Se mi volessi cimentare nell’impresa di ripercorrere la storia di questo blog con l’accusa di antisemitismo, penso che ci passerei la nottata.
Abbiamo avuto di tutto, qua: da una Deborah Fait regolarmente cestinata, nonostante i suoi strepiti, alle minacce di denuncia, di arresto, di epurazione professionale e di ergastolo (e pure di morte, gessù) passando per la pubblicazione di nome e cognome nelle liste di sionisti di sinistra, e poi gli insulti sanguinosi e – anche – gli scontri con filoisraeliani in buona fede seguiti da successivo rispetto reciproco e, qualche volta, amicizia.
Tanta roba, un mucchio di cose.
E il mio iter personale, poi.
Dalla faccia attonita con cui incassavo l’accusa le prime volte (“Antisemita io? Ma che dice, questo?”) alle vibranti autodifese, e poi il mettermi là a razionalizzare, a puntualizzare, a raccontare la storia della mia vita e a sgolarmi.
E poi le FAQ del blog, quando proprio non ne potevo più.
E poi leggere in giro che in realtà ero antisemita, e lo provava il fatto che avevo fatto le FAQ per spiegare che non lo ero.
E quindi ti arrendi, alzi le mani e dici: “Senti, ma basta, non rompermi le balle, aria!”
E diventi totalmente indifferente all’accusa e rispondi alla tua coscienza e amen. Eccheccavoli.
Poi pubblichi un post su due israeliani che entrano in un bar spagnolo sfoggiando bandierine guerrafondaie e ne vengono scacciati tra gli applausi degli astanti.
Intanto contempliamo tutti le macerie del Libano, ma – se ci pensi – sono anni che contempliamo macerie.
Ed io, un anno e rotti fa, avevo pubblicato un’altra protesta spagnola ed era scoppiata l’ira di Dio, su questo blog.
E succede un miracolo, stavolta.
Accuse di antisemitismo, pochissime. Eppure mi pare di essere sempre la stessa, di scrivere sempre con lo stesso tono, di raccontare le cose spinta dallo stesso proposito di sempre.
Eppure mi arrivano giusto un paio di villani che cestino quasi automaticamente e poi questo signor Piero Perugia che è abbastanza urbano da essere pubblicato.
E che viene praticamente ignorato, e quasi non ci posso credere.
Si becca un “x Piero: Volevo segnalarti che su questo blog la scusa dell’ “antisemitismo” non e’ piu’ valida” e un “Ormai abbiamo capito il giochino, non attacca piu’“.
Ed io, dal mio micro-osservatorio, mi sento come una a cui sta cambiando il mondo sotto agli occhi: ma davvero ce ne stiamo liberando, di questo ricatto? Davvero si può cominciare a parlare della questione senza più subirlo?
A me piacciono le piccole cose: mi fido più di loro che dei grandi eventi, dei proclami e delle notizione. E questa è una piccola cosa che mi ha colpito moltissimo, in questi giorni.
Perché, poi, la vedi accompagnata da un parlare di boicottaggio che si estende ben oltre i pompelmi, oltre i banner della militanza di sempre.
A me non era mai successo, da quando ho questo blog, di avere la sensazione che lo stato d’animo generale, verso Israele, fosse di indignazione pura e semplice. Oltre i distinguo: indignazione sana e decisa, senza più chiedere scusa.
Proprio non ci ero abituata, a una cosa così netta.
Poi magari mi sbaglio e confondo desideri e realtà e là fuori si fanno le pulci alle rovine di Beirut e chennesò.
Però stasera è un bel confondere, senti, e non ho voglia di scoprire che mi sto sbagliando.
E, comunque, qua ci sono un po’ di istruzioni per il boicottaggio.
ulivo velletri
Non…
Non mi era mai successo Se mi volessi cimentare nell’impresa di ripercorrere la storia di questo blog con l’accusa di antisemitismo, penso che ci passerei la nottata. Abbiamo avuto di tutto, qua: da una Deborah Fait regolarmente cestinata, nonostan