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Una penserebbe che, visto che ci sono gli esami, deve andare in universita’. In Italia le sessioni d’esame sono i periodi in cui si lavora di piu’.
Sbagliato: siccome ci sono gli esami, in Egitto i professori NON devono andare all’universita’. Via. Scio’. Fuori.

Gli studenti arrivano alle 10, vengono sistemati nelle varie aule lontanissimi gli uni dagli altri e vengono vigilati, pensa te, solo dagli assistenti. Ma mica da quelli loro: da quelli degli altri dipartimenti, scelti oculatamente in base a cio’ che non sanno. Se non sai l’inglese vigili gli esami di inglese, se non sai la matematica vai a Matematica etc. Una selezione al contrario, insomma.
I miei di I, oggi, erano vigilati dal dipartimento di Spagnolo. Incappo sempre negli spagnoli, io.
Sono stata ammessa in aula per dieci minuti dieci, giusto il tempo di controllare che non ci fossero problemi con le domande, e poi ho capito che ero di troppo e sono andata a fare aeroplanini di carta in biblioteca.
Dimmi tu se una deve farsi tutto il viaggio in Alto Egitto per finire a fare aeroplanini.
Ti trattano come se tu fossi il membro interno della vecchia maturita’ italiana, piu’ che un professore normale. Viene voglia di immedesimarsi nel ruolo e passare le risposte ai pargoli infilate in un panino arabo.

Per tutto il semestre abbiamo raccolto diligentemente le presenze degli allievi, visto che ci avevano detto che la presenza influisce nella valutazione finale. Grande e’ stata la sorpresa mia e del collega, quindi, nello scoprire che dovremo correggere esami assolutamente anonimi.
E’ che il sistema e’ macchinoso: i ragazzi scrivono le loro risposte in una specie di quadernone pieno di timbri con una fascetta staccabile nell’ultima pagina. Sulla fascetta mettono il loro nome.
Alla fine dell’esame, poi, i quadernoni vengono solennemente consegnati all’Ufficio Controlli che timbrera’ e stacchera’ la fascetta, le assegnera’ un codice segreto e trascrivera’ il codice sul quadernone.
Noi correggeremo questi quadernoni identificati solo da numeri misteriosi, quindi, e a correzione avvenuta rispediremo il tutto al Controllo. Li’ associeranno di nuovo i nomi ai codici e, finalmente, ci diranno quanto abbiamo dato a Tizio e Caio.
Ho la sensazione che non si fidino di noi prof, quindi, e non mi pare di essere irrazionalmente sospettosa…
(Le presenze che abbiamo raccolto, invece, saranno conteggiate a fine anno e valutate in un’apposita “materia” che si chiama, indovina un po’, “Presenza”. Gia’.)

Mi viene in mente mio nonno che ando’ a vivere in Canada e scopri’ che, li’, gli esami universitari possono essere legalmente sostenuti nello studio del professore senza testimoni: “I canadesi si fidano piu’ degli italiani”, mi spiego’ sornione. “Gli egiziani si fidano ancora meno degli italiani”, potrei aggiungere io adesso.

D’altra parte, questo e’ un paese in cui un vicepreside di facolta’ guadagna 250 euro al mese, e i professori egiziani che vengono in trasferta dal Cairo vengono alloggiati in un pensionato fatiscente (altro che il nostro albergone per stranieri) in cui, spesso, capita che debbano dormire in due in un letto singolo. I professori, dico. Non so se ci rendiamo conto.
Poi uno dice che la corruzione e’ il problema locale. Ma va’…?

I ragazzi erano tesi e, per la prima volta, ho visto le scene di pianto. Ragazze che si accorgevano ad esame concluso di avere interpretato male una domanda e si precipitavano dal collega strappandosi i capelli, capannelli di studenti attorno a fanciulle singhiozzanti… molto stress, troppo.
Uno stress da voto, soprattutto: questa e’ gente che studia. Magari a memoria, secondo lo stile locale (e non solo locale), ma studia. Non temono la bocciatura, temono il voto basso e la conseguente patente di mediocrita’ da consegnare a casa.
Con la disoccupazione che c’e’ in Egitto, questi ragazzi hanno una vita durissima: senza lavoro non guadagni, se non guadagni non puoi farti la casa e senza casa non ti sposi. E, se non ti puoi sposare, e’ meglio che non lo guardi nemmeno, l’altro sesso.
Non e’ facile essere ragazzi, qui.

Copiare agli esami e’ proibito.
Come in Italia, dira’ qualcuno… no. Molto di piu’. Se ti beccano, vieni espulso dall’universita’ per due anni e non puoi iscriverti da nessuna altra parte. Non ti laurei piu’, in pratica.
In Italia ti annullano l’esame e ti ripresenti la volta dopo. Qui ti annullano l’esistenza, direi, eppure ne beccano una trentina all’anno, nella nostra universita’. Mamma mia.

E’ difficile da cogliere, questo paese: sembra cosi’ approssimativo, disinvolto, svagato e spensierato ma, proprio quando sei ormai convinto di essere nel regno del “tutto e’ possibile”, scopri questa dimensione di severita’ militaresca che fa sentire TE approssimativa e svagata in un mondo di colonnelli.
Boh.