Avendo seguito con filiale apprensione le ultime e quanto mai mirabolanti vicende di questo blog, Pupina deve averne dedotto che c’è una sorta di Spectre filo-israeliana che si aggira per Milano determinata a far del male alla sua Mommi.
Animata da una determinazione del genere “Io ti salverò”, si è dunque messa in testa di farmi chiedere l’unico trasferimento che io possa chiedere al momento, ovvero quello per “ricongiungimento familiare”, e spedirmi quindi a Napoli dove, non so perché, è convinta che i filo-israeliani non ci siano o siano, comunque, meno allarmanti.
A nulla valgono le mie rassicurazioni: “Ma tesoro, no che non vogliono uccidermi, che sciocchezza! In fondo son ragazzi, è normale che a tratti si accalorino! Ma ti assicuro! Ma poi, dai, non mi sono neanche parsi dei fulmini di guerra, diciamocelo: lascerebbero impronte digitali ovunque, cicche a terra nel luogo dell’agguato, l’assassino verrebbe subito trovato. Sta’ tranquilla.”
Niente da fare.
Pupina è testarda e, ormai, torna all’attacco ad ogni telefonata: “Allora? Ti sei informata per Napoli?”
Mi sono informata sì.
E’ più o meno un suicidio, trasferirsi nella mia ridente città.
Non è proprio il caso e sto cercando di farglielo capire.
“Eggià: così va a finire che mi spediscono in qualche scuola in capo al mondo, irraggiungibile se non dopo un viaggio di ore e con gli alunni che al primo 3 ti accoltellano. Non ci penso nemmeno!”
E lei: “Ma dai, è proprio il genere di cose che ti divertono e in cui stai benone! Ti ci vedo benissimo. Scriveresti un sacco di bei post su come sei sfuggita all’ultimo accoltellamento, noi ti leggeremmo felici e andrebbe tutto bene.”
Ha detto proprio così.
E una, francamente, non può fare a meno di chiedersi che cavolo di immagine abbia sua figlia di lei.
Indiana Jones ad Acerra?
Ci ripenso e mi gratto la fronte.
Una è perplessa, una.
(Una si chiede anche che cavolo di immagine abbiano ormai i filoisraeliani nell’immaginario di sua figlia, a dire il vero, ché trovo assai insolito volere sottrarre la propria madre ai pericoli di Milano-centro spedendola a mettere 3 ai capoclan dei comuni vesuviani. Non mi dire che non è strano.)
Ti vuole vicina – razionalmente forse non ha senso, a meno che lei abbia una formazione di “gorilla” – però è commovente…
Un abbraccio
Claude
Ma va’!
Lei se ne sta pacifica a Madrid, mentre mi immagina toreando accoltellatori.
Lei e il suo fidanzato Israel, peraltro nuovo webmaster di questo blog. :D
Che tenera! Come faranno adesso i tuoi poveri ammiratori filoisraeliani (o filosionisti? ormai sembra di camminare sulle uova quando si deve usare un aggettivo così) dopo aver letto il nome del nuovo webmaster? Gli cascherà la mascella, mi sa, di fronte alla splendida varietà della tua famiglia e di questo mondo… sarà difficile che la capiscano anche solo un po’.
Per Pupina: tranquilla, abbaiano ma non mordono.
E’più sicuro di andare a metter dei tre a Casoria, fidati.
Pupina, tranquilla, mamma tua è protetta a vista. E soprattutto non c’è da preoccuparsi (ovvero, c’è da preoccuparsi sì, ma per il PM10 quattro volte fuori dai limiti di legge). A seminar zizzania è stato un unico imbecille il quale – in quanto imbecille – è totalmente inoffensivo: da fonte molto credibile ho saputo che nella sua comunità tutti lo conoscono per ciò che è (imbecille). Besos.
Lia sono d’accordo con Pupina quando dice: ” scriveresti un sacco di bei post su come sei sfuggita all’ultimo accoltellamento , noi ti leggeremmo felici e andrebbe tutto bene”.
E poi non potrai negare che è molto più dignitoso sfuggire alle minacce conseguenti ad un tre dato nell’assoluta consapevolezza di averlo dato, piuttosto che sfuggire alle minacce di chi, travisando, per utilizzare un eufemismo, le tue parole, di dà dell’antisemita
con tutto l’odio per milano che nutro, ma per curiosità : da quant’è che pupina non mette piede a napoli, per curiosità ? e soprattutto: ha mai messo piede in una scuola di napoli?
Sarà il caso di insegnare alla pupina che i pregiudizi non solo solo quelli stupidi ed odiosi
contro gli arabi e gli islamici, ma anche quelli,
altrettanto stupidi ed odiosi, contro Napoli ed
i napoletani, no?
Ah, già , credo che sia difficile che ciò accada, visto che scrivi
“Eggià : così va a finire che mi spediscono in qualche scuola in capo al mondo, irraggiungibile se non dopo un viaggio di ore e con gli alunni che al primo 3 ti accoltellano. Non ci penso nemmeno!”
Bah.
tenet nunc partenope: non mi sembra che lia abbia accusato tutti i napoletani di essere degli accoltellatori: ma mi sembra che ammettere gli attuali (enormi) limiti di napoli sia innanzitutto un atto di rispetto, se non di amore, verso quella città : e lo dico io che muovo critiche analoghe alla mia città , bari.
Tenet: sarà dura che io possa insegnare a mia figlia pregiudizi contro Napoli e i napoletani, visto che io sono napoletana, la mia famiglia è napoletana, i miei amici di sempre sono napoletani etc.
Parlare di pregiudizi, quindi, è fuori luogo: semmai si potrebbe parlare di post-giudizi: avendo avuto una madre prof a cui è capitato di insegnare in tutta la provincia, Vele di Secondigliano comprese, e che ci ha perso la salute, ho chiarissimo il tipo di sorte che mi potrebbe toccare, e liquidarla alla voce “pregiudizi” è veramente troppo comodo.
Poi il mio problema è essenzialmente pratico: è ovvio che sarei ben lieta di andare a insegnare all’Umberto o simili.
Solo che, per motivi di vario genere, temo che mi toccherebbe l’hinterland: ed è vero o non è vero, che raggiungere l’hinterland con i mezzi è una specie di incubo?
E’ vero o non è vero che lì ti trovi ad operare in una realtà dove le tue possibilità di intervenire sono minime e quelle di impazzire sono massime?
Non prendiamoci in giro, dai.
Delio: comunque ci sono – ovviamente – anche ottime scuole, a Napoli.
Che, appunto, dubito che mi toccherebbero.
Napolì
e signore vono sta chiù tranquì
Napolì
nisciuno chiù ce scippa Âo burzellìÂ
(99 posse)
Anche io sono napoletano, nato e cresciuto
ai bordi del Rione Luzzati.
Ora, l’approccio alla questione da te mostrato
nell’articolo (e non voglio con questo dire che
sia il tuo pensiero in assoluto) è riduttivo,
banale ed anche offensivo.
Il problema di Napoli è non già il
sottoproletariato burlicante nei
Quartieri o nella Sanità o a
Scampia.
Quel sottoproletariato e tutta la
sua violenza sono solo un sintomo.
Il pesce puzza dalla testa, come
si dice dalle nostre parti: il
cancro di Napoli è la sua borghesia
corrotta, connivente e con innumerevoli
cointeressenze con il sistema criminale;
io sono scappato innanzitutto da questo
sistema di potere insano.
E con questo, non posso che augurare la
buonanotte a tutti, citando un verso del
poeta: per quanto voi vi sentiate assolti,
siete già tutti coinvolti.
(mi si scusi l’autoleccata, ma luttazzi dice oggi cose abbastanza limitrofe a quelle che mi sono girate per la capa stamane: http://www.repubblica.it/2006/a/sezioni/spettacoli_e_cultura/luttblog/luttblog/luttblog.html)
Tenet, anche io sono di Napoli, e pur amandola molto, riconosco che il sistema scolastico, a parte le dovute eccezioni, affronta grandi difficoltà , gli insegnanti sono in prima linea, girano i coltelli come se fossero merendine. La scuola non è che lo specchio della società in cui viviamo, in cui la borghesia avrà le sue responsabilità , ma è inutile chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie. Il post di Lia non è assolutamente offensivo: la cronaca parla, e parla chiaro.
Proprio un insegnante come Rossi Doria, che la prima linea se l’è fatta, e questi problemi li conosce bene, potrebbe imprimere una svolta nella giusta direzione.
Ma quella è una poltrona che fa gola a troppi.
tenet: siamo d’accordo che il problema sia la borghesia (anche la borghesia, però, perché sarebbe troppo semplice e lombrosiano dire che se uno cresce a secondigliano non ha altro destino di fronte a sé che diventare camorrista); però è anche vero che le possibilità di intervento sulla borghesia di un/una insegnante in un rione degradato siano davvero minime: le cause sono altrove, ma gli effetti (degrado, violenza, sporcizia, mancanza di rispetto per la vita umana, legge del più forte) ce li si becca in periferia, innanzitutto. e lo ripeto: lo stesso discorso si potrebbe applicare a bari, palermo, catania… senza che questo qualifichi come razzista. mettere una città , una popolazione di fronte alle proprie responsabilità collettive mi sembra il modo migliore di vederla crescere.
(per inciso: mi sembra che le riflessioni di http://totentanz.blogspot.com sulla napoletanità mi sembrano molto interessanti).
anche le cose più semplici e dirette sembrano assumere proporzioni irreali su questo e altri blog.
da relativamente poco tempo uso i blog (altrui) per tentare di proporre una mia visione della realtà molto confinata e particolare (la bici), quindi mi scappa il mouse su questo o quel luogo virtuale.
devo dire che comincio a ricavarne una specie di spossatezza. lieve, ma la sento.
più che costruzione di un percorso si crea una bolla (sferica quindi) in cui ci si autoconfina tra giudizi e pregiudizi.
tempo fa lia mi chiedeva perchè non aprissi un blog, e io le risposi: ciò che dovevo dire l’ho detto, il messaggio resta lì per chi lo vuole, non ho intenzione di discutere all’infinito, semmai per le sistemazioni di dettaglio e correnti uso i blog altrui, come ciclistica.it e omb.
non è paura del confronto: semmai noia del confronto inutile. c’è già tanta fuffa sui media tradizionali, perchè esportarla anche su quelli nuovi?
me pare’n virusss…
In realtà non mi dispiace prendermi una vacanza dall’accusa di antisemitismo per rispondere a quella di antinapoletanità : è un’esperienza diversa, una volta tanto.
Comunque, Tenet: se io avessi scritto un articolo su Napoli il mio approccio sarebbe risultato, in effetti, “riduttivo, banale ed anche offensivo”.
Il problema è che mi sono invece limitata a raccontare una telefonata con mia figlia, così come si è svolta. E, abbi pazienza, non mi è manco venuto in mente di tenerle una conferenza sulle cause del degrado, sulle colpe della classe dirigente e così via. Sono andata direttamente al punto (cosa che presenta molti vantaggi quando sei al telefono con la Spagna e, più in generale, quando tua figlia ti sta parlando di cose pratiche) e le ho comunicato che per raggiungere una scuola, chessò, di Giugliano, dovrei alzarmi tutte le mattine alle cinque per presentarmi in un posto di lavoro in cui la mia incolumità fisica e psichica (tieni presente che sono anche una prof severa) non sarebbe scontata: andrebbe negoziata giorno per giorno.
Non è quel che si dice un miglioramento della qualità della vita, ecco.
Questo è, ahimè, un semplice dato di fatto.
E siccome questo è un post personale, non un saggio breve sulla Campania, io mi limito a constatare che tornare nella mia città è un suicidio. Nonostante il clima, nonostante il cibo, nonostante gli amici e la mamma.
Credi che non mi dispiaccia?
Non credi che sarei felice, felicissima di appartenere a una città normale e di poterci tornare, invece di starmene in questo frigorifero grigio che è Milano?
Che poi la prima responsabile di questo sfascio sia la classe dirigente napoletana non me lo devi dire tu: l’ho scritto io stessa, su questo blog, più volte. Riconoscevo al Cairo le stesse, identiche dinamiche, tra clientelismi, corruzione, abisso tra le classi sociali e via dicendo.
Con la differenza che al Cairo ti senti tranquilla e a Napoli no.
Che al Cairo ci sono delle regole di civiltà condivise (che gli studenti debbano studiare, per esempio) e a Napoli no.
Che una donna sola può girare a piedi tutta la notte, al Cairo, e a Napoli no.
Che al Cairo c’è una metropolitana efficientissima e miliardi di taxi economici per spostarsi, e a Napoli no.
Che posso permettermi economicante di sopravvivere alla corruzione diffusa del Cairo ma non a quella di Napoli.
Io, quindi (e sottolineo IO, con le mie circostanze, il mio mestiere, i miei bisogni) non posso vivere a Napoli. E questo è quanto ho detto.
Nemmeno per motivi “politici”, nemmeno per darmi “una missione” da insegnante.
La mia famiglia ha già dato, in termini di pedaggio alla città . Pesantemente.
Avere visto mia madre mi basta e mi avanza.
Appartengo a una razza che ci sta male, tra le porcherie, le omertà , le illegalità sul lavoro, la mancanza di diritti, il sopruso istituzionalizzato. Ci si perde la salute, sempre che si abbia un minimo di coscienza.
La tua uscita ad effetto mi fa ridere: io sono coinvolta, coinvoltissima. E, proprio per questo, non posso passare la mia vita a odiare. Gli amici snob che vivono i privilegi della propria nascita senza assumersi le relative responsabilità . La simpatia interessata, le pubbliche relazioni come strumento imprescindible di sopravvivenza. Il dovere pagare per avere a un standard accettabile ciò che altrove sarebbe un diritto.
E’ la mia città , ed io posso arrivare a dei livelli di furia, nel viverla, che mi sono totalmente sconosciuti in Africa.
Io posso capire la sporcizia, l’inefficienza, l’inedia, la corruzione dell’Africa. La capisco, la vivo, in qualche modo riesco a distaccarmene quel tanto che basta per prenderla senza trastorni emotivi.
A Napoli non posso.
Perché non ha nessuna delle scusanti dell’Africa, Napoli, e perché, certo, sono stati “i miei” a ridurla così.
A Napoli non sarei utile a nessuno: soccomberei.
Mio nonno lasciò la sua clinica e la sua cattedra di medicina all’università per scapparsene in Canada dove dovette rilaurearsi, per esercitare. Ma ha sempre detto che sarebbe morto di schifo e rabbia, se non lo avesse fatto.
Mia madre, docente dello Stato, ha dovuto aspettare dieci anni per avere la liquidazione: il tempo che suo figlio diventasse avvocato, ché altrimenti la starebbe ancora aspettando, persa com’era in qualche cassetto di qualche ufficio.
Mia figlia a 13 anni si ruppe una gamba, a Maratea, e venne ricoverata: aveva la gamba in trazione e non poteva alzarsi dal letto. Ho beccato l’infermiera che era andata da lei con la stessa padella usata per gli altri degenti, sporca! Passava la padella da un culo all’altro senza lavarla, l’infermiera del grande ospedale.
Una padella lurida di quello che puoi immaginare, tanto il paziente è steso, immobile e non vede.
Ti ricoverano una figlia, là , e tu devi stare di vedetta ai piedi del letto affinché non te la accoppino, non le facciano prendare l’epatite o il tifo.
Ma perché?
Non è tanto occidentale, l’Italia? Non se la tira tanto, non dovrebbe insegnare la democrazia e la civiltà al resto del mondo?
Ma per favore.
Trasferitemi in Uganda, in Etiopia, in Guatemala o nel civilissimo mondo arabo. Mille volte.
Io, a Napoli, non ci posso andare.
Io ti capisco perfettamente, Lia.
Da quando sono tornata dal Cairo, mi capita spesso di pensare che mi piacerebbe tornare, per viverci. Ed è il motivo per cui ho iniziato a leggere il tuo blog, perchè ci trovavo frammenti di Egitto, merce preziosa per me.
Ma chi non ci ha vissuto, non può sapere cosa significhi Il Cairo per una donna.
Un giorno, avevo aspettato che terminassero le preghiere, per non disturbare, ed ero entrata in moschea. In previsione, mi ero vestita decentemente, abito fino ai piedi e testa coperta. Una ragazzina, avrà avuto dodici anni, mi si è avvicinata e mi ha detto, con un gran sorriso:”I love you!” Naturalmente la madre mi ha lanciato un’occhiataccia, e l’ha tirata via, prima di darmi il tempo di aggiungere una risposta al mio sorriso. Ho ripensato spesso a quel momento, a quel modo di essere ragazzi, al rispetto per la scuola, a quei sorrisi aperti. Al loro non essere disicantati. Alle loro speranze nel futuro, anche in quelli che hanno la sfortuna di abitare nella città dei morti.
Come può essere gratificante insegnare a questi ragazzi e come Milano e Napoli siano altri pianeti.
Spero di riuscire a tornarci, un giorno, e di trovarla così come l’ho lasciata.
Conoscevo il discorso di Luttazzi, Rotafix. Se n’è parlato in rete nei giorni scorsi.
Ha la sua parte di ragione, anche se dipende anche dai momenti di un blog.
Credo che, in Egitto, il mio avesse più senso.
Il problema è che a me piace scrivere, per esempio.
Dipende molto dagli argomenti.
Tu dici che in Egitto in tuo blog aveva più senso.
In realtà lo comprendo solo pensando che la tua vita in quel paese ha avuto un senso tale che sei stata in grado di trasmettere, attraverso ciò che scrivevi, al tuo blog. E’ questo il senso di cui parli?
C’è gente che arriva e scrive sulle prime due cose che legge, così, tanto per rompere i coglioni. O perchè si sente ferita nell’onore.
Senza sapere, senza consultare, senza concedere almeno il beneficio del dubbio.
Mi spiace che tu abbia dovuto perdere tempo per spiegare a costui che tu se “detesti” Napoli ne hai tutto il diritto.
Mi dispiace perchè hai anche detto cose che non so se avevi già scritto ma che penso che ti pesi solo ricordare.
Te l’ho gia detto una volta, sei molto civile e disponibile, certamente più di me.
Quello che mi duole è anche constatare che c’è chi considera un blog terra di nessuno, e non casa d’altri, dove sarebbe quantomeno educato mantenere un certo contegno.
Grazie Lia
Paolo 27 e Rotafixa, sembra di capire che il comune intento di qualche post fa sia ancora attuale, e che disarticolerete chiunque non passerà in punta di parola…
Non ce n’è bisogno: Lia sa far capire ad un ospite quando non è gradito, senza metterlo alla porta. Come una vera padrona di casa :-)
In ogni caso, se ti trasferisci davvero a Napoli fatti sentire :)
Pollymagoo, gli snocciolatori di umane giunture sono sempre sul chi vive… ma la saggezza di Lia è indiscutibile.
;-)
in questo caso no.
mi sto interrogando da un po’ di tempo sul senso del mio rapporto con i weblog.
non so perchè ma a volte mi sembra di respirare male.
Rotafixa, allora direi che le alternative possibili sono: leggere solo i post di Lia, e saltare a piè pari tutto quello che segue, (buttando solo una sbirciatina senza impegno al riquadro riassuntivo degli ultimi commenti, che ti segnala solo chi è intervenuto, senza ben specificare cosa ha detto) o leggerteli tutti, belli e brutti, e poi sfogarti la nervatura con una lunga corsa in bici.
Che la salute una è!
Non so perché, Lia, ma mi sembra che ci sia un po’ troppo “excusatio non petita” in questo tuo ripetere che a Napoli no, no e poi no.
Un po’ come “in Italia mai più”. Ti ritroveremo lì? Un comitato di napoletani nel mondo egoisticamente auspicherebbe. Intanto ti consiglio di leggere il blog di Marco Rossi Doria. Suppongo che tu sappia già .
uno invece si chiede che immagine tu abbia della tua ridente città , che è anche la ridente città di uno.
Così, per dire.
ps: puoi anche eccedere nelle critiche, non ti sgozzo giuro, faccio parte di un clan ininfluente nelle cronache mediatiche…quello degli onesti.