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Concludo questa passeggiata tra le parole che si sono dette in Spagna sullo sgombero di Gaza con qualche citazione dalla rubrica che una giornalista che mi piace molto, Maruja Torres, tiene su El País.
Questa è del 17 agosto, eh. Hanno un cuore durissimo, questi spagnoli.


Piscine senza fontiere

EL PAÍS – 17-08-2005

[…] Un altro sfratto, però più in grande (anche se esiste una generalizzata versione agit-prop secondo cui sarebbe un’espulsione), con succulenti indennizzi, è quello dei coloni israeliani insediati a Gaza da 30 anni. Espulsione + ebrei: parole che fanno stringere il cuore in un pugno. Ma qui stiamo parlando di uno spostamento di domicilio; obbligato ma utile, perché:

Uno: Israele, mantenendo le truppe lungo la frontiera tra Gaza ed Egitto (il “corridoio Filadelfia”) a tempo indeterminato, continuando a controllare le entrate e le uscite del territorio cosiddetto abbandonato e mantenendo il controllo del mare (in cambio della cessione a Gaza di circa 4000 metri di acque territoriali; fino ad ora i coloni, minoranza, usavano il 50% delle acque), si assicura l’isolamento e la possibilità di intervenire ogni volta che ne avrà voglia. Israele controllerà anche lo spazio aereo.
Secondo la legge internazionale, la ritirata parziale della presenza militare israeliana non determina la fine dell’occupazione. Questa si verifica solo quando termina il controllo delle Forze occupanti sulla popolazione occupata.
[…]

La pesca, il commercio e l’esportazione di prodotti, fino ad ora soggetti ad odiose restrizioni israeliane, devono fiorire; e la forzata ma necessaria integrazione in Israele come mano d’opera a poco prezzo nella costruzione deve continuare. Altrimenti di cosa vivono? Della carità dell’Unione Europea? Gaza farà la fine di un pozzo senza fondo in cui verranno gettati soldi che non potranno essere investiti in sviluppo.
[…]

Lo ha detto Sharon ai suoi concittadini: a Israele conviene. Vuol dire semi-lasciare Gaza per prendere la Cisgiordania. Vuol dire che, alla minima provocazione di Hamas, potranno fare ciò che vorranno a Gaza senza temere per la vita dei loro coloni. Vuol dire, secondo Paul McCann (in un articolo per The Independent), portavoce dell’agenzia per i rifugiati palestinesi delle Nazioni Unite (UNRWA) dal 2001 al 2005, che “pare che Israele voglia chiudere Gaza a chiave e buttare la chiave”.

La domanda (e vorrei una risposta) è: ma perché questo tipo di cose in Italia le scrive solo il Manifesto e in Spagna vengono scritte dai normalissimi equivalenti locali del Corriere o Repubblica?
No, chiedo.

Perché poi per forza succede che in Italia, appena respiri, ti danno dell’ “antisemita”.
Altrove no, invece.
Ci sono paesi in cui (e la notizia è questa, credo) si può tranquillamente parlare di Israele (ma persino parlarne male!), liberi da questo odioso ricatto.
Qualcuno se lo spiega?