Il Natale fa uno strano effetto.
Figuriamoci questo Natale in salsa araba che è l’Eid.
Io sono tristissima, per esempio.
Empatia e distanza: i bambini con i loro giocattoli nuovi, e tutte le baracchette dove li vendono spuntate come funghi ad ogni angolo. Come per la Befana a Napoli, quando ero piccola.
I miei desideri di allora, questi giocattoli “veri”, semplici e tanto fuori moda, così diversi dalle cose elettroniche e giapponesi che ci siamo svenati per regalare a nostra figlia, anni dopo.
Chissà perchè l’abbiamo fatto, Edu. Cosa ci è venuto in mente, di farla crescere fra tanta plastica.
E i botti e i petardi, e passare sotto i balconi ha i suoi rischi, come in una Napoli diluita in più giorni. E ti incavoli pure: ma dico, qui sotto c’è un negozio, la smettete di tirare giù ‘ste girandoline malefiche? E guardi su e, sul balcone, ci sono mamma e zie e bambini e tutti ad ammirare papà che li accende, e tutti che ridono e gridano, compresi quelli del negozio e i clienti, e solo tu li guardi male. “Forse sono cattiva, ormai. Inacidita. Ma cosa mi è successo, e quando?” Lo cerco nella memoria e non lo trovo, il momento in cui mi è arrivata addosso questa acidità normativa, questa rigidità. A Milano, credo.
Penso al mio amico Marino, civilissimo dirigente di sinistra che, metodicamente, storceva i tergicristalli delle macchine parcheggiate male: “Qui una sedia a rotelle non ci passerebbe, quindi meritano di rimanere senza tergicristallo.” Milano, che fatica.
E questa mania mia di trovarla struggente, la gente che è felice di correre a mangiare.
Mangiare, ma tanto. Un sacco.
Le costolette, lo spezzatino, i fagottini ripieni, le salse, le nocciole, l’uvetta, tutti quei dolci e tutto quel cucinare, e la gente che è tutta la stessa, sotto ogni cielo, ma la mia gente e questa di qui lo è un po’ di più per l’entusiasmo con cui, da sempre, corre a tavola.
Mio padre. Con lo stesso colore di pelle, con gli stessi occhi da adulto dietro cui brilla un bambino, davanti a una cosa buona. Guardo gli uomini che fanno la spesa e mi sembra di vedere mio padre mille volte.
Il mondo era così, quando ero piccola io.
La mia gente aveva questo colore, questi capelli un po’ ricci, quest’odore di pelle da bruni, da mediterranei. Questo ingrassare appena si è adulti, con la pancia che ti fa “più uomo”.
Chi mi prendeva in braccio, quando ero bambina, era così.
E gli odori erano questi, e il disordine e le lucette, solo che da noi era Natale.
A mia nonna lo portavano dalla campagna, l’agnello da cuocere.
Qui è tutto un fai da te, ma quest’anno non ho voglia di postare le foto di tutto ‘sto trasformare bestie in bistecche che c’è qua.
E’ troppo facile fare similitudini tra le pecore del Cairo e gli iracheni di Falluja, i palestinesi di Gaza. Se vedo il sangue penso a loro, non alle grigliate a cui loro stanno pensando.
Pure sulle loro bistecche, abbiamo avuto da ridire. Che non dovevano macellare in quel modo ma in quell’altro, altrimenti erano incivili, erano barbari, erano inferiori.
C’è voluto che arrivasse la Fallaci a spiegarlo, che gli ebrei macellano la carne nello stesso modo.
Tutti zitti, a quel punto: “Oddio, ma davvero lo fanno anche gli ebrei? Opss…”
Non ha fiatato più nessuno. Ha smesso di essere d’attualità, l’argomento.
Appartengo a un popolo di idioti, questo è il punto.
C’è di buono che questi si mettono a tavola e non ci pensano proprio, alle nostre idiozie, e passami lo spiedino e passami la salsina, e al resto ci penseremo.
Il resto.
E quando ci penserò io, al resto? Mi scorre il tempo e non me ne accorgo nemmeno.
Ci fu una sera, tantissimi anni fa, in cui mi guardai attorno e mi dissi che me la dovevo stampare in mente, la fotografia di tutto ciò che avevo in quel momento, perchè non sarebbe durato. Erano la figlia, il marito e la gatta Neuro, tutti e tre addormentati. Una famiglia completa, serena nel sonno. E mi sentii molto grata per la mia felicità di quella sera, e decisi di registrarmela nella memoria per tenerla sempre là, qualunque cosa succedesse.
Perchè poi succede che la vita scorre e quei momenti lì non sono più tutta la vita, come era un tempo – e come qui continua ad essere – ma solo una tappa tra le altre.
La più importante, certo. Ma una tappa, in fin dei conti. Finisce.
Poi noi siamo la società basata sull’individuo, certo, e chi è più individuo di me, che faccio tutto e solo quello che voglio, ché altrimenti mi ammalo e muoio?
Però in questi giorni mi pesa, questa casa senza più bambini e senza più gatti, senza cognate da detestare, vecchie zie con cui avere pazienza e genitori a cui resistere, amori da cui difendersi.
Il Natale è odioso, oppure è a Natale che questo santo individualismo mostra la corda e tu pensi che no, aspetta, stavo solo scherzando, era solo per fare la ragazzina ma, in fondo, mica avete pensato davvero che dicessi sul serio? No, dico, ma le radici, la casa, tutto quello che mi diceva la nonna, ma dove siete finiti tutti? Scherzavo, giuro. Tornate qua, che rifacciamo e faccio la brava e facciamo Natale io e cinque figli, mille cognate e suocere e zie e persino genitori seri a loro volta, mica i due matti divorziati che sono toccati in sorte a me, a te, e pure a te là in fondo e a quell’altro ancora.
Per fortuna succede solo a Natale. O all’Eid, dipende da dove sei.
Poi passa. Cognate?? Brrr.
Tra guerre e Natali mi sento in un mondo che finisce e, più che altro, faccio i conti con i lutti.
Quelli globali e quelli personali.
Mi è venuta a trovare Cinzia, oggi, sotto forma di una canzone.
“Voglio pensare che ancora mi ascolti
e che come allora sorridi.”
E ne avevo, di cose da dirle. Un bel “Guarda che ho combinato!”, innanzitutto, e metterci a sedere sul letto – lei con le sue calze colorate, io con le mie mille sigarette – bere vino e raccontarci tutto.
Ho immaginato il suo stupore nel vedermi così “politicizzata”, lei che mi rimproverava sempre di esserlo troppo poco.
Mi avrebbe fatto quelle sue domande indiscrete, dirette, da cui non c’era verso di scappare.
Mi avrebbe stretto il braccio per il piacere di avermi vicino, come faceva quando andavamo al cinema, a teatro. Avrebbe criticato, puntualizzato e rotto le balle ed io avrei ostentato pazienza facendogliela pesare, e lei mi avrebbe accusato di “giocare alla napoletana”.
Avremmo parlato di uomini e di sesso e di amore e avremmo immaginato scenari, fatto progetti.
Avrebbe sorriso, appunto. Molto. Alla fine lo faceva sempre, con me.
Ci saremmo infervorate, avremmo fatto discorsi profondissimi e poi avremmo riso di noi stesse e ci saremmo trasmesse affetto. Eravamo bravissime, a farlo con lo sguardo.
Ma poi mi avrebbe anche sgridato, perchè mi voleva bene.
E credo che sia ciò che mi manca più di tutto, in questo momento: una sorella – solo certe amiche sono sorelle vere – che mi sgridi.
Buon Natale :)
? sempre un piacere leggerti
…questa ? la vita!
ti voglio bene.
Un abbraccio stretto.
mh…come si far? da qui a guardarti affettuosamente…?
mi vedi?????
Bel corsivo. Anche noi amiamo passarci la salsina.
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Ciao Lia.
Ti ho letta ed ho avuto una strizzata di panico.
Non mi piaci quando sei cos?.
Il Natale,tutte le feste in generale,mi danno un senso di tristezza e di solitudine.
Mi puoi immergere nell’inglesissimo shopping senza strapparmi un sorriso.
Odio la normalit? e la ripetitivit? tanto che ora mi sto chiedendo se sul Circolo io abbia gi? scritto di questo.
Pazienza…l’et? mia sar? una buona scusa per scordarmelo.
Descriverti un italiano……quale?
Non perch? non ce ne siano,ma proprio perch? ce ne sono molti tipi ed io noto solo i tipi strani.
Quelli normali passano come il tempo..velocissimi.
Il pi? cretino?Sicuramente quello che compra i biscotti di Ralph Lauren per il suo cane.Biscotti aromatizzati ai fiori in vendita a Milano a 40? la confezione di 12 biscotti…dodici Lia.
E una notizia vera di quelle che leggi nei giornali di moda che devo comprare per lavoro.
E mi viene su una rabbia…impotente.
Questo non ? lusso sfrenato..? pazzia.
Mi difendo coi ricordi di sapori ed odori lontani che per fortuna incontro ancora e mi aiutano a non dimenticare.
So dov’? una vite di uva fragola..qui a Bologna..e ci credi che vado fino l? per annusarne il profumo che per me vuol dire infanzia.
Certo,mi conto gli anni e mi sento cretino vicino alla vite…no cretino no..vecchio forse,ma contento di avere ricordi belli.
La mia giornata ? una continua ricerca di nuovo di anormale,inusuale….ed ? cos? che mi difendo.
Ma non sono l’italiano tipico…ma tu lo sai che non esserlo ? un mio grande vanto.
Non perch? non amo l’Italia..ho cercato di dissuaderti blandamente dal lasciarla..lo sai come la penso.
Vorrei che fosse quella che io sogno,ma purtroppo olti altri hanno sogni differenti dai miei.
Credo che una vita sia diversa dalle altre quando le si da una svolta,la si torce e la si costringe a cambiare rotta.
Con decisioni grandi ed importanti che ti facciamo uscire dalla fila delle formichine.
Con decisioni tali che solo pochi altri hanno avuto la forza,il coraggio di prendere.
Capito Lia?
Sono stato a Napoli…a Capodanno dove la follia generale mi ha fatto trascorrere tre giorni indimenticabili appoggiato al muro di un appartamentino che pareva crollare sotto i botti.
E ci sono ritornato perch? mi piace quella citt?,come mi piace Bologna e stop…sorry per le altre.
Purtroppo l’italiano non ? il napoletano…e quando da piccino consideravo i napoletani degli stranieri era perch? nella tua citt? non c’ero ancora stato.
Prova nostalgia per Napoli.
Come quando la provavi a Milano..terra straniera pure quella.
Qui in Italia stanno benino quelli come me,che cercano le cose antiche,che tentano di concretizzare i ricordi,che vedono crescere sani ed onesti i figli e non sanno di chi ? il merito.
Io non amo viaggiare cerco di immaginare,ma non basta.
Mi ricordo l’odore aspro di Africa del borsone di mio figlio ma non ? come quello di uva fragola…mi mancano le immagini..dell’Africa non posso avere nostalgia.
Mi difendo cos?.
E’ un monologo..serve pi? a me che a te.
Su Haramlik non si pu? scrivere come sul Circolo,almeno io non ci riesco,ma mi manca lo scrivere e lo compenso col leggerti,ma non ? la stessa cosa.
Servi Lia…tu servi..sappilo.
Poi…il Natale arriver? anche qui e tutti spenderanno come sempre per dimenticare la loro povert? di denari e soprattutto di spirito. Poi si conteranno i feriti dai botti,si manger? panettone,le calze della Befana,il bollettino delle nevi…un replay che conosco da sempre.
Io credo sia meglio un Natale dove sei tu.
Dove la slitta la puoi attaccare ad un cammello…cos?..tanto per non fare una banalit?.
Un abbraccio e scusami la lunghezza…scusatemi.
old
Un blog ? pi? monologante del Circolo, Old; lo so. Per? pure a me manca leggerti, e mi fa piacere poterlo fare qui, quando sei in vena. :)
solo certe amiche sono sorelle vere. Assolutamente, s?. (abbraccio)