La vicenda, in sintesi. E la racconto cercando di sovrappormi all’orgoglio patrio, ché sarà pure vero che sono italiana e il mio passaporto pure, ma io là ci sono cresciuta. Non a caso.
Eccheccavoli.
Dunque. Zapatero rilascia le seguenti dichiarazioni:
“Noi condanniamo ogni tipo di violenza e rifiutiamo il sequestro dei due soldati israeliani, ma dobbiamo esigere che nessuno si difenda con una forza illegittima che non permette difesa ad esseri umani innocenti. Gli Stati hanno il diritto di difendersi dal terrorismo e dal fanatismo ma, innanzitutto, i primi ad avere il diritto di essere difesi sono gli esseri umani innocenti: i silenzi di oggi, di fronte al Medio Oriente, potrebbero essere il pentimento di domani, quando si conteranno le perdite di vite umane.”
Chiaro e limpido.
Poi succede che, al termine di un incontro col Forum Internazionale della Gioventù Socialista, un gruppo di ragazzi lo circonda per farsi una foto con lui e uno di loro gli mette una kefia al collo. Zapatero la toglie subito ma, intanto, lo hanno fotografato. E la foto fa il giro del mondo, con la CNN in testa.
Vabbe’.
Ma poi.
L’ambasciatore israeliano in Spagna rilascia dichiarazioni incavolate e, come dire, minacciose: “Ogni dichiarazione non equidistante comporterà conseguenze per coloro che vorranno in seguito usare la propria influenza per mediare nella regione“.
(Ma questi israeliani, dico io, dove la imparano la diplomazia? Nelle pizzerie italiane di Brooklyn? Studiano sui testi dello sceneggiatore del Padrino? Santo cielo.)
E poi scende in campo il mondo degli affari, nella veste di tale Mauricio Hachuel, rappresentante degli imprenditori nonché ex dirigente della comunità ebraica spagnola. Che, davanti al ministro degli Esteri Moratinos, se ne è uscito dicendo che la comunità voleva esprimere profonda preoccupazione per le dichiarazioni di Zapatero che erano…
… indovina?…
… indovini?…
Sì: “Declaraciones anti-Israel y antisemitas y no las podemos aceptar”.
Ed è che evidentemente pensava di stare in Italia, questo qua.
Pensava che di fronte alla parolina magica, “antisemita!”, il ministro e la stampa tutta si sarebbero messi in ginocchio, avrebbero mostrato le terga da sculacciare e avrebbero chiesto pietà-perdono-pietà.
Credeva di stare in Italia, lui.
E invece no.
Perché Moratinos, che al mondo ci sta da un bel pezzo e ci sa stare, si è incavolato come una iena e, puntandogli il dito, gli ha detto:
“Che sia l’ultima volta, e dico l’ultima volta, che ti venga in mente di dare pubblicamente dell’antisemita al governo spagnolo!”
E poi, lì e alla stampa tutta:
“Non si fa nessun favore a Israele, andandogli a dire che fa una cosa giusta attaccando la popolazione civile del Libano e di Gaza. Israele dovrebbe ringraziarci per la nostra franchezza e per il nostro impegno civile. Per caso gli israeliani si sentono più sicuri, adesso? Io dico di no. Disgraziatamente, le azioni unilaterali non apportano sicurezza ad Israele.”
Applausi.
E che cavoli.
Ancora applausi.
Qui gongolavano, i colleghi spagnoli, ed un corale “Ben detto!” sembrava venire fuori da tutti i telegiornali spagnoli, da tutte le immagini delle manifestazioni pro-Libano di Barcellona e Madrid.
Una lezione di dignità e di serietà, e ci voleva.
Già: perché oggi hanno manifestato, lì, ed hanno manifestato sul serio, con le piazze piene.
E con gli spagnoli che hanno dovuto lasciare il Libano, in testa al corteo.
In prima fila.
Guarda: non è solo politica, questo.
C’è un aspetto profondo dell’anima della Spagna, in una cosa così. C’è il motivo per cui io la amo.
Diceva Ortega, provocatorio: “Yo soy un hombre español que ama las cosas en su pureza natural, que gusta de recibirlas tal y como son, con claridad, sin que se confundan unas con otras, sin que yo ponga nada sobre ellas: soy un hombre que quiere, ante todo, ver y tocar las cosas y que no se place imaginándolas: soy un hombre sin imaginación”
C’è che, in Spagna, a manipolare la realtà non si va molto lontano.
Il paese non si presta.
La testa della gente non si presta.
La lingua stessa, proprio non si presta.
E’ fatto per chiamare le cose con il proprio nome, lo spagnolo. E gli spagnoli, pure.
La realtà esiste e la tocchi, da quelle parti.
Noi, si vede che di immaginazione ne abbiamo anche troppa.
E ci prestiamo meglio ai giochi di specchi, ai miraggi. Alle ambiguità.
E a una certa vigliaccheria che ne deriva, ché quando la realtà la maneggi a piacimento, te la adatti anche secondo la tua convenienza.
La penso da vent’anni, questa cosa. Non da oggi.
E la vita non fa altro che confermarmela, questa mia sensazione.
Poi, come dicevo, io in Spagna ci sono cresciuta. E lo sento, lo noto in me stessa. Queste cose “en su pureza natural”, questa “claridad”, mi provocano sollievo fisico.
Pulizia mentale.
Mi fanno vivere meglio, e più a lungo.
P.S: i casi della vita. Proprio ieri sera, a cena con dei colleghi spagnoli, li imploravo: “No, vi prego, non indebolitevi, non buttate energie in queste storie di nazionalismi, di indipendentismi. Siete il ponte con l’Africa e con l’America Latina, siete la democrazia giovane e sana, siete la riserva di salute dell’Europa. Fate i bravi, unite le forze, ché abbiamo bisogno di voi.”
Manco il tempo di dirlo.
“manco il tempo di dirlo”…già.
Oggi pomeriggio ho sentito per telefono una mia amica che vive a Beirut. Vorrei riuscire a scrivere cose sensate, meditate, ragionevoli e corrette. E invece mi viene solamente la parola “porci”. Porci!
Sono così felice che tu abbia ancora tra i tuoi link il mio vecchio blog (Iraklia), onorato ringrazio.
Ti leggo spesso senza lasciare traccia.
un abbraccio
L’onore è mio, Michele.
Ricambio l’abbraccio.
Sai…leggendo il tuo post, mi vengono in mente mille altri posto in cui mostri un parallelo sulla impotenza omnipresente nei gesti e nella parole della NAZIONE, non governo, italiano…
Il brutto e’ che in italia, il governo e’ REALMENTE reale espressione popolare…Dio ci salvi…qualunque Dio sia…
Comunque, dal mio punto di vista il gioco italiano nella politica estera e’ destinato a concludersi nella classica bieca figura in cui un parte dice una cosa, un’altra ne dice l’opposto, in modo tale che al momento propizio potranno dire:”…infatti era la nostra posizione…”, finendo nelle vignette umoristiche dei media mondiali come al nostro solito.
Mi chiedo se a questo punto non possiamo chiedere di diventare un “protettorato” americano, come Guam o l’isola di Wake…visto che molte delle sciocchezze che propiniamo derivano da una politica estera pilotata dagli States…
Ad oggi l’Italia fa comodo essere una palla al piede per l’UE, cosi’ insieme all’Inghilterra il progetto di una realta’ mondiale non allineata ad est o ad ovest divine sabatotata all’interno.
ciao ciao il tuo post mi è piaciuto molto e l’ho linkato nel mio blog…confesso che sempre più mi piacerebbe passare un po’ di anni (soprattutto questi anni) in Spagna…buon tutto
§:-)
Diario di bordo
Cieca violenza
Bisogna iniziare a capire che israeliano ed ebreo non dovrebbero essere due
termini intercambiabili a piacimento, ma usati nel giusto contesto e con responsabilita’.
Quando sono scappato dall’Italia la scelta doveva essere fra Spagna e Canada, poi ho dovuto scegliere il secondo per il lavoro offertomi. Non mi sono pentito, tuttaltro, ma ogni volta che leggo ciò che dice Zapatero un pò di magone mi viene. Sapessi quante volte mi hanno dato dell’antisemita a me, ebreo, quando ero in Italia!
Avete visto come ci ricama il Corriere Della Sera sulla storia della kefia sulla testa di Zapatero ?
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2006/07_Luglio/21/vignolo.shtml
Che razza di giornale ….
Però non è vero che in Europa soltanto Zapataro ha condannato il delirio israeliano, il discorso di D’Alema in Parlamento è stato del medesimo tono:
«La reazione di Israele, pur legittima in base al principio di autodifesa secondo la carta dell’Onu, è andata al di là della ragionevole proporzione che il diritto internazionale richiede, soprattutto per quanto riguarda le tante vittime civili e l’attacco alle infrastrutture essenziali», e anche:
«Se la situazione oggi è così drammatica per Israele, per i palestinesi, per il Libano e per l’intera regione – chiarisce il vicepremier – ciò dipende anche dai fallimenti della politica di questi anni: torna alla mente l’analisi semplicistica di chi considerava la guerra in Iraq come l’avvio di una nuova straordinaria stagione, l’effetto domino che avrebbe prodotto democrazia e pace in tutta la regione, una visione ideologica illusoria. Ci eravamo opposti a quella guerra anche per questa ragione».
Vorrei sottolineare la stoccata sull'”l’effetto domino”, ha mandato in fiamme molte code di paglia (Il Giornale: “D’Alema rimpiange Saddam”), non capisco perchè altri (politici, giornalisti, blogger) non insistano su questo argomento che mi pare molto valido, bisognerebbe recuperare tutte le vaccate che ci hanno propinato dal 2003 al 2005: “wind of change”, “effetto domino”, “freedom”, “democracy” e blablabla e sbattergliele in faccia una alla volta! Fanno ciò che vogliono da 4 anni (Afganistan, Iraq, congelamento dei fondi all’Anp, etc.) e sono loro che dovrebbero spiegarci, adesso, dove sarebbe finito quell’idilliaco scenario mediorientale tutto “democrazia e libertà” che dipingevano nei loro discorsetti e articoletti o sprofondati nelle poltrone dello studio di “Porta a Porta”.
E mentre succedevano queste cose io ero in viaggio in Africa e el pais me lo leggevo in albergo… Non hai idea di quanto abbia imparato ad amare la Spagna. E di quanto vorrei votare qui, ogni volta che in tv vedo la faccia di Zp che dice con tutta calma ovvietá che in Italia farebbero rabbrividire la nostra “sinistra”. E io vivo a Valencia, dove il PP al governo della comunitá ne sta combinando di tutti i colori con le concessioni edilizie in aree protette, il disinteresse per l’ambiente, lo spreco di acqua…
Tornare in Italia sará difficile. Molto
Jcm no ferma, la risposta di D’Alema e’ ovvia se la consideri come una ripicca verso il precedente governo e le relative azioni in fatto di politica esterna, ma sopratutto mi sconvolge il fatto che venga definita una “azione legittima di autodifesa”.
Non dimentichiamo che quanto sta succedendo ora e’ la continuazione di quanto iniziato in palestina col rapimento di due soldati israeliani, quando se andiamo a vedere quante persone sono attualmente “detenute” nelle carceri israeliane senza motivo?
Allora se vogliamo parlare di un’analisi corretta della situazione non puoi dire “partiamo da oggi a guardare” perche’ l’oggi e’ solo una fase di una situazione di tensione che va avanti da decenni.
Non metto in discussione il diritto dello stato israeliano ad esistere, ma critico fortemente la mancanza di capacita’ di coesistenza che si e’ venuta a creare tra israele e i popoli confinanti.
LaForge, non esprimevo la mia opinione, ma quella del governo italiano, che è critica nei confronti dell’operato d’Israele in Libano e più in generale nei confronti della gestione “angloamericana” della questione mediorientale negli ultimi anni. La posizione ufficiale del nostro paese, ribadita da Prodi e D’Alema, non mi pare si discosti molto da quella della Francia, della Spagna e di tutti i paesi europei, tranne l’Inghilterra, che chiedono il ceasefire immediato. Poi, per carità, mi rendo conto che impallinare la “sinistra italiana”, così terribile da rendere addirittura “molto difficile” il rientro in Italia di alcuni, sia il secondo sport più diffuso in Italia, lo è oggi che siamo tutti “zapateros”, lo era ieri quando erano tutti schroederiani o ieri l’altro quando erano tutti jospiniani, e domani chissà! Magari mandiamo davvero D’Alema e Veltroni a scuola in Spagna ad impare come si fa a guardar governare la destra per due legislature nell’attesa che qualcuno ti faccia saltare in aria la stazione centrale. Perchè, cari compagneros, Zapateros va bene, ma smemoratos no.
Uhm, l’origine e l’eziologia della patologia “kamikaze” riserba però delle belle soprese. C’è infatti un giornalista americano (ed ebreo), Joseph Brweda, il quale ritiene che i terroristi kamikaze della striscia di Gaza siano in realtà il frutto di una sofistica operazione di manipolazione psichiatrica, riconducibile a Israele.
Leggiamo un brano delle interessantissime pagine che alla ricostruzione della vicenda, sempre sulla base dei fatti e delle circostanze segnalati da Brewda, ha dedicato il giornalista Maurizio Blondet, nel suo libro “Chi comanda in America”, cap. XXII:
>
Il resto, volendo, si può leggere qui: http://www.oism.info/it/societa/spychiatry/hamas_psichiatrico.htm
Lia, grazie per l’impegno che ci metti nella redazione del tuo blog! E’ bello ed interessante. L’ho trovato per caso oggi e credo che continuerò a leggerti.
Ciao!
[Lia]
(Ma questi israeliani, dico io, dove la imparano la diplomazia? Nelle pizzerie italiane di Brooklyn? Studiano sui testi dello sceneggiatore del Padrino? Santo cielo.)
[/Lia]
Credo studino diplomazia in un paese perennemente in guerra con i suoi vicini, il piu’ spesso delle volte attaccato e non attaccante.
Magari tocca tutti i gioni la purezza naturale delle cose, che possono essere i pompelmi di jaffa o magari i fegati di gente spappolata a
Gerusalemme da un vigliacco con una cintura esplosiva aspirante ad un harem di vergini.
E’ gente che sul difendersi ed attaccare e contrattaccare accetta con difficolta’ consigli da parte di chi non vive e non ha dovuto vivere
quella esperienza negli ultimi decenni, e forse neppure negli ultimi secoli.
E’ gente che magari non ha detto pe’, ed anzi si e’ sentita vicina, al governo spagnolo quando ha fatto chiudere, a piu’ riprese, giornali e partiti politici in qualche modo in odore di ETA, o quando, nei decenni, ha acconsentito a rastrellamenti sommari e processi sommari
alla caccia di terroristi baschi. Che pero’ non si sono mai fatti venire in mente di farsi saltare in aria alle fermate del bus *per*
ammazzare civili.
Diciamo che forse in Israele c’e’ una sensibilita’ ed una esperienza storica piu’ unica che rara, in tema di terrorismo e di reazioni allo stesso.
[Lia:]
Ed è che evidentemente pensava di stare in Italia, questo qua.
Pensava che di fronte alla parolina magica,
“antisemita!”, il ministro e la stampa tutta si
sarebbero messi in ginocchio, avrebbero mostrato le terga da sculacciare e avrebbero chiesto
pietà-perdono-pietà.
Credeva di stare in Italia, lui.
[/Lia]
Non capiro’ mai questo intento tutto italico di sputazzare su cio’ che accade, ed anche che contemporaneamente non accade, in Italia.
Lia, puoi stare tranquilla, uno spagnolo non lo farebbe, lo farebbe una italiana. E si vede bene che sei rimasta molto italiana, nonostante
tutto.
In Italia D’alema, e Prodi, hanno detto qualcosa di estremamente simile a Zapatero (al punto da lasciar pensare, o meglio, dal voler lasciar pensare, ad una concertazione a livello internazionale sul da farsi e da dirsi – al punto che il tentativo di conferenza di pace si
terra’ a Roma), e nessun gaglioffo, imprenditore/ebreo o meno si e’ sognato di parlare di antisemitismo, e neppure di anti-israelianesimo.
Se l’avesse fatto, mi piace pensare ad un governo italiano, ed a dei giornali che, in modo purtroppo meno schietto e veemente, avrebbero
contestato la cosa, proprio come ha fatto il governo spagnolo.
Naturalmente mi tengo tutte le mie riserve riguardo alla considerazione sulle azioni unilaterali, se estendo il pensiero agli
effetti a medio e lungo termine (peche’, no, le bombe su Haifa rendono la popolazione meno sicura rispetto a prima, ma se la popolazione di
Haifa ritiene, per il 90%, che l’intervento militare sia giustificato, per non scambiare il ricatto sulla sicurezza di oggi con la sicurezza
di oggi e di domani, di fronte ad organizzazioni, Hezbollah ed Hamas, che non hanno mai avuto nessuna intenzione di trattare, perche’ sulla distruzione di Israele non si tratta, si agisce e basta, forse, dicevo, la popolazione di Haifa vede le cose chiare e limpide nella loro naturalezza, con tanto di morti, e decide per la sua sicurezza, e non per quella di gente a quattromila chilometri di distanza.)
[Lia:]
Già: perché oggi hanno manifestato, lì, ed hanno
manifestato sul serio, con le piazze piene.
E con gli spagnoli che hanno dovuto lasciare il
Libano, in testa al corteo.
In prima fila.
[/Lia]
Mi pare legittimo, e pure comprensibile.
Spagnoli che hanno dovuto lasciare israele, in effetti, non se ne vedono, in giro.
Si vedono semmai un po’ di discendenti di ebrei spagnoli (marrani) che illo tempore dovettero lasciare la spagna, o convertirsi a forza.
Magari nella memoria storica degli ebrei spagnoli c’e’ una qualche sensibilita’ ormai radicata nei confronti delle discriminazioni, che li fa straparlare anche quando non ce ne sarebbe davvero motivo.
Certo, le leggi razziali si sono viste in Italia, non in Spagna, ma il franchismo non e’ stato tenero con gli ebrei tanto quanto il fascismo.
[Lia:]
P.S: i casi della vita. Proprio ieri sera, a cena con dei colleghi spagnoli, li imploravo: “No, vi prego, non indebolitevi, non buttate energie in queste storie di nazionalismi, di indipendentismi. Siete il ponte
con l’Africa e con l’America Latina, siete la
democrazia giovane e sana, siete la riserva di salute dell’Europa. Fate i bravi, unite le forze, ché abbiamo bisogno di voi.”
[/Lia]
Concordo a tutto tondo.
Parole, ironico, che si adatterebbero, nel contesto geografico ed ambientale e politico del medio oriente, anche ad Israele
Saluti.
Rossano Casagli
—
§ – Scopo della scienza non è tanto quello di aprire una porta all’infinito sapere, quanto quello di porre una barriera all’infinita
ignoranza – Galileo secondo B. Brecht
Qualcuno dovrebbe far leggere al signor Casagli alcune delle deliranti dichiarazioni di Riccardo Pacifici, portavoce della Comunità Ebraica di Roma e forzista trombato alle politiche del 2001. Tempo fa organizzò insieme ad altri una fiaccolata proisraeliana e fece la seguente affermazione:
“Gli ebrei italiani verificheranno chi parteciperà e chi no e questi ultimi saranno considerati nemici non solo di Israele ma anche degli ebrei italiani”.
Non so se mi spiego…
Un’altra cosa, il “gaglioffo imprenditore ebreo” sarebbe l’ex presidente della comunità ebraica sefardita spagnola.
Scusate, il brano era questo :
––
E in Palestina? L’amico Joseph Brewda ci segnala la presenza, nella striscia di Gaza, dei Gaza Community Mental Health Program (GCMHP), che è di fatto l’unico presidio psichiatrico nella zona occupata dagli israeliani.
Il centro è stato creato da un ramo del Tavistock in collaborazione con la Israel Psychoanalitic Association, ed è finanziato dai governi americano e britannico. Ufficialmente, ha lo scopo di “affrontare i problemi mentali dei bambini traumatizzati nell’Intifada (del 1987) e riabilitare i prigionieri politici palestinesi vittime di torture”.
Difatti, “la tortura è una pratica corrente da parte dei militari israeliani”, scrive Brewda. “Le leggi d’Israele consentono ufficialmente trattamenti come la deprivazione del sonno, prolungate sedute al buio, l’obbligo a mantenere a lungo forzate posizioni corporee, e “confinamento” (in spazi-scatola senza l’uso della toilette), esposizione a temperature estreme. Ci sono medici israeliani che esaminano i prigionieri palestinesi e indicano quali di queste torture possono essere applicate, dato lo stato di salute e le condizioni fisiche del detenuto”.
Almeno centomila palestinesi di Gaza, il 10% della popolazione, è stato prima o poi detenuto nelle carceri israeliane e sottoposto all’una o all’altra tortura; molte di queste vittime sono bambini, dato che la legge israeliana considera adulto chi abbia più di 12 anni. Secondo uno studio condotto dallo stesso “Gaza Mental Health Program”, l’85% dei 1300 bambini intervistati hanno assistito a irruzioni della polizia o dei soldati nelle loro case, il 42% è stato picchiato, il 55% ha visto picchiare il proprio padre. Il 19% di questi bambini sono stati essi stessi detenuti. Di conseguenza, molti di loro manifestano segni di deterioramento mentale: mutismo, insonnia, scoppi d’ira e di violenza immotivati verso i propri familiari.
Il “Gaza Community Mental Health Program” fornisce a queste vittime un’assistenza, che si configura come “terapia di gruppo”. Una ventina di specialisti conducono queste terapie di gruppo “sul territorio”, fra i torturati da Israele insieme alle loro famiglie. Chi ha addestrato e preparato questi specialisti? Il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Tel Aviv, con l’approvazione formale del governo israeliano e con fondi degli Stati Uniti. La stessa università di Tel Aviv addestra un gruppo di ricerca psicologica sul campo, il quale produce rapporti dai titoli significativi: “Esperienza della tortura e stress post-traumatico tra prigionieri politici palestinesi”, oppure “Predizione del riassetto psichico tra i bambini palestinesi dopo la violenza politica”. Insomma, la “ricerca” mette i “ricercatori” a diretto contatto con i futuri, potenziali quadri del terrorismo suicida.
L’intenzione è davvero quella di curarli? Se ne può dubitare: il direttore del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Tel Aviv, il dottor Ariel Merari, ha fondato e diretto, per l’esercito israeliano (Israeli Defense Force) L’”Unità di Gestione di Crisi”, il gruppo cioè che tratta con i rapitori, in caso di presa di ostaggi. Il dottor Merari è uno psichiatra militare, esperto di “profiling” del nemico. Fra l’altro, è stato il primo israeliano, dopo l’11 settembre, a dichiarare che l’attacco su New York era stato diretto da Bin Laden. Secondo Brewda, tutta l’operazione “di salute mentale” ha lo scopo di selezionare e identificare, tra le vittime psicologicamente destabilizzate dalle torture d’Israele, quelli che possono diventare pericolosi terroristi.
Gli indizi che porta sono allarmanti. Anzitutto uno: il direttore dei GCMHP, pagato dagli americani e sotto controllo degli israeliani, è uno psichiatra palestinese, dottor Eyad Sarraj, che è anche un esponente di alto livello di Hamas. Inoltre, Sarray non nasconde, anzi esalta, la sua ammirazione per i terroristi suicidi. Come ha scritto in un articolo del 4 agosto 1997, “Capire il terrorismo palestinese”, “in Palestina, la cosa stupefacente non è che accadano atti di terrorismo suicida, ma che accadano così raramente”. Il dottor Sarraj è convinto (come l’Istituto Tavistock di Londra) che la violenza è il solo mezzo con cui gli adolescenti disturbati della Palestina possano recuperare la salute mentale: “È il processo che esteriorizza la coscienza di schiavo che è stata introiettata nel bambino [palestinese dalla violenza israeliana] e ne forma ormai l’intimità personale profonda. Con questi atti, i bambini riaffermano se stessi ed esercitano il diritto a una vita libera e migliore”.
Ci si può chiedere come mai Israele, che controlla il centro di salute mentale di Gaza come abbiamo visto, e ne addestra gli specialisti, lasci al suo posto questo individuo. Forse la risposta, suggerisce Brewda, è nel fatto che Sarraj condanna apertamente Arafat e definisce i suoi tentativi di continuare il processo di pace come tradimento. “Siamo diventati semplicemente gli schiavi del nemico. In nome della pace, siamo stati umiliati. Arrestati e persino torturati dalle forze dell’autorità Palestinese per proteggere la pace. La nostra autorità si è scatenata contro di noi per piacere a Netanyahu. I nostri governanti girano su grosse auto e si costruiscono grosse ville… ora capite perché siamo diventati assassini suicidi?”.
Nel 1997, cose simili furono ripetute in una conferenza, tenuta all’interno del GCMHP, da Abdel Aziz Rantisi, il portavoce di Hamas nella striscia di Gaza. In quell’occasione, Rantisi spiegò che “il suicidio è vietato dall’Islam, salvo specifiche situazioni”. Lo ascoltavano, e condividevano con lui il podio, la dottoressa Yolanda Gampel, direttrice della Israeli Psychoanalitic Association all’Università di Tel Aviv, il dottor Moshe Landsman, supervisore dell’assistenza psichiatrica al centro di Dimona (il centro dove l’esercito israeliano fabbrica le armi nucleari); inoltre, la dottoressa Helen Bambar e il dottor Rami Heilborn, che dirigono la fondazione medica per la cura delle vittime della tortura, fondata dall’Istituto Tavistock di Londra.”
––
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Il diritto di essere difesi
«Noi condanniamo ogni tipo di violenza e rifiutiamo il sequestro dei due soldati israeliani, ma dobbiamo esigere che nessuno si difenda con una forza illegittima che non permette difesa ad esseri umani innocenti. Gli Stati hanno il diritto di dif…
Gentile jcm, e’ davvero strabiliante scoprire quali possano essere i superpoteri di Riccardo Pacifici, capace, in base alla tua interpretazione, di sostenere mesi fa una corbelleria che tu, oggi, applicheresti alle dichiarazioni recentissime di Zapatero o di Prodi.
No, perche’ magari ti sara’ sfuggito che si stava parlando di cosa *in questi giorni* e’ accaduto e sarebbe o non sarebbe accaduto in Spagna ed in Italia riguardo alle dichiarazioni fatte da Zapatero che sono sostanzialmente equivalenti a quelle fatte da Prodi, come anche altri rilevavano fra questi commenti.
Se Pacifici mesi fa ha tentato il giochino del ricattino pro/antisemita in chiave elettorale, e’ stato un bischero doppio, semplicemente, per l’aver svenduto un argomento molto delicato e forte, e per averlo fatto, pure perdendo, solo per calcolo elettoralistico. Ma *stavolta* non mi risulta l’abbia tentato; a te si?
Quanto al “gaglioffo imprenditore ebreo”, trattandosi di virgolettato gradirei che mi si citasse correttamente. Ho affermato “[…] e nessun gaglioffo, imprenditore/ebreo o meno […]” ad indicare che la condizione di ebreo o meno e di imprenditore o meno era del tutto irrilevante, e che il genere di affermazioni gaglioffesce profferite dal personaggio spagnolo in Italia non si non lette. A meno che tu non ritenga che una corbelleria sia più o meno corbelleria a seconda di chi la sostenga, e la si debba quindi valutare in modo diverso.
Che il soggetto, poi, sia, o si sia comportato, da gaglioffo, ce lo certifica direttamente Lia, riportando le dichiarazioni di un suo “superiore” all’interno della comunita’ ebraica spagnola.
Allora, caro jcm, cosa mi staresti contestando?
Un saluto.