Oggi mi raccontavano dello Sheraton che stanno costruendo a Khartoum.
Pare abbia la forma di un uovo di 23 piani, la facciata trasparente e così via, ed ospiterà, naturalmente, il prevedibile campionario di ristoranti e boutiques internazionali.
Tutto attorno, il niente. O meglio: le buche, le baracche, il casino dell’Africa che è notoriamente contraddittoria ma pare che a Khartoum lo sia di più, e fotografare i dintorni di ‘sto Sheraton pare essere la passione di chi è lì e proprio non si abitua, all’idea di costruire questa cattedrale nel deserto .
Posso capirlo.
Un albergo di questa portata, a Khartoum, non credo sia destinato a fare grandi affari.
Immagino che dovrà essere sovvenzionato, per rimanere aperto e mantenere lo standard.
Viene un po’ da sospirare, certo.
Paese interessante quanto allarmante, il Sudan: ho conosciuto qualche suora comboniana che veniva da lì, al Cairo, e mi raccontavano di un livello di tensione sempre molto alto, tra le scuole e le autorità.
Non suscita grandi entusiasmi in questi ambienti, la lettura sudanese della religione islamica, e da molto prima che si cominciasse a delirare sugli orsacchiotti e sulla maestra inglese che, per inciso, è tornata a casa e ne dà notizia un sito di news che, già che c’è, linka anche un preoccupante sito pieno, per l’occasione, di orsacchiotti antislamici: col burqa, con la barba, vestiti da kamikaze e così via.
Ci sono mondi che interagiscono volentieri.
Sui blog dei giornalisti stranieri che vivono in quella zona, invece, leggo di un’atmosfera che mi pare molto più plausibile di quella riportata dalla stampa nel giorni scorsi.
L’ottimo South of West scriveva, nei giorni dell’arresto della maestra:
The only people who don’t seem interested in the story are the Sudanese. I have yet to meet anyone who has taken offence at the episode. Most seem a bit embarrassed at the whole affair and are baffled at the way the British press has soaked up every detail of the story. The Sudanese press has barely reported the story and politicians have remained silent.
E poi, a proposito della strombazzatissima manifestazione in cui si era chiesta la pena di morte per la Gibbons:
I had driven with my irrepressible fixer Al Siir to the president palace where a pal was reporting that about 1000 people were waving swords and burning pictures of the teacher. It soon became clear that we were not welcome. “Go away” was shouted at us by several young men as we got close so we took up a strategic position close to a police truck. The event had clearly been given some sort of blessing by Sudan’s security apparatus.
Blog davvero piacevole, quello di questo giornalista, che deve pure essere simpatico come persona ed ho sorriso di solidarietà, nel leggere queste sospirantissime righe:
By the end of each night are eyes are shot and our brains wired. Anywhere else in the world we’d be on to our third bottle of wine by the time we’d sent our last copy of the day. Khartoum isn’t like anywhere else in the world. Sharia law meant last night we had to make do with lemon sodas.
Mi piacciono, i giornalisti collegati con la realtà.
Lui pare esserlo, e di conseguenza è pure un po’ depresso:
I perhaps naively hoped that my readers back home would recognise that the story of Gillian Gibbons and the teddy bear was an interesting way of discussing how to handle Sudan’s government, and best coax it into sorting Darfur, for example. Or could it be that people would simply conclude that the only moral was that all Muslims were bigots? […]
Suppongo che della depressione si dirà, prima o poi, ciò che un tempo si diceva della schizofrenia. Che è “una risposta sana a un mondo malato”.
Infine, mentre la classe dirigente sudanese si prepara ad avere un nuovo Sheraton in cui accogliere gli amici, io mi domando quale rapporto con il nonsense svilupperà il piccolo Mohamed, quello che aveva voluto dare il suo nome all’orsacchiotto e ha scatenato tutto ‘sto casino.
E con che tipo di ironia, di senso dello spirito crescerà.
Perché credo che sia un’ottima difesa della psiche nelle situazioni limite, l’ironia, e questo bimbo non deve stare passando un momento facile.
Speriamo che ne venga fuori un Woody Allen sudanese, che vuoi che ti dica.
O un Philip Roth che ci regali La macchia umana vista dall’Africa.
Perché, se non cresce spiritoso, è la fine: il giorno che qualcuno lo manderà affanculo, con quel nome che si porta dietro, cosa farà? Impazzirà, suppongo. In assoluto delirio di onnipotenza, pretenderà dal governo di Khartoum terrificanti punizioni per chiunque non lo nomini con il dovuto rispetto.
Ed è che è così sciocco, ‘sto “politicamente corretto”, ammericano o islamico che sia.
Solo che nulla, niente al mondo, è più pericoloso di ciò che è sciocco.
Io sono una a cui è stato detto, da sempre, che essere classe dirigente è una responsabilità, non un privilegio.
Pensavo a questo Sheraton di Khartoum, pensavo all’islam, pensavo a questa realtà manipolata, imbevuta di sciocchezze, e poi ho trovato una riflessione di tale Dr Abd-al-Wahab al-Afandi che spero gli capiti tra le mani, a Mohamed:
“If this issue had been raised to the Prophet he would have sided with the innocent children who gave their beloved toy his name. He would have considered this as an example of love and truth…
Commoners, let alone elites and educated people, can easily distinguish between what really angers God and his Prophet, and who is striving to take advantage of some issues for other reasons… Whoever creates a battle where there is no place for one in the name of religion thus insults Islam and its Prophet and creates a wrongful impression of the religion making it to be hated by people, is committing a great offence incurring the wrath of God and his Prophet.”
Perché forse, pensandoci meglio, reagire a un mondo malato con la depressione è cosa da privilegiati, intellettualmente e culturalmente.
Gli altri, pensavo, forse impazziscono e basta, altro che depressione.
E allora è importante sapere che non si è soli, quando il mondo ti impazzisce attorno, e che non sei tu quello sbagliato, anche se gli altri sono tanti.
Qualcuno glielo deve dire, a Mohamed, che lui non ha fatto niente di male.
Out of topic, Lia, so che sei sensibile a questi temi e perciò ti segnalo un’iniziativa della quale sono tra i promotori: si chiama “Turn off Pechino 2008” (abbiamo creato anche un sito: http://www.turnoffpechino2008.splinder.com) e in pratica invitiamo al boicottaggio mediatico delle prossime Olimpiadi in Cina, rifiutandoci di guardarle. I perché e i percome li puoi trovare al mio sito e ovviamente a quello dell’iniziativa. Se sei dei nostri, come spero, puoi esporre il banner che trovi nel sito dell’iniziativa, con i relativi codici tag.
Grazie e scusa per l’incursione.
Quando si boicotta un miliardo di persone per dieci milioni di chilometri c’è da chiedersi chi si stia isolando da chi :)
Rinunciare alle nike o all’alta tecnologia a prezzi stracciati, quello aiuterebbe.
Tonino, nel mio piccolo, faccio anche quello (non ho Nike né tecnologia a prezzi stracciati); comunque, visto che forse non hai letto bene ciò che vogliamo, la nostra è solo un’iniziativa per sensibilizzare l’opionione pubblica sulla questione Cina, nonché contestare la miopia di un Occidente che si è posto e continua a porsi in una posizione troppo succube nei confronti del dragone giallo.
Inoltre, chi crede ancora nello “spirito olimpico” e nei valori sportivi di una competizione i cui record sono solo dopati?