Il materasso lo dovrò comprare da Omar Effendi, catena di grandi magazzini di proprietà dello Stato e dall’aspetto un po’ sovietico che contrasta drammaticamente con il gusto arabo per le cose dorate. Strano mix: struttura da paese dell’Est di un tempo e tripudio di divani e poltrone in finto oro. Divertente.
Io ho comprato una stufa Made in Turkey. Mi hanno assicurato che sono le migliori. La Turchia è leader nella produzione di stufe, chi l’avrebbe mai detto.
Ho fatto la spesa: mi sono presentata, cioè, al padrone della bottega sotto casa e gli ho spiegato dove abito.
Mi ha fatto molte feste e si è stupito del fatto che sapessi dire “guanti” in arabo. In effetti non è difficile: si dice “guanti”.
Questo signore è una figura chiave nel quartiere: non solo lo chiami per farti portare su la spesa (vitale per chi, come me, vive al 4° piano senza ascensore) ma, addirittura, lo si manda a fare la spesa! Se hai bisogno di qualcosa dalla farmacia o da altre botteghe, chiami lui e provvede. Fantastico.
Io ho preso una cassa di bottiglie di acqua più varie stupidate: la scena successiva mi vedeva avanzare leggiadra verso casa seguita da un garzone che trasportava la cassa sulla testa, i sacchetti sulle braccia e ancora insisteva per portarmi la borsa. Mi sono abbastanza vergognata.
I vicini mi hanno dato tutti i numeri di telefono strategici: l’home delivery della spesa, appunto, e quella degli alcoolici, di tale King Saladino che ti porta le birre a casa.
Poi c’è l’home delivery della pizza, del ristorante cinese, di quello italiano, di quello che vuoi.
Il commercio viaggia sulla linea del telefono, al Cairo.
Io continuo a guardarmi attorno stupefatta, qui in casa: ho tutto fuori uso tranne il collegamento internet, e sono tra dieci valigie aperte che mi sembrano più scarmigliate di me.
La stufa, prima, ha fatto saltare metà delle prese della casa, ma un pronto intervento via internet da Bolzano mi ha salvato: non avrei sopportato di scendere in pigiama dal portiere e mimare un black out, visto che ho passato il pomeriggio mimando il freddo (abbracciandomi da sola ed esclamando “Brrr!!”) pur di fare capire ai negozianti che volevo una stufa. Il black out non l’avrei saputo mimare, no.
Poi, appena torno dall’Alto Egitto, mi toccherà mimare una lavamoquette e voglio proprio vedere come farò.
Lia, un’altra delle cose geniali a proposito di quotidianit? del Cairo, ? chiamare un “makwaghi” che viene a casa a ritirare la tua biancheria sporca e te la riconsegna il giorno dopo lavata, stirata e profumata! Io ho vissuto in centro (vicino al club greco in Talat Harb square, ti consiglio di andare l? a mangiare una sera..) ciao
Certo che internet mi sta facendo scoprire un mondo di residenti o ex residenti al Cairo che mi sorprende sempre: io l’ho desiderato per anni, di venire qui, e mi pareva di essere l’unica con questo pallino. Non e’ cosi’ ed e’ un’ottima cosa: almeno avro’ qualcosa da rispondere a chi mi da’ della svitata per la mia egittofilia…:)
Avevo sentito parlare di questa magica figura protettrice dei panni sporchi: io pensavo di usarla solo per stirare, pero’, perche’ la mia nuova casetta e’ provvista di lavatrice ed io non vedo una lavatrice da mesi e non vedo l’ora di usarla. Vengono strane perversioni, quando si vive per qualche mese in campagna…:)
A Talat Harb conosco solo il Cafe’ Riche. Cerchero’ questo club greco e non manchero’ di fare rapporto…:)
Ciao.
Aiuto, dove sono capitata? Qui tutti parlano di Egitto e della Madre del Mondo, Il Cairo…
Io non posso resistere, legger? tutto il sito da cima a fondo (prendendo appunti)…
Silvana
Santo cielo! Non farlo, deve essere un’esperienza agghiacciante…!!
Se internet funzionasse a dovere riuscirei anche a farmi degli screen saver con i testi…ma non ti devi spaventare, sono un po’ di parte io…amo l’egitto per lavoro e per passione…