Perché non è che una se ne sia stata con le mani in mano, in questi giorni.
Un mucchio di cose, ho fatto.
Alcune delle quali finiranno qui, certo.
Intanto devo perdere un po’ di tempo, però, e una si scoccia, a bloggare per perdere tempo, o giusto per dire a chi passa: “Ehi, sono ancora viva!”
Ma tant’è: visto che qualcuno mi scrive per chiedermelo, la risposta è sì. Sono ancora viva.
E con un mucchio di cose da scrivere, prossimamente.
Intanto lavoro.
O me ne sto nella piscinetta incastonata in mezzo al Porto Antico, a un passo da casa, a riflettere sulla mia perpetua caccia a una qualità della vita accettabile, mentre mi guardo il mare e le colline di Zena e penso che l’anno scorso mi toccava la terrificante piscina di via Solari a Milano, invece di questa, e mi congratulo con me stessa per la mia stancante abitudine di tagliare la corda, quando è il caso, ché di sicuro costa il suo prezzo ma, giuro, dà soddisfazioni.
Colleziono le rose che mi regalano i venditori marocchini del centro storico, anche.
Cominciò uno secoli fa, una volta che singhiozzavo sulla spalla di Pier e lui si avvicinò per vendercele e poi mi guardò in faccia, si accorse che stavo frignando come non so cosa, sbuffò e, con l’aria scocciatissima, mi mise una rosa in mano e se ne andò.
Da allora, ogni tanto rincaso con la rosa di qualche venditore. Ne ho appena buttata una di Mohamed.
Questa città è strana.
Mohamed, in particolare, me ne avrà regalate quattro o cinque, in questi mesi. Prima di accettarle mi sono informata bene sulle sue qualità morali, ovviamente, domandandogli: “Mohamed, ma tu li mandi i soldi alla tua ex moglie rimasta al paesello?”
Lui mi ha assicurato di sì, spiegandomi quanti e come.
Soddisfatta della risposta, adesso gli sorrido lieta quando lo incrocio.
E lui, appunto, ogni tanto mi molla una rosa.
Anche storie di Genova, colleziono.
Certe volte non devo nemmeno uscire di casa, per trovarne: questa, sui fantasmi di Zena, mi è arrivata per email:
Uno dei più famosi è la vecchina che chiede indicazioni per andare in vico dei Librai.
Questo vicolo è scomparso sotto le bombe dell’ultima guerra e ogni tanto qualcuno giura di aver incontrato nel centro storico questa anziana signora che scompare misteriosamente appena le si è parlato. Mi pare di ricordare che la maggior parte degli avvistamenti sia stata segnalata dalle parti di via Ravecca (dalle tue parti se non erro).
Poi c’è Laila che sta nel teatro Carlo Felice. Si manifesta facendo impazzire gli impianti tecnologici e i computer quando ci sono situazioni che non gradisce. Più di un tecnico del teatro che si è trovato di fronte a guasti inspiegabili ha riferito che tutto si è rimesso a funzionare dopo averle chiesto, più sullo scherzoso che sul serio, di smetterla e di dare una mano a far rifunzionare tutto. Non ricordo il cognome, ma dovrebbe trattarsi di una giovane ragazza di nobile famiglia vissuta nel 500 o nel 600.
Via Ravecca è dalle mie parti, effettivamente.
E c’è una friggitoria dove una volta ho comprato il latte fritto, e pare che sia stata fortunatissima: lo fanno solo in certi giorni e, in effetti, dopo di allora non sono più riuscita a beccarlo. E’ l’unico fantasma che mi perseguita, quando passo di là, ma prima o poi lo ribecco.
E c’è una focacceria spaziale, anche.
Non ha fantasmi, quella. Ha una focaccia concretissima.
E’ piena di virtù, via Ravecca.
Del resto non c’è nulla che non sia pieno di virtù, da queste parti.
Però mi sento un po’ in generale, come una che sta facendo melina.
Mica solo sul blog.
Anche in piscina.
Anche con la focaccia.
Anche con le rose, col lavoro, con tutto.
Ci vuole un botto, ci vuole.
Massì.
Tipo un nuovo amore, già!
Finalmente,Lia. Uno non può aprire il tuo blog tutti i giorni e non trovare niente di nuovo!.
Un bentornato e una tiratina d’orecchi a te, pigrona…