Di Karim Nabil, il blogger egiziano recentemente condannato a quattro anni di carcere, qui se ne era già parlato a fine 2005.
Pure stavolta, leggendo ciò che diceva Repubblica sul suo caso, sono rimasta abbastanza perplessa: di sicuro non è per difendere il diritto delle donne allo studio che si finisce in carcere in Egitto, paese che è impegnato da decenni su questo fronte e dove l’istruzione è – lezioni private permettendo – gratuita dalle elementari all’università senza distinzione di sesso.
Avendo avuto studentesse a centinaia, e provenienti dall’Egitto rurale, lo so.
Bizzarro mi era parso anche che questo blogger si scagliasse “contro l’atteggiamento conservatore dei suoi professori, criticandone apertamente le strettoie ereditate dalla religione“.
Era uno studente di Al Azhar, costui. Non di un’università statale: di quelle, per intenderci, dove è più che frequente che i professori non accettino in aula le studentesse integralmente velate, e dove le tensioni tra gli studenti e i docenti vedono i primi in difesa delle “strettoie religiose” e i secondi che navigano come possono.
Se uno studia ad Al Azhar, è ovvio che avrà professori conservatori e religiosi.
Come se uno studiasse in Vaticano per poi pretendere di trovarli laici, i professori.
Boh.
A leggere Repubblica, insomma, non capivo.
La blogosfera egiziana, che si è molto mobilitata per questa vicenda, aiuta a capire meglio le cose. L’idea che mi sono fatta io è quella di un blogger più pericoloso per se stesso che per la sicurezza nazionale egiziana, sicuramente: non mi pare che il suo blog fosse particolarmente analitico o che i suoi scritti facessero grandi proseliti. Credo fosse più sul versante della provocazione, Karim, e di fatto non è in difesa dei suoi scritti, che si sono mobilitati da quelle parti, ma sul principio della libertà di espressione in sé.
Sacrosanto, e qui si è totalmente d’accordo.
Che in Egitto godano di poca salute, le libertà politiche, si sa.
Rimane il fatto che in Egitto, normalmente, finisci in galera per motivi diversi da quelli di Karim.
Come fanno giustamente notare Marc Lynch e altri, “Free the Egyptian blogger! But…“
Un abbraccio forte-forte a tutti i Karim del mondo.
P.S. TypeKey non funziona.
..per me, questa faccenda della blogsofera egiziana sarebbe da coltivare. In generale, dico. Poi non è necessario che sia solo egiziana, anche se quella è forse la più prolifica del mondo arabo. Sarebbe da coltivare perchè al di fuori degli scrittolettori di blogs, essa non ha praticamente sbocchi, quassu. Pensa solo a Kefaya, o alla “rivolta” dei giudici. Pensa alle elezioni. Pensa al tentativo di rendere un po’ meno capillare ed un po’ più arterioso tutto il flusso di comunicazioni di primissima mano dal M.O., che finora si coagula soltanto attorno a pochi libri di giornalisti “sul posto” e pochissim’altro.
Non so, cominciare a riordinare gl’interventi che si trovano, contattando gli autori e facendogli sapere che – “sapete, vorremmo pubblicarvi e rendere un po’ più conosciute le vostre posizioni! Che ne dite?”
E magari intanto fare pure il contrario. Pensa a Calderoli, per non fare nomi. Molti amici mi raccontavano di parenti egiziani increduli, epperfortuna loro potevano stare un po’ al telefono a spiegargli che – “no, guardate che quelle magliette non sono così di moda! le mette solo qualcuno cui piace il verde, e la mattocchioneria fuori luogo!”
Sicuramente lo fa già qualcuno, mi si potrebbe segnalare? Perchè per conto mio, qualcosa si potrebbe fare di carino. Poi, tutti ‘sti arabofoni che son pigri a tradurre, qualcosa da fare bisognerà pur dargli.
Ciao Lia,leggo da un pò il tuo blog che trovo interessante visto che sono mussulmana e visto che conoco l’Egitto. L’idea che mi sono fatta io su questa questione è abbastanza simile alla tua. Nel senso, sono sicura che questo poverino passerà dei guai grossi, però la storia della sorella e del niquab non l’ho proprio capita. Anche io so perchè l’ho visto con i miei occhi che anche nelle zone rurali, un buon padre è pronto a fare qualunque sacrificio pur di permmetere alla figlia di laurearsi… quindi questa storia del divieto allo studio, mi sembra assurda per non parlare poi dell’obbligo nell’indossare il niquab. Tu saprai meglio di me, che le donne che in Egitto lo indossano sono pochissime, sonodi più quelle che perchè cristiane o mussulmane poco convinte vanno in giro a testa scoperta.
In ogni caso, c’è un altro blog in cui è stata postata la stessa notizia, io ho lasciato il mio contributo, se vuoi vieni a vedere anche te http://ilmondoggi.splinder.com/tag/egitto
Aya