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Oggi la foto qui sopra compie quattro anni.
In occasione di tanto anniversario, El País propone un bilancio degli effetti della decisione, ufficializzata quel giorno e senza l’appoggio delle Nazioni Unite, di invadere militarmente l’Iraq. Decisione giustificata dalle presunte armi di distruzione di massa che, secondo i tre, Saddam Hussein possedeva.

Quattro anni dopo, possiamo contare più di 650.000 morti iracheni, circa due milioni di rifugiati e 3500 vittime tra le forze di occupazione.
Saddam Hussein non c’è più e nemmeno ci sono le famose armi di distruzione di massa, mai apparse nonostante le “prove incontrovertibili” che Bush e Blair giuravano di avere.
C’è, in compenso, una guerra civile interconfessionale in quello che era uno dei paesi più laici del Medio Oriente, combattuta a base di attentati quotidiani.

Quattro anni dopo, nessuno dubita più che Hans Blix avesse ragione. Come Scott Ritter, del resto.
E’ sempre il solito problema: la verità si afferma su tempi più lunghi di quelli su cui agisce la propaganda.
Pensavo che sarebbe un esperimento blogosferico interessante, andare a rileggere i post che scrivevano, quattro anni fa, coloro che si schieravano al fianco dei tre signori raffigurati nella foto e compararli con ciò che sappiamo oggi.

Quattro anni dopo, nonostante il cambiamento di rotta dei signori della foto che, archiviate le famose armi, parlano di democrazia e cose così, il bilancio che fa L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati è quello di un’autentica catastrofe umanitaria: 750.000 rifugiati iracheni nella microscopica Giordania, più di un milione in Siria.
Una catastrofe doppia, per gli ospitati e per gli ospitanti.

Ci si può ancora chiedere, quattro anni dopo, se quella guerra fu legale o illegale. Ognuno perde il tempo arrampicandosi sugli specchi che preferisce.
I dati, comunque, ci parlano di una media di mille iracheni morti al giorno nella prima metà del 2006. Di più di 800.000 feriti negli ultimi due anni.
Di un paese in cui più del 7% della popolazione adulta – il 10%, in alcune zone – è morto di morte violenta.

Ne sono successe, di cose, a partire da quella foto.
Si prova una certa amarezza, quando sai che avevi ragione e, tuttavia, ti tocca vivere nel mondo costruito da chi aveva torto.