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Io sono uscita con le seguenti intenzioni: 1. andare all’Istituto di Cultura che è a Zamalek; 2. andare al Khan al Khalili a prendere i cuoricini da spedire a mia figlia, che ha deciso che li vuole vendere a Madrid e mi ha chiesto di comprarne un po’ e mandarglieli.
Mi aveva chiamato ieri sera per mettermi fretta e mi ero decisa ad andarci oggi proprio perché io odio che mi mettano fretta e volevo prevenire il suo ennesimo: “Mi hai preso i cuoricini?”

Sono andata al bancomat a rifornirmi dei quattrini da dedicare alla cosa, poi sono andata a Zamalek e ho perso tempo in biblioteca.
Allora mi sono detta: “Mangio qualcosa qui, ché sono già le 3 e sto morendo di fame. Poi vado al Khan.” Mi ha raggiunto il collega per prendere un caffè e poi (cos’erano, forse le 5?) gli ho detto che andavo al Khan al Khalili, appunto, e ho chiesto il conto.
Poi però mi sono attardata in altre cose, ché il collega mi ha mostrato un ristorante argentino e io poi ho pensato di fare un salto da Diwan, che è la migliore libreria del Cairo ed è proprio lì accanto, e ho perso un mucchio di tempo a guardare i dvd e i poster e poi ho preso un tè là, nel baretto della libreria che è caruccio e invogliante, e ho iniziato a leggere il libro che avevo preso in biblioteca e, insomma, mi sono detta: “Vabbè, ormai al Khan al Khalili ci vado domani.”

E poi sono tornata a casa e, mentre mi toglievo le scarpe, ha suonato il telefono ed era la collega che diceva: “Hai sentito? E’ scoppiata una bomba al Khalili, ci sono morti e feriti.”
E abbiamo acceso la tele e c’era una diretta di Al Jazeera e Pepe traduceva e la bomba è scoppiata verso le 6, pare, giusto quando dovevo arrivare io. Se non avessi perso tempo a guardare ristoranti e libri, dico.
Ed è scoppiata sulla stradona principale del Khan, che è dove vendono i cuoricini. Ché non li vendono nei negozietti delle viuzze interne, li vendono le bancarelle della via principale. Quella grande, da dove parte il Khan e che continua poi con le bancarelle di vestiti e di collanine economiche, ché ‘sti cuoricini sono assai carucci ma di plastica, non li tengono nei negozi di souvenir o di artigianato.
Sto contemplando le bancarelle divelte in una foto, ed erano le bancarelle che servivano a me. Là, sarei stata. Il posto giusto nel momento giusto. Se non fossi una che perde tempo a interrogarsi su ristoranti e libri, cosa che irrita un sacco chi mi conosce: io e i miei ritmi da bradipa.

Non so nemmeno se considerarmi fortunata: magari ero lì e non morivo e, in questo caso, sarebbe stato interessante esserci. Mah.
In realtà – se proprio mi ascolto sinceramente, ecco – la avverto più come un’occasione perduta per la mia curiosità che come una fonte di sollievo, questa piccola concatenazione di eventi casuali che mi hanno fatto stare a Zamalek mentre qualcuno gettava una bomba tra la folla, anziché là.
D’altra parte è un periodo in cui mi sento più spettatrice della mia vita che protagonista e quindi la curiosità sovrasta, e di parecchio, lo spirito di conservazione.
Sono cose che non dipendono da una, comunque. Se il mio angelo custode mi ha tenuto a Zamalek, avrà avuto i suoi motivi. Io c’entro poco.

Seguire Al Jazeera con Pepe che traduceva è stato molto, ma molto istruttivo: hanno detto, senza mezzi termini, che è probabile che la bomba sia una risposta del governo alle manifestazioni pro-riforme che ci sono state qua. Strategia della tensione, insomma, e del resto il Khan al Khalili è una delle zone più controllate del Cairo, pare che sia più facile farci scoppiare una bomba “dall’interno” che eludendo i controlli.
Non lo dico io. Ripeto: non lo dico io.
Lo ha detto Al Jazeera alle 9 di sera, più volte, intervistando in studio un signore egiziano che diceva la stessa cosa: risposta del governo alle manifestazioni, freno alle riforme.
Oppure, hanno poi aggiunto, gruppi ultraconservatori a loro volta nemici delle riforme.
Questo, hanno detto, mettendo molto in dubbio l’ipotesi Al Qaeda che, dicevano, in Egitto è debole e il Khan, appunto, è chiuso in un cordone di controlli perenni.

Mi ha lasciato stupefatta, Al Jazeera: non me l’immagino, la Rai, mentre ipotizza responsabilità del governo ai tempi di piazza Fontana.
Adesso capisco come mai faccia incazzare tutti, dai governi all’islamismo radicale: ne ha per tutti, e peli sulla lingua zero.
Per la miseria.

(Adesso sto sentendo la Rai: hanno parlato di un suicida, ma qui parlano di una bomba lanciata da un motociclista. La differenza è importante, credo, per capire la paternità della cosa. E poi dicono che l’obiettivo sono i turisti. Ma va’. Qua i turisti possono essere al massimo delle pedine di un gioco che è tutto altrove. Se c’entrano, c’entrano perché sono preziosi e toccarli scatena o giustifica la repressione, non perché qualcuno ce l’abbia con loro.)

P.S. Pupina: come vedi, quando tua madre perde tempo sa quello che fa e non bisogna metterle fretta. Pensa come ci saresti rimasta, a riconoscermi in versione spezzatino davanti a un banchetto del Khan. Mi sa che lo avresti capito al volo, cosa ci facevo là. :)
La vita è curiosa, il destino pure e i ritmi seguono la loro strada. Pure quelli bradipeschi, pure i miei.
Comunque appena riaprono la strada (magari pure domani) te li prendo, giuro.