Io, il poco che ho da raccontare è questo.
Che nei giorni scorsi, per esempio, tra la gente del Cairo che seguo su FaceBook circolavano battute del tipo: “Ci vediamo martedì?” “No, martedì ho una rivoluzione da fare, meglio mercoledì.”
Che l’attesa era tanta, certo, ma pure la paura di un flop. Perché un conto è la gente di internet, i blogger attivisti, Latuff che ti fa le vignette, e altro è la gente vera e propria, il popolo egiziano. In un paese dove fare una manifestazione simile richiede un grosso coraggio, e dove le coscienze ascoltano i Fratelli Musulmani, non i blog. Ecco, i Fratelli Musulmani: che prima mettono il cappello su ogni possibile effetto-Tunisia dichiarando che la rivoluzione è ormai inevitabile, in Egitto, e poi fanno un passo indietro e dichiarano che, no, loro alla manifestazione del 25 gennaio non ci saranno. E l’amica che mi fa: “Guarda, piuttosto che vedere l’Egitto in mano a loro, vado da Mubarak e gliele faccio io personalmente, le punture per tenerlo in vita“, e pure quello è un sentimento diffuso. Tra la gente di internet, ma internet – si sa – non è il paese reale, in nessun paese.
E, insomma, è arrivato questo 25 gennaio che non si capiva bene cosa sarebbe stato ma che bastava per tenerci tutti a fare reload sulle pagine che davano notizie, fin dal mattino. O dalla sera prima, se eri al Cairo e volevi andare in piazza, ché l’orario dei concentramenti è stato pubblicato su FaceBook solo alle 5 del mattino e un mucchio di gente è arrivata troppo presto o troppo tardi e, per un po’, i manifestanti si sono cercati a vicenda in giro per Mohandessin e quando poi si è cominciato a dire che c’erano 10.000 persone in piazza già sembrava un successo storico, ed era solo il primo pomeriggio.
Julia che scrive di un tentato assalto al commissariato di Dokki, vicino al Cervantes. I prof che si mettono d’accordo per raggiungere la manifestazione dopo il lavoro. Io che mi attacco a Twitter. E, su Twitter, c’è Zeinobia, c’è Waelabbas, c’è 3arabawy e poi segui i diversi hashtag e passi il resto della giornata, della serata, della notte a seguire quello che succede, a entusiasmarti prima e a struggerti poi, con mille schede aperte sul tuo monitor e le immagini di piazza Tahrir che ti arrivano da Ustream.
I primi messaggi che si lamentano del malfunzionamento di Twitter, le ipotesi caute all’inizio (“Saranno sovraccariche le linee?”) e poi via via più incazzate quando la Vodafone fa un comunicato per dire che il problema è esterno, che loro non hanno toccato niente. Qualcuno scrive: “Un governo che ha paura di Twitter e di FaceBook dovrebbe governare a Farmville, non in Egitto.” E parte la controffensiva contro la censura, gli indirizzi dei proxy a cui attaccarsi, gli appelli alla popolazione affinché tolga le password dalle wifi casalinghe per permettere alla gente di collegarsi dalle strade. E si va avanti, la comunicazione procede un po’ a singhiozzo ma c’è. I posti di blocco lungo le strade che portano alla piazza, SandMonkey che posta la foto di lui che ci arriva in barca, a Tahrir: “Quando le strade sono bloccate, c’è sempre il Nilo!”
Si disegna la mappa della manifestazione, un messaggio dopo l’altro: gli scontri ad Alessandria e a Suez, la partecipazione a Mahalla, i punti del Cairo dove la polizia non riesce più a trattenere i manifestanti, gli appuntamenti davanti ai diversi palazzi istituzionali, gli appelli ai quartieri da dove non arrivano notizie: “Ehi, gente di Heliopolis, perché non vi date da fare un po’ anche voi?“. E poi qualcuno comincia a parlare di poliziotti che mollano il manganello e si uniscono alla manifestazione, altri che raccontano di ufficiali che gridano che loro devono fare il loro lavoro ma che, se potessero, si unirebbero ai manifestanti. So che gira il video di un poliziotto portato a spalle dalla folla ma non lo cerco. Entusiasmarsi non porta fortuna. Intanto, attorno a piazza Tahrir non funzionano più neanche i cellulari.
Verso le 5 del pomeriggio si diffonde la notizia della partenza per Londra del figlio di Mubarak, Gamal. Parrebbe una bufala, lì per lì. Poi invece si scopre che ci è andato davvero, a Londra. Dio sa perché. Di certo non ci fa una bella figura. E intanto la folla conquista piazza Tahrir, la riempie, ne prende possesso e si prepara a non muoversi più di lì. I ristoranti distribuiscono cibo gratis alla folla, partono le collette per comprare coperte per quelli che ci dormiranno. Il web si riempie di foto, di video. A Suez viene dichiarato il coprifuoco, io ho i capelli dritti in testa e incrocio le dita e prego perché il cielo protegga l’Egitto, Julia va a piazza Tahrir e ci sentiamo via Viber e mi dice che lo spettacolo è inimmaginabile, che è pieno di gente qualunque che continua a unirsi alla folla e che – e non si può non notare – non si sentono slogan religiosi, è proprio un’altra cosa; in rete si moltiplicano gli appelli a togliere le password dalle wifi domestiche e Zeinobia racconta che, dalle finestre, ci sono vecchiette che lanciano bicchieri e padelle contro la polizia. Qualcuno scrive: “La buona notizia è che Mubarak non può dichiarare lo stato di emergenza: c’è già da 30 anni.”
AlJazeera, intanto, copre a stento gli eventi. La gente si chiede cosa diamine stia facendo, dove si sia cacciata. E’ un’assenza inspiegabile, resa ancora più stridente dal lavoro enorme e puntualissimo che, intanto, fa la CNN. Leggo su Twitter: “Non capisco: in Egitto accade un evento di questa portata storica e su AlJazeera va in onda un servizio sull’obesità infantile?”
E, intanto, le dichiarazioni della Clinton. E, da quel momento, diventa evidente che la folla che occupa le strade è sola, che il democratico Occidente spera solo che sbaracchi al più presto e che nessuno muoverà un dito per difenderla, quando la polizia la attaccherà. Quindi, diventa evidente che la polizia attaccherà. In Italia, basta aprire Repubblica per vedere la pensosa disapprovazione dell’analista di turno preoccupato per la stabilità dell’Egitto.
Visto da piazza Tahrir, l’Occidente non è solo lontano: è anche insopportabilmente ipocrita. Qualcuno ride: “Ah, la Clinton dice che il governo è stabile? E cosa sarebbe successo, oggi, se non lo fosse stato?” Qualcun altro scrive: “Oggi in Egitto sta passando la Storia. Ed è davvero triste che l’America abbia scelto di rimanere dalla parte sbagliata.”
E poi, di colpo, la polizia attacca e scoppia l’inferno. Mi arriva un sms da Julia: “Sono a Tahrir e sta scoppiando un casino“. Twitter parla di lacrimogeni, idranti, botte, proiettili di gomma, c’è una macchina in fiamme, i messaggi si accavallano e il caos è totale. “Uno speciale ringraziamento agli USA che, oltre a spalleggiare un regime corrotto, gli forniscono anche i gas lacrimogeni che ci stanno arrivando addosso. Che possiate bruciare all’inferno.”
Julia non risponde ai miei sms, si comincia a parlare di arresti in massa, qualcuno parla di morti. Io scrivo: “Finisce male. E gli egiziani non avranno l’appoggio né degli USA né dell’Europa. Gli unici che avranno dalla loro parte saranno gli islamisti. L’opposizione si islamizzerà di più, i giovani saranno ancora più disperati, il governo approfitterà di qualche dinamitardo per fare un nuovo giro di migliaia di desaparecidos. L’Occidente tirerà un sospiro di sollievo”
Intanto, però, arrestano il figlio di Ayman Nour. Forse i liberali fanno più paura degli islamici barbuti, all’Occidente.
La piazza diventa un deserto, l’attenzione si sposta verso gli ospedali e le caserme.
Io riesco finalmente ad avere notizie di Julia: “A Tahrir c’era un’atmosfera bellissima. Gente di tutte le età e di tutte le classi sociali. Donne. Alcuni bebè con i genitori. Hanno fatto collette e distribuivano cibo, acqua, coperte e giornali. Gente che cantava, gente che riposava. A mezzanotte e 40 la polizia ha iniziato a lanciare lacrimogeni e getti d’acqua sulla folla. Anche pietre. Alcuni poliziotti aiutavano la gente. Sono a casa.”
Bellissimo report, Lia! Chissà se fossi stata lì… :-)
una canzone d’amore per la polizia egiziana…
http://www.youtube.com/watch?v=hMkm41NcNLE
una canzone da imparare per le prossime manifestazioni
La resistenza popolare nonviolenta e’ all’opera.
Ieri telefonando ad un amico che vive in Egitto per avere notizie, mi sono sentito chiedere: perchè voi che siete liberi vi tenete uno come Berusconi e non scendete in piazza per cacciarlo ?. Non ho saputo o voluto rispondere, ma giuro, mi sono vergognato di essere italiano.
una cronaca commovente, che dice la storia che accade. Nessun giornale … non so la CNN… mi ha fatto vivere quello che stanno facendo, e subendo, gli egiziani in questo momento. Mi sono sentita molto coinvolta e anche a me è venuta voglia di essere li con loro… qui c’è solo da vergognarsi per ciò che non facciamo!
Siamo un popolo dormiente che si sveglierà solo quando si accorgerà che ha fame!
ho postato la tua cronaca Lia (citando la fonte) in un forum che frequento, facciamo girare queste informazioni; se avete amici là e siete in contatto scrivete cosa vi raccontano…sembra che la polizia abbia bloccato El Baradei impedendogli di partecipare alla manifestazione e che dei giornalisti stranieri siano stati arrestati…
AlJazeera sta facendo un’ottima diretta: http://english.aljazeera.net/watch_now/