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Due parole sul metodo, Sherif, così poi ce lo leviamo di torno e passiamo alle cose serie.

E’ difficile che io mi irriti di fronte a un manifesto maschilismo del mio interlocutore.
In realtà, considero il maschilismo come un’intrigante caratteristica dell’altra metà del cielo che richiede una certa grazia nell’essere adoperata. Se lo possono permettere pochi uomini, e forse nessun ragazzo.
La sensazione, altrimenti, è quella di un inutile sfoggio di inopportuno paternalismo che mi ispira più perplessità che irritazione.
(O, se il paternalista di turno è molto giovane, reminiscenze fumettistiche come quelle che mi hanno spinto a divertirmi nel dedicarti l’immagine che illustra questo post).

Non so come possa essere successo che, tutto d’un tratto, tu senta di potermi descrivere come una femminea e ingenua sentimentalona che dipinge la comunità beduina come “pura e immacolata, in una specie di Eden terreno bagnato dal mar rosso e illuminato dal sole d’Egitto” mentre tu sì che ne capisci le dinamiche e me le spieghi pure, ché si vede che avere frequentato il Sinai per dodici o tredici anni nulla può, quando si manca del viril pragmatismo che, solo, protegge dalle “idealizzazioni massimaliste” e garantisce lucidità di analisi e, perché no, certezze filogovernative.

Tu sei tutto fuorché scemo, quindi mi lascia assai perplessa la tua voluta confusione tra lo stile più o meno appassionato con cui posso dire una cosa e la sostanza di ciò che dico.
Ho parlato – e parlo da anni – di beduini che potrebbero avere fatto saltare Sharm o Ras Shitan, di beduini che si fanno le pere nel deserto condividendo in dieci la stessa siringa, di beduini il cui senso degli affari è storicamente superiore a qualsiasi passione politica o tensione ideale, di beduini che, tra Israele e Egitto, hanno sempre scelto Israele e via dicendo.

Se poi consideriamo che io li frequento da oltre un decennio, i posti di cui parliamo, mentre dubito che tu ci abbia passato più di dieci giorni in tutto nel corso della tua intera esistenza, non ti offenderà che io ti inviti ad abbandonare immediatamente le suggestive immagini di Eden e soli di Egitto in cui pretendi di incastrare il mio discorso ed a riprendere toni di rispetto e serietà più adatti alle circostanze.
E, su questo, tanto ti dovevo.

Tornando al merito del discorso, invece.

Tra i punti 1) e 2) di ciò che hai dichiarato in radio e ribadito sul tuo blog manca qualcosa.
Il beduino che, nella tua ricostruzione, trasporta l’esplosivo eludendo i controlli, lo fa per motivi politici o religiosi. Escludi totalmente i motivi economici, che sono quelli che invece, viste le caratteristiche particolarissime dell’obiettivo colpito, ipotizzo io.
Ne viene fuori una figura di “beduino fanatico” che, in quanto tale, sarà una specie di pazzo che colpisce senza logica e a prescidere dagli interessi della sua gente anche se, naturalmente, non “si possono accusare i beduini in massa“. Come quando si dice: “Non tutti gli arabi sono terroristi, signora mia”, sottintendendo che non bisogna essere razzisti con quelle povere anime, anche se di motivi ce ne sarebbero, signora mia, ma noi esercitiamo saggezza e bontà, nella nostra infinita comprensione. Mentre ne arrestiamo, torturiamo e facciamo sparire qualche migliaio. Ma “non tutti”, ne’.
L’abbiamo già sentita, Sherif. Non ricordi?
Non ti dà fastidio, non lo senti come un artificio retorico?

A partire dalle tue due omissioni (il movente economico dell’eventuale beduino e quello dell’attentato in sé, e quindi la possibilità di mandanti diversi da ‘sti integralisti prêt à porter tanto adatti a fare da alibi a qualsiasi nefandezza), Sherif, il tuo discorso si stiracchia un po’.
Perché:

1. Non ha senso il paragone tra il terrorista egiziano che mette le bombe al Cairo e il terrorista beduino che fa esplodere il supermercato di suo cugino. L’egiziano combatte contro un nemico interno, non vive un conflitto dalle caratteristiche fortemente etniche come quello dei beduini.
Seguendo il tuo discorso, allora, sarebbe normale che i palestinesi si mettessero le bombe da soli, a Gaza o a Ramallah, e si facessero esplodere tra di loro. Così non dovrebbero nemmeno preoccuparsi di tutti quegli antipatici muri e controlli che li separano da Israele.
Ma ti pare plausibile?

2. Se, fino ad ora, tutti gli attentati del Sinai sono stati attribuiti ai beduini (e ce ne sono a migliaia nelle carceri), mi spieghi cosa ci fa improvvisamente un barbuto di Assyut, là in mezzo? Se un terrorista egiziano vuole colpire il turismo, non fa prima ad andare a Luxor, Aswan, Giza, Museo Egizio, Cairo centro o dove vuoi tu?
Deve andare fino al Sinai, coinvolgere i beduini affinché gli trasportino l’esplosivo, superare lui stesso i controlli pazzeschi a cui sono sottoposti gli egiziani per entrarci, poi andare fino all’Hilton con il suo esplosivo, scoprire (ma che sorpresa!) che c’è un poliziotto all’ingresso, fare marcia indietro fino a Dahab e finalmente fare esplodere un supermercato grande quanto il mio monolocale.
Così, se sopravvive, lo stesso beduino che gli ha trasportato l’esplosivo se lo impala, all’imbecille di un barbuto di Assyut.
Ma dai.
Non c’è come essere terroristi egiziani per complicarsi l’esistenza, gessù.
Molto più pragmatici quelli italiani dell’Italicus, diciamocelo.

3. “Motivi economici? Ma per favore! Ma siamo seri! Ma non scherziamo!”
Sherif, ma prendi in giro me o te stesso?
Oh: fa figo di sicuro, essere un egiziano che ci tiene a non accusare Israele della diffusione dell’AIDS e il governo di Mubarak di quella della pellagra. Sta’ attento agli eccessi di zelo, però, ché pensare che governi e servizi segreti israeliani ed egiziani passino il tempo a giocare a briscola e siano sempre, per definizione o onestà intrinseca e naturale, innocenti su tutto ciò che accade in Medio Oriente, mi sembra una favoletta di gran lunga più temeraria di quelle sull’AIDS.

Io non so se è stato il governo o se sono stati settori deviati del governo o cosa.
Ma non lo sai nemmeno tu.
Io non lo escludo, però: se tutto il terreno edificabile di Dahab è del figlio di Mubarak, se Dahab come è oggi ne impedisce lo sfruttamento, se i venti di guerra lasciano prevedere che i progetti di espansione turistica vanno fatti sul medio periodo e non sul breve, se la carriera politica del giovane Mubarak appare sempre più impossibile e sarà meglio che pensi agli affari finché può e se il personaggio stesso ha la reputazione che ha, mi spieghi come fai ad escludere a priori che ci possa essere un movente economico, dietro a questa storia?
Ma tanta fiducia nella purezza del governo egiziano, scusa, da dove te la fai uscire?
Ci sono stati governi italiani che hanno fatto le pggiori nefandezze: cosa fa sì che il governo egiziano debba apparirci più puro ed etico di un qualsiasi governo democristiano dei vecchi tempi, se posso chiedere?

Dici: “Ma gli basterebbe tirare giù Dahab con le ruspe!”
Dico: “Ma stai scherzando?”
Il Sinai, Sherif, non è l’Egitto. Ci devono provare, gli egiziani, a tirare giù un’intera cittadina con le ruspe, ma scherzi davvero?
Due anni fa c’è stata una sommossa, quando la polizia ha arrestato a Nuweiba il tizio sbagliato, e la polizia si è ritrovata assediata nella sua caserma per giorni e alla fine gli hanno mandato un carroarmato per liberarli. Carroarmato rimasto di guardia lì davanti per settimane, l’ho visto coi miei occhi.

Ma te lo immagini, cosa succede se vanno a tirare giù Dahab?
E l’Egitto non può nemmeno portare truppe, nel Sinai, ché gli accordi di Camp David glielo impediscono.
Dovrebbero farsi coprire dalla polizia, loro e le ruspe.
Mentre tutti i beduini della penisola gli sparano addosso.

Ma ti rendi conto della realtà del territorio che descrivi o no, Sherif? A me non pare molto, lasciatelo dire.

Ripeto: io non ho la certezza che siano bombe da strategia della tensione. Ma, davvero, non riesco nemmeno a capire in base a quali certezze tu possa escluderlo.

O, meglio, lo so, e tanto vale che ce lo diciamo: perché tu sei fieramente filogovernativo, amico Sherif. Perché hai sempre detto che per te sarebbe stato “un onore” essere governato dal figlio di Mubarak, perché sei sempre stato d’accordo con la repressione anti-islamica messa in atto dal tuo governo, perché la tua visione del paese è – giustamente – politicamente caratterizzata.

Non c’è niente di male, ma mi pare che sia arrivato il momento di fare un salto di qualità, all’interno delle varie voci sul Medio Oriente che circolano in rete: siamo diversi, già. E diciamocelo, una buona volta. Condividiamo dei principi di base ma, per il resto, abbiamo idee diverse, visioni politiche diverse che producono letture della realtà diverse.

Non c’è niente di male, però va tenuto presente più di quanto facciamo in genere.
Ce lo aspettiamo dagli “esperti” italiani, che siano politicamente caratterizzati, e pesiamo ciò che ci dicono anche in base alla loro collocazione.
Non vedo perché non lo si debba fare quando si parla di Egitto.