Rimangono beduini che spazzano via le macerie del proprio paesello, per esempio, e rimane pure lo stato di emergenza in Egitto, prorogato domenica scorsa di altri due anni in nome della lotta al terrorismo.
Venticinque anni già trascorsi, più altri due ancora da trascorrere e fanno ventisette.
Anni.
Ventisette anni di emergenza, pensa te, ma in una simile situazione generale mi pare il minore degli ossimori, questo.
Rimangono i beduini a protestare la propria innocenza (qua finisce che mi ritrovo col Mukhabarat sotto casa, se continuo a farlo presente, e questo mi ricorda che ho quasi finito il tè e la menta e devo ricomprarli, e meno male che ci ho pensato, ché non si sa mai) e rimane un cui prodest tutto interno che, a quanto mi dicevano poco fa al telefono, comincia a farsi strada pure sulla stampa e tra l’opinione pubblica egiziana, ché ‘ste bombe di Dahab hanno ciccato la stagione turistica ma, in compenso, il rinnovo delle leggi speciali lo hanno preso in pieno. Tu pensa che mira bizzarra.
Chiedo: “Ma insomma, cosa si dice?”
E mi spiega che hanno già messo la sordina (“Lo sai, come al solito”) e che sulla colpevolezza dei beduini (dai, ribadiamo i sottotitoli: beduini intesi come soggetto politico, non come eventuali tizi più o meno ricattati e/o comprati) le opinioni sono divise, e c’è chi crede che siano stati loro e chi invece parla di strategia della tensione, interessi privati e via dicendo.
“E in che ambienti se ne parla?”, chiedo.
E lei, col tono di chi dice la cosa più ovvia del mondo: “Ma è trasversale, lo dicono un po’ tutti. Ne parla la stampa, ne ha parlato Al Jazeera…”
Al Jazeera (la tv, più che il sito) ha pochi peli sulla lingua: è passato esattamente un anno da quando scansai per puro caso la bomba del Khan al Khalili e scrissi questo:
Seguire Al Jazeera con Pepe che traduceva è stato molto, ma molto istruttivo: hanno detto, senza mezzi termini, che è probabile che la bomba sia una risposta del governo alle manifestazioni pro-riforme che ci sono state qua. Strategia della tensione, insomma […] Lo ha detto Al Jazeera alle 9 di sera, più volte, intervistando in studio un signore egiziano che diceva la stessa cosa: risposta del governo alle manifestazioni, freno alle riforme.
Cosa rimane del clima di un anno fa.
Ti ricordi, c’era Kifaya, gli studenti in piazza, quell’atmosfera cauta ed elettrica, quell’aspettativa da “tutto può succedere”.
E guarda adesso:
Quello che succede al Cairo, in effetti, deve far preoccupare. Non solo gli Usa, ma anche lEuropa. Quello che succede al Cairo, denuncia il cartello che riunisce le più importanti associazioni di difesa dei diritti umani del paese arabo, è una nuova ondata di arresti di esponenti delle opposizioni. Retate che non colpiscono solo i Fratelli musulmani, bersaglio privilegiato da anni. A finire in cella, in questi ultimi giorni, sono però anche i liberal. Soprattutto gli esponenti di Kifaya, il movimento di protesta nato dal nulla, e che durante tutto il 2005 si era distinto per le manifestazioni piccole ma quasi quotidiane nel centro della capitale egiziana. E persino il corrispondente di Al Jazeera al Cairo, Hussein Abdel Ghani, trattenuto per due giorni e liberato solo su cauzione per aver diffuso notizie false che hanno infangato limmagine dellEgitto.
Il tam tam degli attivisti, facilmente consultabile anche via internet sui blog che ancora fioriscono, fa nomi e cognomi degli arrestati. Ci sono anche studenti della media borghesia, quelli che non frequentano i circoli islamisti e che fanno i bravi allievi allAmerican University del Cairo. Sono finiti, tutti insieme, in cella, e la rete degli amici sta pensando a come far avere loro i libri per prepararsi agli esami universitari. […] nessuno ha capito, sinora, la cosa più importante: se qualcosa sta succedendo dentro i ranghi delle forze militari e delle forze di sicurezza, oppure se lesercito è compatto attorno a Mubarak.
E poi (cambiando discorso, o forse no) mi racconta, la collega, che l’aviaria è sbarcata in Egitto con tutta la forza (venti regioni su ventisei) che si poteva prevedere in un paese in cui cammini per strada scansando polli a spasso, in provincia, o trattenendo il fiato di fronte alle gabbie stracolme di volatili e piume volanti del miliardo di pollerie del Cairo, ché nei paesi dove non si mangia maiale l’alternativa economica è il pollo, dico io, e fino a qualche mese fa incrociavo le dita, di fronte all’onnipresenza delle galline, e pensavo: “Non in Egitto, ti prego. Ti immagini che catastrofe sarebbe?”
Ed è arrivata, che dubbio c’era.
“Le pollerie si sono trasformate tutte in pescherie!”, mi dice la collega, ed entrambe pensiamo all’infinita lotta per restare vivi che non smette mai di andare in scena, nel nostro paese preferito, e a me torna in mente quella volta che calarono le cavallette dal cielo, al Cairo, e io me le persi perché la mattina non mi svegliavo manco coi castighi biblici, a quel tempo, e poi mi ritrovai le scale di casa tappezzate dei loro cadaveri.
Non smette mai di essere bastonato, quel pezzo di mondo lì.
Chissà che peccato ha commesso.
E oggi mi è venuta una specie di crisi isterica fredda, in classe, ché ho questo gruppo di cinque studenti ed erano senza quaderno e senza penna, come al solito, e non li ho retti più e glielo ho detto: “Vergognarvi, dovete. Ma chi vi credete di essere, a fare i parassiti per anni a spese della comunità allo scopo di strappare, per pura pietà o stanchezza dei vostri insegnanti, un pezzo di carta che certifichi competenze che in realtà non avete affatto – e manco le volete avere – che vi serve solo per sfuggire al lavoro fisico e passare la vita senza sporcarvi le mani, senza andare in miniera, senza zappare la terra, ché in miniera o a zappare ci devono andare gli extracomunitari, certo che sì, ché voi siete bianchi e volete tenervi pulitini, sopra l’ignoranza che rivendicate, e che importa se chi va a zappare dimostra palle che voi non avreste neanche in venti vite, attraversando mari e frontiere per andare a lavorare mentre voi vi stancate a caricarvi di una penna. E forse tanto vale regalarvelo davvero, il diploma che pietite, ché non vorrei mai che, per causa mia, vi ritrovaste a rubare il lavoro a chi se lo merita, agli immigrati, strappando il pane di bocca a loro, facendogli la concorrenza nelle miniere o nelle campagne protetti da una mera cittadinanza che vi è piovuta in testa per caso. Meglio di no. Meglio continuare la finzione delle vostre competenze da ufficio col riscaldamento e la macchinetta del caffè e permettere a chi non ha paura di sporcarsi le mani di progredire, mentre voi avete 18 anni a stento e siete già inutili e bolliti.”
Questo, gli ho detto.
Già.
Sì, non ci ho visto più.
E loro: “Ma prof…”
E io: “E la cosa peggiore è che siete talmente mosci che non vi servirà manco di stimolo, questa mia rabbia. Vi abbatterete solo un po’ di più. Vi farete solo più mosci. Altro che attraversare il Mediterraneo su una zattera, altro che inventarsi la vita e il pane in capo al mondo. Mosci. Solo una mutanda arancione di Calvin Klein vi potrà consolare, ché tanto quelle stanno su da sole, non c’è bisogno di sollevarle come si fa con le penne. O con le zappe.”
E poi: “Uhm. Dite che sono stata un po’ dura..?”
E loro: “Prof…”
E’ che l’anno scorso non ce l’avevano la mutanda di Calvin Klein, i miei alunni della campagna egiziana, e mi inseguivano per farsi correggere chilometrici compiti che nessuno gli aveva chiesto di fare e non è mai successo che qualcuno non avesse la penna. Figurarsi una classe intera.
E a me è venuta la nausea a pensarci.
Sono umana.
E basta.
Non lo so cosa rimane di tutti i tentativi di rinascita, di riscatto, di desiderio di una vita vivibile che vedo morire da non so più quanto tempo senza che nulla di bello riesca a sostituirli, a durare quel tanto che basta per attecchire.
Posso chiudere gli occhi e spremerla fino a sfinirla, la mia fantasia, ma il mondo tra dieci anni non lo riesco a immaginare.
Una nebbia nera, vedo.
E la disfatta del rimanere in quattro gatti a cercare di vivere bene sulle macerie altrui. A comprare mutande arancioni.
Pensa te.
Con gli specchi oscurati, spero, ché guardarsi non sarà un bel vedere.
E poi rimane lo spettacolo dei vecchi compagni di viaggio che, applauditi dalla stessa gente che l’altro giorno diffondeva i tuoi dati personali sulle liste filoisraeliane, ti comunicano che sei una “neocon involontaria”, nientemeno.
Ma questa, tutto sommato, è la vita. Da migliaia di anni, da sempre. Una non si turba più di tanto, quando sente odore di natura umana.
Ci vogliono mostri di altra portata, per farti stare sveglia di notte.
Nel “Continua“, la traduzione dell’articolo sul prolungamento dello stato di emergenza in Egitto pubblicato da Le Figaro.
L’Egitto prolunga lo stato d’emergenza
Il parlamento ha prorogato per due anni supplementari le leggi di emergenza in nome della lotta contro il terrorismo.
In Egitto, il provvisorio e fatto per durare. Una settimana dopo gli attentati di Dahab, il Parlamento ha votato domenica la proroga per due anni delle leggi di emergenza, un regime eccezionale in vigore fin dai tempi dellassassinio del presidente Sadat, compiuto da un commando islamista nel 1981. Concepito in origine per lottare contro il terrorismo, questa legislazione restringe le libertà civili, permettendo arresti del tutto arbitrari. Secondo le organizzazioni dei dirittti delluomo, piu di 10.000 persone sarebbero attualmente detenute senza giudizio in Egitto. Fortemente criticata da tutta lopposizione, che reclama la sua abrogazione, la legge demergenza e servita, nel corso degli ultimi venticinque anni, a soffocare ogni forma di contestazione politica e sociale.
Al momento della campagna per le presidenziali di settembre scorso, Hosni Mubarak si era impegnato, per la prima volta, a sostituire lo stato demergenza con una nuova legislazione antiterrorista.
Incoraggiati da questa promessa elettorale, gli oppositori hanno reclamato ancor piu la sua abrogazione, a cominciare dai Fratelli Musulmani. Il governo utilizza questa legge per far tacere lopposizione, ha accusato Mohamed Habib, uno dei dirigenti della confraternita islamista. Non utilizzeremo mai questa legge per altro che la protezione dei cittadini, la sicurezza della nazione e la lotta contro il terrorismo, gli ha replicato il primo ministro Ahmed Nazif. Due anni di piu, non e molto, tenuto conto delle minacce alle quali dobbiamo far fronte, ha sostenuto. Il mese scorso, Hosni Mubarak aveva avvertito che ci sarebbero voluti fino a due anni per elaborare un nuovo testo anti-terrorista, senza spiegare le ragioni di un tale ritardo.
Gli scontri tra cristiani e musulmani ad Alessandria e gli attentati di Dahab (18 morti) hanno permesso al governo di giustificare il mantenimento delle leggi di emergenza, mentre tre sospettatati sono già stati uccisi domenica nel Sinai. Lo stato demergenza non mette fine al terrorismo, ma facilita il compito delle forze dellordine, ha affermato Ahmed Nazif.
Per Hugh Robert, direttore dellufficio del Cairo dellorganizzazione International Crisis Group, si tratta di un falso pretesto. Non ce stato terrorismo in Egitto tra il massacro di Luxor, nel 1997, e gli attentati di Taba, nellottobre 2004, e la legge di emergenza nel frattempo non e stata abolita, rileva il ricercatore britannico. Il suo mantenimento si traduce in un approccio puramente di sicurezza agli attentati nel Sinai, mentre esistono chiaramente dei fattori socio-economici che richiederebbero una risposta politica , per la quale la legge di emergenza costituisce al contrario un blocco.
Secondo Hugh Robert, la reticenza quasi viscerale del potere a rimuovere lo stato di emergenza trova dunque le sue radici altrove, e notoriamente nella sua paura di sommosse popolari spontanee, come quelle scoppiate nel 1977 dopo il rialzo del prezzo del pane, e la sua volonta di controllare con tutti i mezzi laccesso allo spazio pubblico.
http://www.lefigaro.fr/international/20060502.FIG000000033_l_egypte_prolonge_l_etat_d_urgence.html
Ottima e sacrosanta cazziata ai tuoi studenti. La faro’ leggere a mio figlio.
Grazie Lia.
E’ una battaglia dura.
Anch’io cerco di far affiorare la fantasia da chi mi circonda.Di fare uscire dal gruppo,dall’appiattimento almeno una persona all’anno.Lo sai bene…l’ho già scritto.
Una all’anno è poco,ma quasi impossibile
ma continuo a farlo sperando sempre di riuscire almeno qualche volta a raggiungere il mio pur semplice scopo.
Mi rendo conto che giocare al superenalotto da le stesse senzazioni.
Tu a maggior ragione non devi smettere.
Hai teste giovani,io ho teste pelate di quelle che se gli togli il caffè delle 11 vanno in panico.
Il cazziatone è splendido,penso abbia fatto meglio di tanti giorni di scuola,mesi.
Ho un amico che sta mettendo fuori di casa i propri figli uno dopo l’altro dopo aver notato che far loro affrontare la vita e non poter fare affidamento sulla “paghetta”(da 300 euros a SETTIMANA..pazzesco!!)li sviluppa più velocemente della bambagia in cui sono adagiati.
C’è arrivato in ritardo ma almeno ci è arrivato.
E sono grandini,dai 35 ai 21…
Ne ha tre di figli,il terzo credo non farà l’errore dei primi due.
Ciao signora.
old
Eh, Lia, con ‘sti chiari di luna spero che almeno con il Marinaio Verde vado tutto bene. :-)
E il cazziatone secondo me è stato grandioso. Non so se abbia attecchito. Ma di certo hai fatto qualcosa, per quel poco che la scuola può fare di fronte all’intorpidimento e all’ottenebrarsi delle coscenze delle nuove generazioni.
Solidarietà a Lia, per quanto valga la solidarietà di un FiloSionista ;)
Detto questo, una piccola osservazione: i media, NESSUNO ESCLUSO (quindi destra/sinistra e centro) non sono interessati minimamente a raccontare un ipotesi simile.
Ma non perchè non possa essere plausibile (per quel che ne capisco potrebbe esserlo benissimo e credo a Lia)ma perchè in quel caso A LORO NON FREGA NULLA.
In Israele ogni tanto scoppia una bomba no?
Generalmente qualcuno ci muore.
A volte, anzichè i terroristi, li fanno scoppiare mafiosi e Racket vari.
Quando accade parte automatico un bel “Contrordine compagni!!!! Non sono stati dei terroristi!!!”.
Fatto sta che anche lì ci crepa qualcuno, però non lo raccontano più…
Il perché lo capite da voi (e capite da voi anche il perché del caso Dahab se ne parlerà meno…)
P.S: Non crucciarti troppo con le giovani generazioni. Io ho smesso di amarle da un bel pezzo…
Volevo informarti Lia che un blog :
(link non adatto a finire qui, nota di Lia)
dice quanto segue sul tuo scritto :
le teorie-bastone
La posizione di Haramlik sugli attentati di Dahab non meriterebbe grossi commenti, se non fosse che trovo affascinante osservare non tanto le “teorie” ma l’incredibile necessità umana – cui nessuno sfugge – di appoggirvisi come ad un bastone.
In questo senso le teorie dietrologiche sono una fonte interessantissima ed estremente fertile cui attingere per osservare la capacità della mente umana di plagiare la realtà all’ideologia e financo all’ego di chi le formula.
Ed è curioso osservare quanto un modo di pensare tanto palesemente primitivo abbia – a dispetto di ogni logica – un buon successo.
La bizzarra teoria di Lia di Haramlik (http://www.ilcircolo.net/lia/) su Dahab in soldoni è la seguente: quelle bombe non possono essere state messe da integralisti islamici (beduini o meno, non ha importanza) , perchè Dahab – diversamente da Sharm – accoglie un turismo radical chic, fatto di piccoli alberghi, tavolini bassi e cuscinoni.
Ergo, o sono state messe dal governo, o dai soliti israeliani.
E’ piuttosto difficile – almeno per me – immaginare un integralista islamico a piacere, da Al Zarqawi al fu Jassin passando per quel buontempone di Admadinejad, che scelga di uccidere chi indossa Armani e accolga come un fratello chi indossa un pareo afro e fa il nudista sulla spiaggia: questo discrimine di classe, o meglio ancora di stile, mi pare che poco e nulla abbia a che vedere con gli obiettivi degli islamisti e la loro ideologia.
D’altra parte, come tanti, Lia deve conciliare la comprensione verso l’atto terroristico con la paura che esso suscita a lei, personalmente. Quando le vittime sono gli altri, grassi signori col naso impomatato e il berretto con la visiera, macchina nikon al collo e bragoni a scacchi (che il turismo di Sharm non è poi così “di classe” come vorrebbe dare ad intendere), la loro morte è compatibile con l’eroismo suicida, quando le vittima assomigliano a lei, bisogna per forza escluderlo.
E infatti Lia scrive:
“Non colpisci il turismo, a Dahab. Non dove sono esplose le bombe.
Colpisci la gente.”
Eggià . I turisti a quanto pare non sono gente.
E’ una curiosa contraddizione, che ho già osservato: le persone che hanno applaudito all’attentato alle torri sono le stesse che poi hanno elaborato teorie dietrologiche per scagionarne gli autori.
Come ogni buona teoria dietrologica che si rispetti, anche quella di Lia deve essere fondata sul cui prodest: per i teorici del complotto il movente è prova, e il movente naturalmente deve essere il più nascosto e contorto possibile e soprattutto deve soddisfare non già le premesse della realtà ma quelle della visione manichea di chi la formula.
Nel nostro caso, Lia elabora più di una ipotesi: la prima è davvero delirante. Scrive:
“Io non lo escludo, però: se tutto il terreno edificabile di Dahab è del figlio di Mubarak, se Dahab come è oggi ne impedisce lo sfruttamento, se i venti di guerra lasciano prevedere che i progetti di espansione turistica vanno fatti sul medio periodo e non sul breve, se la carriera politica del giovane Mubarak appare sempre più impossibile e sarà meglio che pensi agli affari finché può e se il personaggio stesso ha la reputazione che ha, mi spieghi come fai ad escludere a priori che ci possa essere un movente economico, dietro a questa storia?”
Secondo questa prima ipotesi dunque sarebbe la famiglia Mubarak che tenta di mettere in fuga i frikkettoni per sviluppare – nel tempo – un turismo più ricco, come se gli attentati spaventassero selettivamente alcuni turisti e ne attraessero altri.
La seconda ipotesi è una più o meno fumosa “strategia della tensione”, che consentirebbe a Mubarak di mettere in pratica una politica repressiva e rallentare il corso delle riforme.
Come? Ma è ovvio: bombardando i frikkettoni.
Io sono dell’idea che il movente sia un indizio e non una prova, e ritengo che i moventi palesi siano da valutare prima di quelli contorti e nascosti.
Sarei curiosa di sapere quanti di quelli che avevano preventivato una vacanza nel Sinai quest’estate hanno confermato la loro prenotazione – dopo Dahab – radical chic o pariolini.
E il successo degli attentati di Dahab sarà valutabile dagli estratti conto degli alberghi del Sinai, quest’estate.
No Zorn non va bene così.
Non si può smettere di amarli.
Si possono criticare ma si debbono aiutare e per aiutare devi apprezzare qualcosa in loro.
Sotto una zazzera verde ci può essere un individuo che merita attenzione,che va spronato.
Lasciandogli le mutande arancioni.
E’il mio parere altrimenti avrei smesso anch’io di aiutarli ma ne ho incontrati di veramente capaci.
ciao
Gentile Lia,
potrebbe mettersi in contatto con l’indirizzo mail qui indicato?
Grazie in anticipo.
Salvatore
lia visto che tu ci sei stata se ce l’hai hai un numero teleofnico per prenotare a basata o un sito di riferimento? perchè vorrei andarci ma non riesco a trovarlo su internet. so ch ebisogna prneotare molto prima per cui per la fine di giugno spero di essere in tempo, grazie mille e scusa se ti rompo ma di te mi fido che divido casa con ascish dipendenti e sono un po’ in un clima di diffidenza col mondo…spero che girando per bawab zamalekkiani (?) riuscirò a trovare un’altra sistemazione o a fine corso non ci arrivo. mai dividere casa con americani. mai. =)
Post stupendo… Lia sono veramente contenta che ti sia rimessa a scrivere regolaremente, mi mancava davvero!
Un appunto ai commenti qui sopra: che palle con ‘sta storia delle giovani generazioni!!
Lia ha fatto un cazziatone meritato e, per quel che è della mia esperienza di studentessa, di quelli che da qualche parte ti restano. Se ne beccano tante di sclerate dai prof a scuola, giuste e ingiuste, pallose o no. Ma questo di considerare le “giovani generazioni” (…sarebbero chi poi, esattamente? I limiti da cosa dipendono, dall’età dello scrivente?) come ottenebrate, rincoglionite, e quant’altro, beh, mi sta veramente sulle scatole.
Si fa di tutte le erbe un fascio e ci si piazza sopra una bella pietra tombale dando tutti per spacciati… così si può continuare a preoccuparsi e ad analizzare, però con la convinzione che tanto non cambierà nulla.
Echhisenefrega poi se J.Z. “non le ama”, ” le nuove generazioni”, mica è un’obbligo… sarebbe, secondo me, molto più utile trattarle semplicemente da “persone”, dandogli abbastanza fiducia da mostrare di pretendere qualcosa da loro, dando per scontato che ci possono arivare a capire le cose, a fare qualcosa di decente della loro vita e di loro stessi.
E invece no, ottenebrati, intorpiditi, mosci eccc ecc.
Che massa di cazzate, a questo punto tanto vale un bel paio di mutandine arancio di ck, no?
Tschüs,
Manu
A qualcuno servirà .
Tra qualche tempo.
Urgh!
Non volevo scatenare un piccolo putiferio sulle “nuove generazioni”…
Scrivendo “ho smesso di amarle” forse ho un po’ esagerato, ma si tratta di una reazione da persona “ferita” da queste…
So bene che esistono persone ottime come dicono Old e Manu (X Manu:”ottenebrati, intorpiditi, mosci” sono definizioni che non ho mai usato), ma a volte mi sento ferito.
Ed il sottoscritto, docente “fallito” si sente un tantinello più a disagio della media…
Sul post di Carlo:gradirei (se lia vuol mandarlo via mail ;) ) il post in questione.
Non foss’altro perché mai Lia ha scritto che la bomba era “dei soliti Israeliani”.
Sarebbe bastato leggersi con calma il post per capire che Lia tutto faceva fuorchè dare la solita colpa al Mossad (S’è beccata della Neo Con per questo).
E lo dico, ripeto, fuor da ogni sospetto di faziosità , visto che su certi temi (Vignette, Israele,etc) qui dentro ho litigato di brutto con la padrona di casa (in quanto “sporco Sionista”…)
Baci e abbracci a tutti quanti…
JZ
Cazziatone sacrosanto che io estenderei a tutti, grandi e piccini, ricchi e, soprattutto, poveri.
Non portano i libri perchè non interessa? Bocciali. Non preoccuparti del loro futuro: la scuola serve a poco per assicurarsi un avvenire e chi li difende dall’orda degli assetati di avvenire, dalla loro capacità di rischiare la vita per la vita e abbandonare il nulla da profugo per il poco da clandestino, oggi ha in mano il potere. Questo sappiamo bene noi italiani: loro, i senza patria, da noi non emergeranno mai ed il massimo che potremo concedergli, è di portare la biro a scuola per in nostri bimbi.
La povertà crea stimoli e la competizione aguzza l’ingegno ma se hai contro l’arbitro, la federazione, il pubblico, i giornalisti….
Che interessante questo blog. Ti posso linkare? sono curiosissima di vedere com’e’ la vita di un’Italiana in Egitto :)
interessante il commento sostanzialmente malthusiano di Giovanni, interessante perchè la dice lunga sui danni che, a partire dai Chicago boys, la reganomics, il tatcherismo e fino all’accoppiata Berlusconi-Tremonti, l’ideologia della solidarietà zero ha prodotto e continua a produrre.
Iddio Altissimo ha creato gli uomini diversi e poi attraverso i Suoi profeti (pace su tutti loro) ha insegnato all’umanità il modo di gestire le differenze al fine di ridurle e renderle possibili.
Se è pur vero che la povertà , talvolta aguzza l’ingegno, nella maggior parte dei casi lo incanala nella devianza criminale o nel mercimonio di se.
Quanto poi ai portatori di biro, nessuno speri quindi in schiavi remissivi e supini. Le teorie di Malthus si stanno avverando al contrario: ormai sono solo i poveri a far figli e domani l’Europa sarà popolata, governata o anche dilaniata proprio da loro. Dipenderà da noi a cui Allah ha dato il destino di essere Ansar (ausiliari) come lo furono i medinesi per i meccani che sfuggivano alle persecuzioni dei pagani. Se sapremo essere solidali e lungimiranti senza carità pelose e spinte puramente assistenziali, sapremo costruire una nuova società europea ché, lasciatemelo dire, quella vecchia è morta e già puzza.
Beh se l’alternativa è la società descritta dal Mullah, mejo l’apocalisse :)
questa la differenza tra me e te, caro John Zorn, credo nel bene che c’è nell’uomo al di la dei diversi percorsi religiosi. Un bene che riconosce il bene da qualsiasi parte venga e lo condivide e… l’Apocalisse la lasciamo al suo Alto Padrone.
Invece io, guarda un po’, credo nel male che c’è nell’uomo (e magari nella donna :) ) al di là dei diversi percorsi religiosi.
Un male che mi fa ricordare che quei percorsi non si possono condividere ma al massimo imporli, con la sopraffazione, agli altri…
Ti leggo da un po’ e la cosa che mi dispiace è pensarti sola, a Milano in un mondo in cui non ti riconosci vedendo soffrire il mondo che ami. Mi viene da pensare che dovresti cercarti le giuste “alleanze” per ritrovare un po’ di speranza. Conosci l'”Associazione antirazzista e interetnica 3 febbraio”? Secondo me potreste aiutarvi reciprocamente: tu dare una grande mano a loro, e loro darti quello spicchio di mondo solidale di cui – mi sembra di capire – senti la mancanza.
Lia, quando capito a Milano te lo fai un caffè con tuo “nemico” sottoscritto?. Così ti sfoghi un po’
Per la curiosita’ di Carlo: ho confermato la mia prenotazione per Dahab, nonostante gli attentati. Non sono una frikkettona ne’ una radical chic o pariolina….. Ciao Loreta