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Dunque: la finestra della mia camera da letto non è, per mia fortuna, perfettamente in linea con quella del tizio del palazzo di fronte.
Lui è un po’ più giù e lo vedo quando stendo i panni, generalmente.
Sta lì, appoggiato alla ringhiera del suo balcone, e guarda la mia finestra.
Quest’estate passava le serate sul balcone, ce lo trovavi a tutte le ore. In canottiera, certe volte, o con una roba verde da paramedico e, in effetti, a giudicare dai suoi orari deve essere uno che fa i turni.

Ora: essere corteggiate in Egitto non è, disgraziatamente, un metodo per misurare la propria appetibilità.
Qui ti basta respirare, per avere corteggiatori. Stavo per dire “ti basta muoverti su due gambe”, ma mi sono accorta che era una formulazione restrittiva. Anche una va benissimo, o nessuna. Tendono a non formalizzarsi, in molti.
C’è poco da esserne lusingate, insomma: il massimo che puoi dedurne è che sei di sesso femminile e vivente.

Fatta questa doverosa premessa torniamo al mio corteggiatore da balcone, che deve avere la classica decina di anni meno di me e che, quando mi affaccio, sfodera un sorrisone da sciupafemmine anni ’50 e me lo punta in faccia fino a quando non mi ritraggo dietro le mie tende.
Ed è questo, ciò che mi fa impazzire: che mi riduce, mio malgrado, ad assumere spontaneamente un mucchio di atteggiamenti da donnicciola pudibonda che, nella mia vita, avevo visto solo al cinema.

Io lì mi affaccio per stendere i panni, tanto per cominciare. Già questo mi mette a disagio, ché mi becca in piena faccenda donnesca e manuale quando preferirei di gran lunga affrontarlo con un registro in mano.
Io sono lì con le mollette in bocca e i panni gocciolanti e lui, di fronte, sorride e guarda.
Ed io che faccio? Abbasso gli occhi per non incrociare i suoi. E mi vedo da fuori, mentre lo faccio, e mi pare di stare in un film anni ’50 con lo sfrontato vitellone sfaccendato che seduce la vicina che fa il ragù, e non so se ridere o farmi venire un rodimento immane.
Stendo veloce e guardando fisso le corde, domandandomi se ho la vestaglia ben chiusa (santa gallabiyya) e chiedendomi cosa farne delle mutande lavate, ché stenderle sotto il naso di uno ti vuole fare l’occhiolino si presta a malintesi, magari.
E poi scappo dentro per scomparire dietro la tenda e, tutto ciò, è la cosa meno femminista che mi sia mai capitato di dover fare.
Non è tanto “lui”. Sono le reazioni a cui mi costringe, che mi lasciano allibita.
D’altronde che fai?
Mandarlo al diavolo è fuori discussione: lo troverebbe divertentissimo e si convincerebbe di avere rotto il ghiaccio.
L’unica volta che gli ho lanciato un’occhiataccia mi ha risposto con un occhiolino.
Arrivare al conflitto, qui, è abbastanza insensato: se ti incazzi sul serio scoppia una mezza tragedia, e proprio non è il caso.
Incassare occhiolini senza reagire, però, si presta a malintesi micidiali. L’unica è non incrociare lo sguardo, quindi. Ed eccomi ad occhi bassi, appunto, a sentirmi la protagonista di qualche ‘Pane, Amore e Fantasia’ d’Egitto o, più verosimilmente, un’idiota.

Aspettavo un suo passo falso, insomma, e il passo falso è arrivato.
Ero davanti allo specchio della camera da letto e mi cambiavo per uscire. Mentre sono lì in desabillè che scelgo una maglietta, vedo un’ombra nello specchio. Un’ombra che va su e giù.
Cauta, guardo verso la finestra.
Era lì che saltava, il deficiente!
Spiccava salti in successione, elevandosi tutto e stirandosi il collo per raggiungere la linea della mia camera e beccarmi spogliata.
Un salto= una visione di mezzo secondo.

Sono scappata a coprirmi, quindi, e poi, con l’aria più sdegnata e furente del mondo, sono andata alla finestra e gli ho sbarrato la tenda sul muso.
Beccato, proprio.
E’ scomparso, presumibilmente con la coda tra le gambe.
Sarà una decina di giorni che non lo vedo più.
Forse si è impiccato per la vergogna.
O forse no.
Ora, però, è passato ufficialmente alla categoria “molestatori” e se ci riprova, a fare il sorrisetto malandrino, gli faccio una sceneggiata di indignazione che glieli do io, gli anni ’50.
Posso segnalarlo a dito e consegnarlo al pubblico ludibrio, se voglio. Ho la virtù offesa da difendere. Ce l’ho in pugno.

Ed è che si sviluppano attitudini strategiche, a fare le donne ritrose, con gli occhi bassi e protette dalle tende.
Diaboliche, si diventa.