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C’è un illuminante commento di Carlo Fusco a un post qui sotto.
Risponde a un mio commento in cui faccio delle considerazioni sul controllo dell’altrui linguaggio e sulla manipolazione delle altrui parole come mezzo di “dibattito” politico.
E dice:

La tua descrizione di questa operazione di controllo del linguaggio, come giustamente l’hai chiamata, non descrive assolutamente una situazione unica per la questione israelo-palestinese, ma rientra in un tipo di artificio retorico talmente codificato nella sua disonestà e talmente banale da meritarsi un nome tutto suo: lo “straw man argument” (vedi google: http://www.google.com/search?q=straw+man+argument )

Lo “straw man” è l’uomo di paglia, ovvero lo spaventapasseri, ovvero un’effigie molto approssimativa dell’essere umano.

Lo “straw man argument” è quindi solo un voodoo verbale, ovvero la pratica nella quale non si cerca di demolire le argomentazioni dell’avversario, ma di colpire una loro effigie, una bambolina di paglia creata a bella posta e in modo abbastanza somigliante da far scattare nella mente degli ascoltatori o lettori l’equazione tra fantaccio e corrispettivo reale, ma con la differenza che il fantoccio lo si può pungere con gli spilloni quanto si vuole, l’altro no. In altre parole: se l’argomento del tuo avversario è inattaccabile, creane una copia somigliante ma più debole, attribuiscila al tuo avversario e colpiscila con forza: se ti si lascia fare in questo modo butterai giù entrambi.

Come sostanzialmente prima hai già scritto anche tu, se si riesce a far passare l’idea che chi dia del ladro e assassino allo stato di Israele è un antisemita e che quindi appartiene alla categoria di coloro che provano un odio irrazionale verso gli ebrei, non si dovrá più argomentare contro dei dati di fatto abbastanza inoppugnabili, ovvero i muri, gli insediamenti illegali, le risoluzioni dell’ Onu ecc…, né si dovrà giustificare dei fatti molto difficili da giustificare, come quello che accade ai check point, sotto i buldozer, nel mirino dei cecchini e di orrori via discorrendo.
No, basterà proclamare che tu sei un antisemita e con questo buttar giù in un sol colpo la tua copia grottesca creata proprio a questo scopo e con essa tutte le tue argomentazioni, i dati, le storie e i ragionamenti che sono invece molto più difficili da affrontare onestamente.

Il vocabolario ridotto che sembra esser costretti ad usare per trattare certi temi serve solo ad evitare di indossare un cappellino colorato troppo vistoso che renderebbe la costruzione del fantoccio caricaturale molto più facile. Ma questa non è una cosa assolutamente accettabile perché creare una caricatura delle nostre idee per poi attribuircele è una tattica meschina che squalifica chi la usa come un interlocutore indegno di questo nome e lo mostra invece solo come un disonesto che ricorre a mezzucci retorici piccoli piccoli, che persino nei newsgroup più frivoli vengono visti come il fumo negli occhi.

Sono andata a guardare su Google e, effettivamente, è tutto lì, ben teorizzato e codificato, con tanto di istruzioni su come applicarla.
Geniale!

Be’, insomma, io non lo sapevo, che ‘sto modo di procedere avesse un nome, e ho appena imparato una cosa nuova. Magari ero l’unica a non saperlo, povera me. Ma allora ditemelo, che cavoli!
(Be’, adesso me l’hanno detto.)

Grazie, Carlo.

(P.S: E io dovrei anche dargli spazio sul mio blog, a questi qui?? Ma per favore!)