Io l’ho saputo ieri sera, collegandomi ai blog italiani.
Sono andata da Yasser, che è il ragazzo che ha messo su quest’internet café: “Stai guardando la TV? Traducimi le notizie, che hanno ucciso un sacco di italiani in Iraq…”
“Ah, sì? E perchè?” mi ha chiesto lui.
“Perchè stavano lì, suppongo… dai, che dicono i vostri media?”
La TV sta dando un film e lui si fa un giro tra le notizie nei siti arabi. “Ah, ma erano militari!”, esclama.
“Perchè, tu avevi capito che fossero turisti?”, rispondo seccata. Poi mi accorgo della sua trappola, e taccio. Sottile, il mio Yasser mediorientale.
Traduce, poi ci colleghiamo a Aljeezira in inglese.
(A proposito:assai deprimente il sito del Corriere, che mette in linea “tutte le prime pagine dei principali notiziari online” e dimentica clamorosamente i media arabi, a partire dalla stessa Al Jazeera. Come se fosse più logico cercare informazioni e commenti sulla stampa tedesca o spagnola che su quella araba. Complimenti vivissimi, sì.)
“Ma ‘sta tizia non vorrà mica piagnucolare proprio con me, per questi 20 stranieri morti in Iraq? Ed io sarò obbligato a cercare parole di cordoglio? Occribbio.”
E’ evidente che Yasser sta pensando questo. Non lo avevo mai visto cortesemente distante come stasera; andiamo parecchio d’accordo, in genere, e adesso è rigido che mi pare un britannico imbarazzato, più che un cordiale egiziano.
Meglio chiarire: “Questa guerra non avrebbe mai dovuto esserci, e noi non dovremmo essere lì. Lo so, Yasser.”
Mi guarda finalmente in faccia: “L’America vi ha messo in un bel guaio, voi europei, per la sua smania di dominare il mondo. Non vi potete sottrarre.”
“Già. Ma la maggior parte della gente era contraria, avresti dovuto vedere le bandiere della pace appese a tutte le finestre… sai che la mia l’ho portata qui?”
“Davvero??” E finalmente si smolla e mi sorride.
Rifletto: “Sono 18, le vittime?? Tantissime, santo cielo… sarà uno choc, in Italia.” E poi mi mordo la lingua un’altra volta: “Già. Visto da qui, un numero così fa un altro effetto. Lo so.”
Omar, invece, non lo sapeva nemmeno stamattina, e gliel’ho detto io.
“Ma ci sono pure gli italiani, in Iraq??”
Credo che un mare di gente lo abbia appreso solo adesso, e che molti continuino a non saperlo. Già oggi, la notizia è scivolata nella periferia della cronaca.
Omar la pensa esattamente come Yasser e come chiunque altro. Però è più rilassato di Yasser, nel parlarmene, perchè mi conosce meglio.
“Noi non siamo abituati, Omar. Voi fate i conti con centinaia di migliaia di morti irakeni, e con lo stillicidio della Palestina, e 18 morti arabi li avete tutti i giorni e non sembra nemmeno più una notizia. lo so. Noi no. Noi non siamo abituati.”
“Stai dicendo una cosa terribile, Lia: nemmeno noi siamo abituati. Anche se ci succede tutti i giorni. Non siamo abituati e non lo saremo mai. Non ci si abitua mai. Non è possibile.”
Cerco di immaginare come deve essere, avere il bollettino dei propri morti tutti i giorni e non essere abituati.
Non mi viene, rinuncio.
Vista da qui, questa è una storia tra mille altre in un dramma generale che non avrebbe mai dovuto essere scatenato.
Stavolta è toccato a degli stranieri la cui presenza in Iraq era pure sconosciuta a un sacco di gente.
Avere tra i piedi una connazionale di questi stranieri che ne vuole parlare a tutti i costi, è una specie di mal di denti: il dovere di ospitalità li obbligherebbe a dimostrarsi dispiaciuti, ma lo sono tanto quanto lo siamo noi ogni volta che muoiono una ventina di arabi nel mondo. Non gliene frega nulla, semplicemente.
Oppure, è ragionevole pensare che un alto numero di perdite tra gli occidentali in Iraq sia l’unica cosa (proprio l’unica, sì) che potrebbe dissuadere gli USA dal lanciarsi in un’altra avventura di questo tipo in Siria. E, mi pare ovvio, i sentimenti degli egiziani vanno più verso i siriani che verso i Carabinieri italiani.
Non ce l’hanno con noi, non fraintendetemi: “L’America sta dando un sacco di guai anche a voi”, e sono sinceri.
Ah: alla storia che siamo lì per cercare di rimediare al rimediabile, non ci crede proprio nessuno, tra le persone con cui parlo. Siamo lì per obbedire all’esercito che ha occupato l’Iraq per il proprio tornaconto, e stop.
E non si può dire che il nostro capo del Governo abbia mai detto nulla che potesse indurre chi mi circonda a pensarla diversamente: la questione dell’ “inferiorità degli arabi” se la ricordano tutti benissimo, temo.
Eh, s?, gli USA e il nostro “governo” ci hanno messo in un bel guaio. Ma questo ? niente rispetto ai guai che potremmo passare se non stiamo attenti alle prossime mosse della famiglia neo-con.
“Vista da qui, questa ? una storia tra mille altre in un dramma generale che non avrebbe mai dovuto essere scatenato” credimi anche vista da qui in italia. questa storia ha i suoi contorni precisi, i perch? crudi.
Ciao Lia,
come al solito noi italiani siamo quelli che stanno sempre in mezzo come il pomodoro, ma di cui non ce se ne accorge mai finch? non ne manca…immagina un grosso panino con la cotoletta, se c’? il pomodoro non te ne accorgi perch? il pezzo forte ? la cotoletta, ma se le due fette di pomodoro scivolano e cadono allora ti rammarichi…ecco spiegato l’arcano del fatto che quasi nessuno al di fuori dell’Italia sa che noi siamo l? con il nostro esercito.
Io non lo trovo giusto, non avrei mai mandato i nostri fin laggi?, non avrei mai iniziato una guarre del genre…ma non sono stato io a decidere…fra l’altro non ? belloche comunque questi poveri ragazzi siano morti, dopotutto non sono mai andati a far la guerra laggi? e ci stavano per insegnare alla nuova polizia il loro lavoro…
…non credo abbiano mai fatto del male…eppure sono stati puniti, e magari da chi nemmeno sapeva della loro “missione”.
ben detto. ti ho citata (e linkata) anche oggi, stavolta sul blog serio (http://traina.splinder.it).
Perbacco, Giusto! Ho visto, s?…:))
(Ah: splendida la citazione di Pitigrilli, sul tuo blog serio. E’ un autore che andrebbe rivalutato…)
nella seconda settimana di gennaio saro’ in Egitto in viaggio di nozze. magari riusciamo a incontrarci. mandami un e-mail.
Perdinci, auguri!
Ti mando il mio cell.
sono lontano da casa,dall’Italia. ma il peso di essere italiano, oggi, si sente. un tempo forse ci prendevano in giro per le nostre abitudini, oggi per il nostro governo, per il nostro essere gregari fin troppo coscienti di belve in cerca di conquiste e di ricchezze ( e non si parli di vendetta che necessita di memoria e loro non hanno memoria , lo hanno dimostrato pi? di una volta ). francesco
Non sai come ti capisco… una vorrebbe essere apolide, in certi momenti.