Dice: “Mamma, ma che diamine! Qua bombardano La Rioja, io sono ad Ezcaray e manco mi chiami??”
“Eh??”, dico io, sorridendo assorta all’idea di un bombardamento sulla terrificante Ezcaray, località spagnola in cui ho trascorso buona parte dei miei 13 anni di matrimonio, che ho sempre sognato di bombardare personalmente e che vi prego di osservare in questa fotografia scattata un 9 aprile qualsiasi, ché poi mi chiedono come mai una passa il resto della vita a spasso per deserti mediorientali, dopo essere fortunosamente sfuggita a tanto frigorifero:

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“Ma non lo sai? L’ETA ha messo due bombe in dieci giorni, a Logroño non è successo un macello per miracolo!”
“Ah, non lo sapevo: ero a Milano a fare torte di mele, non me ne sono accorta.”
“Ma mamma…”

Qui, ormai, siamo disinvolte: mia figlia era a Madrid l’11-M, io ero al Cairo quando scoppiò la bomba del Khan e così via.
Non è che ci si impressioni più di tanto, ecco: del resto il fatto che mia figlia me lo racconti dimostra inequivocabilmente che sta bene, ed io non sono portata per le preoccupazioni retrospettive, ché già quelle basate sul presente mi sfiancano, povera me.

“L’ETA? Ma che palle, che vogliono?”
Capisco che la domanda sembri richiedere una risposta complessa, ma io e mia figlia ci capiamo: “Bleah, solite cose”, dice lei, e passa a narrarmi della coda beccata in autostrada causa esplosivo (“una coda a perdita d’occhio, macchine fino all’orizzonte, mai vista una coda così…”) e del fidanzato che era Logroño il giorno prima dell’attentato, cose del genere.
Perché non c’è bisogno che sia l’11 settembre, credo, per ricordare dove si era quando è scoppiato qualcosa. Anche le esplosioni più modeste riescono ad avere effetti portentosi sulla memoria e comunque, come dire, uno si situa.

Non sono tra quelli che credono che le bombe siano tutte uguali: le bombe dell’ETA, secondo me, sono le più stupide e irritanti tra quelle possibili.
Non derivano da tragedie storiche, non sono piazzate da disperati, non hanno per bersaglio un’opinione pubblica indifferente agli altrui drammi, non sono serie.
Non voglio dire che siano più o meno criminali di altre: dico che sono sicuramente più stupide.
Roba da bambocci viziati che giocano a fare gli eroi politici, come ho già scritto in passato su ‘sto blog.
Insopportabili, davvero.

Pensavo che l’ha inaugurata l’ETA, nella mia consapevolezza, la strana commistione tra mondi di sinistra che applaudono a concetti profondamente di destra gemellandosi, abbastanza spericolatamente, con ambienti teoricamente impresentabili.
“Ma perché ci sono ambienti di sinistra che continuano a sostenere quei leghisti violenti dell’ETA??”, mi sono chiesta per anni.

Oggi, poi, riflettevo sull’accozzaglia tra antimondialismo, neofascismo e islam politico che ho avuto modo di conoscere in Italia (tra riviste tipo Orion, stampatori di Corano con i poster di Mussolini appesi alle pareti della tipografia e tutta la gente, tra amici musulmani e giornalisti della controinformazione che, bontà loro, me lo dice solo adesso che i “Campi antimperialisti” sono da sempre in odor di loscaggine e commistione con servizi e simili – “ragazzini da una parte e adulti informatori della polizia dall’altra“, testuale -, e me lo potevano pure dire prima, checcavoli…) e pensavo che esiste un filo di coerenza ideologica di cui mi accorgo solo ora, tra certo neo-tradizionalismo presente tanto nell’islam politico quanto nella destra radicale, e quello dei nostri aspiranti hobbit baschi, peraltro da sempre legati a settori tradizionalisti della Chiesa.
C’è il discorso del concetto di comunità contro quello di Stato-nazione. C’è il sogno del ritorno all’Arcadia, i valori autoctoni, ‘ste cose qua.
Un sacco di roba in comune, insomma, compresi non pochi malintesi tra i rispettivi simpatizzanti.

Personalmente, come dicevo, trovo ozioso e vacuo il discorso basco.
Più interessante e degna di riflessione mi pare la zona d’ombra tra estrema sinistra, estrema destra e islam politico. Meriterebbe un approfondimento, credo, ma soprattutto andrebbe esplicitata con un po’ più di chiarezza di quanto non si faccia normalmente.
E’ da un bel pezzo che desidero che certi discorsi diventino più espliciti, più cristallini.
Perché da una parte c’è un senso, in questi discorsi. Non è che non ci sia.
Dall’altra però questi ambienti un po’ carbonari, la cui elaborazione politica si sussurra più di quanto non la si dichiari, partoriscono esemplari umani che sono preoccupanti, a dir poco.
Il peggiore ambiente che io abbia mai visto nella mia vita, e di sicuro quello più strutturalmente marcio.

L’ambiguità mi provoca fenomeni allergici.
E’ un sacco di tempo, ormai, che vorrei capire esattamente cos’altro difendiamo, assieme alle cose sacrosante che ci pare di difendere.