Quello che è successo al vertice iberoamericano di Santiago de Chile è interessante ben al di là degli angusti confini da bon ton in cui lo si tende a rinchiudere da questa parte dell’Atlantico.
Confini che, comunque, mi sembrano malconci assai, dopo l’incredibile spettacolo di un Juan Carlos – che, da vecchia frequentatrice di una Spagna fresca di Tejero, ricordo in momenti più felici – che ordina di tacere al presidente eletto di un paese sovrano e che per giunta fa di nome Venezuela, e scusate se è poco.
Un’idea di ciò che bolle in pentola ce la si fa da Carotenuto e da Ugarte.
Io, a margine, mi limito a osservare che ciò che accade è troppo interessante – e attuale – per andarlo a mortificare con una certa retorica degli antenati, del sangue e delle culture (ancora, non lo sopporterei!!) che capisco possa indurre in tentazione, ma ragion di più per non scivolarci dentro.
Perché cadere nelle tentazioni scontate è disdicevole, e perché non esiste un solo discorso utile a qualcosa, tra quelli che potrebbero scaturire da una simile china.
Trovo che il presente sia già abbastanza denso.
Dice Ugarte, in un post successivo a quello che ho linkato sopra:
– Se ci sono spagnoli che andarono in America a conquistare, non furono di certo i miei antenati, ma gli antenati dei sudamericani.
I miei antenati rimasero in Spagna, ed è per questo che io sono nato qui, mentre gli antenati di molti di coloro che oggi parlano di conquista sono coloro che andarono a conquistare, ed è per questo che loro sono nati lì.
Se vogliono accusare qualcuno, guardino prima chi sono i loro bis-bis-bis-bisnonni.
A me pare una perdita di tempo ma, come diceva giustamente qualcuno, alcune cose sono stupide e tuttavia esistono.
Gli esercizi di semplice realtà fanno bene al cervello, prima ancora che alla politica.
Ti ringrazio di queste segnalazioni. Ho letto con attenzione il post di Carotenuto e devo dire che mi ha letteralmente aperto un mondo. E poi si dice che i blog non fanno informazione …
P.S. Il mio fascistissimo padre mi sollazza quasi quotidianamente con le più improbabili segnalazioni via mail(Blondet compreso). Lo perdono perché ha 83 anni e la sua storia alle spalle. Ma prima o poi scriverò un post (anche se mi turba il fatto che babbo mi legge)sul materiale folle che circola in certi ambienti.
In mezzo al proliferare di imbecillità e allo sciocchezzaio che sono diventati i nostri tg – ma sono mai stati diversi? – e alla mediocre forma di comunicazione che ormai sono molti nostri quotidiani, una notizia così e i commenti dei blog linkati sono una fantastica boccata d’aria fresca.
Non tanto – o non soltanto – per i contenuti, ma perché ci ricordano che oltre alla violenza negli stadi, le chiazze di sangue riprese da vicino e le interviste ai parenti dei defunti, c’è anche altro.
Il problema è che quando uno dice cagate (e Chavez ne dice e fa spesso) un minimo di moralità intellettuale vuole che ci si alzi e si dica “ehi, ma questa è una cagata!”
Anche perché poi, diciamocela tutta, che differenza c’è tra un Chavez e un populista fascistello?
Saluti
Krs
Aldilà del “simpatico” siparietto che hanno raccontato i media, guardando su youtube alcuni stralci della recente “cumbre iberoamericana” ho notato uno scambio di battute secondo me più interessante: quello fra Evo Morales e Zapatero.
Mentre il presidente boliviano difendeva i progetti di nazionalizzazione economica in corso in alcuni paesi sudamericani, il presidente spagnolo lo interrompeva per affermare (spero di non aver capito male, visto che non parlo spagnolo): “è dimostrato che in alcuni settori dell’economia l’iniziativa privata fa meglio di quella pubblica”. Bene, chi ha ragione? Morales o Zapetero? Credo che questa questione sia molto interessante anche per la sinistra italiana (specialmente per quella giovane) ma sicuramente c’è molta voglia di eluderla (anche perchè dovremmo fare i conti con “l’imperialismo” – oddio, che ho detto! – di casa nostra). Io qualche volta su questo blog ho lasciato dei commenti volutamente “provocatori” sull’operato di Zapatero in campo economico e in politica estera, che non mi pare abbiano acceso grandi discussioni (eppure credo che di lettori “de sinistra” tu ne abbia parecchi). Insomma, è facile idolatrare (termine esagerato?) indistintamente e a rotazione Zapatero, Chavez, Morales o Lula, sono tutti personaggi con molto carisma, però dovremmo cominciare a schiarirci le idee: il famoso “socialismo del ventunesimo secolo” è quello europeo di cui Zapatero è degnissimo rappresentante oppure quello di Chavez?
Joaquin Almunia e Pedro Solbes sono “neoliberisti”, come li definirebbe Carotenuto?
Se non rispondiamo a queste domande, noi “ggiovani de sinistra”, quando cresciamo?
La fai facile, Jcm… :)
Dici poco.
Jcm in rete purtroppo non si ha sempre il riscontro che si vorrebbe (anzi diciamo, che ci servirebbe) del fatto che le nostre parole non vadano al vento. E’ un baco noto e bisogna farci il callo. Quindi calcola sempre al rialzo il numero di chi ti legge. Poi Lia si intimidisce pure coi commentatori.
A me sembra che poni sempre parecchie domande, e sei un po’ stretto con le risposte.
Al di là della retorica e dei rispettivi riferimenti politici, tra Europa e America Latina c’è un abisso di differenze nelle condizioni e nelle situazioni. Che però dall’altro lato è mitigato dalle tante prossimità e affinità e dalla riduzione delle distanze del mondo globalizzato. Così ci sentiamo tanto sotto lo stesso cielo, fianco a fianco, pronti a iniziare a chiacchierare, quanto ne siamo distanti.
E questo scompenso raramente emerge nella sua rotondità e in tutte le sue implicazioni. Forse la cumbre degli ispanici è così particolare perché è una delle rare occasioni in cui può avvenire: sono lì, usano la stessa lingua, si apostrofano senza bisogno di un interprete e in realtà spesso stanno facendo riferimento a universi separati, regolati da leggi fisiche diverse.
Questo significa per esempio che le nazionalizzazioni e gli interventi protezionistici hanno un senso preciso per i problemi che loro si ritrovano ad affrontare oggi, come già lo hanno avuto per noi in passato.
O ancora che delle comunità che al loro interno si regolano secondo dei principi di equità e uguaglianza, come appunto può essere il caso dell’Europa, non è affatto detto che li applichino anche nelle loro relazioni verso l’esterno.
Non esiste una ricetta unica applicabile ovunque. E non esiste una regola che rifletta fedelmente se stessa da ogni angolazione.
I confronti vanno presi per buoni per il tratto in cui si stanno prendendo in considerazione cose raffrontabili, dopodiché se si vuole crescere bisogna anche spiccare il volo e non cercare sempre un termine di paragone che definisca la propria linea (magari per contrapposizione).
E comunque, anche quando si elude, l’importante è non farlo banalmente.
L’inciso non è di Ugarte, è un suo lettore che gli risponde. E’ una reazione di petto che fa simpatia (molto spagnola, molto chavista) ma non approfondisce granché (i nonni non sono miei, le imprese non sono mie, mmm vabbhé).
Hanno ragione entrambi (Morales e Zapatero) partendo dall’assioma che l’elemento chiave siano anche le capacità di chi statalizza e/o privatizza.
Altrimenti (si vada in una direzione o nell’altra) tutto è inutile.
Su “Neoliberismo” o meno è tutto relativo al paese al quale si guarda (vale anche per “destra” vs “sinistra”), però a questo punto date le mie scarse conoscenze riguardo l’America Latina faccio ammenda e non mi esprimo.
Baci a tutte
Krs