Se già ci si sente al centro del mondo nei giorni normali, quando si sta al Cairo, figuriamoci come ci si deve sentire oggi.
Ed io, da qui, mi sento come una che osserva la scena da dietro un vetro, e oggi mi sono collegata un attimo a internet da scuola per scaricare della roba e c’era Julia online che, da lì, mi ha subito chiesto: “Stai sentendo il discorso di Obama?” e io le ho detto di no ma mi pareva di vederla, casa sua, e la gente attaccata alla diretta e le strade del Cairo bardate a festa e il cosmopolitismo casareccio che c’è là, che sanno essere al centro del mondo con la nonchalance di chi ci è abituato da 5000 anni o giù di lì ma anche, e allo stesso tempo, con l’entusiasmo dei ragazzini, ché all’estero uno se lo scorda che il mondo arabo è fatto soprattutto di ragazzi.
E quando poi l’ho letto, il discorso di Obama, non mi è venuta voglia di cercare analisi e impressioni degli opinionisti, in giro per i siti dei giornali. E’ presto, c’è tutto il tempo per pensarci su.
Nemmeno ho voglia di pensare a ciò che è mancato, nel discorso di Obama: i riferimenti agli insediamenti israeliani illegali che già esistono, al muro e così via. C’è tempo, stasera non voglio.
Quello che voglio fare, stasera, è semplicemente assaporare certe frasi, rigirarmele nella mente, ripensarle mille volte sentendomi là, ricordando il mio Egitto nell’era di Bush e quanto fosse impensabile anche solo immaginare di ascoltare un presidente degli Stati Uniti che, incredibilmente, si rivolge al mondo arabo dimostrando di sapere di cosa sta parlando.
Per me è tutta qui, la novità: ancora prima del rispetto mostrato, del suo porgere la mano, delle promesse e anche delle omissioni, della diplomazia, del rimanere ancorati a schemi che conosciamo e prima, insomma, di qualunque cosa si possa dire domani, io ho avuto la sensazione, forte, di ascoltare uno che sapeva di cosa stava parlando.
E non è una sensazione abituale, in quella parte del mondo.
Si potrebbe persino arrivare a pensare di potere essere rispettati, di fronte a un interlocutore che, quanto meno, ti mette a fuoco.
E quindi, dicevo, la razionalità la metterei in moto domani. Stasera vorrei solo assaporare le cose belle, ché era da tanto che non ce ne erano, e sorridere davanti a qualche frase che vorrei ricordare e, soprattutto, davanti alla foto buffa e tenera scelta da Al Jazeera per raccontare il mondo arabo in ascolto.
P.S. Una delle frasi del discorso di Obama ci riguarda molto da vicino, mi pare:
La libertà in America è tutt’uno con la libertà di professare la propria religione. Ecco perché in ogni Stato americano c’è almeno una moschea, e complessivamente se ne contano oltre 1.200 all’interno dei nostri confini. Ecco perché il governo degli Stati Uniti si è rivolto ai tribunali per tutelare il diritto delle donne e delle giovani ragazze a indossare l’hijab e a punire coloro che vorrebbero impedirglielo.
Mi aspetto che i filoamericani nostrani ci pensino su.
bellissimo il tuo pezzo …condivido in pieno
georgia
Una delle cose che mi colpisce favorevolmente di Obama è l’impressione che non faccia del rispettare l’intelligenza (propria e altrui) una colpa. Anzi.
Certi (non tutti!) filoamericani nostrani non sentiranno quella frase, o la sentiranno e diranno che Obama è antiamericano. Non ci spererei troppo.
(Sugli insediamenti Obama si è pronunciato già altrove, e con una certa decisione; dato che già solo il contesto gli attirerà critiche di “venduto ai cattivi musssssulmani” credo volesse non dare armi ad alcuni suoi avversari.)
Il riferimento agli insediamenti è prudenziale (ma in effetti mi pare che abbia fatto qualche dichiarazione in proposito ultimamente) e serve a poter esprimere ora la soddisfazione per quello che c’è e sottolineare il cambio di passo nonostante tutte le obiezioni che si possono fare e gli scrutini severi che devono seguire. Io sono d’accordissimo, anzi volevo scrivere pure dell’importanza della visita a cui si è infine rassegnato il nostro raggelante papa, dopo la miseria nera degli ultimi anni.
I simboli sono simboli, la retorica è retorica, i gesti sono gesti e i discorsi sono solo discorsi (e quello di oggi non l’ho ancora sentito per inciso), ma anche le dimensioni simboliche hanno una lora propria circoscritta sostanzialità da non snobbare.