Io al mio ispanico coinquilino Pepe gli voglio bene, davvero.
Ci ho convissuto con grande piacere e mi dispiacerà molto quando, a fine mese, si trasferirà in Turchia.
E poi avere dei difetti è un diritto umano, figuriamoci se non lo so. L’importante è che le virtù siano quelle giuste, il resto sono sciocchezze.
Davvero, eh. Lo dico con tutto il cuore.

E tuttavia non posso evitare di interrogarmi sul’origine, sul significato antropologico, sui risvolti socioculturali e, in sintesi, sul perché della sua passione per i cibi scaduti.
Ed è che è insolito, credo, coltivare una simile passione.
Ché poi non si limita ad essere una passione: Pepe ha il pollice verde per le muffe e gli puoi affidare qualsiasi commestibile, fiduciosa di vederlo andare a male un attimo dopo.
La visione del mio frigorifero stracolmo di cibo marcio diligentemente conservato nei sacchetti di plastica del supermercato dai quali non viene mai estratto, per nessun motivo, è degna, a scelta, di Flickr o dei NAS, e comunque testimonia un talento, ché non è da tutti fare ammuffire un chilo di zucchine in un giorno.
Ma non è questo, il punto.

Il punto è che lui se lo mangia, quello che c’è nel mio ex frigo.
Io butto lo yogurt scaduto da una settimana e lui esclama orripilato: “Ma che fai?? E’ ancora buono!” E, per dimostrarmelo, lo estrae dalla spazzatura, lo apre e se lo mangia.
“Ma provalo, è buono!”
E l’ho provato, a maggio. Ché coi numeri arabi ti incasini pure, e ci vuole poco a confondersi di mese e a ingollarsi uno yogurt scaduto ad aprile pensando: “Ma che marca è? Strano, ‘sto yogurt.”
Ci ripenso e mi vengono le vertigini.

“Pepe: la muffa è cancerogena. Non basta recuperare la zona superstite di un pomodoro, per rimanere sani. Lo devi buttare, credimi.”
“Ma va’, che sciocchezza! E’ un pomodoro buonissimo, vedrai che sugo viene fuori!”
“Lo sai che sono a dieta, Pepe.”

E, a dieta, lo sono davvero.
Non paga dei 5 chili già persi causa trambusti amorosi, mi ritrovo ad attuare una sorta di silenzioso sciopero bianco contro il frigorifero, ché se non lo apro sto digiuna ma, se lo apro, mi passa la fame e rimango digiuna lo stesso.
Ripiego sulle banane e sulle lattine di tonno. Facendo attenzione a non buttarci nemmeno uno sguardo, sul frigo in questione, ché una sarebbe anche parecchio schizzinosa di suo e, davvero, ‘sta cosa mi fa stare male.
Non lo voglio sapere, cos’è quella roba marrone che ci giace dentro da quando sono tornata. Non ci voglio nemmeno pensare.
Chissà se ho ancora banane per la cena.

Ho deciso che la colpa della mia dieta a base di banane è del dopoguerra spagnolo.
E’ durato un mucchio, un dopoguerra tenacissimo. Fino agli anni ’80, è durato. Ché io me le ricordo, le case che si scaldavano col forno della cucina e le tavole coperte da un panno pesante che ti scaldava le gambe mentre mangiavi. Sono più duri di me, gli spagnoli della mia età o giù di lì. E le loro mamme, non ne parliamo. Buttare un pomodoro ammuffito? Ma figuriamoci.
Deve essere questo, voglio credere che sia questo.

Sbuccio una banana, e penso che è tutta colpa – o merito – di Francisco Franco, se io dimagrisco.
Una affronta i problemi come può.