarena, Pegli: sono molto piu` scomodi per te (zona ponente), sicuramente meno belli, ma molto meno cari.
Aiutala che Lia ti aiuta.
Attenta a non inciampare lì, che poi ci rotoli direttamente ammare. Lo so che potrebbe pure essere piacevole, ma il selciato è duro ovunque temo.
nnoia: sai cosa, a noi milanesi ci tocca sopportare con somma pazienza e rettitudine di spirito, ché se l’avversione nei nostri confronti andasse scemando si incrinerebbero equilibri millenari :)
I genovesi hanno fama di essere dei burberi, ed invece sono le persone più simpatiche che abbia mai conosciuto in questo mio peregrinare infinito per l’Italia.
La foccaccia con il caffè (o cappuccino) è la delizia più delizia che esista al mondo.
Ti consiglio di acquistarla in Via S. Vincenzo, di fianco alla mia vecchia scuola, il posto dove la focaccia è più buona della città.
Boccadasse è uno splendore: era il mio rifugio nelle giornate no, quando dovevo fuggire anche da me stessa (abitavo a Quinto, io poco più in giù, verso Nervi).
Girala per ogni dove questa città, e ti chiederai ad un certo punto, come mai resta così nascosta nel panorama italiano.
:)
Benvenuta in Liguria! Io sono a Spezia, qui siamo meno simpatici (ESSI sono, io sono nata qui ma i miei nonni sono tutti emiliani).
Genova sembra averti messo le ali ai piedi: anche a me fa questo effetto.
E’ bella, è caotica ma è bella.
E poi una città per essere completa deve avere il mare, anche se – in questo sono ligure – detesto andare in spiaggia.
Occhio però, non è il massimo della sicurezza…
Baci da vicino,
Gianna
..Assafà (non è arabo ma napoletano)! che bello leggerti così allegra. Sono stata a Genova per lavoro dopo esser tornata dall’egitto e mi sono trovata magnificamente bene. Non ricordo dove precisamente c’è un forno gestito da una coppia cairota che fa iuna farinata spaziale..
eheh aspettavo questo momento. Che bello sentirti parlare di genova.
Quando decidi di esplorare la riviera e ti spingi fino a Sestri Levante lo vorrìa sapere, che magari ti faccio una bella pasta al pesto – patate e fagiolini ;)
hehe e prova a parlar male dei milanesi, vedrai come la simpatia si impenna ulteriormente :)
Qualche notte fa ti ho anche sognata, sai? Ci siamo incontrate su un autobus ed io ti ho riconosciuta perchè stavi raccontando a qualcuno dei tuoi trasferimenti e degli scatoloni e dei bagagli… E cmq c’è anche la risposta, laggiù (http://www.splinder.com/myblog/comment/list/8856533#cid-23858713) e non lo so se sono io che ho la coda di paglia e allora capisco sempre pan per focaccia, oppure se, forse, tu hai ancora troppa nostalgia dell’Egitto e a noi che stiamo qua e vogliamo fare le Egiziane ci vorresti vedere veramente un po’ più egiziane, che ne so! Bhè, mi piacerebbe pure a me sentirmi un po’ più egiziana, ogni tanto, ma sono italiana e in fondo mi va bene, anche se nel cuore mi sento molto www, a modo mio!!
A presto. Khadi
I pensieri di Luca
BlogDay
Un bicchiere di crema di whisky, il libro finito di leggere pochi minuti prima, il mio PowerBook G4, l’ultima chiamata tramite Skype..una sedia da campeggio ed uno sgabello. Nollaig dorme.
Questa è la mia ultima sera nel nostro bel appartamento…
Proprio bello sentirti così e capire che quando si arriva in fondo e si fa la curva si può riuscire anche a risalire ……
Ciao!Ti ho trovato tramite un blog di una amica!
Ma che bello il tuo blog!Mi piace come scrivi e devi essere una persona simpatica!Peccato che non sei rimasta a Milano :( …io ci vivo e anche io non sopporto!
Beh ci sentiamo presto! ;)
Bene@
(Scusa, non ce la faccio a non sfogarmi. Alla fine del commento mi ripiglio.)
Ecco, se invece provi a dire di essere di Milano e di non starci troppo male, ti puoi passare le peggiori estati d’inferno della tua vita. Roba che ringrazi il cielo quel luglio che sei in un letto d’ospedale a fare una chemio, perché almeno non dovrai avere a che fare con quei ragazzini che quando va bene ti insultano, quando va male passano sul fisico, quando va veramente male ti lasciano sola come un cane e ridono alle tue spalle.
(Odio poche cose, ma la Liguria la odio – a meno di una dozzina di persone a cui voglio molto, molto bene. Brutte esperienze dai due ai quindici anni, appunto: il razzismo – perché è razzismo – di quei cretinetti contro “la milanese imbranata che legge” mi ha rovinato ogni estate dell’infanzia e dell’adolescenza, e non credo riuscirò mai a mandarlo giù del tutto. Al più un po’ pensando che io sono sopravvissuta a loro, e vivo felice per il mondo; e loro più in là del loro paesello del cavolo non andranno mai.)
(L’ho detto, lo ripeto: chiedo scusa per lo sfogo.
I miei migliori auguri a Lia, sono felice di sentirla respirare meglio; se riesce a fare un giro nell’interno la natura è straordinaria ancor più che sulla costa; visto che è stagione si faccia una bella scorpacciata di pieni – verdure ripiene, intendo, e se riesce a provare i testaieu non si lasci sfuggire l’occasione. Per tacere della farinata, ovviamente. E ovviamente poi c’è S.Fruttuoso che è magica, e la parte di Portofino al di là dell’odioso porticciolo.)
E riprendendoti verso Voghera, di fare una telefonata al vecchio israelita non hai pensato?
JZ
Appena torna mio fratello chiedo e ti faccio sapere… affitto, vero?
Aspetto con ansia che posti la foto della stanza del povero Tonino che ospita attualmente tutti i tuoi averi. :-)
Ora siamo anche piu’ o meno vicini di casa: noi siamo bogia-nen, ma appena di la’ dal confine. Magari possiamo vederci dal vivo, prima o poi, o andare a cena insieme in un posticino all’Acquasanta che e’ una favola.
Sono contento di sapere che Lia sta meglio, davvero.
Non ho purtroppo informazioni su case a Genova, anche perchè la penso come restodelmondo (vacanze in Liguria mai. MAI. Se devo andare al mare in Italia, Isola d’Elba o Romagna. Liguria no, perchè sei un turista, quindi uno che in teoria porta qualche soldino, e gli stessi commercianti ti trattano come il peggio del peggio e con una sufficienza scandalosa. Se poi sei di Milano come me, diventa razzismo. Scusate neh, personalissime opinioni, oltre che ovvie generalizzazioni).
Ma Lia che adesso a Genova ci abita e quindi è genovese d’adozione ci starà sicuramente benone. E son felice per lei !
Come avete ragione sulla Liguria… E’ una cosa senza senso.
Ma, per esempio qui a Spezia, i commercianti trattano male chiunque: non solo i turisti!
Siamo (sono! ribadisco i miei quattro quarti di sangue emiliano) rozzi e maleducati, facciamo/fanno finta di non conoscere le persone per non salutare…
Esagero? Forse un pochino, ma è abbastanza così.
Comunque mi sembra che Genova sia meglio di qui a Levante, mi sembra che la gente sia migliore
A Genova ho perso un amico, un caro amico. Era il 28 Marzo 1980 e i reparti speciali di Dalla Chiesa hanno compiuto l’atto più criminoso di tutta la storia dei cosiddetti “anni di piombo”. Dopo quel giorno non credo di esserci più tornato, se non di passaggio ed in modo volutamente fugace. Tuttavia i suoi scorci e i suoi odori mi sono rimasti nel cuore, come un vecchio amore mai dimenticato. Abbraccia Genova per me.
In bocca al lupo
edi
intingi, Lia, intingi… non te ne pentirai :)
focaccia + cappuccio for president (io da piccolo nel caffellatte… slurp! pure i miei amici torinesi storcevano il naso… si sono ricreduti immediatamente ;)
Sono contento di aver trovato questo blog! Ho letto alcuni post e…mi piace! così ti lascio un saluto, e pure un sorriso! ciao! e buona genova!
E Paolo Conte non lo nomina nessuno? Lia sono felice per come tutto stia cambiando nella direzione che meriti!I tuoi post di un anno fa mi rattristavano parecchio, anche con tutta l’ironia che ci mettevi, nelle tue paorole scendevano (sembrava a me) le lacrime. Ora basta ora inizia il capitolo…Genovaaaa! Che bello.
Ehilà finalmente ho avuto l’onore di conoscerti, cara Lia.
Bella la cena di ieri, ma io ho avuto bisogno ancora di diverse ore per digerire la zuppa di acciughe. :-)
Salutami tanto Marzia e Pier, che sono stati gentilissimi.
comunque è vero! figurati che io ligure d’addozione (nonna :D) ho sentito il bisogno impellente, a 8 anni, di intingere la focaccia (in romagna piadina) nel latte e cacao! e tutt’ora lo faccio :| ma la focaccia genovese è insuperabile!
Ho passato degli anni a deridere…uhm…snobbare, no anzi, schifare la descrizione del marito della focaccia pucciata nel cappuccino. Il marito è mezzo-ligure, per inciso.
Poi l’ho assaggiata. Fallo, ne vale la pena. Vale la pena farlo in Liguria, che la focaccia che trovi a Milano non è la stessa cosa, anche se ci sono i furgoncini che la portano a Milano tutte le mattina.
Si vede che per strada perde le caratteristiche organolettiche…
Si vede che lo stesso tratto di strada, fatto al contrario invece alle persone fa bene :-D
Bacio
CV
Francesco la piadina e la fugassa non sono nemmeno parenti dai!! :D