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Già mi sembra raccapricciante che, a poche settimane dalla carneficina di Gaza, una delegazione israeliana sia invitata a festeggiare il Carnevale a Genova nell’ambito di un cosiddetto “Carnevale dei Popoli” del Mediterraneo che vorrebbe essere multietnico, bontà sua, ma che a me pare semplicemente macabro, considerando il massacro che Israele ha appena compiuto contro il più vessato dei popoli mediterranei.

Ma che addirittura un quartiere di Genova si ritrovi gemellato con una Gerusalemme che il Comune di Genova definisce “Israele” fottendosene olimpicamente del fatto che “la maggior parte dei membri dell’ONU e delle organizzazioni internazionali non accetta né che Gerusalemme sia capitale di Israele, né l’annessione ad Israele di Gerusalemme Est” mi pare veramente il colmo.

Se poi consideri che il quartiere genovese gemellato con questa fantomatica “Gerusalemme (Israele)“, come dicono i volantini, è nientedimeno che il Centro Storico – del quale sono legittima e parecchio offesa residente – comprenderai che tutto ciò mi provoca un certo malessere.

Tutte le persone con cui ne ho parlato, qui a Genova, ritengono che lo scivolone Gerusalemme = Israele sia dovuto a pura e semplice ignoranza: “Probabilmente non sanno manco di cosa parlano, in Comune“. Io non so che dire. Mi limito ad osservare che, conoscendo il Centro Storico, l’atmosfera che circola qui e la quantità di immigrazione araba che raccoglie, questo cosiddetto “gemellaggio”, in questo momento e in questi termini, mi pare una raccapricciante provocazione e poco altro.

Sarò felice di non essere a Genova, in quei giorni. Ci mancavano solo le carnevalate, sul sangue di Gaza.