Cittadina in Alto Egitto.
Sono alla biglietteria della stazione che urlo: “Un portacenere (tafaya) per Il Cairo”.
Una voce accanto a me chiede a sua volta: “Un biglietto (taskara) per Il Cairo”.
Di nuovo io: “Ecco, giusto, non un portacenere ma un biglietto per Il Cairo”.
Il proprietario della voce e del vocabolo giusto mi guarda e sorride: “Si ricorda di me? Ci siamo conosciuti la sera che la sfrattarono dalla sua casa di qui.”
E’ l’ordinario di filosofia, cavoli, e certo mi becca sempre in situazioni un po’ ridicole.
D’altra parte, che una fumatrice abbia lapsus del genere in Ramadan è pure comprensibile.
In treno mi fa: “Ha saputo di oggi? Ci sono stati scontri in università tra studenti e polizia.”
“Ah. Avevo visto striscioni e ragazzi, ma gli scontri me li sono persi.”
“Sono gli studenti islamisti. Banda di pazzi. Stanno crescendo a vista d’occhio.”
Non riesco a capire cosa sia successo, esattamente. Gli egiziani sono i peggiori narratori di fatti del mondo: falli parlare di opinioni e ti intratterranno per ore, ma con i fatti si scocciano.
Comunque mi butta lì che le alte sfere universitarie consigliano di assecondare il trend studentesco di non fare lezione, le ultime due settimane di Ramadan.
In teoria, sarebbe vacanza solo tra due settimane. In pratica, i ragazzi stanno a casa dalla settimana prossima.
Noi dovremmo contrastare questa cosa e costringerli a venire, ma pare che il Rettorato abbia optato per la vacanza ufficiosa. Tanto per fare sbollire le teste calde.
Succede anche al Cairo: l’anno scorso hanno chiuso prestissimo, proprio per togliersi gli studenti dalle scatole.
Il prof li detesta, apprendo: “Questi islamisti sono dei dementi, non ragionano, sono insopportabili. E aumentano sempre di più. Più la politica internazionale va avanti in questo modo e più si moltiplicano. Finiremo come dieci anni fa, quando questa zona era tutta in mano a ‘sti pazzi.”
Io: “Ma che fanno, esattamente? Perchè si sono scontrati con la polizia?”
Lui: “Ma sono dei rompiballe irragionevoli. Fanno propaganda tra le ragazze affinché si velino intere, rompono l’anima sulla separazione tra i sessi e non se ne può più.”
In effetti, quest’anno sto vedendo molti più niqab (veli integrali) che l’anno scorso. Le associavo al Cairo, le studentesse indistinguibili sotto il velo nero che copre la faccia, ma ormai ne abbiamo un bel po’ anche noi.
Io non ne ho, e a Lingue è pure normale che non le abbia. Almeno per il momento.
Il massimo dell’integralismo, da me, sono le ragazze coperte con tanto di guanti, ma a viso scoperto.
Lui è a Lettere, però. Lì è un tripudio di niqab.
“Io non le accetto in classe. Me ne frego, non le faccio entrare. Sì, certo che protestano. Ma io mi rifiuto, e poi che ne so, chi sono? Potrebbe esserci pure un uomo sotto quel velo! Una l’altro giorno mi ha detto che potevo chiedere a una collega donna di controllare la sua identità, pensa te. Le ho detto che le poteva portare altrove, le sue sciocchezze.”
Io: “E loro che fanno? Si scoprono la faccia o smettono di frequentare?”
Lui: “No, smettono. Non vengono più e fanno bene. Io non le voglio.”
Curiosamente, ho finito da poco Neve, di Orhan Pamuk.
Mi vengono in mente le ragazze turche del romanzo, che si suicidano piuttosto di togliersi il velo perchè obbligate dall’università.
Intanto, in Alto Egitto i controlli sono aumentati.
E oggi mi hanno fatto firmare un pezzo di carta in cui dichiaro di non volere la scorta.
Visto che è un anno esatto, che non faccio altro che seminarla e ringhiare ai poveri poliziotti, era pure ora.
Se la rideva, il poliziotto, mentre firmavo.
Deve essere l’essere umano che ho più maltrattato al mondo, poverino.
E mi fanno: “Adesso lei può andare dove vuole senza scorta. Dovrà solo rispondere alle normali domande, tipo dove va e quando torna.”
E io: “E vi sembrano normali, ‘ste domande??? E dove volete che vada?? In discoteca, vado??? A ballare, vado??? Ma che domande mi fate??”
E loro a ridere, come al solito quando mi incazzo.
E allora ho capito: “Tanto lo so che, se mi sparano, voi ‘sto foglio ve lo incorniciate.”
E loro a giurare che no, non è vero, che se mi sparano ci rimangono malissimo e poi cosa sto dicendo, chi mi spara, non scherziamo.
Io, tanto, sul blog l’ho scritto, che i principali sospetti sarebbero quelli dell’albergo, nel caso.
Di sicuro, il movente ce l’hanno, e forse anche il diritto alle attenuanti.
“Fanno propaganda tra le ragazze affinch? si velino intere…” come? Coi volantini, o con le vie di fatto?
Ho sentito parlare della nuova legge promulgata qualche mese fa dal re del Manocco che, interpretando il Corano dall’alto dell’autorit? conferitagli dall’essere diretto discendente del Profeta, stabilisce la parita assoluta fra uomo ? donna.
Se ne parla, tra i giovani ambosessi, di questa novit
Ma quali vie di fatto, non diciamo sciocchezze!
Che poi in genere sono proprio le donne, le integraliste pi? accanite.
La parit? assoluta tra uomo e donna in nome del Corano non ? nessuna novit?, c’? sempre stata. Qualsiasi mio studente userebbe gli stessi concetti in qualsiasi tema dal titolo “Parlami della donna”, e sarebbe anche un po’ blasfemo non farlo.
Caso mai sar? il Marocco ad essere un po’ confuso, se davvero ne parla come se fosse una rivelazione del’ultimo momento (ammesso che ci? che dice il commentatore sia vero, ma dubito fortemente) e comunque era noto per avere un diritto di famiglia non poco sclerotizzato.
l’eskimo me lo ricordo, lo portavo quando andavo all’universit?, “quell’affare verde orrendo!” (mio padre), ed io a mettero per ripicca!
Ma il Burka (come si scrive?), quando te lo metti? Con quello puoi avere maggiori possibilit? di sopravvivenza.
Bravo il professore!!
Interessante. Il tuo tono rapsodico e ironico ? affascinante, ma mi impedisce di capire se parli sul serio. E’ tutto vero? E dove accade questo? Comunque ? un problema che interessa anche me. Se posso permettermi ti segnalo il mio libro “Anoressia e bulimia nei paesi dell’area mediterranea”http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=1&c=RNO33IGSPK6DS, dove si parla anche della condizione della donna araba, del femminismo arabo e del processo di “rivelizzazione” della donna. Mervat Nasser, la maggiore studiosa dell’anoressia nei paesi arabi, egiziana che insegna all’Universit? di Leicester, ha scritto il capitolo sull’Egitto nel mio libro, e ci rivela cose stranissime. Ci rivela che il movemento pro-velo nasce all’Universit? del Cairo negli anni ’70, per iniziativa delle studentesse, dopo che gi? da almeno 20 se non 30 anni le donne in Egitto, o almeno nell’Egitto metropolitano, avevano smesso il velo. Che ne pensi?
Non ? una cosa stranissima. E’ un dato di fatto: ? andata esattamente cos?.
Ti dir? di pi?: tu dici “almeno nell’Egitto metropolitano”, ma l’Egitto metropolitano era l’unico luogo in cui il velo, originariamente, si portava perch? era considerato un accessorio da donna elegante.
Nell’Egitto rurale le donne fanno le contadine: te la immagini una contadina velata?
L? mettevano, e continuano a mettere, il fazzoletto delle nostre contadine, e certo nessuna si sogna di indossare un niqab.
A me sembra stranissimo che tu lo consideri stranissimo, tutto ci?. Posso chiederti perch??
Comunque ci? che racconto si svolge in una cittadina dell’Alto Egitto.
Preferisco non scriverne il nome perch? mi capita spesso di parlare di studenti e colleghi e non mi pare corretto violarne la privacy rendendoli identificabili.
Il tuo libro deve essere interessante, chiss? se all’Istituto di Cultura Italiana di qui lo avranno. Dubito, per?. Potresti spedirne una copia in regalo per la loro biblioteca. :)
Ciao.
Fa male a dubitarne fortemente.La legge marocchina in questione esiste.E non ? che abbia la stessa portata dei temini della sua classe.
Ricordo che a scuola di solito si scrivono poemi politically correct,sulle magnifiche sorti e progressive della societ? nella quale si vive.
Il paragone con l’eskimo vuol dire scelta politica o modaiola ?
??
Le ho scritto una mail.Mi auguro di avere una cortese risposta,in qualche modo.
Un saluto
Muddawana. Questo ? il testo sul diritto di famiglia fortemente voluto in persona dal re Mohammed VI e approvato dal parlamento del Marocco il 16 gennaio 2004.
Il testo pare sancisca la fine dell'”autorit? tutoria dell’uomo sulla donna”, secondo una interpretazione nuova della Legge coranica col sigillo della figura di un monarca che ? discendente diretto del Profeta.
Questo testo ? stato assolutamente ignorato dai media occidentali, mentre penso possa avere una importanza capitale per tutti quelli a cui sta a cuore un rapporto di dialogo con l’Islam.
Che ne pensi?
Ripetiamo.
1. Dubito fortemente non della riforma marocchina, di cui sono a conoscenza e che ho commentato anche in altri blog, ma del fatto che il re del Marocco possa dichiarare NUOVA un’interpretazione del Corano che sancisce la pari dignit? tra uomo e donna.
Se lo ha fatto, si ? bevuto il cervello: il Corano ? chiarissimo su questo punto e, come ho gi? detto, tale interpretazione te la fa uno qualsiasi dei miei studenti, non c’? bisogno del re marocchino.
2. Il Marocco era uno Stato particolarmente restrittivo, in termini di diritto di famiglia. Molto di pi? dell’Egitto, per esempio, e di altri paesi dell’area.
Questa riforma, quindi, lo mette alla pari con altri stati arabi, non lo situa all’avanguardia.
Tutto qui.
Immagino che sia per questo, che i media la hanno ignorata, e per una volta mi pare che abbiano avuto persino ragione.
Personalmente, poi, non capisco come questo genere di cose possano influire nel doveroso rapporto di dialogo tra noi ed altri paesi.
Dialogo che, peraltro, c’era sempre stato, prima del nostro recente impazzimento.
Nessuno, tantomeno le donne arabe, ci ha mai chiesto di farci gli affari loro.
Al contrario: l’ingerenza occidentale nelle questioni che riguardano la vita privata delle donne arabe (dal come dovrebbero vestirsi al come dovrebbero gestire la loro sessualit? e via delirando), lungi dal provocare la loro gratitudine, sta sollevando un’ondata di islamizzazione di ritorno che ? appunto il tema del mio post.
In questo, le ragazze sono in prima linea e – SAPPIATELO, UNA BUONA VOLTA! – pi? sentono aggredite se stesse, la loro cultura e il loro mondo, e pi? si incazzano, ci mandano a quel paese e si coprono dalla testa ai piedi per marcare la loro differenza da noi.
E’ chiaro, adesso?
Situazione relativa a George, Giorgiantibus e via firmandosi: questo signore, che va vantandosi in giro per internet di avere stilato dossier sulla sottoscritta e via dando i numeri, adesso mi sta spammando la casella email perch? pretende che io pubblichi su questo blog un suo post – peraltro di difficile comprensione, anche per la sintassi avvilentemente involuta – gi? presente sul suo blog.
Tema del post sarebbe il suo punto di vista sul rapporto tra uomini neri e prostituzione.
Io continuo a non capire cosa c’entri quest’argomento con i miei post e con questo blog.
Continuo a non capire cosa voglia costui dalla sottoscritta.
Continuo a considerare le sue intemperanze come uno dei periodici fenomeni di bizzarria che si danno su internet.
E continuo a pensare di essere fin troppo buona, a lasciare perdere lui e le sue volgarissime interpretazioni dei miei post e dei fatti miei.
E continuo a bannarlo: non mi costa niente, ? giusto un click, e faccio un’opera buona. Il personaggio mi pare preoccupantemente ossessionato da questo blog, e credo che dimenticarselo per un po’ farebbe un gran bene al suo equilibrio.
Argomento chiuso.
Lia ha scritto: “L’ingerenza occidentale nelle questioni che riguardano la vita privata delle donne arabe (dal come dovrebbero vestirsi al come dovrebbero gestire la loro sessualit? e via delirando), lungi dal provocare la loro gratitudine, sta sollevando un’ondata di islamizzazione di ritorno che ? appunto il tema del mio post.”
Pienamente d’accordo, ? verissimo. Un ottimo libro sul tema ? MacLeod, A. (1991). Accommodating Protest: Working Women, the New Veiling and Change in Cairo. New York: Columbia University Press. Quanto allo “stranissimo” non ? per nulla mio, ma ? rimasto l?, residuo di un taglia e incolla di un colloquio a tre tra me, Mervat Nasser e una leader storica del femminismo italiano degli anni ’70. Il colloquio a tre era iniziato nel corso di un congresso e poi proseguito per e-mail. Lo “stranissimo” me lo scrisse la leader femminista (non rivelo il nome per privacy). Comunque, nel corso del colloquio la Nasser spieg? alla leader femminista la natura del fenomeno del velo, e la reazione della leader fu di disorientamento, naturalmente. Capirai che il velo come mezzo di costruzione dell’identit? della donna non pu? essere facilmente compreso da una donna occidentale, anche se ? di orientamento politico progressista e sicuramente anti-B (laddove la B oscilla tra Bush e Berlusconi). Comunque anche la Nasser, nel mio libro, ha un atteggiamento ambivalente: da una parte descrive il velo come atto volontario e identitario della donna egiziana, dall’altro finisce per paragonarlo all’anoressia, essendo entrambe forme femminili di fuga dalla realt? (questo lo dice la Nasser, non io, non mi permetto di giudicare una realt? a me sconosciuta).
Se mi dai l’indirizzo dell’Istituto mando domani stesso una copia del libro. Quanto a me, sto facendo ricerche sulle correlazioni tra individualismo moderbno, solidarismo tradizionale e sviluppo di sintomi anoressici in vari paesi del Sudamerica, nonch? in Grecia, Turchia, Spagna e Italia. Mi vien quasi da dire: se vuoi dare una occhiata ai questionari te li mando (sono brevi).
Tornando al tema iniziale, ? quindi appurato che sarebbe consigliabile non solo evitare guerre pi? o meno “civilizzatrici”, ma anche qualunque forma di ingerenza, di esportazione pacifica di valori e/o di disvalori sul ruolo della donna. Vorrei per? chiederti il tuo parere su due cose. La prima ?: in quali modalit? si realizza questa ingerenza occidentale in Egitto? E quali sono gli aspetti che fanno questa ingerenza cos? invasiva da scatenare una reazione di ritorno al velo? Il secondo parere riguarda lo status della donna egiziana immigrata in Italia. Questi fenomeni potrebbero verficarsi anche in Italia? Non potrebbero essere addirittura pi? probabili, dato che naturalmente qui l’ingerenza ? inevitabilmente ancora pi? intrusiva e invasiva? Come dobbiamo comportarci? Evitare anche qui qualunque ingerenza, pena il radicalizzarsi di certe credenze e di certi valori?
E’ un sollievo, trovare uno dei rari esseri umani in Italia a conoscenza di ci? che c’? dietro i fenomeni pi? fraintesi dai nostri media che esistano.
Non sono abituata e potrei quasi emozionarmi. :)
Se tu hai voglia di mandarmi i questionari, io ho voglia di vederli. Mi interessa il tema.
Se me li mandi (haramlik at gmail.com) ti spedisco le indicazioni relative all’IIC del Cairo. Davvero ci doni una copia del libro?
Credo che la biblioteca te ne sar? senz’altro grata e mi prenoto per essere la prima a prendere il libro in prestito.
Poi: tu mi fai domande complesse a cui io dovrei dare risposte semplici. Santo cielo.
Partiamo dalla seconda: secondo me la dovremmo smettere di patologizzare ci? che ? musulmano.
Generalizzare ? insensato, ma mi pare normale che una donna araba immigrata si veli, anche se magari nel suo paese non lo faceva. Normale, proprio.
Magari perch? si sente sperduta, visto che sar? partita perch? costretta dalle circostanze ma senza l’apertura n? la grinta del marito che ? da noi per lavorare, in prima persona.
Magari perch? ha paura di essere molestata quando esce, e di tutti i piccoli incidenti che, di solito, in una societ? musulmana non avvengono (specie se porti il velo) e da noi sono all’ordine del giorno.
Pure io avevo molta pi? paura a Milano che al Cairo.
Qui, pi? sei coperta e pi? ti rispettano. ‘Ste poverette faranno 2+2 e si copriranno pensando di ottenere lo stesso risultato in Italia, pensa te che sbaglio…
Magari – e non lo sottovaluterei – perch? ? povera: guardate che vestirsi costa, specie in Italia. Il velo ti libera dalla competizione sociale dell’abbigliamento e ti permette di sentirti in ordine senza spendere un soldo.
Non ? una sciocchezza, credetemi.
Sono affaracci suoi, ovviamente. A noi non dovrebbe nemmeno sfiorare l’idea di sindacarci sopra. E’ inaudito che accada.
Detto questo, tutti gli immigranti del mondo fanno sforzi di integrazione e in tutto il mondo civile la gente va rispettata.
Non ho ben chiaro a quali ingerenze ti riferisca, in Italia, e non ho nemmeno in mente un modello di “araba standard”. Un’egiziana non ? una marocchina e non ? una saudita. Ed ogni donna ? diversa da un’altra. L’islam ? plurale, quindi a me vengono in mente solo non-ingerenze di comunissimo buon senso.
Quello che non faremmo a una filippina, a una cinese, a una nigeriana e a una ind?, non facciamolo nemmeno a un’araba.
Se con lei facciamo differenze, ? perch? NOI abbiamo un problema, non lei.
Alla seconda domanda si pu? rispondere solo facendo un sunto della storia del mondo arabo negli ultimi decenni, non vedo scorciatoie possibili. Ce ne sono miliardi, di risposte.
Il velo politico non riguarda solo la condizione della donna; ? una manifestazione visibile di un processo di ricerca di una via d’uscita a una crisi che non ? solo femminile ma generale, figlia dei problemi interni e di quelli dell’area, ed ? nel contempo la ribellione a modelli di consumismo (anche sessuale) indotti e, per giunta, rivelatisi molto problematici – se non fallimentari – pure da noi, e quindi ancor meno appetibili.
Il discorso ? sterminato.
Io sono convinta – e l’ho scritto pi? volte – che l’unico approccio serio che posso avere di fronte a queste questioni, su un blog, ? quello di raccontare un po’ alla volta ci? che vedo.
Trovo – e posso comunicare – molte pi? “risposte” cos? che con mille discorsi teorici.
Ecco parte del commento del sindaco di Drezzo (Como), Cristian Tolettini all’ordinanza da lui emessa nel luglio u.s. (ordinanza che vieta di girare velate):
“[…] la presenza di usi e costumi di altri paesi non pu? e non deve comunque prescindere dall?esistenza di specifiche normative che vanno rispettate.
Nel caso in questione, l?ordinanza fa esplicito riferimento anche all?illegittimit? dell?utilizzo di veli che coprano il volto, e che rendono difficoltoso il riconoscimento della persona. Ci?, in relazione a taluni tipi di abiti, utilizzati in alcuni paesi islamici dalle donne (come il cosiddetto burqa, copertura totale del corpo, guanti compresi), che le rendono manifestamente irriconoscibili al mondo esterno.
? necessario evidenziare come il burqa, pi? che un simbolo religioso, rappresenti piuttosto una forma di integralismo oppressiva della figura femminile e di costrizione della libert? individuale; per di pi? il burqa non ? obbligatoriamente previsto dal Corano.
? altrettanto evidente che questo tipo di usanza viene attuata sul nostro territorio in palese violazione della legge; ci? non pu? essere ammesso, tenuto anche in dovuto conto che l?alternativa potrebbe comportare problematiche sociali e di sicurezza, difficilmente gestibili.
Ed allora, in una democrazia in cui la donna ha conquistato la propria emancipazione dopo anni di battaglie, raggiungendo parit? di diritti in campo sociale, economico e giuridico, un Sindaco deve fare il possibile per difendere il proprio territorio da tutto ci? che possa rappresentare un pericolo non solo per la sicurezza, ma anche per le tradizioni e la cultura locali […]
Nel caso le vicende locali non abbiano buona stampa in Egitto, ricordo che la fanciulla colpita da “ordinanza democratica” ? l’italiana Sabrina Varrone, 34 anni, convertita all’islam.
Scusate la lunghezza. Un saluto.
Ah, scordavo:
Taarji, Hinde / Le donne velate dell?islam.
Verona : Essedue, 1992.
Semplice e molto molto grazioso, peccato sia ormai quasi introvabile.
Ciao!
Ti ho mandato il materiale via e-mail. L’ingerenza dell’occidente in occidente ? palese: cartelloni pubblicitari, pubblicit? in cui i figli non prendono troppo sul serio i genitori, se qualche volta mi innervosisco io, ? plauusibile che tavolta si innervosiscano loro. In ogni caso, io credo che si possa convivere, sebbene si dovr? costruire una societ? in cui il diritto universale occidentale dovr? piegarsi a forme di differenziazioine secondo il principio etnico-tribale, le cosiddette affirmative actions. E’ da sottolineare che, per ora, questo accade nelle nazioni anglo-sassoni ma non in Francia. Nel primo caso le varie little nations, italiane orientali e mediorentali sono state accettate nel loro essere separate e si creano leggi ad hoc non solo per i singoli individui, ma per gruppi culturali. Nel secondo caso, in Francia, tutti i segni culturali son vietati, almeno a scuola. Strano come la maggior tolleranza interna possa coniugarsi a una politica estera aggressiva, e viceversa. Mi vien da dire che ? vero che siamo NOI ad avere un problema coi musulmani. Comunque proseguir? il discorso.
@ Contropolemico: ingerenza mica ? manifestare ci? che si ?; ? obbligare gli altri ad essere come noi.
D questo punto di vista, io temo mille volte di pi? certi benintenzionati operatori sociali, scolastici etc. che mille pubblicit? scollacciate o per altri versi discutibili.
Non credo che dovremmo fare chiss? quale sforzo per venire incontro a quest’immigrazione, quanto che dovremmo fare lo sforzo (gi?) di evitare di essere invadenti e intrusivi.
Sto facendo un lavoro sull’insegnamento agli arabi e mi sto documentando su ci? che succede nelle scuole italiane.
Alcune cose sono un po’ da brivido: dalle maestre che si mettono in testa di dover insegnare alle madri arabe a “partecipare” (e quelle magari non parlano la lingua o sono timide, e vorrebbero essere madri – ottime madri – a modo loro e con i loro ritmi) fino a casi da piangere, come la maestra che, disperata perch? una sua alunna continuava a confondere la I con la E, l?ha fatta visitare da un otorino e da una logopedista perch? pensava che non ci sentisse bene; ovviamente, la confusione tra le due vocali ? semplicemente tipica della lingua araba e come risultato la bambina, vistasi considerata handicappata, ha smesso di sforzarsi per imparare.
Ecco: io credo che il clima attuale spinga a un interventismo verso gli arabi (e non verso altri stranieri) che ci dovremmo veramente risparmiare.
Non ho ricevuto niente, ahim?. Mica avrai sbagliato l’indirizzo?
@ Equipaje. Grazie per l’indicazione.
Eh, ‘sto sindaco ? un buon esempio di quello che vorrei dire: io capisco anche che ci siano norme contro il velo integrale. Non sono d’accordo ma lo capisco, per una semplice questione di riconoscibilit?. Tutta la tirata sulle donne, sull’oppressione etc., tuttavia, ? la classica dimostrazione di innecessaria arroganza e pelino di ignoranza che fa venire voglia di correre a velarsi intere per pura reazione.
Ecco fatto, mandato, stavolta dovresti aver ricevuto tutto. Mandami l’indirizzo e il libro arriver? al pi? presto. Certo che vi regalo il libro. I tuoi esempi di ingerenza sono interessanti, ma anche i miei. Se io sono in una certa maniera esprimo dei messaggi, purtroppo, messaggi che cerco di attutire naturalmente, di non renderli troppo chiassosi, ma che comunque esprimono anche una visione del mondo e quindi una inevitabile e sia pure parziale propaganda. Un po’ come l’aprire un McDonald o un Wal-Mart a Citt? del Messico. In teoria il McDonald si limita ad essere se stesso, a vendere panini, ma in pratica da un po’ fastidio per il suo significato simbolico. Altre cose certamente di meno. Ad esempio in un paesino di mare della Croazia ho contato dieci pizzerie, del tutto estranee alla cultura locale, eppure di gran lungo meno infastidenti, per i paesani, di un eventuale McDonald, temo. O forse no, chi lo sa?
Cara Lia, sicuramente fraintendo o ti sei spiegata male, ma questa tua frase andrebbe calibrata meglio:”Quello che non faremmo a una filippina, a una cinese, a una nigeriana e a una ind?, non facciamolo nemmeno a un’araba”. Pare quasi suggerire che il borghese occidentale medio non ha problemi con la filippina, la cinese, la nigeriana e la ind?, mentre con l’araba si. O meglio, non ha tutti quei problemi che ha con l’araba. Ora, io accetto che il problema sia nostro, ma questo per? non si accorda del tutto col fatto che con la filippina ecc. tutto va un po’ meglio. La vita in fondo ? tutta fatta di problemi e soprattutto di relazioni problematiche da affrontare, sia per noi che per loro. Il problema ? quindi anche loro, e non c’? nulla di strano in questo.