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Sarebbe anche stata una buona giornata, tutto sommato.
Solo che è arrivato questo ragazzo di IV e ha consegnato un tema alla collega.
“Ma io non l’ho chiesto!”
“Sì, ma io l’ho fatto lo stesso.”
Da noi capita spesso. In realtà, passiamo il tempo a sfuggire a studenti che ci inseguono brandendo lavori e implorandoci di correggerglieli.
Questo aveva per titolo: “Qual è il crimine di Ahmed Yassin?”
La collega l’ha preso e, sul treno per il Cairo, l’abbiamo letto insieme.
E ci è andata di traverso la giornata.
Adesso abbiamo una settimana di tempo per capire come ci si comporta in questi casi. Non è un’evenienza contemplata dai manuali del Buon Professore, no.

“Sai che alla collega che era a Nablus è successo che le si immolassero degli studenti? Deve essere veramente brutto.”
“Deve essere brutto sì. Direi proprio.”
“Cioè, tu entri in classe, chiedi dov’è Tizio e i compagni non ti rispondono.”
“Già.”

Per la prima volta, abbiamo seriamente misurato la nostra appetibilità come vittime di qualche aspirante guerriero.
Stabilito che i nostri studenti non ci torcerebbero un capello – in linea di massima – e che per un eventuale gruppo terrorista saremmo un obiettivo talmente miserello da risultare deprimente, rimane l’ipotesi “pazzo isolato”.
Evvabbe’.
Poi, però, siamo arrivate al Cairo e abbiamo preso un taxi. Avendo rischiato la vita almeno quattro volte nella successiva mezz’ora, i nostri timori sull’Alto Egitto si sono immediatamente ridimensionati.

Oggi l’università si è fermata per una preghiera funebre collettiva, e le facce di tutti quelli che mi circondavano erano un brutto spettacolo.
Ancor più degli studenti, quelli che mi impressionavano erano i colleghi.
Non so perchè, ma la sofferenza dei ragazzi sembra più naturale.

La verità e che, dietro un’apparente – sia pur sofferta – normalità, oggi abbiamo percepito tanta di quella tensione che adesso, a ripensarci da sola, mi sento come se mi avesse stordito.
Dal giorno dell’attentato a Madrid, siamo tutti lì a chiederci chi sarà il prossimo. La maggior parte degli stranieri vota per l’Italia, a proposito.
Oggi l’ho sentita talmente vicina e presente, quest’attesa del ‘prossimo’, che ho solo voglia di andarmene a dormire per vedere se domani torna ad essere un po’ più lontana.